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sabato 22 aprile 2023

L’INCUBO DEL TEMPO DI STEPHEN BAXTER

di DANILO CARUSO
 
“The time ships” è un romanzo fantascientifico uscito nel 1995, opera dello scrittore Stephen Baxter, e unico testo riconosciuto dalla fondazione dedicata a Herbert George Wells quale seguito di “The time machine” (il noto romanzo wellsiano del 1895 al quale ho dedicato una precedente analisi1). Il lavoro redazionale baxteriano mi è parso molto interessante. Nella mia disamina ne evocherò aspetti chiave alla luce delle mie impostazioni analitiche di carattere junghiano. Dobbiamo precisare, per chiarezza, che in tale secondo romanzo il time traveller è all’inizio tornato nel futuro, un futuro alterato dal suo precedente viaggio, dove questa modificata linea temporale gli rivela un mondo di Eloi e Morlock molto diverso da quello che aveva conosciuto durante il primo cronoviaggio. Qui ora i Morlock rappresentano l’incarnazione di una isolata e pura facoltà razionale, ma non distopica come potrebbe in apparenza sembrare. Il vero perno del romanzo è infatti il Morlock Nebogipfel, il personaggio letterario che accompagnerà il viaggiatore temporale nelle di lui peripezie sino alla fine del racconto quale una sorta di novello Virgilio. Il testo baxteriano possiede qua e là un quid di atmosfera dantesca. Il primo cardine di razionalità emergente in simile nuova realtà morlock è il superamento della dicotomia fides/ratio. Non esiste più l’idea di un contraddittorio Dio a cui aggrapparsi, un Dio il quale nella sua onnipotenza non rimuove il male dal mondo. Il concetto di “sacralità” poggiata su qualsivoglia azione cruenta (con spargimento di sangue) è cancellato. La Ragione ha qui purificato l’animo della specie dai suoi torbidi grovigli e legacci interiori. È la pragmatica evidenza logica a trionfare. come già anticipato, non si tratta di un ideale distopico sopra una falsariga zamjatiniana2. Il superamento dei generi sessuali attuato dai Morlock non è da intendersi accostandolo all’ectogenesi del Brave New World3 o alla creazione dell’androgino biblico4. Noi dobbiamo intravedere in Nebogipfel un simbolo junghiano, e precisamente quello del sommo archetipo androginico. Nebogipfel costituisce la chiave di lettura di tutto. È un Virgilio di razionalità equilibrata (androginica). e non più di pseudorazionalità dantesca maschilista5. A ben guardare il comportamento del Morlock nell’intero romanzo, esso appare animato da tutto l’asse junghiano delle facoltà razionali (ragione e sentimento). Nebogipfel ha anche un cuore razionale. L’ideale di vita di questi Morlock è infatti filosofico: l’obiettivo della specie umana e post-umana risiede nella sua autoconservazione attraverso lo studio di se stessa e della realtà. La conoscenza quale via di benessere. Il time traveller non sta letteralmente compiendo viaggi nel tempo, sta viaggiando attraverso l’Inconscio collettivo; dobbiamo vedere “The time ships” come una sorta di “Liber novus”. E da ciò capiremo che questo nuovo baxteriano time travell costituisce la rappresentazione di un percorso di rinascita alchemica junghiana, un “percorso di individuazione” il quale alla fine, appunto, approderà col salvataggio di Weena (raffigurante l’“anima junghiana”), cioè, in termini di psicologia analitica, l’incontro del complesso dell’Io con la sua inconscia controparte sessuale psichica. Il percorso di rinascita alchemica da parte del time traveller principia con un viaggio nello spazio, accompagnato da Nebogipfel, dentro qualcosa che egli definisce una “bara”. Ciò mi ha fatto pensare a Elwin ransom in “Perelandra” e a quanto avevo scritto a proposito in un mio saggio dedicato alla cosmic trilogy di Clive Staples Lewis6. Uscendo da queste simboliche bare ha luogo un risorgimento spirituale interiore. esso passa però da urti negativi. Uno è rappresentato dall’alternativo mondo storico baxteriano della prima metà del ’900 dipinto nel romanzo, un mondo che rimane comunque in conflitto con connotazioni differenti rispetto alle reali nostre. È inquietante, veramente distopico, sentire l’elogio di un personaggio secondario di una forma sociale totalitaria. Il mondo angloamericano nel 1938 alternativo mirerebbe, nei sui centri direzionali, a manipolare e a indirizzare le masse con metodi illiberali; in parole povere, spiegando con (pseudo)autorevolezza ciò che è bene e ciò che è male alle persone, le quali dovrebbero adeguarsi acriticamente e dogmaticamente. La diversità di idee (sale dell’esistenza comunitaria), il concetto stesso di “opposizione politica”, dovrebbero essere banditi nell’interesse dell’unico (pseudo)bene. Pare l’elogio dell’unidimensionalità marcusiana. E se non bastasse, v’è pure un attacco all’istituto cardine della Società civile, la famiglia. Essa dovrebbe essere sostituita da altre forma associative migliori imprecisate, in un discorso che non possiede nemmeno una platonica ragionevolezza. Simile modello occidentale antitedesco (per via della guerra contro la Germania) dovrà assumere, come poi riassunto con amarezza da un protagonista del romanzo, il controllo globale del pianeta al termine della guerra. Un’élite di (pseudo)illuminati (manipolatori) dirigerà (in maniera autonoma) le sorti dell’umanità. L’organizzazione sociale totaliatria e gli interessi economici saranno i fari di una nuova era di (falso) benessere. Tale distopica aspirazione necessiterebbe di “correzioni” genetiche della specie umana, con il risultato su larga scala di eliminare il (presunto) peggio. Il meglio (?) auspicato e prodotto da simile tecnocrazia tuttavia, nelle parole dello sconcertato coprotagonista, sarebbe tuttavia destinato a trovare la disapprovazione di molti nel mondo, ancora illuminati da una retta ragionevolezza. La scienza e la tecnica che si trasformano in dogmatiche nuove deliranti religioni sono additate quali pericoli verso la libertà e la vita. Nella mia lettura di “The time ships” ho trovato singolare il modo in cui un fatto reale sia stato trasposto nella finzione narrativa: durante una delle due esplosioni atomiche in Giappone nel nostro 1945, una bomba atomica disintegrò un essere umano lasciando proiettata sul muro l’assenza dell’impatto dell’ondata termica radioattiva; un episodio del genere viene attribuito ai Tedeschi, i quali nel Paleocene romanzesco usano un ordigno nucleare contro gli Inglesi. Il prosieguo narrativo dell’opera di Baxter presenta poi nel futuro alternativo la distruzione dell’ecosistema planetario e la scomparsa del genere umano dalla Terra, costretto a emigrare altrove. Andando più avanti nel cronoviaggio, il time traveller e Nebogipfel si inoltrano dunque dentro un’era con dettagli positivi a dispetto della glaciale desolazione terrestre. Il genere umano è stato rimpiazzato dall’intelligenza artificiale: macchine intelligenti, sparse nell’Universo, portano avanti quella missione che i Morlock baxteriani si erano prefissati, idest esaminare, archiviare, custodire ogni esperienza e ogni conoscenza, dal più profondo passato fino a loro. In tale reticolo di unità-nella-molteplicità vedo l’Inconscio assoluto junghiano al di là dell’immediato piano letterale. Alcune parole di Nebogipfel sono illuminanti in tal senso. I “Costruttori universali”, tali macchine, sono gli eredi e i simboli di complessi psichici di Io. In simile sorta di informatico Intelletto passivo universale, sempre Nebogipfel sembra spiegare una dinamica magmatica interna di scontro fra elementi la quale è analoga a quella fornita da Jung circa la formazione degli archetipi: l’obiettivo di queste dialettiche mira a sintetizzare un punto di mediazione, di equilibrio, e a posarsi su di esso, in direzione del progresso e della sanità dell’insieme costitutivo generale elaborante. Il Morlock chiarisce nelle sue parole in seguito che il modello capitalista debba essere destinato a essere superato e che l’umanità debba essere affrancata, in virtù della tecnologia, da servizi di lavoro non più necessari: il tutto a beneficio di una comune crescita conoscitiva, di consapevolezza dell’universo. Fuori del contesto immediato di trattazione di Nebogipfel, potremmo dire saltando al campo psicanalitico che l’Inconscio impersonale potrebbe essere sgravato di parte delle sue tensioni intestine. Verso la fine del romanzo la valenza fenomenica del comune mondo quotidiano viene evidenziata dal time traveller, ormai alla volta di concludere il suo percorso alchemico junghiano. Aveva abbandonato la nigredo uscendo fuori di qualcosa paragonato a una bara, quindi dai costruttori universali era stato riparato e “ricreato” a livello molecolare. Diremo di quest'altro passaggio: un secondo grado di rinascita (albedo). Nella sua citrinitas, come appena detto, l’impalcature fenomenica del mondo viene oltrepassata. E ciò viene fatto con un dettaglio narrativo che mi ha colpito. Il time traveller evoca le categorie di base schopenhaueriane della Welt als Vorstellung, spazio e tempo, affermando di esserne all’esterno. Si trova cioè a contatto con l’Inconscio collettivo: Nebogipfel glielo dice chiaramente. Il time traveller ci informa inoltre di percepire la vita, ossia la libido (voluntas schopenhaueriana) che pervade e ingloba l’Universo: egli in questa fase non possiede più una dimensione corporea. È ridotto al suo semplice complesso dell’Io di cui scopre i limiti, la piccolezza, la relatività. Simile coscienza gli spalanza l’individuazione junghiana. A questo punto la rubedo e la sizigia sono alla sua portata. Infatti, tornato umano, abbandonato Nebogipfel, andrà di nuovo in quel futuro dove, nel primo romanzo wellsiano, aveva perso Weena (“anima junghiana”): la ritroverà, la salverà e rimarrà con lei.
 
 
NOTE
 
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Distopie occidentali”
https://www.academia.edu/101566960/Distopie_occidentali
 
1 La terribile distopia di H. G. Wells dentro la mia pubblicazione intitolata Critica letteraria (2017).
 
2 Per approfondimenti indico un mio saggio del 2015: L’antipanlogismo di Evgenij Zamjatin.
 
3 Al fine di approfondire consiglio un’altra mia monografia dello stesso anno: Il capitalismo impazzito di Aldous Huxley.
 
4 Si veda al riguardo un mio studio: Antropogonia e androginia nel Simposio e nella Genesi, nella mia opera Considerazioni letterarie (2014).
 
5 Per approfondimenti consiglio il mio saggio Parricidio dantesco (2021).
 
6 Mitopoiesi junghiana in Clive Staples Lewis (2017).