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sabato 6 agosto 2016

TEORIA SULL’ORIGINE ALIENA DELL’UMANITÀ

di DANILO CARUSO

Ritengo che come il genere umano si sia distribuito sul globo terrestre partendo da un epicentro nell’area del Vicino Oriente asiatico e dintorni africano ed europeo, così esso sia potuto provenire sulla Terra dallo spazio in maniera simile alle iniziative di espansione di conoscenza territoriale degli Europei. A mio avviso, in parole povere, gli alieni siamo noi. Non do credito all’idea secondo cui intelligenze extraterrestri abbiano condotto un’opera di perfezionamento genetico sugli ominidi trovati qui; anzi non credo proprio che ci fosse qualcuno di paragonabile all’essere umano su questo pianeta prima dell’arrivo di uomini da altri mondi. A primo impatto, il tema che mi prefiggo di spiegare potrà apparire a una mentalità ordinaria e comune “fantascientifico”. Ma da studioso mi ripropongo l’obiettivo di illustrare un’“ipotesi” in maniera scientifica, senza poter tuttavia dire di avere prove valide al 100%, però avente la sua cittadinanza nell’ambito di un ragionamento serio e non fantasioso. Debbo perciò puntualizzare a monte di non dar fiducia alla teoria evolutiva darwiniana. Esiste una cesura troppo forte tra il sistema preistorico e quello attuale: si parla di un evento catastrofico che fece scomparire i dinosauri e l’ambiente che li circondava. Non so se gli esseri umani fossero già arrivati sul nostro pianeta in epoca preistorica, se ci fosse un avamposto coloniale, se la catastrofe producente l’era glaciale abbia avuto una causa accidentale (l’impatto di un asteroide?) o una causa umana (militare?). Sono del parere che nelle testimonianze umane più antiche si possa trovare memoria della traccia di questo fenomeno di colonizzazione aliena della Terra: nello stesso modo in cui Platone dice nel “Cratilo” che il linguaggio più vecchio mantiene un segno dell’essere, giudico possibile individuare prove di quei presunti fatti nell’opera intellettuale umana arcaica. Cosicché, ad esempio, nella mitologia, nei poemi, nella letteratura in generale (e non solo), è data facoltà di vedere a un’analisi attenta la memoria di qualcosa meno circoscrivibile all’ambito della fantasia. Ho riflettuto sul famoso mito di Atlantide, ricordato da Platone: se supponiamo si tratti di storia di un altro mondo, forse siamo in grado di cogliere l’aspetto extraterrestre di questa civiltà. La florida Atlantide la quale va prima in rovina e poi alla ricerca di nuovi spazi vitali. Qui posso aggiungere che un mito come quello dell’arca di Noè sembra celare, in una cultura su larga scala ripartita da zero sulla Terra, l’arrivo degli esseri umani, i quali portarono esemplari per ricreare il loro habitat. La mia impressione è che queste astronavi spaziali abbiano lasciato un gruppo composito di colonizzatori: fra di loro reputo la maggioranza fosse gente semplice, quella che ha poi causato il rallentamento del progresso di questo nucleo di abitanti, il quale ha smarrito la conoscenza della sua storia d’origine, catapultato in seguito a cause di forza maggiore in un contesto nuovo e diverso che non garantiva lo standard e il comfort precedenti. La risalita dell’umanità verso la civiltà e il benessere superiori è stata difficile per uomini pressoché abbandonati al proprio destino (non per cattiveria, ma perché a quanto pare la Terra non è bastata ad accogliere tutti i profughi alieni). I pochi uomini di studio e di scienza sono stati sopraffatti dai più, questi ultimi impauriti dalla perdita del benessere: la depressione produsse nuove religioni, non tutte nevrotiche vie di salvezza. La parte intellettualmente migliore di quel gruppo si concentrò nell’antichità tra Egizi e Greci: la scienza umana sul nostro pianeta ha una radice greco-egizia. Allorché si notano particolari anacronistici nella storia antica, come la rappresentazione di oggetti moderni, si avrebbe la riprova che la tecnologia avanzata era già a portata dei colonizzatori, e che una maggioranza non tanto istruita e intelligente contribuì a far uscire dalla circolazione a causa di una vocazione all’imbarbarimento civile e intellettuale. Possiamo pensare questo passaggio in maniera rousseauiana, ripercorrendo il transito da un ottimo stato di natura a una nuova società immaginato dal celebre filosofo ginevrino. Per inciso, voglio ricordare un romanzo dello scrittore sovietico Aleksandr Bogdanov, “La stella rossa”, in cui i Marziani, dopo aver costruito un mondo socialista, alimentano un confronto fra di loro, quasi fossero Ateniesi antichi, sull’opportunità e sul modo di portare la loro conquista sociale qua. Volgendo lo sguardo alla Terra si può ipotizzare più nitidamente lo scopo della monumentalità di certe opere antiche. Pensiamo ai disegni di Nazca: per quale motivo far vedere a un osservatore aereo figure animali? Allo scopo di fornire il segnale della presenza umana (una richiesta d’aiuto?) mediante la raffigurazione di alcune specie animali provenute dalla civiltà di provenienza. La tipologia architettonica dell’enorme piramide accomuna tutta l’umanità terrestre, e poi si tratta di costruzioni visibili pure dallo spazio. Pare abbastanza evidente il messaggio: «siamo qui». Non credo alla vulgata cinematografica di extraterrestri brutti e ostili: da persona di studio valuto soggetti disponenti di altissime tecnologia e scienza non peggiori degli uomini sulla terra, bensì dotati di un più alto senso dell’ordine e della giustizia. Forse, prima del nostro pianeta (o in parziale contemporaneità) è stato abitato altresì Marte. La domanda sul “pianeta rosso”, a mio avviso, non è se ci sia in atto forma di vita, ma se ci sono resti visibili, recuperabili, di un eventuale insediamento umano naturalmente in un contesto simile a quello terrestre. Se così fosse stato, qualcosa su Marte non è andato per il verso giusto, dato che adesso non c’è nemmeno atmosfera. È scontato anche che la Terra non durerà in eterno: se non sarà la fine del Sole, il danneggiamento dell’ecosistema distruggerà le possibilità di vita del genere umano, il quale sarà costretto a emigrare di nuovo. Penso, in senso lato, a quel monito del Vangelo di non accumulare tesori sulla Terra, potrebbero fare la fine di Atlantide. Il futuro dell’umanità è quello di lasciare questo sistema solare: cosa ci impedisce di pensare che una cosa del genere sia già accaduta? Alla maggioranza delle persone il turbamento radicale che rovescerebbe le plausibili fiabesche personali credenze sulla presenza umana in questo pianeta. Non sarebbe facile dire a un senso comune, abituato da secoli a vivere a guisa di un neonato in una culla (secondo un’azzeccata immagine kantiana), ipotesi (o verità?) più scientifiche: crollerebbe davvero il vecchio mondo conosciuto. Se in pieno giorno un’astronave spaziale aliena sostasse o viaggiasse nei cieli, la gente sarebbe presa sicuramente da paura. Pochissimi sarebbero quelli inclini a prestarsi in direzione di una riflessione obiettiva. La quale potrebbe ulteriormente prolungarsi, e ipotizzare la ragione dei diversi tipi somatici umani nella provenienza da differenti pianeti: i biondi di pelle chiara da qualcuno meno caldo, i neri da qualche altro meno freddo. Poi sul globo terrestre si sarebbero distribuiti per attrazione ambientale. Il fatto di parlare, tra l’altro, di sistemi solari abitati da persone ha comportato la condanna capitale di Giordano Bruno (Roma, Campo dei fiori, 17 febbraio 1600) da parte dell’Inquisizione cattolica. Ricordo di aver sentito in televisione, anni fa, un sacerdote di Santa Romana Chiesa dichiarare la validità della Rivelazione pure nei riguardi di eventuali alieni: non penso si sarebbe espresso in questi toni a proposito dei Puffi; può darsi la materia discussa sia più seria di quanto si lasci a intendere di solito. Dmitrij Medvedev (stretto collaboratore del Presidente russo Vladimir Putin, Primo ministro ed ex Presidente della Federazione russa), sempre tempo addietro, confermò l’esistenza di extraterrestri. Voglio concludere quest’enunciazione del tema, non di uno svolgimento (il quale potrà avere luogo presso altri spazi o altri autori), con quelle belle, e famose, parole di Immanuel Kant tratte dalla “Critica della ragion pratica”: «Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me».



Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Critica dell’irrazionalismo occidentale”