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martedì 12 settembre 2023

OSCURANTISMO E IRRAZIONALISMO DEL CRISTIANESIMO IN TERTULLIANO – parte 1 di 4 (L’“APOLOGETICUM” E LA STORIA)

di DANILO CARUSO
 
Il testo che segue è un estratto del mio saggio “Oscurantismo e irrazionalismo del Cristianesimo in Tertulliano” pubblicato nel settembre del 2023 in formato cartaceo e in pdf (ebook), disponibile per intero online qua (possibile il download):
Nel blog è stato ripresentato in quattro sezioni tematiche, il link della parte successiva viene indicato in calce.
 
 
 
Vive la sentenza divina sopra questo sesso [femminile] in quest’epoca [post Christum natum]: è necessario che viva pure il reato. Tu sei la porta del Diavolo; tu sei colei che ha dissigillato quell’albero [della conoscenza del bene e del male]; tu sei colei che ha trascurato per prima la legge di Dio; sei stata tu a persuadere chi il Diavolo non ebbe capacità di adescare: tu sei colei che ha distrutto con leggerezza l’imago Dei, l’uomo; a causa del tuo premio, cioè la morte, anche al Figlio di Dio toccò morire: e a te passa in testa di abbellire il tuo nudo corpo [pellicea tunica]?
 
Quinto Settimio Florente Tertulliano, “De cultu feminarum”
 
 
 
Se tu guardi per troppo tempo in un abisso, pure l’abisso ti guarda dentro.
 
Friedrich Nietzsche, “Al di là del bene e del male”
 
 
 
Quinto Settimio Florente Tertulliano era originario di Cartagine, dove nacque intorno a metà del secolo II. Secolo alla cui fine si convertì al Cristianesimo. Nella sua vita fu un avvocato, e divenuto cristiano ricevette poi anche l’ordinazione sacerdotale. È noto per essere stato un integralista religioso e uno dei primissimi autori apologeti del Cristianesimo dell’area imperiale latino-occidentale. All’inizio del III sec. si avvicinò al montanismo, passato alla storia quale rigoristica eresia (dichiarata tale nel 202 dal Papa) richiedente la disponibilità al martirio, al digiuno, alla castità, alla penitenza. E verso il 207 uscì fuori della Chiesa ufficiale in polemica antiedonistica e negandole inoltre il potere di rimettere i peccati dei fedeli. Morì in età imprecisata, ma avanzata. L’“Apologeticum” (risalente alla fine del II sec.) viene considerata la sua opera principale. Tertulliano lamenta che, a suo dire, i cristiani siano perseguitati dalla giustizia romana senza un valido motivo e che per giunta siano vittime di pregiudizi e calunnie. L’opinione pubblica li riteneva adoratori di un Dio avente testa asinina, responsabili dell’uccisione di bambini nei loro riti duranti i quali ne consumavano poi le carni e compivano atti sessuali. Ho valutato con molta attenzione simili dettagli. E a proposito del primo, la testa d’asino, sono dell’orientamento che almeno alcuni dei primi cristiani potessero veramente destinarvi la loro attenzione di culto. In altro mio studio ho evidenziato la radice dionisiaca nella costruzione evangelica della figura di Gesù Cristo1: l’asino è un simbolo collegato a Dioniso. Dalla molto probabile per me verità di questa prima parte, ricavo l’ipotesi di verità della seconda parte di dettagli, anche sulla base di ulteriori osservazioni in aggiunta alla loro attendibilità di forma (cioè non credo che i pagani mentissero sui fatti indicati). Non giudico impossibile l’infanticidio rituale e il cannibalismo derivato perché mi appaiono una liturgia protoeucaristica: nel mito greco dionisiaco i Titani mangiarono le carni del Dio, nel rito cristiano il parallelismo è poggiato sulle note parole di Gesù all’ultima cena dove istituì l’eucaristia. È, secondo me, altamente possibile (dal momento in cui la cosa è stata segnalata dai pagani) che almeno alcuni cristiani delle origini potessero aver interpretato la loro nuova religiosità in una direzione cruenta e cannibalesca in un macabro ossequio a una teologia non ancora precisata in chiari accettabili riti al pubblico. Questa propensione all’irrazionalità troverebbe una dionisiaca celebrazione rinnovata nella pratica di atti sessuali rituali. Sappiamo che un’ala dello gnosticismo era molto permissivista nei confronti delle pulsioni sessuali: niente di strano che nel calderone del primo Cristianesimo idee che poi saranno più specificatamente gnostiche trovassero una loro applicazione presso gli ambienti propriamente definiti “cristiani”. In ogni caso le scene offerte da invasati kamikaze cristiani disposti al martirio, idest a farsi condannare a morte in quanto eversori dell’ordine costituito, per motivi giudicabili poco sensati, non deponeva a favore di un giudizio positivo sugli estremisti del caso. I cristiani, a cui danno Tertulliano lamenta condanne e torture, venivano condannati in primis a causa del loro monoteismo, il quale li portava a rifiutare qualsiasi altra forma di ossequio di natura religiosa. Il crimen maiestatis comportava la pena capitale. Ma i cristiani non erano disposti ad accettare la divinizzazione possibile dell’imperatore a scapito del Dio neotestamentario (sulla falsariga ebraica col “Tanak”). Loro reputavano diavoli gli Dei del politeismo pagano. Tale demonizzazione della religiosità altrui rappresentava un atto estremistico che gettava fango sopra le civiltà egizia, greca e romana. Costituiva nelle intenzioni e nei fatti uno sprone a un sovvertimento radicale e globale. Io credo che la repressione romana dei cristiani originari sia stata un fenomeno storico ingigantito e distorto dall’apologetica del Cristianesimo, a partire proprio da Tertulliano (a cui non mancavano abilità intellettuali manipolatorie). Dobbiamo considerare qui due aspetti: perché i Romani respingevano i cristiani, e che cosa sia dunque obiettivamente successo in seguito alla motivazione repressiva. Come detto poc’anzi al governo imperiale di Roma non interessava intromettersi nella privatezza religiosa, bensì tutelare l’ordine costituito. L’incendio della capitale dell’Impero di era neroniana, a mio modesto avviso, potrebbe anche essere stato il frutto di un attentato terroristico a opera di messianisti ebrei (da non confondersi coi cristiani). Nel Vicino Oriente girava l’idea che il dominio romano non sarebbe scomparso se prima Roma non fosse stata distrutta. Perciò non mi pare assurdo ipotizzare l’attentato compiuto da estremisti ebraici rivoluzionari. I rapporti fra Giudei e Romani furono tesi per via dell’enoteismo ebreo che impediva atti religiosi al di fuori della propria stretta liceità. Culti pagani obbligatori rivolti a tutti i sudditi dell’Impero portarono i Cristiani sulle note posizioni di chiusura manifestate dal Giudaismo. Tertulliano nell’“Adversus Iudaeos” rammenta l’antipatia del Cristianesimo nei confronti di Roma pagana centro del potere politico: «Babylon apud Iohannem nostrum Romae urbis figura est […] sanctorum debellatricis». I Romani pagani tenevano in simili circostanze in considerazione l’atto di insubordinazione pubblica, non si interessavano dei contenuti teologici altrui. Giuridicamente il reato cristiano pesava quanto quello possibile dei Giudei. Quindi ritengo di poter concludere che il trattamento riservato ai mono(eno)teisti integralisti fosse analogo. Però il Cristianesimo si è lamentato solo dei propri disagi in quell’operazione di propagandistica imposizione religiosa di un Dio unico. I cristiani non hanno segnalato la parallela difficoltà, dal canto loro, degli Ebrei. I quali anzi da subito, con spregevole intenzione antisemita e con spirito illiberale, mirarono ad annientare come soggetti religiosi. Tale malaugurato proposito si evolverà in persecuzioni e ghettizzazioni a scapito del popolo giudaico sino all’irrazionalistico antisemitismo nazista protagonista di altri consequenziali deprecabili e gravissimi crimini contro l’umanità. L’assenza di una giusta visione cristiana dell’intero, quindi di una visione obiettiva e non propagandistica e non tendenziosa, già da Tertulliano, mi porta a reputare ingigantita e distorta l’occasionale operazione romana contro i cristiani. Tale vocazione apologetica vittimistica toccherà il vertice molto dopo con “Quo vadis” di Henrik Sienkiewicz. Non nego che le forze dell’ordine imperiali condannassero a morte dei cristiani in quanto equiparati a sovversivi, giudicati potenzialmente pericolosi, messianisti ebrei indipendentisti. Gli intellettuali apologeti cristiani furono lasciati molto liberi nel II-III sec. di produrre e diffondere le loro opere. Ora, se veramente ci fosse stata una intenzione di Roma di reprimere la nuova religione il sistema pagano avrebbe preso sistematicamente di mira e di continuo scrittori e predicatori, mentre questi rimasero in realtà quasi sempre liberi. Se ci furono morti e martiri fra cristiani e messianisti giudei, in quanto sovversivi (cioè irrispettosi della comune legalità costituita). A un secolo da Tertulliano il Cristianesimo ottenne con Costantino l’immunità penale per i suoi adepti. Il tragico vittimismo di Sienkiewicz e Tertulliano, improntato, ad arte, come uno scontro tra le forze del bene e quelle del Male, avrebbe storicamente preluso a una guerra civile tra pagani e cristiani, la quale non c’è stata. A testimonianza del fatto che Roma lasciava ampia libertà religiosa sino al punto di farsi condizionare, in peggio, in direzione religiosa totalitaria e antisemita, dal Cristianesimo. Se questo fosse stato quel mostro reprimendo dipinto negli occhi del governo pagano romano da Tertulliano, non se lo sarebbero messo di certo dentro casa con l’editto di tolleranza, per poi addirittura con Teodosio in meno di un secolo proclamarlo padrone di casa. A me la storiografia apologetica del primo Cristianesimo non quadra. Nessun leone s’è mangiato Tertulliano, estremista apologeta cristiano. La nuova religione si poteva estirpare colpendo le radici, non i frutti. I Romani lo sapevano benissimo, tuttavia non lo fecero. Tertulliano mente nell’accusarli di odio religioso. Il mito nero di Nerone è stato giustamente corretto dalla storiografia contemporanea. Mi pare il caso di riesaminare altresì il mito bianco delle persecuzioni cristiane precostantiniane. Rivediamo dunque il quadro storico inerente al confronto fra Romani da un lato, ed Ebraismo e Cristianesimo dall’altro, dall’origine di questo secondo all’Editto di Costantino, rammentando che i primi non riuscirono a cogliere subito ab ovo la distinzione fra vecchi Giudei e nuovi cristiani. Roma fra il 66 e il 135 combatté ben tre Guerre giudaiche al fine di mantenere il controllo politico della Palestina ebraica. Nel 66-70 (due anni dopo il grande incendio dell’Urbe) i Romani sedarono la prima insurrezione giudaica, la quale ebbe come conseguenze la distruzione del Secondo Tempio ebraico risalente al VI sec a.C. (a cui non ne seguì un terzo) e una rinnovata forzata dispersione di quasi centomila Ebrei palestinesi schiavizzati. Durante il principato (69-96) del filotradizionalista Domiziano i giudeocristiani furono ritenuti un problema serio, e costui con lo scopo di liberarne la capitale dell’Impero li sottopose a una tassa ad hoc. Nel 93 Domiziano, temendo la diffusione di un’atmosfera culturale troppo permeata da ascendenze ellenistiche, aveva bandito i filosofi da Roma. Nel 115-117 i Romani furono in guerra contro i Parti, e gli Ebrei sostennero i secondi nel corso della Seconda Guerra giudaica. Il posteriore regolamento dei conti coi Giudei, mostratisi di nuovo gravemente ostili a Roma, segnò la fine di Gerusalemme ebraica, la quale lasciò il suo spazio a un centro urbano coloniale romano denominato Aelia Capitolina (la città già privata del suo tempio al Dio giudeo vide l’erezione di uno dedicato a Giove). L’insurrezione (132-135) che scaturì nella veste di risposta a questo proposito punitivo, la Terza Guerra giudaica, fallì, e la Iudaea, pienamente romana dal 6, finì nella nuova provincia imperiale denominata Syria Palaestina. Queste le tappe storiche salienti ab Christi religionis origine ad Tertullianum: in questo primo secolo e mezzo di vita del Cristianesimo è andata molto male per gli indipendentisti ebrei, e i cristiani appaiono molto marginali a dispetto delle loro devianze. L’“Apologeticum” tertullianeo fu persino offerto a Settimio Severo, princeps, come parecchi altri, tollerante verso la nuova religio. Tuttavia, nonostante una tendenziale indulgenza, Settimio Severo nel 202 sentì l’esigenza di proibire formalmente, senza contorni persecutori, nuove adesioni e propaganda ebraica e cristiana. Anche post Tertullianum ad Constantinum le cose non andarono poi così male per i cristiani, rimasti liberi per vasti tratti nel successivo periodo di un secolo, dove le persecuzioni furono molto circoscritte nel tempo. Sotto il filosenatorio e reazionario imperatore Decio (249-251) i cristiani furono oggetto di una repressione volta all’acquisizione dei cospicui beni dei loro ceti arricchiti (altro che povertà evangelica, è già iniziata una weberiana accumulazione!). Fu introdotto un libellum di adeguatezza sociale grazie a cui si potevano evitare possibili sequestri di beni, carcerazioni e torture. A ciascun titolare di famiglia bastava dimostrare di essere pagano per poter continuare a vivere tranquillamente: in fin dei conti solo chi aveva una fede-nevrosi irremovibile andava incontro al peggio. La brevissima azione repressiva di Decio, animata da bassi spregevoli interessi di ricchezza, produsse vittime eccellenti e martiri fra i cristiani. In un Impero sempre più avviato alla decadenza spirituale, nel 257-258 due provvedimenti dell’imperatore Licinio Valeriano obbligavano i cristiani, pena la morte nel caso di sacerdoti, a osservare il culto pagano prestabilito, e interdicevano alle loro aggregazioni la possibilità di proprietà (le quali furono pertanto sequestrate). Anche qui morivano solo quelli che pur avendo a disposizione l’opzione di salvezza (una prospettiva pacificamente accettabile quella di tornare al Paganesimo) sceglievano deliberatamente di farsi ammazzare per una favola nevrotizzante. Alla vigilia dello sdoganamento cristiano costantiniano giunse l’unica, estrema, vera persecuzione a scapito del Cristianesimo (accompagnato dal Manicheismo in questa molto tragica temporalmente circoscritta esperienza). Diocleziano nel 297 e nel 303 dichiarò fuorilegge i manichei e i cristiani: furono colpiti beni e persone, la libertà e le opere letterarie, in deprecabile stile nazista. Costui abdicò nel 305 e si lasciò dietro le sue spalle quell’orrendo periodo. L’editto di tolleranza del 313 chiuse il primo tempo a definitivo vantaggio dei cristiani. La resistenza pagana contro il Cristianesimo risultò piegata nonostante l’inaccettabile uso dioclezianeo della violenza estrema, in tutti i sensi. Il venturo teodosiano editto sulla religione, nel secondo tempo, che sovvertì l’ordine civile avito pluralista dell’Impero, proclamando la religione cristiana unica di Stato, rappresentò il coronamento di un sogno e di un disegno politici integralisti cristiani. È difficile negare, a mio modesto avviso, che l’Editto di Teodosio del 380 costituisca da un canto un colpo di mano estraneo all’antica mentalità grecoromana, e che dall’altro esso rappresenti il profondo realizzato desiderio dell’“Apologeticum” di Tertulliano. Il Cristianesimo tertullianeo mira de facto a sovvertire l’ordine pubblico costituito della società romana e delle libertà religiose. Ambisce a imporre a tutti il culto di un Dio unico (in parole povere il sogno di Akenaton): la nuova religione non possiede uno spirito aperto alla libera e varia coabitazione religiosa. Tertulliano è un fautore della renitenza alla leva romana. È un sincero pensatore idealista, a modo suo, non violento, oppure il suo recondito piano è quello di indebolire le forze dell’ordine? Chi era renitente era passibile di pena di morte. Inoltre l’autore dell’“Apologeticum” propugnava l’astensione dai pubblici uffici che erano inseriti in un quadro di forme pagane: culti obbligatori e possibilità della somministrazione della pena capitale non gli piacevano affatto. Un impiegato statale dunque non poteva diventare cristiano rimanendo tale. Il Cristianesimo prese i suoi proseliti allora in larga parte tra le categorie sociali più precarie, pescò abbondantemente nel proletariato ignorante. Ecco spiegata la ragione del suo successo popolare. Chi non aveva niente da perdere scelse questa distopica religione che prometteva un risanamento. La base popolare incolta del Cristianesimo fu la forza di un impazzimento religioso che segnerà l’Europa sino al Barocco. Tertulliano rifiuta una possibile conciliazione con la filosofia greca antica. Purtroppo per lui il Cristianesimo è sorto proprio da radici ebraico-alessandrine e stoiche2, di cui egli non coglie razionalmente né la cornice né il contenuto. E dunque si abbandona in una preoccupante chiusura irrazionalistica, la quale fu d’esempio alla postulazione di qualsiasi illogico e ascientifico dogma cristiano. Il pensiero nevrotico di questo scrittore romano-latino rappresenta un’espressione della crisi spirituale occidentale post-ellenistica, nella quale ebbe il suo triste successo l’impazzimento religioso diffuso che chiuse all’Occidente le porte della razionalità, seppellì le antichità egizia, greca e romana, e aprì il baratro medievale. Ai nostri tempi si studia ancora il diritto romano per diventare magistrati, non teologia dogmatica. Tertulliano elogia l’ignoranza, disprezza gli studi filosofici, idealizza l’essere umano guidato dal cuore. C’è qui dell’irrazionalismo pascaliano3. Accogliere i dogmi e i principi del Cristianesimo sulla base di un “credo quia absurdum” non soltanto costituisce l’elevatissimo tasso di irrazionalità del pensato tertullianeo, ma tocca anche l’orwelliano. Tertulliano, al pari di O’Brien, è uno che ci spiega che 2+2 può fare 3,4, o 5 a seconda delle circostanze. L’anima di cui tratta lui, la quale dovrebbe cogliere le verità di fede per semplice intuizione diretta (ragioni del cuore disomogenee rispetto a quelle avanzate dai filosofi) sarebbe naturaliter christiana, vale a dire, ante litteram, naturaliter orwelliana4. Il pacifismo tertullianeo, ritenuto evangelico, mentre Gesù stesso aveva proclamato in sue clamorose parole di essere venuto a portare non pace (ειρήνη) ma spada e divisione (μάχαιρα, διχάζω), appare surreale giacché svuota lo Stato dei suoi servitori e funzionari. Il Cristianesimo originario aveva fatto della nonviolenza una bandiera ideologica contraddittoria. È stato un calcolo forzato davanti a un avversario militarmente superiore? A guardare la storia post-costantiniana la domanda non sembra così insensata. Dal vittimismo esagerato e dalle intorbidite, nel mio punto di vista, “persecuzioni religiose anticristiane” si è passati subito, senza tanti tentennamenti, alle persecuzioni di tutti i nemici del Cristianesimo. Ma questa così decantata nonviolenza era perciò uno specchietto per le allodole romane pagane5? Perché con i cristiani dentro le stanze del potere politico, di loro nonviolenza se n’è vista pochina per parecchi secoli. La schiavitù e le discriminazioni di donne e omosessuali, a quanto si è visto, non rappresentavano per i cristiani pre- e post-costantiniani forme di violenza. E così durò a lungo. Strano questo concetto tertullianeo di nonviolenza, che nuoceva all’ordine costituito pagano… Tertulliano elogiò la vocazione al martirio, una sorta di impazzimento avanzato del suicidio stoico. Questo patologico invogliare a uscire patologicamente fuori di testa costituisce qualcosa che ho rilevato nella cultura cristiana pure nell’erasmiano “Elogio della follia”5. Per quanto concerne la teologia, Tertulliano fu un sostenitore dei dogmi della Trinità divina e della doppia natura, umana e divina, del Cristo, nonché della resurrezione dei corpi umani. Rappresentò un avversario del pensiero gnostico. Come si vede è stato un teologo molto importante nell’imbeccare verso posizioni poi divenute salde. Il fatto di essere stato un fuoruscito montanista gli fece sfuggire la qualifica di Padre della Chiesa per via di alcune sue credenze lontane dall’ortodossia cattolica. Comunque, ciò non gli ha alienato simpatie per il suo spirito apologetico e apprezzamenti per il suo “Apologeticum”, un’opera la quale a me sembra invece una favolona propagandistica condita di distorsioni storiche e di esagerata aria fritta teologica, un prodotto non a caso di un tecnico della retorica e del diritto mirante nella sostanza a sdoganare posizioni estremistiche. In tutta sincerità non trovo inappropriato accostare l’“Apologeticum” tertullianeo alla forma del “Mein kampf” di Adolf Hitler: potremmo invertire i titoli e non cambierebbero i sensi dei rispettivi testi. Il prosieguo della mia analisi vuol mettere ulteriormente in luce altri aspetti oscuri e oscurantisti della proposta cristiana tertullianea, di cui il suo testo apologetico costituisce premessa propagandistica. Cioè voglio far notare che cosa il suo esaltato Cristianesimo auspicava di portare e attuare. E lo farò attraverso opere di Tertulliano scritte come l’“Apologeticum” nel suo periodo cattolico premontanista, per prevenire osservazioni che tirassero in ballo influenze ereticali. Al periodo montanista appartiene il “De corona”, con il suo orwelliano pacifismo. Gli altri scritti che appresso esaminerò sono “cattolici” e non “montanisti”.
 
Continua qui
 
 
NOTE
 
1 Gesù stoico e dionisiaco nel mio saggio Partita a scacchi (2022).
 
2 Per approfondimento indico dei miei lavori: Dall’inno stoico a Zeus di Cleante alla fondazione del Cristianesimo dentro la mia pubblicazione Prospettive rinnovate (2023); quello segnalato della nota precedente; La “lettre a un religieux” all’interno della mia monografia Ermeneutica religiosa weiliana (2013).
[seconda parte di questo testo su internet]
 
3 A volte la Storia offre strani ricorsi vichiani. Uno di questi riguarda Tertulliano con la sua inclinazione verso il montanismo riproposto in veste adattata a tempi diversi nel Pascal condizionato dal giansenismo. A chi volesse approfondire il paragone suggerisco di leggere questo mio studio: Pascal e le ragioni del cuore nella mia opera Letture critiche (2019).
 
4 A questo concetto ho dedicato attenzione nella mia monografia Il Medioevo futuro di George Orwell (2015).
 
5 Da non trascurare il caso evangelico di Pietro armato e del giovinetto γυμνóς (nudo, o disarmato?) al Getsemani con Gesù, questione che ho affrontato nella mia pubblicazione Radici occidentali (2021) nel segmento intitolato Un inquietante brano neotestamentario: evangelismo armato e ambiguo nudismo.
 
6 A quest’opera ho destinato una mia analisi: Il machiavellico disegno della “follia” erasmiana contenuto nel saggio di nota 3.