Nella giurisprudenza italiana in virtù della legge 248 del 18 agosto 2000 anche i testi pubblicati su internet godono della tutela del diritto d’autore già stabilito dalla precedente legge 633 del 22 aprile 1941. La loro riproduzione integrale o parziale è pertanto libera in presenza di scopi culturali e al di là di contesti di lucro, da questo lecito uso fuori del consenso dello scrittore si devono necessariamente poter evincere i seguenti dati: il link del testo, il titolo, l’autore e la data di pubblicazione; il link della homepage del suo contenitore web. Copiare non rispettando queste elementari norme rappresenta un illecito.

martedì 13 agosto 2024

IL BOTTICELLI E LA SINDROME PSICOSOMATICA DELL’ARTE MEDIEVALE

di DANILO CARUSO
 
Nelle mie ricerche e nei miei studi sulla storia e sulla teologia cristiane, poiché prima di essere qualcuno che spiega qualcosa (senza pretesa di novità) sono uno che indaga e approfondisce, mi sono concentrato soprattutto sulla linea di pensiero dell’oggetto esaminato. Non abbandonando simile modalità voglio analizzare gli effetti dell’affermazione del Cristianesimo sul mondo dell’arte figurativa. Esporrò dunque il mio punto di vista critico, il quale non mira a ripercorrere ogni angolo dell’arte medievale (periodo manualistico qua preso in considerazione), bensì tende a esprimere una valutazione generale, presentando degli exempla. Nel mio dire mi soffermerò solo su qualche opera in particolare al fine di rendere tangibile il segno della mia riflessione la quale offro come un metro generale da applicare. Ho già chiarito che parlerò di Medioevo. Questo nella mia ottica possiede un blocco storico massiccio il quale va dall’Editto di Costantino alla coniazione del fiorino. È l’arco temporale di pura altissima potenza dell’ideologia religiosa cristiana, la quale condusse, in virtù dei suoi contenuti sessuofobici e misantropici, alla caduta dell’Impero romano nell’Europa occidentale. Dopo la coniazione del fiorino, evento simbolico di una rinascita umana e sociale, la Storia europea, per me, visse una dicotomia diacronica, essendo attraversata da realtà viventi come la Chiesa in un regime culturale di impronta medievale (molto a lungo), e da realtà come i ceti imprenditoriali animati da una vis attivistica e liberale esistente, a latere, in aree definite umanistico-rinascimentali. Nel bene e nel male, dalla coniazione del fiorino alla Rivoluzione francese, sono stati i gruppi umani impegnati nella produzione dei mezzi di sussistenza, e non solo, a conquistare sempre più larghe libertà. Ed è un merito ascrivibile sia ai capitani d’impresa, sia all’esercito dei lavoratori: le due facce della medaglia di una dimensione attivistica1, la quale nel Medioevo post-millenaristico determinò una rinascita alla vita davanti al deprimente patologico schema cristiano, disprezzante tutto quanto fosse connesso alla corporeità umana anche in termini di dinamismo. La constatazione del fallimento delle aspettative millenaristiche diede la prova alle menti più aperte del valore fantastico della costruzione cristiana. E dal momento che non a tutti piacque annegare nel masochismo il vitalismo batté un colpo di coda e sorsero interessi d’impresa, ma a mio avviso, quali puri moventi esistenziali positivi. Non mi pare giudicabile sano il fatto che l’Arte abbia fatto da megafono alle devianze misogine, misantropiche, antisemitiche, nevrotiche della Patristica2. Nel Basso Medioevo qualcosa è cambiato dentro la Cristianità cattolica (gli ortodossi orientali si sono staccati da Roma nel 1054). Fra XI e XIII sec. vi è una rinascita grazie all’attivismo artigianale, indice della comparsa di un embrione imprenditoriale moderno, testimoniante una rivendicazione della dignità del lavoro umano al cospetto di un malato totalizzante spiritualismo cristiano. Rappresenta esigenza dei ceti motivati da quell’attivismo che la bruttezza del contenuto lasci uno spazio al bello formale recuperato dalla lezione antica romana. È qui che io rilevo il conflitto psicosomatico dell’arte basso-medievale, evocato nel titolo. Da un lato l’estetica cristiana alto-medievale richiedeva brutalità semiotica e un rifiuto dell’ideale di bellezza greco del corpo (il teatro del peccato), dall’altro i risorti post-millenaristi, rinati a nuova vita mondana, insensibili al fascino della “pazzia del Cristianesimo” messo nell’arte e altrove, pretendono il ritorno di un “bello” canonico, seppur formale, spesso ancora imprigionato nel totalitarismo religioso. Possiamo rilevare un significativo arco dello scontro, secondo me molto simbolico, il quale va dalla fiorentina “Maddalena” di fine del ’200 del cosiddetto Maestro della Maddalena a la “Nascita di Venere” (1485) del Botticelli (il quale, Fiorentino, avrà probabilmente visto la prima opera nel suo iter artistico). Dal primo dipinto (misogino) al secondo l’Arte ha recuperato, dove possibile, con efficacia una sua autonomia dal contagio cristiano. La Civiltà umanistico-rinascimentale proseguirà la vocazione emancipatrice dalla religione cristiana, mentre la Chiesa vivrà al suo interno un prolungato Medioevo. Nell’epoca basso-medievale possiamo notare le tracce evidenti di una dialettica ad alta tensione. Tornando meglio sulla “Maddalena” di cui sopra, in materia di misoginia e di contrasto tra bello formale e oscurantismo dottrinale dentro l’arte sacra alto-medievale, possiamo rilevare alcune cose. Sebbene l’ignoto autore abbia cercato di presentare una sorta di yeti, la figura femminile non appare brutta (semmai abbruttita, tuttavia in guisa non tanto efficace, dall’abito di lunghissimi capelli). V’è una censura del corpo femminile, ma vengono fuori graziosamente piedi, avambracci, mani e volto. Questo ha occhi verdi e guancette rosse (simbolo di vergogna, le quali però danno una vitalità imprevista), sopracciglia curate scendenti lungo un naso modello per la chirurgia estetica. Se le guance sembrano beneficiare di un tocco cosmetico, anche le labbra le imitano. I lunghi capelli possiedono una tonalità di castano alla moda di moderne tinture, e le orecchie fanno capolino in giocoso modo. Solo quell’aria imbronciata e il contorno fumettistico salvano l’intento monitorio deprimente assieme a quel proclama scritto tenuto in mano, ammonente i peccatori a non allontanarsi da Dio. Maria Maddalena è stata comunemente in origine ritenuta essere una prostituta. Tale tradizione anima il tono del dipinto e gli dà il senso teologico: censurare il corpo femminile e la libido a vantaggio di misoginia e sessuofobia cristiane. Non reputo che l’effetto sia stato conseguito al 100%. Il conflitto psicosomatico dell’arte basso-medievale produce una dialettica di sprone nel fruitore, nonostante possa essere qualcosa vissuto in modo traumatico a causa della cappa religiosa avvolgente le menti. E che siffatta tensione abbia poi portato alla Venere del Botticelli significa che un quid dialettico esisteva dopo l’oscurantismo totale e postapocalittico (nel senso cinematografico e letterario moderno, perché il Cristianesimo secondo me ha simboleggiato una catastrofe atomica nell’Occidente durante l’Alto Medioevo). Se accostiamo la figura botticelliana di Venere a quella di questa Maddalena troviamo delle analogie di postura: la divinità pagana appare più leggiadra e più sciolta, la santa cristiana si mostra più irrigidita; non facciamoci ingannare da difformità dinamiche.


C’è la stessa donna in due situazioni diverse: la prigionia (nevrotica, misogina, sessuofobica), la liberazione (la nascita di Afrodite, al di là delle righe la “rinascita” della Maddalena). Lunghissimi capelli in entrambe attorno al corpo, ma la Venere ha rimosso la precedente censura. Questa ha ripreso a vivere. L’inclinazione di gambe e piedi (estremità somiglianti nelle due donne) supera la catatonia di contrizione spirituale precedente. Avambraccio destro sempre con mano verso l’alto, però ora poggiante sui seni. La Maddalena tiene il proclama religioso all’altezza di muliebria genitalia (una sorta di segnale di divieto), la figura mitologica del Botticelli vi tiene i capelli scendenti della lunga chioma. Il divieto sessuofobico è sparito, la luce spenta dei capelli castani della Maddalena si tramuta in un biondo più vivo. I capelli di Afrodite svolazzano, al contrario di quelli della Maddalena, i quali la impacchettano dalla testa fin quasi ai piedi, e più che un pacco rigido sembrano una bara di legno (dove morire spiritualmente, risorgere in seguito con Cristo, e così via). I due volti sembrano appartenere alla stessa donna: inclinato, leggermente ruotato, vivo, quello botticelliano; in stile di fototessera, burocratica immagine, si presenta il viso della Maddalena (tuttavia con pregi sopra delineati). Bocca, naso, occhi, sopracciglia identici e differenziati dal dinamismo. In Botticelli ritroviamo una “Rinascita della Maddalena”, che in un primo livello iconografico rimane pur sempre una “Nascita di Venere”. Quanto appena illustrato costituisce un concreto esempio di quello che io chiamo “conflitto psicosomatico nell’arte medievale”, peraltro con una “soluzione catartica dichiaratamente umanistico-rinascimentale. Un altro exemplum molto vistoso del contrasto psicosomatico dell’arte medievale, che ho teorizzato, emerge dal prospetto del Duomo di Orvieto dove si trova un bassorilievo della “Creazione di Eva”, opera di Lorenzo Maitani (1275-1330). È impressionante il gusto naturalistico antico, il disegno classico dei corpi. Al di là di Adamo ed Eva nudi, la leggerezza della veste di Dio ne fa intravedere le forme di tutto il lato della schiena, dalla testa ai piedi: sembra una divinità pagana greca resa cristiana dal simbolismo. Eva, ritagliata con estrema finezza, assomiglia alla Venere del Botticelli con cui ha in comune canoni estetici femminili mondani non religiosi di quelle epoche. Pare proprio una adult doll. Tuttavia interviene la deep theology a normalizzare ogni cosa, a vanificare la prima impressione. A dispetto di tutto le forme classiche restano, ed entrano in conflitto col disegno ideologico-semiotico del Cristianesimo. Rappresenta questo bassorilievo una testimonianza molto viva di ciò che sostengo: una patologica dialettica vissuta dal Medioevo nell’interno di sue espressioni. Da un punto di vista teologico può avere un senso, e concedere una legittimità, il dire che quello è il corpo di Eva precedente il peccato originale (da cui il lasciapassare all’intera immagine), però il classicismo “spinto” della circostanza lascia l’indice di altro: quella non è Eva, quella è una Venere inconscia; e Adamo potrebbe, a ragion veduta, essere interpretato quale un Marte. Andiamo ad accostare detto bassorilievo con “Venere e Marte” (1482 ca) di Botticelli.


Io penso che pure qui si possa parlare di “soluzione catartica” dopo il precedente, già visto, della “Maddalena”. L’Arte si rivela sovrastrutturale fenomenologia, nell’accezione junghiana, segnalatrice della condizione della Civiltà nel Medioevo. Il Gotico ha fatto della raffinatezza rappresentativa una sua cifra grazie alla ricercatezza manierata e iperbolica. Il lusso e l’apparire contrassegnano i segni di nuovi tempi volti a un clima protocapitalistico moderno. Il Gotico non dipinge più tante madonne antiedoniste, dipinge fashion models sub specie Mater Dei, madonne per caso3.
 
 
NOTE
 
Questo testo è un estratto del mio saggio intitolato “Sindrome dell'arte medievale”
 
1 Sopra questa materia un mio scritto: La genesi dell’Umanesimo italiano nel mio saggio Radici occidentali (2021).
 
2 Riguardo a tali temi diverse le mie analisi. Per un approfondimento consiglio di iniziare dalla mia pubblicazione intitolata Studi illuministi (2024), e di seguire le ulteriori indicazioni delle note a ritroso nel tempo.
Colgo l’occasione inoltre di segnalare un altro interessante testo al fine, anche generale, di approfondire: Vicari di Cristo [Vicars of Christ (1988 eng.)] (1990 ita.) di Peter de Rosa. Non mancano in Italia meritevoli lavori sulla storia della Chiesa. Ne voglio ricordare un paio volendo offrire un trittico il cui arco, non solo, storico coperto sia esauriente al meglio: I segreti del Vaticano (2010) di Corrado Augias, L’oro del Vaticano (2010) di Claudio Rendina. Come afferma Platone, chi è in grado di cogliere l’“intero” può raggiungere la capacità di conoscere, ed essere cioè filosofo, se non conoscitore quanto meno abilitato alla conoscenza.
 
3 Clamoroso, giudico, il caso, in periodo umanistico, della quattrocentesca Madonna del latte in trono col Bambino di Jean Fouquet, oggetto di una mia analisi: La Madonna “pneumatica” e Lenina Crowne, nella mia opera recante il titolo Note di studio (2016).