Nella giurisprudenza italiana in virtù della legge 248 del 18 agosto 2000 anche i testi pubblicati su internet godono della tutela del diritto d’autore già stabilito dalla precedente legge 633 del 22 aprile 1941. La loro riproduzione integrale o parziale è pertanto libera in presenza di scopi culturali e al di là di contesti di lucro, da questo lecito uso fuori del consenso dello scrittore si devono necessariamente poter evincere i seguenti dati: il link del testo, il titolo, l’autore e la data di pubblicazione; il link della homepage del suo contenitore web. Copiare non rispettando queste elementari norme rappresenta un illecito.

lunedì 11 febbraio 2019

PASCAL E LE RAGIONI DEL CUORE

di DANILO CARUSO

Le coeur a ses raisons que la raison ne connaît point.

Blaise Pascal, “Pensées”


Blaise Pascal (1623-1662) è stato scienziato e pensatore di notoria fama (fu inventore della calcolatrice). Una sua opera postuma, progettata nei suoi appunti al fine di un’esaltazione fideistica del Cristianesimo, ne ha consacrata la fama presso un ampio pubblico. I suoi “Pensieri” (iniziati a scrivere nel ’53), ordinati in vario modo a seconda dei curatori del testo (e dell’impostazione che costoro hanno creduto migliore dare), rappresentano in ogni caso, a prescindere dal montaggio editoriale, un riflesso della personalità pascaliana prima della sua prematura scomparsa. In essi è possibile rintracciare testimonianza di una svolta nettamente nevrotica nella mente del Pascal scienziato. Nell’esame seguente farò riferimento a concetti della psicologia analitica junghiana, e chiarirò come, a mio avviso, la psiche pascaliana sia stata teatro di qualcosa paragonabile a un terremoto, dalle cui macerie il filosofo francese non ha trovato la capacità di risollevarsi in maniera non deviata verso una forma ossessiva. Pascal ebbe, ed esordì sullo scenario esistenziale con, una mentalità logico-matematica interessata alla scienza (grazie all’influenza educativa proveniente dal padre): dunque, usando gli schemi di Jung riguardanti le tipologie caratteriali, è possibile dire che lo scienziato avesse avuto dapprincipio una preponderante personalità logico-percettiva. Tuttavia a un certo momento della sua vita, dopo aver subito il condizionamento proveniente dal pensiero giansenista a partire dal ’46, un evento esteriore creò quella detonazione all’interno della sua psiche che consentì a un complesso (nevrotico) di trovare breccia per assalire il suo Io. Per me, in linea di massima, il Cristianesimo si fonda sopra una nevrosi maschilista1: accade cioè un arroccamento, nell'asse delle funzioni personali razionali, della razionalità (logos, maschile) a scapito del sentimento (eros, femminile), causando così una rottura sostanziale della struttura nella sua meccanica di contatto funzionale. Il Verbo (ragione) viene ritenuto erroneamente l’unico tratto razionale, il suo opposto pertanto irrazionale: dunque se la ratio è “bene”, la libido diventa “male” (Satana e la donna di lui porta). La religione cristiana (non solo medievale) si è espressa su questa base: misoginia, omofobia, antisemitismo, l’intolleranza teologica, hanno in essa tale sostrato nevrotico, maschilista e pseudorazionalistico. Nel Pascal dei “Pensieri”, giansenista, fautore di una riforma della Chiesa cattolica in senso radicale (vicino all’irrazionalismo luterano), prende campo simile schema nevrotico, il quale in lui covava dentro l’eccesso di dominio della sua personalità logico-percettiva: si può dire che già fosse nevrotico, di una mania ordinatrice, e in misura più lieve. Nella psiche pascaliana, in una prima fase il “verbo scientifico” e il “Verbo religioso” si trovano a coabitare nel medesimo angolo: però succede che i due aspetti siano inconciliabili, e che la spinta sempre più pressante della schietta funzione logica, la funzione caratteriale dominante in Pascal, provochi per saturazione un rovesciamento polare alla volta del segmento razionale emarginato, quello del sentimento (funzione inferiore): da questa dinamica traggono origine le “ragioni del cuore” sostenute dal filosofo. Nel momento in cui egli si rende conto dell’insostenibilità logica del Cristianesimo, ne produce apertamente la legittimazione entro un ambito nevrotico che niente ha a che vedere con sane funzioni dell’asse caratteriale razionale. Non è facile dire quanto in simile fondazione sia nevrotico pseudorazionale camuffato (le “ragioni del cuore” quali ripieghi formali tecno-nevrotici) e quanto possa essere sintomo di una personalità scissa tra logico-percettivo e sentimentale-intuitivo. In questo secondo caso Pascal potrebbe essere stato alle porte della schizofrenia. Il fatto che sia morto giovane, in circostanze non molto chiare di malattia, lascerebbe dubbi. Il pensatore francese viene ritenuto un precursore dell’esistenzialismo, e queste sfaccettature personali ne indicano tracce speculative. La “canna pensante” dei “Pensieri” è in primis lui stesso, una sorta di Leopardi del Cattolicesimo. Se si contestualizzano i contenuti degli appunti pascaliani in previsione dell’apologia organica, emergono, tra l’altro, i segnali di una gravissima crisi esistenziale accompagnata da nevrosi. Accanto a temi teologici ed esistenziali leciti (quali la ricerca di Dio e la bocciatura del vuoto “divertissement”) si possono notare sfumature di integralismo, antisemitismo e misoginia. Non si può estrarre un qualunque simpatico “pensiero” di Pascal isolandolo dall’insieme, come uscisse fuori dai cioccolatini. Si deve sempre ricordare che il filosofo d’Oltralpe promuove nei “Pensieri” una dimensione fideistica nevrotica2, dove una totalitaristica ideologia religiosa cristiana non lascia spazio alla libertà di posizioni differenti, tanto meno alla liceità della ricerca filosofica di cui egli disconosce il potere di indagare con efficacia. Fu il padre di Pascal (morto nel ’51) a condizionare in fatto di giansenismo i figli, soprattutto Blaise e Jacqueline (la quale si farà suora nel ’52, per poi morire dopo un’esperienza di rigore). A sua volta il fratello influì sulla sorella, sostenendo quelle tesi religiose, e contribuendo così alla di lei entrata in monastero. Quindi fu il turno di Jacqueline nel condizionare Blaise. In quegli anni il filosofo soffrì di forti mal di testa (al pari di Simone Weil3), il che mostra un significativo sintomo somatico del suo stato di disagio interiore. Il famoso memoriale trovatogli addosso nell’abito quando morì, un testo datato 23 novembre 1654, è indice eclatante ulteriore della sua situazione psicologica di deriva nevrotica. Pascal, proseguendo la parabola involutiva, aveva scelto di concentrarsi sopra una prospettiva speculativa intimistico-esistenziale, cosa che gli precluse la possibilità di una ripresa mentale. Le lettere “Provinciali” composte dopo a sostegno del giansenismo, nelle quali il concetto di “peccato originale” rappresenta il perno della sua critica contro una visione esistenziale meno negativa, sono ennesima riprova di quanto detto. Nonostante tutto Pascal rimane un notevole pensatore: il suo ragionamento sulla scommessa a proposito dell’esistenza di Dio costituisce una raffinata riflessione filosofica, nella quale purtroppo per lui, il filosofo sottovaluta la possibilità che Dio possa non essere cristiano o anche in generale non prediligere una religione in particolare. Se la sua dicotomia “esprit géometrique / esprit de finesse” non fosse stata tematizzata in un contesto psichico quasi schizoide, Pascal avrebbe colto il valore archetipico presente nelle “ragioni del cuore”, le cui intuizioni lo avrebbero condotto allo junghiano inconscio collettivo. Però egli non coglieva immagini di archetipi da miti religiosi sani (contenenti esempi catartici); egli maneggiava attraverso il Cristianesimo immagini da nevrosi (spesso, da parte di sadici e masochisti, motivo nella storia di torture e uccisioni di innumerevoli persone allo scopo di produrre una pseudocatarsi nella società): queste ultime gli provenivano da un malsano complesso (Gesù Cristo, il Logos) che stringeva il suo Ego in modo saldo dopo il suo crollo psichico. Perciò da un punto di vista sostanziale il filosofo francese rimase lontano dal cogliere l’inconscio impersonale, i di esso input e le di esso immagini archetipiche: egli si mantenne nell’ultimo periodo della sua vita nell’area della cosiddetta “ombra” junghiana, dalla quale traggono sostegno i complessi causa di nevrosi. Aveva altresì conosciuto la depressione nell’infanzia, persa la madre nel ’26, e più in là la sorella Jacqueline (responsabile a Port-Royal delle novizie) nell’ottobre del ’61: lui morì ad agosto dell’anno successivo; parrebbe che quest’ultimo evento possa considerarsi un colpo di grazia sul suo essere. Condivido il giudizio di Voltaire a carico di Pascal, accusato di atteggiamento misantropico ed eccessivamente pessimistico: in effetti l’illuminista non ha torto a sottolineare il tratto di aberrazione del suo connazionale nell’opera postuma ricordata. Il “coeur” isolato e privo della guida della “raison” non conduce a niente di buono; è come se i cavalli della biga platonica corressero in direzione di un baratro: il cuore ha le sue negative ragioni (nevrosi) cui la ragione non può sottostare. Si potrebbe concludere che Pascal sia un “Cartesio impazzito”, rimasto vittima dell’ingannatore “genio malefico” del “metodico dubbio cartesiano”.


NOTE

Questo scritto è un estratto del mio saggio “Letture critiche (2019)”

1 Allo scopo di approfondire suggerisco questa lettura:
Lo strano caso di Mabel Brand e di Monsignor Benson

2 Un caso parallelo si ritrova in Erasmo da Rotterdam e nella sua “follia”; vedi:
Il machiavellico disegno della “follia” erasmiana

3 Per un confronto con Simone Weil si veda:
Simone Weil / Filantropia e fede di una filosofa