di DANILO CARUSO
Blood will have blood.
William Shakespeare, “The tragedy of Macbeth”
Chi ha scritto l’opera teatrale attribuita al nome di
William Shakespeare dal titolo “The tragedy of Macbeth” era una persona in
possesso di una cultura religiosa misogina e antisemita. Più in particolare
questa forma mentis cristiana appare di stampo protestante giacché nel testo si
mostra presente la dottrina della predestinazione. Tale testo shakespeariano si
rivela profondamente intriso di precisi contenuti teologici radicali, la cui
presenza contiene una finalità educativa e propagandistica nei confronti del
pubblico inglese. Ad esempio, all’inizio, quando Banquo chiede se il Diavolo
possa affermare una cosa vera, egli non sta dicendo niente di interlocutorio, si
incomincia subito a veicolare nei riguardi dello spettatore una serie di
messaggi, non poi così tanto subliminale, dato che la loro sostanza dottrinaria
sembra evidente. Infatti Banquo poco dopo risponde che la verità può essere
strumento nelle mani delle forze del Male volto a sviare gli uomini in
direzione della perdizione. Tre streghe hanno vaticinato a Macbeth la sua
ascesa al trono scozzese, da qui si sviluppa una trama molto antifemminista, la
quale non stupisce se contestualizziamo bene la creazione teatrale in esame. È
stata elaborata al principio del XVII sec., in piena epoca di caccia alle
streghe, durante il regno di Giacomo I Stuart (già re di Scozia succeduto nel
1603 a Elisabetta I Tudor, figlia di Anna Bolena). Il nuovo sovrano, che mise
sotto il suo patronato la compagnia teatrale di cui faceva parte Shakespeare,
oltre ad allinearsi alla Chiesa riformata anglicana fu cultore scrittore di
demonologia e promosse una nota traduzione della Bibbia in inglese. La
misoginia del “Macbeth” è del tutto organica allo spirito di massima del suo
contesto storico. Il parlare di e contro la stregoneria è uno dei dettagli
salienti di tale opera allo scopo di esprimere il pensiero cristiano sin allora
tradizionale sulle donne indicate dai seguaci di Cristo ab ovo quali
porte-del-Demonio. Lady Macbeth è l’equivalente scenico simbolico della biblica
Eva: indurrà lei il suo compagno a trasgredire. L’autore di questo testo
teatrale nutre una bassa considerazione del gentil sesso, fa dire alla
protagonista femminile (che auspica di essere all’altezza del criminoso piano
di uccisione del re in carica Duncan): «Come, you spirits […], unsex me here». Cioè
chiede alle forze oscure di essere-mascolinizzata, ciò indica il verbo “unsex”
(conversione sessuale). E se ne comprende il motivo in modo chiaro: le donne
nella tradizionale teologia cristiana difettano della “ragione”, presunto
tratto distintivo del genere maschile (più somigliante a Dio che non il
femminile)1. Lady Macbeth sta solo ammettendo che un soggetto
femminile non sarebbe all’altezza di quel progetto, il quale richiederebbe
un’intelligenza d’uomo. L’Eva shakespeariana tenterà e farà cadere in fallo il
suo Adamo di turno, la causa: un’induzione innescata da un pensiero non
meditato in maniera “razionale” ossia maschile e rispettoso delle norme
religiose cristiane. Macbeth si fa trascinare al pari del modello originario
del suo personaggio in “Genesi”. Dopo che è stato compiuto il regicidio, a
conferma di quanto detto sopra riguardo allo “unsex” della protagonista della
tragedia, Macduff, a sostegno dell’idea della donna quale essere mentalmente
debole e deficitario, dice alla futura regina che il racconto del recentissimo accaduto
la farebbe morire in seguito a un trauma perché inadeguato a un orecchio
femminile. Infatti la tenuta mentale delle donne sarebbe molto fragile stando
anche alla vecchia teoria sull’isteria, il che peraltro è un derivato del
pregiudizio misogino secondo cui mulier tota in utero est. L’uccisione di
Duncan rievoca la morte di Cristo Ross ci informa che successivamente all’alba
del giorno dell’omicidio la luce diurna fu velata da tenebre. Il parallelismo
col sacrificio del Golgota salta all’occhio, assieme alla classica dicotomia
cristiano-evangelica luce/oscurità (Bene/Male, Dio/Satana). Inseritosi nel
binario dell’incontinenza Macbeth da sovrano prosegue nelle sue scelleratezze.
Egli rappresenta un nuovo Giuda, colui che dichiara il male necessario a
consolidare ciò che dal male sorge. Questa tragedia shakespeariana prospetta
l’atteggiamento incontinente, smodato di un uomo come conseguenza della
“malevola induzione femminile”, la quale contra naturam avrebbe voluto essere
“unsex” e dominante. Il “Macbeth” Si rivela una tragedia antifemminista, avversa
a un presunto sovvertimento della ritenuta gerarchia naturale. La protagonista
femminile programma un regicidio con intelligenza maschile, e il nuovo re si
abbandona poi a comportamenti sempre più passionali (femminili, senza profondo
calcolo del ragione). Persino nelle parole delle tre streghe si notano elementi
di propaganda misogina e antisemita. Macbeth che a metà tragedia interroga di
sua iniziativa le streghe rammenta il biblico re Saul che a sua volta si era
avvalso di una negromante per avere responsi sul suo futuro. Se la protagonista
femminile del testo shakespeariano costituisce un’Eva teatrale trasposta, la
moglie del re ammazzato viene dipinta nelle parole di Macduff alla stregua di una
Madonna orante. È infatti tale la donna positiva di qualsiasi Cristianesimo tradizionalista:
colei che prega e lascia gli affari “maschili” agli uomini. Poi altra
sottolineatura da parte di un pensiero reazionario proviene dalla credenza nel
potere taumaturgico divino del re d’Inghilterra (che appoggia il ritorno sul
trono del legittimo erede Malcolm figlio del re assassinato). Una simile
mentalità antiscientifica non si mostra né moderna né progredita, e non giova
alla crescita sociale (oltre a tutto il resto di negativo evidenziato). La
medicina cura le malattie, non i miracoli (i quali non sembrano poi essere così
diffusi fra i bisognosi di assistenza; ammesso sempre che siano eventi
prodigiosi, perché ciò che era inspiegabile 1000-2000 anni fa poteva essere
ritenuto un miracolo mentre oggi potrebbe essere compreso dalla scienza, al
pari di ciò che potrebbe accadere oggi valutato con le conoscenze venture). Il
benessere sanitario della collettività umana abbisogna di studi medici. La
medicina ha debellato la peste, il colera, il vaiolo, etc. non la teologia. Affidarsi
a speranze taumaturgiche come propone Shakespeare è frutto di una forma mentis
fanatica. Come frutto del fanatismo è questa sua misoginia nuovamente in luce
nelle parole di Macduff il quale pensa il pianto in relazione a un uomo disdicevole
e da donna: «I could play the woman with mine eyes [potrei comportarmi da donna
coi miei occhi]». Tra parentesi: il testo della tragedia pare essere stato
malamente modificato (da mano diversa dal primo autore?) laddove emerge un
contrasto nel dialogo fra Ross e Macduff. Prima dice che moglie e figli di
costui stanno bene, e subito dopo lo informa che sono morti: qualcosa nel filo logico
narrativo non funziona tanto bene in questo tratto. Rivediamo la suggestione
religiosa, la quale mai abbandona l’intreccio, in maniera intensa nella scena
in cui la sonnambula Lady Macbeth si lava le mani, nella visione notturna,
sporche di sangue: lei sta facendo come Pilato nel deicidio evangelico. E il
medico che dovrebbe curarla afferma che ella avrebbe più necessità di un sacerdote
cristiano piuttosto che di un’assistenza sanitaria convenzionale: è ancora
lontano il tempo della psicanalisi, l’incomprensione scientifica in quei secoli
trasformò d’altro canto cose naturali, come un neo, in segni del Diavolo (una
donna con un neo ad esempio rischiava molto). Nell’opera shakespeariana
all’esame compaiono un cupo spirito pessimistico e una concezione fenomenistica
negativa sul mondo materiale. Un’affermazione finale del protagonista ricorda
molto nella sostanza filosofica delle future parole di Prospero in “The
tempest”. Alla fine Macbeth viene ucciso da Macduff, uno nato da un parto
cesareo, una specie di novello Gesù (venuto al mondo con un parto cesareo
metafisico). Il Cristo di scena decapita il tiranno al servizio delle forze maligne
(analogia e contrasto con le vicende del Battista). La sovrana consorte,
definita «his [di Macbeth] fiend-like [diabolica, demoniaca] queen» a
testimonianza del suo essere porta-del-Demonio, muore pure (suicida): ricorda
in qualche modo la sorte della biblica regina Gezabele.
Blood must have blood.
Jus drein jus daun.
The 100 (serie tv)
NOTE
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Percorsi critici”
https://www.academia.edu/44476394/Percorsi_critici
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