di DANILO CARUSO
Vangelo di Marco (ossia il più antico). Podere del
Getsemani. Gesù è assieme ai suoi proseliti, sta per essere arrestato per
ordine dei vertici religiosi ebraici. Giuda fa da guida al drappello che lo
prende in consegna. Da questo momento del famoso tradimento le cose si fanno
oscure. A cominciare dal fatto che non è chiaro il modo in cui il discepolo
traditore abbia indicato la persona del Messia. Lui disse: «è quello che filéso [voce verbale usata nel testo
greco]». Filéo vuol dire: rivolgere
affetto/cortesia. Il Vangelo di Matteo afferma che Giuda katefílesen Gesù. Katafiléo significa: carezzare (ma anche “baciare
teneramente”). Il Vangelo di Luca torna a usare il verbo filéo e puntualizza col sostantivo esplicito fílema (bacio). Quello che sembra il sinottico più lontano dagli
eventi parla esplicitamente di un “bacio di Giuda”. Nel non sinottico di Giovanni
non c’è nessun gesto affettuoso, è Gesù direttamente a farsi riconoscere. Cosa
sia successo nei dettagli riferibili a un preciso evento (reale o immaginario)
di cattura non è affatto chiaro e lineare. Una seconda cosa che lascia ancora
disorientati, sul lato dottrinario, proviene dalla presenza nel Getsemani di un
uomo armato di spada, il quale in Giovanni viene identificato con Pietro: nei
vangeli più vecchi non si dice chi sia costui. Comunque, il quesito rimane: che
ci fa una persona armata appresso al Figlio di Dio alla vigilia del compiersi
della profezia del martirio? Come poteva qualcuno stare con “spirito evangelico”
in prossimità del Messia ed essere preoccupato per la difesa armata senza che
nessuno lo avesse richiamato e disarmato prima? I discepoli di Gesù potevano
andare in giro armati? Il Vangelo più antico fa intendere qualcosa che non
appare poi così oscuro: il fatto che la “mitica” dottrina dell’amore
evangelico, dell’amare il prossimo, fosse stata concepita contemplante un
sentimento da rivolgere non in maniera universale (come poi lo si è voluto “modernamente”
intendere) bensì da indirizzare esclusivamente a chi la pensasse in ambito
religioso allo stesso modo. Amare il prossimo non assume nel NT il valore di
rispettare chi avesse convincimenti religiosi differenti, vuol indicare la
solidarietà affettiva da offrire a chi è vicino-nel-convincimento-di-fede-religiosa:
tutti gli altri finiscono di essere “prossimi”, per loro c’è l’inferno. Perciò
Gesù sostiene di essere venuto per Israele e di aver portato la spada e non la
pace (Mt 10,32-37). Quella spada di cui ha parlato gli stava dietro a
disposizione dei suoi seguaci, i quali rimanevano pur sempre di credo ebraico: il
Gesù letterario stesso non è cristiano, è giudeo, non fonda una nuova
religione, vuol elevare l’Ebraismo a un nuovo stadio, sempre mantenendo
l’aggancio coll’AT (al pari di Paolo di Tarso). La differenziazione cristiana
dal Giudaismo sorge dalla mancata conversione in massa degli Ebrei. Ciò che era
Israele nell’ideologia giudaica sarà la Chiesa nel Cristianesimo: ama/rispetta
chi la pensa come te, cioè chi presta adeguamento alla dottrina socioreligiosa adottata
quale Parola di Dio. Amare Dio e amare il prossimo, così come pensati nelle
religioni ebraica e cristiana, hanno dimensioni dai risvolti integralisti: non
accettare tutto quanto sia diverso. La storia ha testimoniato che la dottrina
del Messaggio evangelico inerente all’amore avesse un contenuto stricto sensu,
non di rado patologico (accompagnato da fenomenologie nevrotiche, sadiche,
masochistiche, anoressiche, psicosomatiche), distinto dall’amore inteso in
senso lato quale viene pensato e creduto “ingenuamente” dalla comune mentalità
popolare scarsamente edotta delle dinamiche della storia e del pensiero.
Misoginia, omofobia, misoneismo, antisemitismo (per quanto concerne i
Cristiani) ad esempio sono consustanziali alla tradizione (più o meno) monoteistica
biblica, e dimostrano ab ovo degli aspetti di un odio caricato su coloro che
non sono ideologicamente “prossimi”1. La terza cosa che colpisce, e
non poco, nel Vangelo di Marco (ricordiamo: il più vecchio) è un episodio
taciuto dagli altri tre futuri: al Getsemani, quando Gesù fu arrestato, nella
compagnia di lui c’era un neanískos, un giovinetto, ricoperto solo con un lenzuolo, il quale in seguito agli eventi e al tentativo di prenderlo, dopo essere stato afferrato, lasciò andare il lenzuolo e scappò per ultimo via gymnós, cioè nudo. Che cosa faceva là quel ragazzo restio ad andarsene vestito soltanto di una sindón? Non è facile trovare un orizzonte interpretativo mediante poche parole. Gymnós oltre a denotare la condizione di un soggetto “svestito” può
designare altresì la situazione di una persona “disarmata”. Tale chiave di lettura
si potrebbe riallacciare a quanto detto prima nel testo di Marco circa la
presenza di individui armati al seguito di Gesù quali sue guardie del corpo. Il
possibile Messia storico necessitava in quanto leader politico-religioso
integralista ebraico di una scorta a tutela della sua incolumità? Parrebbe in
ogni caso di sì. Un diverso versante di comprensione ci deriva dalla questione
dell’affettuosità intravista tra Cristo e il traditore Giuda: perché questo
avrebbe usato “tenerezza” nell’indicare il Messia a coloro che erano andati a
prelevarlo con la forza? Perché poi tradire adottando “un bacio” come
contrassegno? Il giovinetto nudo e il bacio di Giuda alludono a qualcosa di
omoerotico? C’è un Vangelo apocrifo, quello di Filippo, che offre un appoggio
all’ipotesi. Nella setta di Gesù potrebbe essere esistita qualche pratica
celebrativa della mascolinità, rappresentante del sesso nobile nella tradizione
giudaicocristiana, a sfondo omosessuale? Il Vangelo di Marco presta il fianco
all’apocrifo citato nella possibilità di gettare luce.
NOTE
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Radici occidentali”
https://www.academia.edu/60804523/Radici_occidentali
https://www.academia.edu/60804523/Radici_occidentali
1 Per approfondimenti generali indico una mia monografia