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giovedì 23 luglio 2020

LA NASCITA DELLA FILOSOFIA

di DANILO CARUSO


Μηδὲ γυνή σε νόον πυγοστόλος ἐξαπατάτω
αἱμύλα κωτίλλουσα, τεὴν διφῶσα καλιήν.
Ὃς δὲ γυναικὶ πέποιθε, πέποιθ᾽ ὅ γε φηλήτῃσιν.

Esiodo, “Le opere e i giorni”


In quest’analisi riprendo un filo tematico che si ricollega a un mio precedente scritto: Radici sumere di Ebraismo e capitalismo1 nel mio saggio “Note di critica” (2017). Là parlai, fra l’altro, con brevissimo accenno, dell’origine della filosofia. Qui chiarisco meglio l’argomento (al fine di approfondire rinvio al testo citato sopra e ai suoi ulteriori rinvii indicati in esso). La filosofia antica è sorta da una forma nevrotica misogina in seno alla Grecità. Il padre di tale fenomeno, da cui deriva la sequenza di coloro “ufficialmente” considerati filosofi, è Esiodo. È costui ad accendere l’interruttore filosofico greco. Egli veicolò in modo canonico nella cultura ellenica il maschilismo patriarcale e antifemminista del Vicino Oriente, di cui subì l’influsso spirituale. In quest’area geografica la misoginia, eccezion fatta per l’Egitto e la progressista parentesi babilonese, era molto forte, effetto della reazione al precedente matriarcato socialista di cui ha trattato Bachofen. Le popolazioni vicino-orientali costruirono aggregati sociali semibarbarici riguardo al progresso civile. Le donne nella giurisprudenza di questi erano poste su un piano nettamente secondario rispetto agli uomini. Di tale stampo sarà ad esempio il sistema sociale ebraico veterotestamentario. I vicino-orientali vedono nella presenza muliebre la causa del male nel mondo. Simile idea fu ripresa da Esiodo ne “Le opere e i giorni” laddove parla di Pandora. La cosa però si inserisce in un ambito più generale di fenomenologia misogina. Il matriarcato bachofeniano terrestre originario è stato ovunque sovvertito, su larghissima scala si è imposto un maschilismo socialmente deleterio. Nel Vicino Oriente la cultura è restata semibarbarica, il dominio patriarcale si è perciò sviluppato in modo bruto e violento seguendo una formula attivistica che privilegia l’uso della forza (e il suo auspicato successo) quale segno dell’elezione di un Dio maschio nazionale (lo stesso criterio vale di fronte agli schemi politeistici, dove il femminile viene subordinato al maschile). Nel rigetto delle qualità muliebri si è quasi globalmente consumata un’operazione nevrotica. Jung ha chiarito che le funzioni coscienti (in senso lato razionali) della psiche umana sono la ragione e il sentimento. La misoginia maschilista in questo assetto psichico di facoltà personali contigue, le quali però non si escludono naturalmente a vicenda a ragione della loro diversità, ha creato una frattura. Esse operano in ciascun essere umano normale a prescindere dalla sua identità sessuale, tuttavia la nevrosi maschilista nel rifiutare una connotazione positiva alla donna ha comportato che la funzione razionale (in senso stretto), in virtù di uno schema di opposizione esclusiva, sia stata quasi integralmente concentrata quale patrimonio distintivo dell’uomo. Perciò al polo femminile è rimasta la carenza di ragione e la preponderanza del sentimentale. Questa è l’ottica derivata cristiana, ad esempio. Nella più remota antichità da un anteriore lato si colloca il pacifico matriarcato socialista ricostruito da Bachofen nelle sue analisi, matriarcato che proprio a causa di un dominio, ma non integralista, della facoltà sentimentale, aveva garantito un benessere diffuso. Dall’altro lato successivo si pone il nuovo regime sociale maschilista che ha soppiantato il primo, il quale tuttavia nell’antico Egitto riuscì, tra alti e bassi, a far permanere una “moderna” concezione giuridica della donna. Oltre a ciò è da ricordare che l’abbigliamento casalingo delle Egizie era ridotto al minimo: si andava dal praticamente svestite a una veste trasparente senza reggiseno (siamo agli antipodi dei principi religiosi cristiani e islamici di derivazione giudaica).


Il matriarcato maschilista orientale si sviluppò in forma più o meno barbarica poiché l’uomo qui non riuscì a produrre una nevrosi intellettualmente raffinata come quella di Esiodo. Il dominio maschile nel Vicino Oriente si manifestò quale esercizio della forza sulla donna: la ragione della violenza. La quale si intravede nelle possibili sanzioni a carico femminile: annegamento nei fiumi o impalamento per colpe quali tradimento matrimoniale o aborto. Si tratta di livelli di aberrazione trasmessi alla misoginia cristiana che fece scempio del corpo della donna: una fenomenologia perpetrata da pazzi criminali e meritevole, a mio modesto avviso, dell’imputazione di crimine contro l’umanità.


La Patristica e la Scolastica gettarono le basi nevrotiche teoriche della moderna caccia alle streghe. Quando si tenta di contare quante donne furono torturate e uccise, e si cerca di andare al ribasso sui numeri, anche se questi fossero “per così dire” pochi, questi numeri non vengono posti in relazione alla popolazione di quelle epoche: in tutta Europa nel XIV sec. c’erano 70 milioni di persone (maschi e femmine), nel XVI 78, nel XVII 112. Il dato medio stimato delle vittime viene quantificato intorno a 50.000 in tre secoli, mediamente circa 15.000 a secolo, 150 all’anno, un femminicidio un giorno sì e uno no. La popolazione italiana di oggi è intorno a 60.500.000 unità, e le donne uccise annualmente dal 2012 al 2018 sono state 157, 179, 136, 128, 116, 121, 142: si può notare che la proporzione media “da caccia alle streghe” sia rispettata e ripetuta (altresì per eccesso). Ma sarebbe anche il caso di prendere le giuste critiche ai femminicidi odierni e di porle quale metro storiografico sulle vittime della nevrosi cristiana testé illustrata. L’istituto cui fecero capo quelle efferatezze, non le uniche, del passato più remoto (Inquisizione / Sant’Uffizio) è tuttora esistente con altra denominazione (Pontificia congregazione per la dottrina della fede). Non è stato soppresso dalla Chiesa similmente all’“Indice dei libri proibiti”: si dà perciò una continuità storica che in altri casi altrove è stata qualificata “reato”. La legislazione italiana proibisce la ricostituzione del partito fascista in quanto organizzazione ritenuta pericolosa a causa delle sue idee passate: alla Chiesa è stato concesso uno spazio di emendamento (dottrinario) da fatti plurisecolari, al partito fascista no per eventi (pur sempre molto tragici nel caso della sconfitta bellica in particolar modo) legati a un ventennio (l’antisemitismo ecclesiastico, per dire, va dalla Patristica al ’900). La popolazione europea dei nostri tempi è composta da più di 700 milioni di cittadini: si può affermare che se la caccia alle streghe si fosse svolta con questo numero (oppure oggi), con più inquisitori a disposizione, la proiezione delle vittime sarebbe stata nel Vecchio Continente di almeno un migliaio all’anno? Quantomeno 100000 a secolo? Per approfondimento sul pensiero misogino cristiano consiglio di leggere un mio saggio: “Teologia analitica”2. Il barbarico ancestrale e nevrotico razionalismo maschilista terrestre ha generato l’attivismo a cui più sopra accennato. Dall’Ebraismo questo è giunto al Protestantesimo e al moderno capitalismo. Quanto successo nella Grecia esiodea è particolare. Su scala generale e in maniera tendenziale più un popolo si mostra meno barbarico più intellettuale sarà la sua misoginia. Ne “Le opere e i giorni” Esiodo ripropone attraverso il mito di Pandora il cliché concettuale vicino-orientale che imputa alla donna l’origine del male nel mondo: è lo stesso della biblica “Genesi”, e al pari di altrove vuole a posteriori appiccicare una colpa primordiale su uno specifico soggetto. Misoginia biblica e misoginia greco-antica sono imparentate, e non si può giustificare la prima asserendo che la mentalità antica era quel che era a proposito delle donne. Il sacrificio di Ifianassa e quello della figlia di Iefte sono espressioni di una medesima mentalità, però il primo femminicidio non ebbe il potere di legittimare una consequenziale possibilità assassina (pensiamo alla fine della regina Gezabele). L’antifemminismo greco era più moderato di quella biblico, fu questo a sostituirsi forzatamente e ad aggravare il primo (non così nefasto come l’altro). La caccia alle streghe e la radicale emarginazione sociopolitica muliebre furono autonomi parti nevrotici del Cristianesimo. Lo stare segregate in casa e il rimanere nell’ignoranza non fu comunque una condizione positiva vissuta dalle donne greche antiche comuni; fecero eccezione a queste degenerazioni le Lacedemoni, a Sparta non c’era la filosofia, ma il primato di un’emancipatrice e razionalistica disciplina militare. La Grecità antica non perseguitava streghe (né le torturava né le uccideva), possedeva sacerdotesse, considerava giuridicamente la donna al pari di soggetti minorenni, non diceva che erano porte del Diavolo nelle proprie iperboli nevrotiche. La misoginia esiodea si presenta subito con l’abito filosofico: se l’uomo, il vir, è colui che possiede “per Natura” la ratio, e non solo la vis, lo dimostri. Le condizioni storiche hanno agevolato il Genio greco nel maturare la nascita della filosofia, della ricerca razionale misogina. Altrove non ci sono riusciti così radicalmente, sono rimasti chiusi dentro il sistema la cui impronta si deve rispetto al grado di smarcamento dalla barbarica reazione al matriarcato. Esiodo costituisce l’Abramo filosofico, il chiamato; rappresenta il Mosé filosofico, colui che codifica razionalmente l’antifemminismo nei testi sacri: “La teogonia” e “Le opere e i giorni”. La nevrosi esiodea è intellettuale, e così rimarrà nella Grecità antica sino all’arrivo del Cristianesimo: col femminicidio di Ipazia di Alessandria si apre la possibilità di persecuzione fisica delle donne nella società occidentale grecoromana cristianizzata, una persecuzione di ispirazione nevrotica. Che cosà arginò l’elaborazione misogina greca? L’influenza culturale egizia. La misoginia della Grecia antica si pone a metà strada tra due poli opposti: Egitto e Vicino Oriente. In parole povere i Greci furono antifemministi radicali a parole, ma moderati nei fatti a paragone del violento Vicino Oriente. Il dover essere un testimone maschilista del razionalismo comportò per l’uomo greco istruito un darsi da fare che diede origine alla ricerca filosofica, a partire da Esiodo. Il benessere sociale commerciale della Ionia giocò a favore della nascita della filosofia, la cui pratica poi si diffuse nella Grecità laddove offrì possibilità di coltivare gli studi. Sulla falsariga di ogni filone intellettuale anche lo schema originario filosofico misogino ebbe i suoi eretici (filofemministi sui generis), i quali cercarono di correggere un assurdo principio di esclusione alla base. Parmenide si faceva spiegare la natura delle cose da una dea, mentre Eraclito affermava che il polemos è “padre” cosmico. Il maestro di Aristotele li rimetterà assieme in una unità formale per così dire androginica. Fra i discepoli socratici degno di nota aggiuntiva Aristippo: nella scuola filosofica cirenaica fu la figlia e allieva Arete a prendere il posto di guida quando il padre venne meno. Socrate costituisce l’iniziatore di una filosofia più aperta. Il maestro di Platone venne giustiziato giacché scomodo e pericoloso agli occhi della società conformatasi al quadro esiodeo. Socrate, Ipazia, Bruno, Galileo si trovano sullo stesso binario spirituale, però si fermano in diverse città della storia: gli ultimi tre nella cristiana Città di Dio. Ne “Le opere e i giorni” Esiodo scrive:

La donna coll’abito-modellato-sul-lato-B non inganni la mente
[essendo] astuta adulatrice nelle parole in cerca della dispensa.
Chi si fida della donna, si fida dei ladri.


La filosofia greca, in quanto preciso prodotto culturale di allora, è nata (al pari della sessuofobia cattolica) allo scopo di documentare che si può (e si deve) dimostrare la capacità di resistenza maschile all’attrattiva muliebre, alla γυνή πυγοστόλος, mediante un uso integrale della ratio (infatti il paradiso terrestre cristiano era privo di piacere sessuale prima del peccato originale, tanto quanto lo è il paradiso post mortem). La ricerca filosofica di stampo greco aveva nel suo DNA l’antifemminismo vicino orientale. La tradizione cristiana andò a privilegiare il misogino Aristotele, anteponendolo al più equilibrato Platone (il quale aveva appreso la lezione egizia). L’Impero romano e la Grecia antica furono peggiorati dalla misoginia cristiana la quale si sovrappose a culture antifemministe più moderate (quella romana aveva fuso in precedenza vis e stoicismo). Non si può giustificare la misoginia del Cristianesimo guardando al più mite humus grecoromano, anzi ci si deve rammaricare che questo non resistette all’apportato deterioramento religioso. Era semmai il Cristianesimo a non dover dire, a partire dalla Patristica, e ancor prima da Paolo di Tarso, certe funeste bestialità antifemministe, a doversi moderare osservando la migliore ragionevolezza greca. Ma la novella religio stabilì che la Rivelazione (misogina esagerata) fosse superiore alla filosofia (misogina moderata), perciò la seconda ha faticato ad ammettere la dignità di un pensiero filosofico espresso da donne. Una filosofa significativa come Simone Weil non trova facilmente spazio ad esempio nei manuali di storia del pensiero. Platone fu il primo a equiparare donne e uomini nella ricerca razionale, poiché la ragione appartiene al genere umano, non a quello maschile quale contrassegno specifico: nel “Simposio”, addirittura una femmina, Diotima, insegna a Socrate (aberrante allo sguardo di Paolo di Tarso!). Aristotele, molto amato dalla teologia cattolica, rappresenta invece il teorico pseudoscientifico dell’inferiorità muliebre. Durante l’Ellenismo la dicotomia stoicismo/epicureismo testimoniò una singolare scissione nella già pregiudicata unità psicologica della filosofia. Il primo costituì un ulteriore passo formalmente nevrotico in avanti grazie al suo predominio maschilista della Ragione (l’etica del dovere semitica sarà adottata da Roma in funzione di propria ideologia). Il secondo diede spazio a temi inerenti alla libido e a Madre Natura (Lucrezio nel celeberrimo incipit del suo trattato poetico filosofico celebra una divinità “femminile”). Il Cristianesimo si riagganciò nel corso della sua origine allo stoicismo riprendendo il concetto di Logos (poi divenuto Verbo, Parola di Dio) a fondamento del creato. Il maschilismo misogino di diverse parti confluì nella nuova religione cristiana sessuofobica opposta all’atomismo epicureo e allo studio scientifico della Madre Terra. Dal “femminile” della filosofia nascerà la scienza moderna, osteggiata dal maschilismo cristiano stoicizzante (che accettava quieto le sofferenze nella veste di un’anticipazione di paradiso) e aristotelizzante (si veda il caso Galileo), e la psicanalisi, ossia l’analisi di quella “libido” a monte razionalistico nevrotico inquadrata come “male (muliebre)”. Il compito della filosofia, della ricerca razionale è quello di essere obiettiva nella sua procedura abbandonando pregiudiziali e discriminatorie esclusioni. La filosofia costituisce la religione della Ragione, le religioni sono le filosofie popolari (credere a dogmi rassicuranti senza spiegazione rimane più confortevole dell’intraprendere un’investigazione sulla scia dell’Odisseo omerico, infatti quello dantesco viene punito a causa del fatto di aver violato l’imposizione del vincolo conoscitivo, già violato da Eva nella “Genesi”). Alla conclusione del presente piccolo studio posso riassumere questo e quello citato in apertura proiettandomi alla volta di un’ipotesi di ricostruzione dei fatti non solo terrestri più ampia. È possibile che nel nostro sistema solare i pianeti abitati da umani fossero quattro: Venere, Terra, Marte, il pianeta distrutto sostituito dalla fascia degli asteroidi. Penso che il quarto pianeta sia Plutone, la cui orbita si mostra anomala rispetto a quella degli altri (quasi circolare e giacente su uno stesso piano). Plutone possiede un’orbita marcatamente ellittica, sembra che sia stato “catturato” in un tentativo di allontanamento: a mio avviso lo spostamento orbitale dalla sede della fascia degli asteroidi (dove la legge di Titius-Bode stabilisce ci dovrebbe essere un pianeta). Un dettaglio non irrilevante sul declassato pianeta proviene dalla presenza dell’acqua. Ipotizzo una molto violenta e catastrofica eventualità che spinse Plutone al di là della sua originaria orbita verso l’esterno del sistema solare (cui rimase tuttavia “ancorato”; nel posto di partenza sarebbero rimaste le briciole non riuscite a sfuggire all’attrazione gravitazionale solare). Sospetto un evento bellico interplanetario il quale distrusse le civiltà di Venere, Marte, Plutone primordiale. I sopravvissuti si riversarono sulla Terra e su qualche altro sistema planetario. Sul nostro pianeta abbiamo l’idea di Bachofen di un matriarcato socialista iniziale abbattuto a vantaggio dell’attivismo maschilista (patriarcale e antifemminista). Tale dicotomia ci fa immaginare la causa della guerra interplanetaria. L’espansione attivistica maschilista capitalistica a scapito di civiltà planetarie matriarcali. Il duello si sarebbe riproposto sulla Terra, col tratto delineato nel presente scritto: l’adozione della misoginia maschilista quale reazione e risposta al socialismo matriarcale femminile. La storia del colonialismo terrestre conferma quest’impianto. Tutte le vicende post-matriarcali occidentali si svolgono sotto egida attivistica irrazionalistica, e nevrotica, e nella misoginia conservano una propria linea strutturale patologica. Certi uomini odiano le donne poiché col di loro “sentimentale” genio socialista pericolose nei confronti del dominio espansivo maschile attivistico: capitalismo versus socialismo. Le commerciali Ionia e Magna Grecia produssero filosofia come nevrotico segno di superiorità maschilista. Due ultime osservazioni. 1) L’Atlantide di Platone si trovava su un altro pianeta (la possibile civiltà di Plutone)? 2) I nomi dei pianeti Venere e Marte adombrano due civiltà planetarie rispettivamente di impronta originaria matriarcale socialista e patriarcale capitalista?


NOTE

Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Percorsi critici”
https://www.academia.edu/44476394/Percorsi_critici