di
DANILO CARUSO
L’eurocentrismo,
che dalla scoperta dell’America impresse la sua indelebile impronta sullo
sviluppo del pianeta, è crollato dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale.
L’Europa ha ceduto il passo a forme di bipolarismo “Occidente / resto del globo”,
che l’hanno posta in subordine al cospetto degli USA e della Russia (ex URSS).
Il tentativo di recuperare al vecchio
continente il suo ruolo di guida mondiale ha spinto le principali nazioni
europee ad associarsi in gruppi comunitari sempre più evoluti e compatti con il
fine di cementare una piattaforma di forza. L’Unione europea si avvia verso la struttura
istituzionale di una federazione politica con la creazione degli Stati Uniti
d’Europa, i quali pare si vogliano modellare sullo stampo sociale capitalistico
americano. Al momento attuale l’assetto testimonia che la procedura adottata
abbia prediletto, attraverso l’unione monetaria, posta sotto il governo di una
banca centrale, una via socioeconomica. La BCE è un governo delle produzioni,
dei consumi, in pratica dei regimi di vita, poiché il controllo sull’euro dà facoltà
di alimentare o meno detti circuiti. Il clima di darwinismo sociale creatosi,
in cui sembra operarsi una scrematura generale a scapito di tutte le categorie
umane che non sapranno adeguarsi (quasi fossero Eloi davanti a Morlock) offre
lo spunto di richiamare il pensiero economico di Ezra Pound (1885-1972).
Vissuto lungamente in Italia, fu ammiratore del fascismo, di cui vide i metodi
di affrontare la precedente grande crisi degli anni ’30. Da scrittore non si
dedicò solo alla letteratura: espose le sue riflessioni nel campo dell’economia
meritevoli di un’obiettiva attenzione e di un critico esame, non ideologici, ma
di schietto carattere storiografico, il quale non coinvolge altri temi degli
accadimenti italiani di quegli anni (che in taluni casi – come l’antisemitismo,
la vicinanza al nazismo, e le loro nefaste conseguenze – si accompagnano a
inequivocabili giudizi di nette disapprovazione e condanna). L’accento
poundiano su peculiari aspetti del rapporto uomo-lavoro si rivela molto
interessante. Tutto ciò che gli uomini producono in termini di servizi o di
cose può essere comprato. Questo prodotto lordo scaturisce come frutto
dell’attività lavorativa. Il circuito – in senso lato – commerciale è tenuto in
piedi da questa, se la produzione cessasse anche gli scambi in moneta prima o
poi finirebbero: riducendosi a zero la produttività tutta la valuta in giro
perderebbe il suo potere d’acquisto. Pertanto è evidente che ad avvalorare il
denaro come mezzo di scambio è il lavoro svolto. Il valore di una merce è
quello dell’opera necessaria a produrla (quantità e qualità del lavoro), senza
cui neanche esisterebbe. I soldi in circolo sono espressione della produzione e
Pound raccomanda che «il certificato del lavoro compiuto deve equivalere a tale
lavoro». I titoli relativi al prodotto si traducono in titoli generali (denaro),
però «la finanza dei finanzieri consiste in gran parte nel far giocare
abilmente titoli generali contro titoli specifici»: un’emissione di biglietti
senza concreta copertura può far svalutare il titolo relativo alla produzione,
e di conseguenza il lavoro effettuato. Riguardo al rapporto nevralgico tra
l’emissione della moneta e la sovranità dello Stato il monito poundiano è chiaro:
«Quella nazione che abbandona lo strumento per misurare gli scambi alla mercé
di forze estrinseche alla nazione, è una nazione in pericolo; è una nazione
priva di sovranità nazionale. […] Nessun altro reparto o funzione dello Stato
andrebbe sorvegliato con cura più gelosa che non questo, e in questo più che
non in qualsiasi altro reparto dell’amministrazione statale occorrono alti
requisiti di moralità». Lo scopo di un apparato produttivo non deve essere quello
di creare ricchezza monetaria, Pound ricorda che «quando si tratta di proporre
un sistema economico, si deve innanzitutto domandare a quale scopo deve
servire. E la risposta è che deve servire ad assicurare a tutti il cibo (sano),
l’alloggio (decente), e l’abbigliamento (secondo le esigenze del clima)». La
vocazione del capitalismo, secondo l’analisi weberiana che ne vede
nell’attivismo protestante la radice, è quella di concentrare con criterio
progressivo soldi, più di ogni altra cosa da non investire: gli esseri umani
predestinati da Dio cercherebbero nel successo socioeconomico un segno
dell’elezione divina alla salvezza eterna, e dei frutti possibili delle attività
l’etica del protestantesimo impedirebbe di fare spreco (proiettandoli in
direzione di una sedimentazione indefinita, l’accumulo di capitale tanto
criticato da Marx). La teoria marxiana del plusvalore ha spiegato come fosse
sufficiente agli imprenditori garantire solo l’essenziale alla vita della
classe lavoratrice: buona fetta della differenza ricavata dai costi di vendita
dei prodotti arricchiva il capitalista sottovalutando ad arte l’esclusivo
potere del lavoro umano di avvalorare il denaro, mentre sarebbero state più
giuste ed eque la garanzia del diritto al lavoro nei confronti di tutti e la
partecipazione di ogni soggetto coinvolto attivamente nell’impresa ai suoi
utili (un’idea poundiana contempla dividendi pubblici ai cittadini a beneficio
dell’intero insieme nazionale). Le basi di un’economia funzionale al benessere
(welfare) collettivo sono così sollecitate da Pound: «Chiunque sia abbastanza
corretto da voler lavorare per la propria sussistenza e quella di chi dipende
da lui […] dovrebbe avere la possibilità di fare una quantità ragionevole di
lavoro. […] Il PRIMO PASSO consiste nel mantenere la giornata lavorativa
abbastanza corta da impedire che un singolo faccia il lavoro pagato di due o
tre persone. Il SECONDO PASSO consiste nella fornitura di certificati onesti
del lavoro fatto [moneta-lavoro, n.d.r.]». Tuttavia sulla distribuzione di
carichi lavorativi puntualizza: «È ABBASTANZA CURIOSO che, nonostante tutte le
lagnanze di coloro che erano soliti lamentarsi di essere oppressi e oberati di
lavoro, l’ultima cosa che gli esseri umani sembrano voler spartire sia il
LAVORO. L’ultima cosa che gli sfruttatori sono disposti a lasciare che i loro
dipendenti condividano è il lavoro.». Se la valuta a disposizione della gente
diminuisce perché si deposita e si accumula nelle banche a causa delle loro speculazioni,
il ciclo produttivo ne risentirà contraendosi (diminuzione del PIL). Pound dice
che bisogna «trovare un sistema che consenta di tenere in circolazione il mezzo
di scambio in modo che la domanda del singolo, o ad ogni modo ciò di cui ha
bisogno, non sia superiore all’ammontare del mezzo di scambio in suo possesso,
o a lui immediatamente accessibile», e «considerando il denaro come un
certificato di lavoro compiuto, il modo più semplice per continuare a
distribuirlo (in biglietti di credito a corso legale) consiste nel continuare a
distribuire lavoro». Nella ricerca di soluzioni afferma che «la scienza
dell’economia non andrà molto lontano se non garantirà la presenza della
volontà tra le sue componenti: cioè volontà d’ordine, volontà di “giustizia” o
equità, desiderio di civiltà inclusi gli scambi di cortesie». Negli anni ’30 la
politica economica del fascismo incoraggiava le assunzioni di nuove persone in
luogo dello svolgimento di lavoro straordinario, la riduzione dell’orario
lavorativo al posto di licenziamenti e l’abbassamento dell’età per la pensione
(soprattutto nei casi delle mansioni più pesanti). In questo scenario una parte
fondamentale ebbe la Banca d’Italia, la quale grazie a sane strategie
d’intervento sulla realtà finanziaria e imprenditoriale, concorse al
salvataggio dell’economia italiana. Questa attitudine interventista – non nuova
– si sposò con le direttive del regime patrocinante la presenza della mano
pubblica nel comparto produttivo privato, al fine di evitare che questo
affondasse tra i problemi. Il programma fascista comportò a gradi un sempre
migliore controllo del mondo bancario (posto sotto la vigilanza della Banca
d’Italia, divenuta nel 1926 unico istituto di emissione della lira, i poteri
operativi della quale al servizio dello Stato si accrebbero nel 1936) e la
creazione, dopo l’IMI, dell’IRI (un braccio d’azione erogatore di finanziamenti
e gestore di partecipazioni). L’Istituto
mobiliare italiano, negli anni ’90 prima privatizzato e poi accorpato, e l’Istituto per la ricostruzione industriale,
in maniera similare assorbito e scomparso nel 2002, entrambi a vantaggio di
privati, sono due tipologie strumentali oggi venute a mancare. Enti del genere
ben gestiti darebbero all’Italia quell’aiuto di cui necessita. La sottrazione
della sovranità monetaria sembra pure aver complicato la situazione dato che se
i soldi pubblici si sprecano nell’effimero senza concreti ritorni di servizi e
cose il circolo valutario si guasterebbe: una quantità minorata di vero lavoro
coprirebbe il valore del denaro investito, il quale rischierebbe d’altro canto
di venire eroso e paralizzato nelle banche. L’accumulazione bancaria mirante
all’investimento sui titoli del debito sovrano, può ingenerare in Europa un
effetto coperta corta: chi attrae in
eccesso euro da una parte toglierebbe dall’altra, danneggiando così un normale
ciclo economico. In questa ipotesi avere una seria produzione, creatrice di
ricchezza, potrebbe equivalere, a causa del suo effetto di crescita, a gestire
un proprio (e quindi non comunitario) centro di gravità monetario che
indebolirebbe gli altri Stati se la BCE e le banche non perseguissero una
condotta analoga a quella della Banca d’Italia all’epoca del fascismo (la quale
si adoperò a favore di un interesse generalizzato). Non sprecare le risorse
pubbliche, non ingrandire il debito statale, non rimanere prigionieri di norme
comunitarie, non prestare il fianco a particolari convenienze sono prassi di
sopravvivenza valide a vantaggio di tutti i governi europei a disagio, in attesa
che l’Unione assuma un’egida politica federale esplicita. Nel frattempo ancora
le parole di Pound tornano a suggerire: «1. Quando c’è quanto basta, si
dovrebbero trovare i mezzi per distribuirlo a chi ne ha bisogno.
2. È
compito della nazione provvedere a che i suoi cittadini abbiano la loro parte, prima
di preoccuparsi del resto del mondo. (Altrimenti che senso avrebbe essere
“uniti” od organizzati in uno Stato? Che cosa significa “cittadino”?)
3.
Quando la produzione potenziale (la produzione possibile) di qualsiasi cosa è
sufficiente per soddisfare la necessità di tutti, è compito del governo
provvedere a che sia la produzione, sia la distribuzione, vengano portate a
termine». L’auspicio poundiano finale è questo: «Nel momento in cui il denaro
viene concepito come il certificato del lavoro compiuto, le tasse risultano
un’anomalia, in quanto sarebbe semplicissimo emettere certificati di lavoro compiuto per lo Stato, senza affaticarsi
inutilmente per recuperare certificati già in circolazione. Ciò non significa
che lo Stato debba acquistare proprio tutto quel che gli salta in mente. Ci
sarebbe una corsa di “cercatori d’oro” nel momento in cui questo concetto
diventasse operativo, ma dovrebbe esserci anche un accresciuto senso della
proporzione nei valori PER lo Stato. Non si risparmierà più sulla sanità». Nell'UE
è impossibile alle singole banche centrali nazionali stampare biglietti, ma è
possibile in un Paese rilanciato adoperarsi verso l’obiettivo di lasciare più
soldi ai cittadini e alle imprese (ad esempio diminuendo l’IVA). Se l’Italia, costretta
allo scopo di evitare il peggio, uscisse fuori dell’euro e reintroducesse la
lira, con la sovranità monetaria, la valuta iniziale da una lira partirebbe da
una situazione di uguaglianza teorica con la moneta dell’Unione (1 L = 1 €).
Tenendo conto di una scontata successiva svalutazione della lira negli scambi
anche di 1/3 del suo valore di partenza, questa si
attesterebbe – secondo giudizi esperti – su un piano di parità col dollaro (1 L
= 1 $): la capacità dell’economia in Italia pare essere tale di tener testa
alle possibili difficoltà e la svalutazione competitiva agevolerebbe le
esportazioni. Il futuro migliore dei popoli in Europa resta comunque la
pacifica e solidale unità politica, costruita secondo giustizia sociale sulla
libertà degli individui, esempio di civiltà e di progresso a
sostegno della vita umana sulla Terra.
Bibliografia dei brani poundiani
A che
serve il denaro, Edizioni San Giorgio, Napoli 1980
ABC
dell’economia, Bollati Boringhieri, Torino 1994