di DANILO CARUSO
Ho analizzato una vecchia memoria, scritta nel 1793 dall’Arciprete Stefano Lorenzo Petta, custodita nell’Archivio parrocchiale (registro dei battezzati 1789/96), e di questa rivisitazione ho fatto una sintesi (che non è né copiato né stralcio).
L’Arciprete Petta ha voluto che non si perdesse il ricordo di ciò che aveva visto, descritto qui sotto da me in una forma riassuntiva in qualche punto integrata con spunti storici esterni.
Una versione “soft” di questo capitolo di storia lercarese è in “G. Canale / LERCARA FRIDDI / Palermo 1965, pag. 97” dove è riportato un brano dal manoscritto di Marcello Furitano (1828-92).
L’Arciprete Petta che invece ha vissuto in prima persona quegli eventi ce ne parla più profondamente.
Nel 1789 in Sicilia iniziò la carestia.
Ben presto il fenomeno si fece sentire anche a Lercara: qui i raccolti infatti nel 1790 e nel ’91 furono modesti.
Ma il peggio per i Lercaresi doveva ancora arrivare: nel maggio 1792 la carestia si manifestò interamente nel suo potere distruttivo.
Le moribonde coltivazioni cominciarono a non generare più i prodotti della terra, e quello che si poteva raccogliere era gravemente insufficiente a soddisfare i bisogni alimentari della popolazione locale.
I primi due mesi furono terribili, e i meno abbienti per sfamarsi furono costretti a vendere le non molte cose di cui disponevano.
Intervenne il governo borbonico per trovare una soluzione al problema più generale che attanagliava il regno, e venne introdotto un calmiere per i prodotti agricoli.
Per il 1793 il re Ferdinando III dispose un rilevamento di tutta la produzione nel settore dell’agricoltura, e a marzo mandò in Sicilia due commissari con poteri di espropriazione (naturalmente remunerata ai produttori), poteri finalizzati all’approvvigionamento alimentare delle aree maggiormente disagiate: ogni centro abitato ebbe una commissione ad acta.
Purtroppo queste misure fecero lievitare di molto il costo del frumento (la coltivazione più diffusa in paese), peggiorando la situazione.
Durante il periodo di carestia chi poté conseguire facili guadagni o condurre fruttuose speculazioni non ebbe riguardo per nessuno.
Per Lercara usare espressioni ardite non sarebbe stato un eufemismo retorico: i poveri arrivarono a mangiare qualsiasi cosa, pure la vegetazione spontanea che si trovava per le vie; crusca e farina d’orzo vennero considerate inestimabili; nei casi più disgraziati c’era chi stramazzava al suolo morendo abbandonato a causa dell’inedia.
La visione dei bambini denutriti giunse a creare lo sconforto delle lacrime nell’animo dell’Arciprete Petta.
Lo stato delle cose cambiò solamente dopo il giugno 1793: per il raccolto di quell’anno mancò l’acqua nelle zone d’altura; Lercara ebbe analoga sorte.
Tuttavia nel momento in cui nella regione di Messina ci fu una ripresa della produzione la devastante tendenza negativa mutò.
La difficile situazione nel complesso perdurò sino a inizio ’800.
La difficile situazione nel complesso perdurò sino a inizio ’800.