Quest’estratto della mia monografia “Il capitalismo impazzito di Aldous Huxley (2015)”1 mette in evidenza il particolare aspetto della vocazione irrazionalistica in “Brave New World”. Il famoso romanzo dello scrittore inglese, fu pubblicato dopo che era scoppiata la grande crisi economica internazionale del ’29, nel 1932 (scritto l’anno prima, uscì il seguente anche nell’Italia fascista).
L’autore, persona riflessiva e lungimirante, ebbe nel ruolo di professore a Eton fra gli allievi il giovane George Orwell. Alla fine degli anni ’20 la sua produzione fu bocciata da Thomas Stearns Eliot. La sua raffinata abilità lo smentì prontamente con un capolavoro letterario.
L’analisi che ho sviluppato su tale opera ha preso le mosse da un preciso approccio: leggere qui Huxley alla luce dei contenuti de “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1905)” di Max Weber. Perché quello che fa Huxley in “Brave New World” è spiegare la possibile ulteriore evoluzione negativa della società capitalistica, la quale può consegnare irrecuperabili esseri umani nelle vesti di edonisti senza cuore e specialisti privi di intelligenza.
La distopia huxleyana illustra nei suoi dettagli un sistema eudemonistico (fondato sul culto del bello e del piacere) con specifiche connotazioni, su cui ho costruito un percorso critico e analitico, e sul quale lo stesso Huxley ritornò nel 1958 a pubblicare sue considerazioni col saggio “Brave New World Revisited”.
Il titolo in inglese volto in italiano generalmente perde l’aggettivo “brave”, cosa la quale, a mio modestissimo avviso, limita molto la comprensione intuitiva e preliminare del taglio del racconto. “Brave” significa “coraggioso”, coraggioso è colui che rischia, e il rischio è uno dei fattori dell’intraprendenza capitalistica: questo Brave New World è “l’impavido nuovo mondo” del capitalismo estremo il quale ha il coraggio di spingere la sua inclinazione all’irrazionalità sino all’eccesso.
Se alla lettera possiamo qualificare il New World “impavido” (in virtù della sua logica interna), però all’occhio di un giudizio critico – dato che si tratta di una distopia – non possiamo fare a meno di definirlo “temerario”. Comunque, tenendo conto di ciò, preferisco tradurre il titolo con: “L’impavido nuovo mondo” (senza dimenticare tuttavia che il primo aggettivo cela un’allusione negativa). Il Mondo Nuovo garantisce, a suo modo, la felicità degli uomini. Se poniamo attenzione al fatto che il diritto a essere felici («the pursuit of Happiness», il perseguimento della felicità) è stato inserito nella dichiarazione d’indipendenza degli USA (4 luglio 1776), vale a dire del Paese che più di tutti ha innalzato il capitalismo a propria filosofia di vita (se non proprio religione), ci accorgiamo che detti concetti non sono presenti a caso nella distopia huxleyana: in senso spaziale geografico, non cronologico (quello prossimo assunto da questa distopia), l’espressione “nuovo mondo” indica l’America.
Riferendosi al nostro tempo, Huxley in “Brave New World Revisited” sottolinea che «nella vita degli esseri umani civilizzati la distrazione di massa ora gioca un ruolo accostabile a quello giocato nel Medio Evo dalla religione». In mezzo a un discorso rivolto a studenti nel cap. III del romanzo è significativo l’aggettivo “fortunato”: «Giovani fortunati! (Fortunate boys)», vengono appellati. La fortuna (“fortune” in inglese, destino) che li ha resi privilegiati nel loro futuro (con l’espressione “man of fortune” si indica “l’uomo ricco”) è una riproposizione della vecchia idea di predestinazione passata dal calvinismo al capitalismo: la democrazia classica è adesso ritenuta un’astratta considerazione fisiologica sull’umanità; l’intraprendenza era la discriminante valida, ora una genetica predestinazione.
In una simile realtà anche l’autentica filía scompare, e quel che ne resta è soltanto un surrogato ammesso dal sistema in cui si trovano i protagonisti del racconto, di cui dal cap. III cominciano a svilupparsi i profili: l’onomastica dei personaggi di Lenina Crowne e Bernard Marx è evocativa di una critica anticapitalistica (nel Mondo Nuovo non per niente la valuta è il dollaro).
In quell’argomentare di un dirigente mondiale agli studenti pare intravedersi la trasposizione distopica di temi letterari elaborati da Thomas Stearns Eliot: già dal suo cognome («Mond»), il quale coincide con quello del simbolico Ebreo capitalista ricordato nell’eliotiana “A Cooking Egg (1920)”, sembra che Huxley prenda a prestito la poetica di questo scrittore angloamericano, illiberale e conservatore, anglicano, antisemita e misogino, allo scopo di condurre una critica a materie aventi uno sfondo integralista, reazionario e antidemocratico. Inoltre l’aggettivo “pneumatic”, utilizzato da Huxley nel definire Lenina, messo in bocca a Henry Foster, pare avere un’ascendenza eliotiana. La connotazione negativa che esso assume allo sguardo di un osservatore esterno al New World ha dunque due giustificazioni: la prima è che a usarlo è il poco acuto e conformista Foster, la seconda è il valore che gli deriva dalla quinta quartina di “Whispers of Immortality (1920)” di Eliot in cui compare.
Qui “pneumatic” è attributo di «bliss (beatitudine, felicità)», cui porterebbe «l’amichevole seno (friendly bust)» della «bella (nice)» Grishkin (una Russa) «senza corsetto (uncorseted)». Nel cap. IV di “Brave New World” Benito Hoover dirà di Lenina che è «pretty (graziosa, attraente)» e «pneumatic». La valenza di esclusivo piacere per i sensi con cui “pneumatic” coglie l’eros, fermandosi alla sua superficie, si addice in modo spregiativo a un apparato che ha fatto una specie di paradiso del secondo cerchio infernale dantesco, non specificamente a Lenina cui l’attributo è dato da altri.
I «breasts (seni)» di Lenina saranno citati al principio del cap. VI allorché Bernard li palperà. In tale Mondo Nuovo, dove possono usarsi «profilattici caldi (hot contraceptives)», la sessualità non è tabù (il suo esercizio è agapico): si osservi il gioco verbale ad esempio nel brano (v. prima parte del cap. V) in cui i «saxophones (sassofoni)» possono essere suonati dai «sexophonists».
La promiscuità è normale: «ella aveva agito nella maniera in cui qualunque sana e virtuosa ragazza inglese dovrebbe comportarsi e non in qualche altro, anormale, straordinario modo». Nell’aggettivo “pneumatic”, il quale ricorre nel romanzo riferito a donne e a cose, si coglie una sottile, ma non per questo piccola, sfumatura di significato religioso: nei versi menzionati di Eliot l’attribuzione di pneumatic a bliss permette che l’ultimo termine si carichi del significato di premio della predestinazione (religiosa), e quindi pneumatic è predicato di ciò che nella teologia è toccato dallo Spirito Santo (Pneuma, nel Nuovo Testamento): nella celebrazione comunitaria calvinista viene definita “pneumatica” la presenza, per mezzo dello Spirito Santo, di Cristo.
Nel New World lo Spirito Santo del capitalismo informa la società, e ciò su cui impone il suo sigillo (una sorta di Pentecoste) è particolarmente gradito, desiderabile, confortevole, consono alla felicità (la cui ricerca fu riconosciuta dall’atto di proclamazione dell’indipendenza degli USA, come già accennato): l’aggettivo “pneumatic” è allora un indicatore di benessere (potenziale, attuale o esperito), un aggettivo che fa pubblicità, promozione di tale regime di vita.
Il cap. IV del romanzo di Huxley introduce la figura di un amico di Bernard, un insegnante di psicologia della comunicazione scritta, nonché scrittore, Helmholtz Watson, con cui aveva in comune la coscienza di un personale disagio.
Una filía ciceroniana si instaura nel rapporto fra i due: «quello che aveva reso Helmholtz così spiacevolmente cosciente di quel che era e di essere isolato era il talento fuori della norma. Ciò che i due uomini condividevano era la cognizione che fossero delle persone». Helmholtz, il quale godeva di tutto quello che sarebbe stato gradito a Bernard, stante la sua diversità, non tanto apprezzata dall’establishment, a sua volta era stato spinto ad appartarsi.
Non gli interessavano più il divertissement né l’esercizio delle prerogative del suo status (si attribuivano a lui 640 donne nell’arco di un quadriennio): egli attendeva che la sua mente risvegliata da un sonno dogmatico, potesse esprimere la forza pervasiva di qualcosa di nuovo che superasse gli schemi, qualcosa di positivo e utile di cui non riusciva a cogliere la sostanza, e che incitandolo lo spronava a cercare: una pulsione di sublimazione lo attraversava in maniera anomala.
La seconda metà del cap. V illustra lo svolgimento di una liturgia («servizio di solidarietà»), tipica del Mondo Nuovo, la quale non è che uno stadio degenerato del culto comunitario protestante, nel meccanismo distopico disegnato da Huxley che porta le basi irrazionali e religiose del capitalismo, soprattutto americano, a manifestarsi in forme collettive e spirituali rinnovate.
Ogni due settimane si tengono delle assemblee ristrette di sei uomini e sei donne (un numero pari a quello degli apostoli) denominate «gruppi di solidarietà»: la quale solidarietà è indicativa della sui generis agápe del New World. Chi presiede la liturgia, durante il suo corso, impartisce una specie di benedizione facendo al posto del segno della croce cristiano quello della T evocante Ford (il nuovo “Lord”). Soma (una droga legale), e «gelato di soma alla fragola», «nella coppa dell’amore [agapico, loving cup; n.d.r.]» prendono il posto simbolico del corpo e del sangue di Cristo (il pane e il vino).
La dinamica dell’Ultima cena di Gesù viene contaminata da Huxley con aspetti aggiuntivi non sempre di derivazione biblica. In alcuni versi degli inni liturgici cantati nel «solidarity service» compare un concetto di corpo mistico: «Ford, noi siamo in dodici, oh fa’ di noi un solo corpo [make us one; n.d.r], / come gocce dentro il Fiume Sociale… Lo scioglimento di noi dodici in un solo corpo [Annihilating Twelve-in-One]»; nonché un concetto della passione di Gesù e dei suoi benefici spirituali: «Noi desideriamo fortemente morire, affinché, quando ci spegniamo, abbia tuttavia inizio una nostra più grande vita».
Un’apocalittica attesa dell’«Ente Supremo (Greater Being)», l’«imminenza della Sua Venuta», in simile clima di induzione all’autosuggestione (verso cui Bernard è poco sensibile e disposto), fanno addirittura diventare percepibili «i passi dell’Ente Supremo» (si pensi al brano veterotestamentario di Gn 3,8 in cui Dio cammina nel giardino dell’Eden e viene udito da Adamo).
A ciò si aggiunge la venatura di un quid massonico grazie all’epiteto «Greater Being» (in luogo di “Dio”), il quale nell’intero intreccio, che sembra la parodia dell’ethos religioso protestante americano, assume un suo preciso valore in virtù dell’importanza della massoneria nella crescita sociale degli USA.
Una realtà capitalistica, questa, che ha fuso appunto diversi ambiti comportamentali in una prospettiva discutibile e portata a livello di distopia da Huxley. La cerimonia descritta rammenta nel suo finale i fedeli deliranti di liturgia protestante evangelica.
Tutto si conclude a mo’ di una Pentecoste, con «the coming of the Twelve-in-One», l’arrivo di una specie di Spirito Santo («Ente Supremo») che fa dei dodici un solo corpo mistico nella consapevolezza, la quale lascerà dopo la conclusione del rito il loro animo pacificato e rilassato, che c’è stata «l’incarnazione (the incarnation) del Greater Being»: «in una soffusa luce rossa era come se un’enorme nera colomba [“the Dove” è lo Spirito Santo; “negro spirituals” sono canti religiosi dei neri americani; n.d.r.] stesse benevolmente librandosi sopra gli adesso proni o supini danzatori». Bernard capisce che si tratta di un’illusione, di una finzione, che l’ingenuità trova comodo, rassicurante, comfortable è il caso di dire, credere vere; una cosa di fronte a cui lui, sentendosi distante, si vede immerso in un rinnovato disagio. Il binomio «Orgy-porgy», presente nei versi di tale grottesco rituale, si mostra indicativo dello sfondo che Huxley dà, e in linea di massima dell’orizzonte che l’autore offre nell’arco della narrazione. “Porgy” è, in inglese americano, un pesce dalla fattezza piatta e larga (“pagro” in italiano): la sua immagine ricorda il simbolo dei primi cristiani (la parola “pesce” in greco antico fungeva da acrostico).
«Orgy-porgy» sembra allora riferirsi al Cristianesimo americano protestante sulla cui base calvinista è nato un cosmo capitalistico cui la massoneria non è stata estranea. Il «pesce dell’orgia» non è nel testo inglese huxleyano una semplice paronomasia: è il simbolo di quel capitalismo – avente le radici religiose intraviste da Weber – nella sua veste degradata e qui distopica («Orgy-porgy dà la liberazione» dal male).
Nel Mondo Nuovo un’apatica soddisfazione generalizzata ha ottenuto il sopravvento, poiché gli individui hanno accolto il nuovo sistema rinunziando all’autenticità umana (la quale è fatta di un miscuglio di fattori emotivi e razionali di continuo interagenti inter se).
L’umanità ha respinto la nobiltà intellettuale e si è gettata ai piedi di un’irrazionale aristocrazia, che ha prodotto la società delle classi e del condizionamento. Non è facile, né utile, livellare i gruppi umani verso i gradini più alti dell’intelligenza: la stupidità unisce, crea equilibrio, amalgama; l’intelligenza divide, è dialettica, crea confronto.
La maggioranza degli uomini tende a riconoscersi verso il fondo della bestialità, allora non ha senso liberarli da un’occupazione lavorativa, che riempie le loro teste e il loro tempo. I più, formatisi nella mediocrità, non saprebbero cosa farsene del tempo libero. La felicità consiste, oltre che nel dare comforts materiali e pratici, nell’alleggerire il soggetto dal peso della responsabilità sociale.
Non esiste ormai un’autonomia di giudizio. La continenza, protestante prima, e capitalistica poi, si è riversata sulle forme di mantenimento del Mondo Nuovo; la quale continenza adesso ha riabilitato e liberalizzato i vecchi orizzonti negativi: ora è possibile «un’indulgenza nei propri confronti fino alle più profonde frontiere imposte dall’igiene e dall’economia. Viceversa le ruote smettono di girare». Un edonismo, che mette all’angolo l’antica religiosità e Dio, assurge al rango di manifesto programmatico, di religione tecnologica, nel cementare la tenuta del sistema. L’insieme è iperbolico e vorticoso, nella sua vocazione al godimento e alla distrazione, che non richiedono sforzi: altro paradosso del New World è che non c’è disoccupazione.
Tale apparato si è modellato sul precedente: ha negato i di esso mali, però il suo irrazionale regime ha negato altresì, durante la sua gestazione, gli aspetti positivi. L’uomo del Mondo Nuovo condivide con il suo antenato capitalistico la definizione: «un felice, laborioso, consumatore di beni».
NOTA