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mercoledì 17 luglio 2024

IL NAZISADISMO DI SARBAN FRA SPIRITO DEL TEMPO E SPIRITO DEL PROFONDO

di DANILO CARUSO
 
“The sound of his horn” è un romanzo distopico di John William Wall (1910-1989) autore inglese meglio noto come Sàrban (in lingua parsi il termine indica il conduttore-di-una-carovana). Uscì nel 1952, quindi subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale e del Processo di Norimberga, e ha al suo centro narrativo un inquietante quadro storico immaginario del futuro in cui la Germania nazista ha vinto la guerra. Si tratta di un testo non lungo, bensì contenuto, tuttavia, specialmente all’inizio degli anni Cinquanta, dall’enorme potere disturbante. Sarban infatti mette in evidenza un’esplicita radice sadica dell’ideologia nazista, responsabile attraverso i suoi attori storici, di gravissimi crimini contro l’umanità. È chiaro che l’onda emozionale all’epoca della redazione abbia guidato lo scrittore inglese in un compito di scrittura impegnativo. “The sound of his horn” lega il tema del sadismo al nazionalsocialismo in maniera diretta, e ci pone il dominio del suprematismo germanico-ariano in una guisa generale senza far richiamo preciso alla magna pars dell’antisemitismo (tragica causa della Shoah). Simile astrazione, sebbene lecita al suo autore in campo narrativo, distacca dalla concretezza di un fatto storico nevralgico. Comprendo la messa in evidenza in assoluto di una vocazione sadica, le cui radici a mio avviso possiedono canali i quali a ritroso nel tempo portano al volontarismo luterano (poi diventato nietzschiano wille zur macht), all’antisemitismo cristiano in generale (evolutosi nel razzismo biologico laico), al sadismo specifico di forme inquisitoriali (protestanti e cattoliche)1. Però come cerco di dire Sarban ha tralasciato di inserire qualche riferimento all’Olocausto, il quale secondo me avrebbe reso il romanzo più opportunamente ancorato alla realtà. Una tale omissione non pregiudica affatto quanto evidenziato da Sarban. Ma la sua potenza-distopia, a mio modesto avviso, avrebbe avuto bisogno di una migliore (pasoliniana) connessione storica nel tramutarsi in atto-monito. “The sound of his horn” mantiene una astrattezza analitica che alla fine mette a rischio la solidità della facciata statica nel suo costituirsi quale nazisploitation. Sottolineo e ribadisco che in assoluto la denuncia dal sadismo operata da Sarban si rivela valida, tuttavia l’architettura dinamica del romanzo viene fuori con strutture e simboli indifferenziati, i quali così come si calano ad hoc nel caso del distopico nazismo sarbaniano si potrebbero altresì calare con pari efficacia in altri contesti sostanziali. I gerarchi nazisti del romanzo all’esame godono del «diritto al piacere di uccidere», organizzano cacce in foresta dove le prede sono esseri umani travestiti da animali, e si tratta perlopiù di donne. A differenza di Catherine Burdekin2, Sarban coglie il valore della distinzione tra misoginia e sadismo, però non calibra con tenuta salda questo sul nazionalsocialismo. Non che ciò che egli dica sia falso, tutt’altro. “The sound of his horn” mostra il nefando spirito di un campo di concentramento tedesco, il quale nell’architettura statica rimane suscettibile di sostituzione. Questa è per me la pecca di simile comunque pregevole testo. L’abito nazista dei cacciatori e quello delle prede può essere sostituito facilmente, comportando lo smarrimento dell’apprezzabile iniziativa letteraria antinazista. A questi sadici cacciatori possiamo per esempio sostituire i persecutori di streghe e omosessuali, e d’altro canto alla caccia nazista le sadiche torture e uccisioni dei suddetti. Restiamo sempre nella cornice di una disturbante e distopica celebrazione del sadismo. Il corno che suona rappresenta un simbolo profondo, e non suona soltanto in mano nazista. È il caso qui di ricordare la junghiana distinzione “spirito del tempo / spirito del profondo”. Nel testo di Sarban a questi due orizzonti corrispondono l’architettura statica e l’architettura dinamica: qui facciata del caso e sostanza ideale non formano un sinolo perfetto, bensì indebolito. E torno indicando un’altra dimostrazione esemplificativa. Lo scrittore inglese Kingsley Amis nella sua introduzione a un’edizione di “The sound of his horn” dichiara: «Se i nazisti avessero vinto la guerra ci saremmo attesi di osservare [...] lo sviluppo metodico del concetto di razza superiore in un’organizzazione feudale, con una limitata oligarchia di signori enormemente potenti e capricciosi [...] e un ampio proletariato di schiavi interamente subordinato ai capricci dei loro padroni». Ciò nell’apprezzamento, cui mi unisco, di Sarban. Però, sulla scia del mio ragionamento di sopra, mi pare opportuno far notare che una simile descrizione possa adattarsi altresì alla situazione schiavistica americana perdurata sino alla guerra civile, o alla successiva fase di costruzione capitalistica così come ad esempio analizzata da Marcuse. Non è solo Sarban come vediamo a manifestare la leggerezza dell’astrattezza. Anche il suo connazionale indulge nel formulario dell’ambiguità statica. Hanno entrambi perfettamente ragione nelle loro critiche. Tuttavia la nazisploitation di “The sound of his horn”, a mio modestissimo sentire, avrebbe meritato (perché il testo è meritevole) un approfondimento sarbaniano in fase creativa, e dunque di beneficiare di un rafforzamento ideale mediante alcuni innesti di cui ho segnalato la lacuna. A proposito di assenze e presenze tengo a segnalare la vistosa eco dei wellsiani time traveller e di “The time machine” in “The sound of his horn”. Il protagonista di quest’ultimo (Alan Querdilion) si trova a una serata in compagnia al pari del time traveller, dopo la quale entrambi compiono un viaggio nel futuro. Al posto dei Morlock ci sono i nazisti. E al posto di Weena c’è Kit, la quale nel finale rimarrà vittima. Il cannibalismo dei Morlock rappresenta una forma di sadismo, e sadici sono i cacciatori nazisti. Le prede di questi ultimi stanno in luogo degli Eloi. Lo schema di sadismo “preda/predatore”, non dettato da una logica biologica animale istintiva, è lo stesso in ambedue i contesti accostati: l’umanità si è degradata secondo un modello (patologico) di de Sade.



NOTE
 
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Studi illuministi”
 
1 Simile mole di argomenti trova una prima sostanza al fine di approfondire in una mia monografia, la quale fornisce altresì una ricca mappa per poter procedere ad altre suggerite letture di miei studi sempre alla volta di approfondimenti: Oscurantismo e irrazionalismo del Cristianesimo in Tertulliano (2023).
 
2 Si veda il mio scritto La distopica e criptica nazimisoginia di Katharine Burdekin contenuto nella mia opera Ritorno critico (2024).