di
DANILO CARUSO
L’acqua
costituisce nell’immaginario umano uno dei simboli di maggiore successo. Sin
dalla più remota antichità viene evocata al centro della vita dell’Universo.
Essa rimane infatti imprescindibile al sostentamento dell’esistenza non solo
degli uomini, ma altresì della flora e della fauna. Tale fondamentale
importanza ne ha comportata assunzione di una valenza globale. L’immagine
dell’acqua è stata spalmata sopra tutto ciò che avesse un particolare legame
con l’origine della vita e la sua rigenerazione (in senso lato). Nelle
elaborazioni cosmogoniche arcaiche il passaggio da uno stadio di disordine a
una condizione di ordine viene pensato come un uscire fuori dalle acque. Dal
Caos, il quale è l’apertura di simile transizione, si passa al Cosmo. La
gestazione femminile e l’immersione del feto nel liquido amniotico hanno
rappresentato uno scenario microcosmogonico. L’elemento acqueo è femminile, e
dunque collegato a divinità donne. La pluralità di Dei scaturisce dall’apertura
di una Grande Madre posta quale patrona dell’acqua intesa come principio
assoluto. Quando Talete proclamò il suo archè, si può concludere che la bontà
intellettuale di quell’operazione sia stata non tanto quella di indicare
l’acqua quanto quella di laicizzarla in una direzione schiettamente
scientifica, poiché la base della sua riflessione partiva da un background
culturale già molto significativo al proposito. Le religioni del Vicino Oriente
Antico stettero sempre un passo indietro rispetto alla filosofia greca, con
l’eccezione degli Egizi dai quali anzi i Greci ripresero spunti centrali.
All’esterno dell’Egitto la riflessione mitologica che in Grecia si trasformò in
filosofia altrove si imbarbarì. La cosmogonia ebraica biblica, a una corretta
lettura del testo, evidenzia una degradata conformità strutturale con comuni
parametri antichi. Anche qui gli Dei vengono fuori da acque primordiali assieme
all’elemento terreno che un demiurgo poi provvede a ordinare come nel “Timeo”.
Nella cosmogonia biblica, variamente rielaborata da teologi, sino a farle dire
ciò che in effetti non contiene, compaiono i classici “quattro elementi”:
acqua, terra (la materia da plasmare), aria (il principio determinante, il
soffio divino: diverrà lo Spirito Santo, Dominus et vivificans), fuoco (il
Sole, il Dio veterotestamentario). C’è qualcosa che vagamente assomiglia a una
processione di ipostasi plotiniane, con a monte l’acqua e nessuna creazione dal
nulla (un’idea estranea all’Ebraismo antico). Nelle Scritture l’immagine
dell’elemento originario caotico rappresenta qualcosa da ordinare e dominare.
Dio, una divinità nazionale prodotto di una fusione neoatonista e asiatica,
separa le acque, quelle terrestri da quelle spaziali: perché agli occhi degli osservatori
del passato il cielo era una calotta al di sopra della quale c’era un mare
cosmico. Così pure per gli Ebrei: tutto si trova immerso, ma in larga parte
ordinato in funzione della sopravvivenza mondana in seguito all’emersione dal
disordine primitivo, nell’acqua. Simile “al-di-là-del-cielo” torna in Platone
(iperuranio). Il filosofo ateniese parla tra l’altro del «gran mare del Bello»
(“Simposio”): sta parlando del grembo della Grande Madre dove si trovano le
Idee. La misoginia della tradizione giudeocristiana trae origine nel totale
rifiuto del basilare potere cosmico del femminile. Prima della genesi
dell’Universo infatti esistevano solo le acque primordiali, soggetto occultato
di Genesi 1,1: X produsse gli Dei, i cieli (sopra e sotto la fantasiosa calotta
di copertura ermetica su una superficie piana) e la terra (la base d’appoggio).
La suddetta incognita da cui parte la cosmogonia è femminile, è simboleggiata
dall’acqua, elemento in sé sempre in movimento, lontano dalla rigidità formale.
Ogni rito religioso avente a che fare con abluzioni e immersioni, come il
battesimo, simboleggia una rinascita spirituale, un ricominciare-da-capo,
un’uscita e un abbandono del disordine precedente. L’episodio di Gesù che
cammina sulle acque esprime il concetto della sua superiorità sul disordine, la
superiorità (nell’elaborazione nevrotica misogina) del maschile-Logos sul
libidico-femminile: non per niente la donna è la “porta del Diavolo”. Altri
passi evangelici non risultano dunque poi così oscuri a ben guardarli:
rinascere-da-acqua-e-spirito vuol dire cambiare, essere rideterminati (spirito)
fuoruscendo dal disordine (acqua); oppure, l’acqua sgorgata insieme al sangue
dal costato di Cristo morto in croce indica il suo stato di decesso, di perdita
dell’ordine organico e della vita (sangue). Nella cosmologia biblica, d’altro
canto, compaiono dicotomie ontologiche: alto/basso, ordine/disordine. In cima a
tutto starebbe l’Altissimo, il Dio principale (fra una pluralità: enoteismo),
colui che ha ordinato la materia; e in basso l’abisso delle acque, la
profondità che resiste all’imposizione dell’ordine. Per inciso: la teoria dei
“luoghi naturali” di Aristotele recupera tale idea della cultura antica, seppur
riproponendola dentro un tentativo di indagine scientifica. Nel caso della
Scrittura si tratta di un canonico schema della religiosità radicale riproposto
nella contrapposizione luce/tenebre: Sole/acqua (nella profondità dell’abisso
c’è buio). Il Dio veterotestamentario distrugge il mondo che ha prodotto
mediante un diluvio universale: è la terrificante, e deterrente, storia
(inventata riguardo alla Terra) di una palingenesi umana. Per mezzo dell’acqua,
del disordine, egli stermina tutti quelli che non sono suoi fedeli: il mondo
rinasce così dalle acque come da un battesimo. Il “diluvio universale” è
allegoria di un “battesimo universale” (per immersione). Non sembra neanche
casuale che un nato-dalle-acque, Mosè, sia stato il liberatore, l’ordinatore e
il legislatore di un popolo per conto di
un Dio solare (inquadrato quale il più importante: il primo, il numero uno, si
veda Dt 6,4 ben tradotto). La mitologia biblica contiene significati
afferrabili unicamente studiando il pensare antico. A posteriori la sovrapposizione
di una teologia estranea alla lettera, costruita con categorie filosofiche
greche, ne distorce la conoscenza a beneficio di altro. La parabola narrativa
di Mosè parte dal basso delle acque (la nascita) e culmina in cima al Monte
Sinai (in alto) con la proclamazione del modello enoteistico nazionalista. Il
Dio ebraico si accanisce sugli Egizi in modo molto violento e per niente
evangelico (al pari del diluvio universale), avendo tutela soltanto dei propri
fedeli. E ancora una volta mediante l’acqua annienta, alla fine l’esercito
egizio all’inseguimento dei profughi Ebrei (esuli atonisti). Egli usa
l’elemento acqueo nell’AT quale strumento di morte di massa. Nel NT, il nuovo
Dio grecizzato dai Giudei alessandrini, introdurrà l’acqua come veicolo di
salvezza: il sacramento del battesimo.
NOTE
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Teologia analitica”
https://www.academia.edu/43625458/Teologia_analitica
https://www.academia.edu/43625458/Teologia_analitica
Per approfondimenti:
1 - IL DIO
DEL TANAK NON È SOLO
2 - RADICI EGIZIE NELLA COSMOGONIA EBRAICA
3 - ANTROPOGONIA E ANDROGINIA NEL SIMPOSIO E NELLA
GENESI
4 - RADICI SUMERE DI EBRAISMO E CAPITALISMO
5 - ABRAMO O DELLA CONTRADDIZIONE TEOLOGICA
6 - SIMONE WEIL / FILANTROPIA E FEDE DI UNA
FILOSOFA
7 - CRISTIANESIMO E VERITÀ IN SIMONE WEIL
8 - L’ORIGINE IDEOLOGICA DEL CRISTIANESIMO