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domenica 26 dicembre 2010

UNA VECCHIA LOCANDA IN TERRITORIO DI LERCARA?

di DANILO CARUSO

Il rudere in contrada Friddi di fronte all’abbeveratoio cosiddetto di PILICEDDI, da questo separato da pochissimi metri di strada, è una delle diverse pregevoli attrattive monumentali poste in territorio di Lercara Friddi. Quello che oggi resta di questa costruzione non è la stessa cosa di ciò che lì vi era già rimasto da tempi più remoti. Infatti negli anni ’30 il proprietario di quel terreno, utilizzando la calce idraulica ed il materiale circostante che a terra giaceva, riedificò una parte della struttura. A quel tempo in piedi recuperabile c’era, guardando dalla strada, l’ambiente a sinistra del muro con il passaggio (murato) a forma di arco (ignoro con precisione in quali condizioni fosse il tutto). Il proprietario di allora ricavò dal suo intervento un vano per i suoi usi: questo a sinistra che in quanto più recente ha perso solamente il muro più lontano parallelo alla strada, mentre l’altro vano (a destra dell’arco) ne ha persi due: il prosieguo del parallelo più lontano rispetto alla strada ed il muro esterno di destra dell’edificio. Questa analisi storica, è protesa a capire la funzionalità di quell’edificio e da qui la sua genesi temporale. Quel grande arco ha attirato la mia attenzione inducendomi a pensare che quello che vi passasse attraverso potesse essere un cavallo (perché sennò uno spazio così ampio?): collegando ciò alla presenza della vicinissima fonte d’acqua sono pervenuto all’ipotesi di una stazione di sosta (per corrieri, passeggeri, muniti di cavallo o no). La zona di Lercara Friddi è a metà strada tra il versante sud che si dirige verso Agrigento, e quello nord che da qui si dirama lungo una direttrice verso Palermo e lungo un’altra verso Termini Imerese: l’ITINERARIUM ANTONINI (che è dell’inizio del III sec. d.C.) è il più remoto documento che parla di un percorso Palermo-Agrigento, possibilmente con una statio situata nella regione tra Castronovo e Vicari. Nel caso della nostra ipotizzata stazione (che parrebbe medievale), vista la sua dislocazione, dovrebbe trattarsi della direttrice per Termini, la quale passerebbe dal territorio di Roccapalumba dopo aver costeggiato ad ovest l’asse Cozzo dell’Affumata-Cozzo san Filippo. Escluderei – sulla base della conoscenza che abbiamo di tutte le chiese lercaresi –  una originaria, o seguente, funzione sacrale del complesso architettonico all’esame poiché non se ne ha notizia.

Per un tentativo di datazione farei innanzitutto una distinzione di due fasi:

1) quella precedente alla chiusura dello spazio sotto l’arco (chiusura forse contemporanea all’altra di una più ridotta entrata sul muro esterno di sinistra;

2) quella successiva.

1) Come terminus ad quem di questo primo periodo mi pare in ogni caso difficile non pensare alla nascita di Lercara. Non mi stupirei se questa stazione fosse stata anche locanda: la vicina sorgente d’acqua con bacini collegati fa immaginare delle esigenze ed una organizzazione di quell’area non indifferenti. Il terminus a quo resta indefinito, ma dovrebbe ritenersi posto nel Medioevo (propenderei per gli ultimi secoli).

2) Dopo la comparsa del paese, stazione e/o locanda in un luogo isolato così a ridosso di Lercara non servivano naturalmente più: è probabile che risalgano a questo secondo periodo le prime modifiche accennate, destinate alla promozione di un diverso uso di questo bene monumentale.


Il muro frontale e ciò che resta di quello esterno di destra.

Il muro esterno di sinistra, guardando dalla strada (particolare: l’ingresso murato).

La visione dell’arco murato dall’altro vano.

L’abbeveratoio.