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lunedì 18 maggio 2020

ARISTOTELE E IL PERICOLOSO REGNO DI DIO

di DANILO CARUSO

La sezione della Bibbia cristiana denominata Vecchio Testamento contiene lo schema politico dato dal Dio veterotestamentario al popolo ebraico. Egli ha scelto un gruppo umano in particolare instaurando una teocrazia in Israele. Si dice infatti che il re sostanziale è lui (Isaia 43,15). I primi libri delle Sacre Scritture (il Pentateuco) delineano l’organizzazione giuridica e amministrativa del regno di Dio. Essa ormai colpisce e stupisce molto sotto quell’ottica che vuol definirsi evangelica. Ma anche facendo il paragone con il moderno democratico diritto avanzato emergono forti perplessità sul motivo per cui una divinità che poi si mostrerà più caritatevole e universale nel Nuovo Testamento non abbia da subito inserito elementi di progresso nel diritto. Se pensiamo che nell’antichità gli Ateniesi sono giunti a maturare l’ideologia democratica e che le discipline giuridiche oggi sono figlie del diritto romano viene spontaneo chiedersi perché Dio abbia patrocinato qualcosa di illiberale, totalitario e discriminatorio: lo Stato confessionale. Cardini dell’Ebraismo antico sono: enoteismo, culto esclusivo e obbedienza totale al Dio veterotestamentario. Nel territorio dello Stato ebraico tutti, Giudei e stranieri eventualmente presenti, sono soggetti al diritto biblico veterotestamentario. Il re dev’essere di esclusiva nazionalità ebraica e scelto da Dio (cosa paragonabile all’individuazione del romano pontefice). A chi non si adeguerà alle prescrizioni Dio promette ogni sorta di male (si veda ad esempio Numeri 25,1-16, altresì episodio di intolleranza religiosa). I comandamenti di Deuteronomio 5,1-22 sono validi solo all’interno di Israele: non uccidere, non depredare, etc. sono principi che decadono nelle interrelazioni esterne (Deuteronomio 20,10). L’intolleranza religiosa prevede la lapidazione a scapito di chi adora altre divinità. Un prezzario e un prospetto sono presentati al fine di regolare il pagamento e le offerte in materia di voti (qualcosa di paragonabile alla vendita delle indulgenze). Si parla di una forma di offerta assoluta, irriscattabile da parte del proprietario: si tratti di beni viventi o inanimati. Si dice chiaramente che un sacrificio umano è lecito e a norma (si pensi al caso della figlia di Iefte). Nel libro dell’Esodo (13,1.12-13.15) Dio chiede i primogeniti: il capitolo 28 sembra alludere al sacrificio di bambini. Più avanti in 34,19-20 si parla di una sostituzione obbligatoria in deroga a una norma valida per tutti gli esseri animati (uomini e animali.) Una discriminazione viene contemplata a svantaggio dei disabili allorché il sacerdozio è interdetto a soggetti portatori di deficit e disabilità. Sono esclusi altresì dalle partecipazioni religiose in perpetuo chi ha deficienza al membro virile, i figli illegittimi e loro discendenti, Ammoniti e Moabiti. Discendenti di Idumei ed Egiziani potevano essere ammessi dalla terza generazione. Dio prospetta un piano di pulizia etnica dentro il perimetro della terra promessa (Palestina) e proclama una discriminazione razziale con ordine di sterminio. Comanda di annientare luoghi e segni di culto altrui in Palestina, proibisce qualsiasi coabitazione con le genti ivi residenti in precedenza, vietando in primis i matrimoni. Consente di sposare donne fatte prigioniere in guerra e ammette possibile un’eventuale separazione futura. Proclama la dottrina dell’unico popolo eletto (razza superiore scelta da Dio) che deve eliminare fisicamente gli abitanti precedenti della terra promessa. In cambio della devozione verso di lui, Dio promette di favorire l’integrità e l’espansione territoriale dello Stato ebraico, la crescita produttiva, di mantenere l’ordine e di sostenere gli Ebrei nell’uccidere i nemici, di favorirne l’incremento demografico. È contemplato il dovere di assistenza dei connazionali (solidarietà nazionale con i più bisognosi), e il garantire ospitalità a schiavi fuggiaschi da un paese straniero. Esiste il criterio di un prelievo coattivo annuale a beneficio dello Stato teocratico: il 10% di ogni produzione. La decima ogni tre anni andava destinata all’assistenza dei nullatenenti. Fra gli Ebrei antichi era ammessa la schiavitù: se uomo di nazionalità ebraica al settimo anno dall’acquisizione andava lasciato libero, a meno di una diversa volontà di costui; le donne potevano essere vendute come schiave dai padri. La riduzione in schiavitù è riservata a stranieri o a figli di stranieri residenti: chi infrange la norma viene sottoposto a pena capitale. L’Ebreo finito in schiavitù di uno straniero residente possiede diritto di riscatto, giacché il popolo giudaico è servo esclusivo del Dio veterotestamentario. Ogni sette anni (anno sabbatico) i debiti fra Giudei decadevano (la norma non riguardava i non Ebrei). Dio, una divinità solare (cosa altresì testimoniata dal comando dato a Mosé di presentarsi di mattina cioè all’alba dopo spuntato il Sole) scende sino a Mosé per chiarire che lui punisce le responsabilità individuali oltre, su soggetti che non c’entrano: i discendenti sino alla quarta generazione. La responsabilità giuridica di partenza dell’azione incriminata è personale. L’esame e il sistema di giudizio dovevano secondo formale linea di principio essere improntati a obiettività. L’AT proclama un principio giuridico agli antipodi dell’ideologia evangelica del porgere l’altra guancia e dell’amore per il prossimo, infatti dichiara la compensazione del danno fisico ricevuto alla pari: occhio per occhio, dente per dente. Si prospetta tuttavia il risarcimento per l’aggressione con danno fisico a un uomo, e d’altro canto il diritto di fuga dalla giustizia per omicidio colposo al fine di evitare la faida mirante alla vendetta. Nel caso del reato di falsa testimonianza al responsabile si comminava come sanzione il danno auspicato dalla sua azione. Pena capitale per simili azioni proibite: fare prestiti con applicazione di interessi (azione lecita solo con stranieri) fra Ebrei e con poveri, vilipendio istituzionale e bestemmia (questa comportava la lapidazione), uccisione volontaria di un uomo, aggressione dei genitori e proferimento di una maledizione a loro carico, maltrattamento di costoro e condotta familiare sregolata, rapimento di un uomo allo scopo di venderlo, violenza letale sugli schiavi che muoiano in giornata (viceversa non si dà nessuna sanzione all’uccisore; un danno fisico permanente comportava l’emancipazione), mangiare carne sacrificale dopo il secondo giorno, la pratica di sacrifici umani ad altre divinità (si sanziona il proposito ostile nella contrapposizione religiosa auspicante l’intervento di un’altra divinità, non l’uccisione in sé), rivolgersi a maghi, l’esercizio di atti di culto da parte del sacerdote posto in una condizione personale giudicata di impurità, lavorare di sabato, promuovere l’apostasia, l’esercizio del ruolo di profeta ebreo non in linea con l’istituzione religiosa e lo svolgimento in generale di questa attività da parte di soggetti appartenenti ad altre religioni, essere considerati streghe o indovini (in questo secondo caso la pena era la lapidazione), fare offerte ad altre divinità in aggiunta al Dio veterotestamentario, non essere ospitale con gli stranieri, mancare di riguardo agli orfani e alle vedove, omosessualità maschile, zoofilia, incesto, scopofilia, procurato aborto colposo con decesso della gestante (se sopravvive viene previsto un risarcimento), relazioni extraconiugali (la poligamia è lecita), rapporti sessuali prematrimoniali tra fidanzati (se il fatto si è consumato nello spazio urbano; viceversa se in zona extraurbana, si dà per probabile l’ipotesi di stupro e va a morte solo lui). Quando una donna nubile non impegnata consuma un congresso carnale con un uomo, costui sarà costretto a un matrimonio riparatore: ammesso che il padre acconsenta; l’equivalente della dote gli sarà corrisposto dall’uomo coinvolto comunque. Se la femmina è schiava (anche sposata) i due saranno sottoposti ad ammenda: non si dà luogo a condanna a morte a causa della condizione di schiavitù di lei. Se sposata libera: condanna capitale per entrambi. Se ragazza nubile: si dà luogo a irrevocabile matrimonio riparatore con indennizzo al padre di lei. Chi avesse sposato contemporaneamente una donna e la di lei figlia avrebbe causato la morte di tutti per rogo. La donna non arrivata vergine al matrimonio, se ripudiata, andava condannata alla lapidazione. Qualsiasi femmina durante il periodo mestruale era considerata “immonda” (proibito l’approccio sessuale), come nel periodo post partum: una settimana se ha partorito un bambino, due settimane se una bambina. In questi due casi seguiva un ulteriore tratto di purificazione (rispettivamente di 33 o 66 giorni) culminante con un sacrificio religioso. I congressi carnali tenuti nella fase della mestruazione erano puniti con la morte di entrambi i partecipanti. “Immondo”, per chiarire il concetto, è nell’AT il lebbroso, il quale va isolato, o chi soffre di gonorrea. Per le donne ebree era previsto il divieto di prostituzione. Proibita la prostituzione sacra (femminile e maschile): Deuteronomio 23,19 equipara le prostitute ai cani. È vietato alle donne indossare abiti maschili (e viceversa). Al fine di garantire la discendenza le vedove senza figli andavano obbligatoriamente in spose a un cognato, a meno di un rifiuto di costui che però gli meritava disonore (norma del levirato). I maschi neosposati godono dell’esenzione dal servizio nell’esercito per un anno. Le figlie a cui transitasse un’eredità paterna erano obbligate a scegliere un marito nell’esclusivo ambito della propria tribù ebraica di appartenenza. In fatto di materia ereditaria per gli uomini era previsto il diritto di primogenitura. La violazione della proprietà agricola di qualcuno o il danneggiamento di essa erano sanzionati con la pena di un indennizzo. Al custode di beni materiali altrui se derubato di essi, nel caso di mancato recupero di questi, bastava un giuramento religioso sulla sua buona fede per non essere coinvolto nel reato. Similmente, nell’eventualità di accidentale danneggiamento, per i fraudolenti si prevedeva un giudizio diretto del Dio ebraico al fine di stabilire il soggetto reo da condannare a un’ammenda. Dell’abigeato presso un custode rispondeva al limite costui. Se gli animali domestici di altri temporaneamente al proprio servizio rimanevano menomati o uccisi per incuranza il responsabile era costretto a indennizzare il proprietario. L’autore di un furto domestico scoperto in flagranza poteva essere impunemente ucciso se di notte, se dopo l’alba veniva condannato a corrispondere un’ammenda (e in caso di insolvenza rischiava di essere venduto come schiavo). L’abigeato era sanzionato per mezzo di una nutrita contropartita in bestiame. Se l’animale di proprietà di qualcuno avesse causato il decesso di un essere umano sarebbe stato ucciso a sua volta, assieme al suo proprietario se la pericolosità della bestia mal sorvegliata era stata rilevata in precedenza: in tal caso era però possibile una commutazione della pena capitale mediante un indennizzo. L’ammenda si prevedeva nel caso di danno di schiavi a beneficio del possessore. La morte di animali altrui procurata sempre a bestie domestiche per culpa in vigilando (senza volontà di dolo) comportava altresì un indennizzo. Si noti l’equiparazione di status davanti al diritto ebraico biblico veterotestamentario tra schiavi e bestie. Se due uomini litigassero e intervenisse la moglie di uno dei due per separarli e afferrasse l’aggressore del marito nel mebrum virile, a costei sarà tagliata la mano. Nell’Ebraismo l’importanza data al membro virile deriva dal mito di Osiride. Il Dio biblico è una divinità solare neoatonista e la circoncisione costituiva un segno di identificazione politico-religiosa. Al di là di quanto sinora evidenziato appare utile fare un passo avanti nell’analisi e richiamare altri aspetti storico-ideologici nella crescita del Cristianesimo. Dal momento in cui questo fu codificato nel canone neotestamentario i suoi ideologi cercarono sponde concettuali nella filosofia greca. Nella costruzione dell’Europa cristiana medievale Aristotele fornì un triste contributo imprescindibile. In lui si ritrovano tre elementi nevralgici presenti nell’AT: 1) la dottrina di un popolo eletto, 2) la legittimazione della schiavitù, 3) la misoginia. Tali aspetti transitarono nel Cristianesimo secolare sotto il profilo ideologico dallo schema veterotestamentario. La Chiesa sostituendosi all’Ebraismo ortodosso, nel periodo medievale, attuò l’intera Bibbia quale globale parola di Dio. Il diritto veterotestamentario mise all’angolo quello romano. 1) Pensare la Chiesa come unica realtà sociopolitica al di fuori della quale non ci fosse salvezza alcuna, 2) non promuovere l’abolizione della schiavitù, 3) accanirsi contro le donne costituiscono elementi del DNA concettuale della Chiesa cristiana. Si tratta di aspetti abbandonati dopo lunghissimo tempo: quello che è ed è stato in particolare il Cattolicesimo lo si deve misurare e cogliere nella parte più ampia della sua vicenda. In ambienti di cultura protestante lo smarcamento da alcuni limiti è stato più efficace: pensiamo in ispecial al modo al sacerdozio femminile (che i pagani avevano avuto). Nel Medioevo Aristotele offrì un supporto concettuale alla teologia cattolica: l’edificio tomista, fondamentale, poggia sul celebre allievo di Platone. Il «maestro di color che sanno» aveva teorizzato: 1) la superiorità dei Greci, le genti elette dalla Ragione, sui barbari (tutti gli altri); 2) la legittimazione della schiavitù; 3) l’ontologica inferiorità della donna nei confronti dell’uomo. Quando la storia cedette il passo ai Cristiani nell’epoca medievale Aristotele divenne un campione dell’ortodossia conoscitiva (teologica e scientifica). In Tommaso d’Aquino vengono assunti in maniera deliberata, automatica e spontanea i difetti aristotelici: la presunzione esclusiva di essere dalla parte della Ragione, la discriminazione sociale classista, la misoginia. L’Europa cristiana del Medioevo, col feudalesimo avallato dalla Chiesa, ha rappresentato il secondo storicamente concreto regno del Dio biblico sulla Terra, un sistema sociopolitico che ha imitato il primo. Il primato di monarchie assolute vassalle del Papa (il diritto divino) e la caccia alle streghe, la persecuzione di omosessuali ed eretici, l’ostilità verso i non cristiani costituiscono fenomeni organici rispetto a una precisa base ideologica. Con la riforma luterana l’unità ideale di tale Regno ideologico, già pregiudicata dallo scisma degli Ortodossi, si spezzò e iniziò un lento declino che ebbe un culmine con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese. Del secondo terreno Regno di Dio rimase solo lo Stato pontificio scomparso durante il processo di unificazione politica dell’Italia nell’Ottocento. Il problema storiografico del Cristianesimo istituzionalizzato risiede nell’ideologia originaria e originale. È sconcertante leggere quale fosse il pensiero cattolico ancora a inizio ’900 (si legga quale esempio Monsignor Benson1). Se i responsabili personali delle persecuzioni, delle torture e delle uccisioni precedenti sono scomparsi da tempo, sono sopravvissute le loro idee e i loro pessimi esempi. Il “Malleus maleficarum” e la misoginia agostiniana e tomista, altri esempi, sono sopravvissuti ai loro autori divenendo in passato lungamente canonici. La stessa Inquisizione non è mai stata soppressa, ha solo cambiato nome nei secoli. Ricordo, per fare un paragone, che il fascismo è stato dichiarato fuorilegge a tempo indeterminato e che molti rammentano le leggi razziali quali atti prescrittivi spregevoli. D’altro canto la liturgia della Chiesa cattolica il venerdì santo, sino agli anni ’60, proclamava: «Oremus pro perfidis Iudaeis». Nessuno, che io sappia, ha mai proceduto penalmente per apologia di antisemitismo in quest’ultimo caso. Evidente la contraddizione di valutazioni storiografiche e giuridiche: due pesi e due misure. Il fatto che l’ideologia cattolica da Leone XIII abbia stentatamente iniziato a modificarsi, persino poi ammantandosi di femminismo, non assolve i quindici secoli precedenti dell’istituzione. È stata una raffinata e profonda pensatrice quale Simone Weil a spiegare che la Chiesa medievale è stata madre “ideologica” dei moderni totalitarismi2.



GLI ORRORI DELLA SANTA INQUISIZIONE
(da YouTube)



NOTE

Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Teologia analitica”
https://www.academia.edu/43625458/Teologia_analitica

1 Sopra un suo romanzo ho scritto un saggio: “L’apologia dell’irragionevole di Robert Hugh Benson (2017)”.

2 A questo tema è altresì dedicata una mia monografia: “Il Medioevo futuro di George Orwell (2015)”.

domenica 3 maggio 2020

MODERNA CATARSI ARISTOTELICA IN DISTOPIA E FANTASY

di DANILO CARUSO

Il romanzo utopico negativo più famoso riguardante la religione cristiana è “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood (da cui ha tratto ispirazione una serie televisiva giunta alla terza stagione). Nel 2018 è uscita una distopia letteraria del genere, opera della scrittrice Christina Dalcher, dal titolo “VOX”. Ho letto il romanzo, su cui esprimo un giudizio positivo: prima o poi, credo, ne trarranno un film (o una serie). Descriverò l’ambiente sociale instauratosi nello scenario del testo, collocato negli USA contemporanei, dove un movimento integralista cristiano è riuscito a raggiungere i vertici del potere politico. Vittime designate del nuovo assetto le donne, a causa dell’applicazione del discriminatorio spirito paolino. La subordinazione femminile prospettata da parte di Paolo di Tarso nel Nuovo Testamento, in tal caso in linea col Vecchio, produce una serie di particolari provvedimenti. Innanzitutto le donne vengono estromesse da tutte le attività lavorative non casalinghe; a loro si prospetta una condizione di minorità giuridica in virtù della quale debbono avere un “capo”, un responsabile; possono scegliere tra due futuri: essere destinate a svolgere mansioni di meretricio in appositi locali, oppure sposarsi e occuparsi della famiglia. Sessualità rigorosamente agostiniana: tutto ciò che non è ordinato alla procreazione viene rigorosamente condannato, da varie pratiche eterosessuali sino all’omosessualità. I gay vengono internati in campi di concentramento e inseriti in celle a coppie etero, a scopo rieducativo. Ma la misura più tecnologicamente avanzata, che ispira il titolo del libro, è un braccialetto fisso al polso delle donne il quale consente a loro di poter dire solo 100 parole al giorno: in caso di infrazione si mette in moto un meccanismo eventualmente progressivo di scariche elettriche (alla fine mortale). A chi sembra simile scenario un futuro possibile negativo parto di una fantasia diabolica o malata, suggerisco di documentarsi sulle tecniche di tortura e di morte adottate dalle varie inquisizioni cristiane nei secoli scorsi. L’ignoranza o la distanza temporale non cancellano quei crimini contro l’umanità a danno di donne e uomini: streghe, eretici, omosessuali, non cristiani (il loro numero, imprecisato, va comunque valutato in termini di percentuale rispetto ai bassi valori demografici delle loro epoche, non in assoluto: allora non c’era molta gente in giro). Buttando la storia nel dimenticatoio, si può dire per assurdo ad esempio che tra cinque secoli non si parlerà più di Shoah: tanto sarà acqua passata, errori umani di chissà quando. Mentre a me pare che ci sia il rischio che dalla fogna della storia riemergano proprio quelle cose sommerse e dimenticate, in un vichiano possibile ricorso di ciò che non è stato materia di catarsi lucida attraverso la conoscenza. Nell’opera dalcheriana non mancano prassi di mortificazione e maltrattamento: alle donne ree vengono rasati i capelli al fine di produrre segmenti televisivi informativi in cui vengono mostrate, e quelle condannate definitivamente finiscono ai lavori forzati con braccialetti al polso sinistro che impediscono di parlare completamente (pena una pesante scarica elettrica). Oggigiorno le distopie hanno preso il luogo della catartica tragedia greca antica, nell’auspicio che nella mente del fruitore generico maturi un’idea particolare di monito nell’agire, sia singolo che sociale. Qualcosa di simile traspare anche dal genere fantasy, basti pensare al significato profondo di opere come “Il Signore degli Anelli” di Tolkien. Nel 2019 si è conclusa la serie televisiva de “Il trono di spade”, la quale ha tratto spunto da un ciclo di romanzi di George Martin, un ciclo tuttora in itinere, di cui ignoriamo il finale (che la serie in TV dal canto suo ha avuto dopo 73 puntate e otto stagioni). Mi limiterò a parlare della sola versione sceneggiata sul ciclo martiniano intitolato “Le Cronache del ghiaccio e del fuoco”. Vorrei indicare alcuni concetti junghiani non di rado presenti nei fantasy, sia scritti che messi in scena per la televisione o il cinema. Un primo aspetto generale che si nota nel nostro caso è il contrasto fra le inclinazioni deteriori umane (“ombra”) e gli archetipi guida sani (“il saggio”, “la madre”). Alcuni protagonisti sono combattuti interiormente e oscillano fra i due poli. A Tyrion Lannister, più volte primo cavaliere della corona (primo ministro, per dirla in termini non fantasy), viene concesso di raggiungere una saggezza archetipica. Diversamente dal fratello Jaime, il quale alla fine, nonostante progressi di responsabilità comportamentale, morirà con la sorella Cersei (con la quale teneva un’incestuosa relazione, da cui erano nati due re, presunti figli di un altro sovrano precedente: ecco un particolare tema di attinenza psicanalitica). Argomento molto junghiano è quello inerente alla “personalità mana”, cioè alla figura di chi esercita un potere “sovrannaturale”, di fronte agli altri esseri umani, in virtù di un legame privilegiato con l’inconscio collettivo. Qui finiranno per urtarsi due protagonisti: Daenerys Targaryen e Brandon Stark (“lo spezzato”, rimasto paralizzato alle gambe per opera di Jaime Lannister). Questi due rappresentano i due archetipi all’inizio ricordati: Madre Natura e vecchio saggio. Non per niente Daenerys è “madre” dei draghi, e ha facoltà da “personalità mana”, similmente a Brandon (Bran), ma in modo diverso. Infatti quest’ultimo, il “corvo con tre occhi”, possiede un mana di altra sostanza con poteri di veggenza, mentre la prima è una condottiera carismatica. Nel finale della serie televisiva Daenerys, dopo la presa di Approdo del re, viene uccisa a causa dei suoi eccessi distruttivi, vale a dire di una sua propensione in direzione dell’“ombra”, e Bran “lo spezzato” salirà al trono. L’ambito sedile materiale costruito con spade fuse assieme è stato distrutto da un drago subito dopo la morte di Daenerys: la meta dell’“ombra”, il potere politico, subisce una catarsi nella forma della sua assunzione non solo in maniera allegorica poiché il titolo di re finirà appunto a Bran, personificazione dell’archetipo del saggio. Il deragliamento della madre dei draghi alla volta di un comportamento non assennato, sarà il motivo del suo fallimento conclusivo; benché il di lei mana si sia schierato contro l’esercito degli “estranei” (zombi invasori), significativa rappresentazione generale e impersonale dell’“ombra” junghiana.