di DANILO CARUSO
“The time ships” è un romanzo fantascientifico uscito nel
1995, opera dello scrittore Stephen Baxter, e unico testo riconosciuto dalla
fondazione dedicata a Herbert George Wells quale seguito di “The time machine”
(il noto romanzo wellsiano del 1895 al quale ho dedicato una precedente analisi1).
Il lavoro redazionale baxteriano mi è parso molto interessante. Nella mia
disamina ne evocherò aspetti chiave alla luce delle mie impostazioni analitiche
di carattere junghiano. Dobbiamo precisare, per chiarezza, che in tale secondo
romanzo il time traveller è all’inizio tornato nel futuro, un futuro alterato
dal suo precedente viaggio, dove questa modificata linea temporale gli rivela
un mondo di Eloi e Morlock molto diverso da quello che aveva conosciuto durante
il primo cronoviaggio. Qui ora i Morlock rappresentano l’incarnazione di una
isolata e pura facoltà razionale, ma non distopica come potrebbe in apparenza
sembrare. Il vero perno del romanzo è infatti il Morlock Nebogipfel, il
personaggio letterario che accompagnerà il viaggiatore temporale nelle di lui
peripezie sino alla fine del racconto quale una sorta di novello Virgilio. Il
testo baxteriano possiede qua e là un quid di atmosfera dantesca. Il primo cardine
di razionalità emergente in simile nuova realtà morlock è il superamento della
dicotomia fides/ratio. Non esiste più l’idea di un contraddittorio Dio a cui
aggrapparsi, un Dio il quale nella sua onnipotenza non rimuove il male dal
mondo. Il concetto di “sacralità” poggiata su qualsivoglia azione cruenta (con
spargimento di sangue) è cancellato. La Ragione ha qui purificato l’animo della
specie dai suoi torbidi grovigli e legacci interiori. È la pragmatica evidenza
logica a trionfare. come già anticipato, non si tratta di un ideale distopico
sopra una falsariga zamjatiniana2. Il superamento dei generi
sessuali attuato dai Morlock non è da intendersi accostandolo all’ectogenesi
del Brave New World3 o alla creazione dell’androgino biblico4.
Noi dobbiamo intravedere in Nebogipfel un simbolo junghiano, e precisamente
quello del sommo archetipo androginico. Nebogipfel costituisce la chiave di
lettura di tutto. È un Virgilio di razionalità equilibrata (androginica). e non
più di pseudorazionalità dantesca maschilista5. A ben guardare il
comportamento del Morlock nell’intero romanzo, esso appare animato da tutto
l’asse junghiano delle facoltà razionali (ragione e sentimento). Nebogipfel ha
anche un cuore razionale. L’ideale di vita di questi Morlock è infatti filosofico:
l’obiettivo della specie umana e post-umana risiede nella sua autoconservazione
attraverso lo studio di se stessa e della realtà. La conoscenza quale via di
benessere. Il time traveller non sta letteralmente compiendo viaggi nel tempo,
sta viaggiando attraverso l’Inconscio collettivo; dobbiamo vedere “The time
ships” come una sorta di “Liber novus”. E da ciò capiremo che questo nuovo
baxteriano time travell costituisce la rappresentazione di un percorso di
rinascita alchemica junghiana, un “percorso di individuazione” il quale alla
fine, appunto, approderà col salvataggio di Weena (raffigurante l’“anima
junghiana”), cioè, in termini di psicologia analitica, l’incontro del complesso
dell’Io con la sua inconscia controparte sessuale psichica. Il percorso di
rinascita alchemica da parte del time traveller principia con un viaggio nello
spazio, accompagnato da Nebogipfel, dentro qualcosa che egli definisce una
“bara”. Ciò mi ha fatto pensare a Elwin ransom in “Perelandra” e a quanto avevo
scritto a proposito in un mio saggio dedicato alla cosmic trilogy di Clive
Staples Lewis6. Uscendo da queste simboliche bare ha luogo un
risorgimento spirituale interiore. esso passa però da urti negativi. Uno è
rappresentato dall’alternativo mondo storico baxteriano della prima metà del
’900 dipinto nel romanzo, un mondo che rimane comunque in conflitto con
connotazioni differenti rispetto alle reali nostre. È inquietante, veramente
distopico, sentire l’elogio di un personaggio secondario di una forma sociale
totalitaria. Il mondo angloamericano nel 1938 alternativo mirerebbe, nei sui
centri direzionali, a manipolare e a indirizzare le masse con metodi
illiberali; in parole povere, spiegando con (pseudo)autorevolezza ciò che è
bene e ciò che è male alle persone, le quali dovrebbero adeguarsi acriticamente
e dogmaticamente. La diversità di idee (sale dell’esistenza comunitaria), il
concetto stesso di “opposizione politica”, dovrebbero essere banditi
nell’interesse dell’unico (pseudo)bene. Pare l’elogio dell’unidimensionalità
marcusiana. E se non bastasse, v’è pure un attacco all’istituto cardine della
Società civile, la famiglia. Essa dovrebbe essere sostituita da altre forma
associative migliori imprecisate, in un discorso che non possiede nemmeno una
platonica ragionevolezza. Simile modello occidentale antitedesco (per via della
guerra contro la Germania) dovrà assumere, come poi riassunto con amarezza da
un protagonista del romanzo, il controllo globale del pianeta al termine della
guerra. Un’élite di (pseudo)illuminati (manipolatori) dirigerà (in maniera
autonoma) le sorti dell’umanità. L’organizzazione sociale totaliatria e gli
interessi economici saranno i fari di una nuova era di (falso) benessere. Tale
distopica aspirazione necessiterebbe di “correzioni” genetiche della specie
umana, con il risultato su larga scala di eliminare il (presunto) peggio. Il
meglio (?) auspicato e prodotto da simile tecnocrazia tuttavia, nelle parole
dello sconcertato coprotagonista, sarebbe tuttavia destinato a trovare la
disapprovazione di molti nel mondo, ancora illuminati da una retta
ragionevolezza. La scienza e la tecnica che si trasformano in dogmatiche nuove
deliranti religioni sono additate quali pericoli verso la libertà e la vita.
Nella mia lettura di “The time ships” ho trovato singolare il modo in cui un
fatto reale sia stato trasposto nella finzione narrativa: durante una delle due
esplosioni atomiche in Giappone nel nostro 1945, una bomba atomica disintegrò
un essere umano lasciando proiettata sul muro l’assenza dell’impatto dell’ondata
termica radioattiva; un episodio del genere viene attribuito ai Tedeschi, i
quali nel Paleocene romanzesco usano un ordigno nucleare contro gli Inglesi. Il
prosieguo narrativo dell’opera di Baxter presenta poi nel futuro alternativo la
distruzione dell’ecosistema planetario e la scomparsa del genere umano dalla Terra,
costretto a emigrare altrove. Andando più avanti nel cronoviaggio, il time
traveller e Nebogipfel si inoltrano dunque dentro un’era con dettagli positivi
a dispetto della glaciale desolazione terrestre. Il genere umano è stato
rimpiazzato dall’intelligenza artificiale: macchine intelligenti, sparse
nell’Universo, portano avanti quella missione che i Morlock baxteriani si erano
prefissati, idest esaminare, archiviare, custodire ogni esperienza e ogni
conoscenza, dal più profondo passato fino a loro. In tale reticolo di
unità-nella-molteplicità vedo l’Inconscio assoluto junghiano al di là
dell’immediato piano letterale. Alcune parole di Nebogipfel sono illuminanti in
tal senso. I “Costruttori universali”, tali macchine, sono gli eredi e i
simboli di complessi psichici di Io. In simile sorta di informatico Intelletto
passivo universale, sempre Nebogipfel sembra spiegare una dinamica magmatica
interna di scontro fra elementi la quale è analoga a quella fornita da Jung
circa la formazione degli archetipi: l’obiettivo di queste dialettiche mira a
sintetizzare un punto di mediazione, di equilibrio, e a posarsi su di esso, in
direzione del progresso e della sanità dell’insieme costitutivo generale
elaborante. Il Morlock chiarisce nelle sue parole in seguito che il modello
capitalista debba essere destinato a essere superato e che l’umanità debba
essere affrancata, in virtù della tecnologia, da servizi di lavoro non più
necessari: il tutto a beneficio di una comune crescita conoscitiva, di
consapevolezza dell’universo. Fuori del contesto immediato di trattazione di
Nebogipfel, potremmo dire saltando al campo psicanalitico che l’Inconscio
impersonale potrebbe essere sgravato di parte delle sue tensioni intestine.
Verso la fine del romanzo la valenza fenomenica del comune mondo quotidiano
viene evidenziata dal time traveller, ormai alla volta di concludere il suo
percorso alchemico junghiano. Aveva abbandonato la nigredo uscendo fuori di
qualcosa paragonato a una bara, quindi dai costruttori universali era stato
riparato e “ricreato” a livello molecolare. Diremo di quest'altro passaggio: un
secondo grado di rinascita (albedo). Nella sua citrinitas, come appena detto,
l’impalcature fenomenica del mondo viene oltrepassata. E ciò viene fatto con un
dettaglio narrativo che mi ha colpito. Il time traveller evoca le categorie di
base schopenhaueriane della Welt als Vorstellung, spazio e tempo, affermando di
esserne all’esterno. Si trova cioè a contatto con l’Inconscio collettivo:
Nebogipfel glielo dice chiaramente. Il time traveller ci informa inoltre di
percepire la vita, ossia la libido (voluntas schopenhaueriana) che pervade e
ingloba l’Universo: egli in questa fase non possiede più una dimensione corporea.
È ridotto al suo semplice complesso dell’Io di cui scopre i limiti, la
piccolezza, la relatività. Simile coscienza gli spalanza l’individuazione
junghiana. A questo punto la rubedo e la sizigia sono alla sua portata.
Infatti, tornato umano, abbandonato Nebogipfel, andrà di nuovo in quel futuro
dove, nel primo romanzo wellsiano, aveva perso Weena (“anima junghiana”): la
ritroverà, la salverà e rimarrà con lei.
NOTE
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Distopie occidentali”
https://www.academia.edu/101566960/Distopie_occidentali
https://www.academia.edu/101566960/Distopie_occidentali
1 La terribile distopia di H. G. Wells dentro la mia pubblicazione intitolata Critica
letteraria (2017).
2 Per approfondimenti indico un mio saggio del 2015: L’antipanlogismo di Evgenij Zamjatin.
3 Al fine di approfondire consiglio un’altra mia monografia
dello stesso anno: Il capitalismo impazzito di Aldous Huxley.
4 Si veda al riguardo un mio studio: Antropogonia e
androginia nel Simposio e nella Genesi, nella mia opera Considerazioni letterarie (2014).
5 Per approfondimenti consiglio il mio saggio Parricidio dantesco (2021).
6 Mitopoiesi junghiana
in Clive Staples Lewis (2017).