di DANILO CARUSO
Alessandro Caruso vide la luce nel 1549, proveniva da una famiglia di
possidenti e di professionisti (il padre Antonino era notaio, egli fu il
secondogenito – di quattro – di Margherita La Lomia, i genitori erano gente
perbene e devota: il primogenito Agostino fu pure lui notaio e i suoi quattro
figli diverranno tutti sacerdoti).
Sin da piccolo mostrò un comportamento indirizzato alla santità, e da
giovane fece parte della confraternita del Santissimo Sacramento del suo paese.
A Cammarata acquisì una solida cultura con studi umanistici (filosofia
e giurisprudenza) proseguendo nel solco di una incipiente vocazione a offrire
il suo operato alla gloria di Dio.
Il padre di Alessandro non gradì questa inclinazione poiché sperava che
continuasse la tradizione familiare come professionista, e cercò di dissuaderlo
dal sacerdozio mandandolo a Palermo al fine di perfezionarsi nella conoscenza
del sistema giudiziale.
Dopo una travagliata decisione, la sua richiesta di entrare nei
cappuccini fu accolta dal padre provinciale appena eletto dal capitolo svoltosi
a Polizzi, dove Alessandro lo aveva raggiunto da Palermo.
Ritornato a Cammarata, dopo aver ottenuto l’approvazione dei genitori e
verificata la fondatezza della sua vocazione partì alla volta di Lentini per il
noviziato.
In quel convento, con il nome di Girolamo, entrò nell’ordine: il culto
di san Girolamo era noto nella terra d’origine, e Girolamo si chiamava il
nonno.
Per via di insorti problemi di salute, dovuti al nuovo tenore di vita,
che gli impedivano totalmente una normale attività, con l’approvazione dei suoi
superiori, decise di far ritorno in famiglia per rimettersi e riprendere
successivamente il noviziato.
Guarito, da Cammarata tornò a Lentini, da cui fu mandato a Ragusa per
il noviziato, e, trascorso quel periodo annuale, nel 1570 a Vizzini pronunziò
la professione di piena adesione.
Per le sue qualità gli fu prospettato il sacerdozio, sebbene avesse
preferito, per lo spirito di umiltà che lo animava, dedicarsi a mansioni più
modeste: il 27 marzo 1574 dal vescovo di Mazara ricevette l’ordinazione.
Fu una persona molto modesta (una volta un frate suo ammiratore ne
aveva conservato un dente a mo’ di reliquia, egli informato lo spinse a
buttarlo); molto caritatevole con il prossimo e disponibile all’assistenza non
solo spirituale verso i più disagiati, i reietti e gli ammalati (che per mezzo
della sua preghiera si dice guarissero), sino al punto di farsi rimproverare
per la sua bontà che andava oltre i limiti di ragionevoli precauzioni e di
farsi sospettare ingiustamente di un comportamento non consono a causa del suo
continuo riserbo a non ostentare il proprio slancio servizievole; incline alle
pratiche penitenziali e ligio osservante di quelle religiose, si dispiaceva per
le punizioni e le penitenze da lui o da altri superiori, laddove necessario,
imposte ai confratelli.
Aveva riconosciuto pure il dono della veggenza.
Padre Girolamo sentiva intensamente durante il periodo pasquale i
misteri dolorosi e osservava più digiuni durante l’anno liturgico.
Nel suo ministero fu responsabile dei novizi e superiore, in ordine
cronologico, nei conventi di queste località: Bivona (1578-79), Castronovo di
Sicilia (1579-80), Cammarata (da qui fu trasferito – dopo aver accertato i
fatti – perché da alcuni frati illecitamente sospettato di aver convalidato
irregolarmente l’elezione del fratello Luca, allora suo compagno di convento,
come accompagnatore al capitolo provinciale), Burgio, Ciminna (in questo luogo
Padre Girolamo dichiarò di aver visto durante la celebrazione liturgica a loro
dedicata la beatitudine dei santi martiri; altrove in altra circostanza gli sarebbe
comparsa un’anima del paradiso), Licata, Agrigento, Cammarata, Caltanissetta
(lasciato questo monastero, diretto in altro posto, assieme a un altro
cappuccino, dopo essersi persi sarebbero stati guidati alla meta e rifocillati
da un angelo con le sembianze di un ragazzo passante), Cammarata, Corleone (di qua
si narra un miracolo in cui pregando fece sì che un malefico influsso, che
creava disordine tra i frati, fosse scacciato dal convento: miracoli del genere
si sarebbero ripetetuti in altri casi su altre persone), Naro (1594),
Castronovo di Sicilia, Naro (1596), Bivona, Licata (1599-1600); nel ’600 trascorse
la sua vita perlopiù a Naro (non sempre da superiore): qui – tra i vari – per
opera della sua preghiera è creduto il risanamento di una bambina moribonda:
diversi i miracoli attribuiti alla sua intercessione non solo in vita ma anche
dopo la morte (tra questi si annovera un caso di rianimazione tramite una sua
reliquia di un bambino morto da poche ore).
Già da vivo i fedeli lo ricordavano nelle proprie invocazioni come
intercessore.
Fu guida spirituale della serva di Dio suor Serafina Maria Pulcella
Lucchesi (1590-1673).
Padre Girolamo ebbe due fratelli pure loro ordinati sacerdoti per la
cui rettitudine s’impegnò: Simone, che condusse vita disordinata, e Luca, già
menzionato, che invece si avvicinò al suo esempio scegliendo la via del
sacerdozio dopo la morte di questo fratello nella cui cattiva influenza era
stato attratto.
Fra i pesanti malanni che l’afflissero nell’anzianità, egli pregò Dio
di porre rimedio alla sordità limitatamente ai momenti di ascolto del Vangelo
durante la messa: la sua richiesta pare fosse stata esaudita e l’udito gli rimanesse
completamente.
Sparsasi la notizia della sua scomparsa si riversò una marea di gente
che voleva venire in contatto con la sua salma, esposta nella chiesa del
monastero: la cosa provocò dei problemi, tant’è che il corpo fu spostato per
ben due volte verso parti più interne e interdette al pubblico accesso.
Le autorità locali presenziarono ufficialmente alle esequie: impedirono
che Padre Girolamo fosse tumulato nella sepoltura comune del convento e fecero
in modo che fosse posto assieme a un memorandum in un loculo riservato a lui, a
destra dell’altare maggiore di quella chiesa, su cui fu scritto HIC JACET PATER
HIERONYMUS A CAMERATA, SACERDOS. PIETATE CLARUS.
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L’urna con le reliquie |
I resti di Padre Girolamo furono traslati da Naro (dalla vecchia chiesa
espropriata e dal 1866 adibita a deposito) a San Giovanni Gemini il 21 dicembre
1973 e posti in una cappella, ricavata nel monastero dove lui era stato,
solennemente benedetta il 24 marzo 1974 (all’interno si trovano dei quadri –
uno del ’600, proveniente dal convento, raffigura Padre Girolamo – e dei simulacri).
San Giovanni Gemini e Cammarata sono paesi contigui: il primo sino al
1879 era denominato San Giovanni di Cammarata.