di DANILO CARUSO
Il testo che segue è un estratto
del mio saggio “Oscurantismo e irrazionalismo del Cristianesimo in Tertulliano”
pubblicato nel settembre del 2023 in formato cartaceo e in pdf (ebook),
disponibile per intero online qua (possibile il download):
Nel blog è stato ripresentato in
quattro sezioni tematiche, il link della parte successiva viene indicato in
calce.
Vive la sentenza divina sopra questo sesso [femminile] in
quest’epoca [post Christum natum]: è necessario che viva pure il reato. Tu sei
la porta del Diavolo; tu sei colei che ha dissigillato quell’albero [della
conoscenza del bene e del male]; tu sei colei che ha trascurato per prima la
legge di Dio; sei stata tu a persuadere chi il Diavolo non ebbe capacità di
adescare: tu sei colei che ha distrutto con leggerezza l’imago Dei, l’uomo; a
causa del tuo premio, cioè la morte, anche al Figlio di Dio toccò morire: e a
te passa in testa di abbellire il tuo nudo corpo [pellicea tunica]?
Quinto Settimio Florente Tertulliano, “De cultu feminarum”
Se tu guardi per troppo tempo in un abisso, pure l’abisso ti
guarda dentro.
Friedrich Nietzsche, “Al di là del bene e del male”
Quinto Settimio Florente Tertulliano era originario di
Cartagine, dove nacque intorno a metà del secolo II. Secolo alla cui fine si
convertì al Cristianesimo. Nella sua vita fu un avvocato, e divenuto cristiano
ricevette poi anche l’ordinazione sacerdotale. È noto per essere stato un
integralista religioso e uno dei primissimi autori apologeti del Cristianesimo
dell’area imperiale latino-occidentale. All’inizio del III sec. si avvicinò al
montanismo, passato alla storia quale rigoristica eresia (dichiarata tale nel
202 dal Papa) richiedente la disponibilità al martirio, al digiuno, alla
castità, alla penitenza. E verso il 207 uscì fuori della Chiesa ufficiale in
polemica antiedonistica e negandole inoltre il potere di rimettere i peccati
dei fedeli. Morì in età imprecisata, ma avanzata. L’“Apologeticum” (risalente
alla fine del II sec.) viene considerata la sua opera principale. Tertulliano
lamenta che, a suo dire, i cristiani siano perseguitati dalla giustizia romana
senza un valido motivo e che per giunta siano vittime di pregiudizi e calunnie.
L’opinione pubblica li riteneva adoratori di un Dio avente testa asinina,
responsabili dell’uccisione di bambini nei loro riti duranti i quali ne
consumavano poi le carni e compivano atti sessuali. Ho valutato con molta attenzione
simili dettagli. E a proposito del primo, la testa d’asino, sono
dell’orientamento che almeno alcuni dei primi cristiani potessero veramente
destinarvi la loro attenzione di culto. In altro mio studio ho evidenziato la
radice dionisiaca nella costruzione evangelica della figura di Gesù Cristo1:
l’asino è un simbolo collegato a Dioniso. Dalla molto probabile per me verità
di questa prima parte, ricavo l’ipotesi di verità della seconda parte di
dettagli, anche sulla base di ulteriori osservazioni in aggiunta alla loro
attendibilità di forma (cioè non credo che i pagani mentissero sui fatti
indicati). Non giudico impossibile l’infanticidio rituale e il cannibalismo
derivato perché mi appaiono una liturgia protoeucaristica: nel mito greco
dionisiaco i Titani mangiarono le carni del Dio, nel rito cristiano il
parallelismo è poggiato sulle note parole di Gesù all’ultima cena dove istituì
l’eucaristia. È, secondo me, altamente possibile (dal momento in cui la cosa è
stata segnalata dai pagani) che almeno alcuni cristiani delle origini potessero
aver interpretato la loro nuova religiosità in una direzione cruenta e
cannibalesca in un macabro ossequio a una teologia non ancora precisata in
chiari accettabili riti al pubblico. Questa propensione all’irrazionalità
troverebbe una dionisiaca celebrazione rinnovata nella pratica di atti sessuali
rituali. Sappiamo che un’ala dello gnosticismo era molto permissivista nei
confronti delle pulsioni sessuali: niente di strano che nel calderone del primo
Cristianesimo idee che poi saranno più specificatamente gnostiche trovassero
una loro applicazione presso gli ambienti propriamente definiti “cristiani”. In
ogni caso le scene offerte da invasati kamikaze cristiani disposti al martirio,
idest a farsi condannare a morte in quanto eversori dell’ordine costituito, per
motivi giudicabili poco sensati, non deponeva a favore di un giudizio positivo
sugli estremisti del caso. I cristiani, a cui danno Tertulliano lamenta
condanne e torture, venivano condannati in primis a causa del loro monoteismo,
il quale li portava a rifiutare qualsiasi altra forma di ossequio di natura
religiosa. Il crimen maiestatis comportava la pena capitale. Ma i cristiani non
erano disposti ad accettare la divinizzazione possibile dell’imperatore a scapito
del Dio neotestamentario (sulla falsariga ebraica col “Tanak”). Loro reputavano
diavoli gli Dei del politeismo pagano. Tale demonizzazione della religiosità
altrui rappresentava un atto estremistico che gettava fango sopra le civiltà
egizia, greca e romana. Costituiva nelle intenzioni e nei fatti uno sprone a un
sovvertimento radicale e globale. Io credo che la repressione romana dei
cristiani originari sia stata un fenomeno storico ingigantito e distorto
dall’apologetica del Cristianesimo, a partire proprio da Tertulliano (a cui non
mancavano abilità intellettuali manipolatorie). Dobbiamo considerare qui due
aspetti: perché i Romani respingevano i cristiani, e che cosa sia dunque
obiettivamente successo in seguito alla motivazione repressiva. Come detto poc’anzi
al governo imperiale di Roma non interessava intromettersi nella privatezza
religiosa, bensì tutelare l’ordine costituito. L’incendio della capitale
dell’Impero di era neroniana, a mio modesto avviso, potrebbe anche essere stato
il frutto di un attentato terroristico a opera di messianisti ebrei (da non
confondersi coi cristiani). Nel Vicino Oriente girava l’idea che il dominio
romano non sarebbe scomparso se prima Roma non fosse stata distrutta. Perciò
non mi pare assurdo ipotizzare l’attentato compiuto da estremisti ebraici
rivoluzionari. I rapporti fra Giudei e Romani furono tesi per via
dell’enoteismo ebreo che impediva atti religiosi al di fuori della propria
stretta liceità. Culti pagani obbligatori rivolti a tutti i sudditi dell’Impero
portarono i Cristiani sulle note posizioni di chiusura manifestate dal
Giudaismo. Tertulliano nell’“Adversus Iudaeos” rammenta l’antipatia del
Cristianesimo nei confronti di Roma pagana centro del potere politico: «Babylon
apud Iohannem nostrum Romae urbis figura est […] sanctorum debellatricis». I
Romani pagani tenevano in simili circostanze in considerazione l’atto di
insubordinazione pubblica, non si interessavano dei contenuti teologici altrui.
Giuridicamente il reato cristiano pesava quanto quello possibile dei Giudei.
Quindi ritengo di poter concludere che il trattamento riservato ai
mono(eno)teisti integralisti fosse analogo. Però il Cristianesimo si è
lamentato solo dei propri disagi in quell’operazione di propagandistica
imposizione religiosa di un Dio unico. I cristiani non hanno segnalato la
parallela difficoltà, dal canto loro, degli Ebrei. I quali anzi da subito, con
spregevole intenzione antisemita e con spirito illiberale, mirarono ad
annientare come soggetti religiosi. Tale malaugurato proposito si evolverà in
persecuzioni e ghettizzazioni a scapito del popolo giudaico sino
all’irrazionalistico antisemitismo nazista protagonista di altri consequenziali
deprecabili e gravissimi crimini contro l’umanità. L’assenza di una giusta
visione cristiana dell’intero, quindi di una visione obiettiva e non
propagandistica e non tendenziosa, già da Tertulliano, mi porta a reputare
ingigantita e distorta l’occasionale operazione romana contro i cristiani. Tale
vocazione apologetica vittimistica toccherà il vertice molto dopo con “Quo
vadis” di Henrik Sienkiewicz. Non nego che le forze dell’ordine imperiali
condannassero a morte dei cristiani in quanto equiparati a sovversivi,
giudicati potenzialmente pericolosi, messianisti ebrei indipendentisti. Gli
intellettuali apologeti cristiani furono lasciati molto liberi nel II-III sec.
di produrre e diffondere le loro opere. Ora, se veramente ci fosse stata una
intenzione di Roma di reprimere la nuova religione il sistema pagano avrebbe
preso sistematicamente di mira e di continuo scrittori e predicatori, mentre
questi rimasero in realtà quasi sempre liberi. Se ci furono morti e martiri fra
cristiani e messianisti giudei, in quanto sovversivi (cioè irrispettosi della
comune legalità costituita). A un secolo da Tertulliano il Cristianesimo
ottenne con Costantino l’immunità penale per i suoi adepti. Il tragico
vittimismo di Sienkiewicz e Tertulliano, improntato, ad arte, come uno scontro
tra le forze del bene e quelle del Male, avrebbe storicamente preluso a una
guerra civile tra pagani e cristiani, la quale non c’è stata. A testimonianza
del fatto che Roma lasciava ampia libertà religiosa sino al punto di farsi
condizionare, in peggio, in direzione religiosa totalitaria e antisemita, dal
Cristianesimo. Se questo fosse stato quel mostro reprimendo dipinto negli occhi
del governo pagano romano da Tertulliano, non se lo sarebbero messo di certo
dentro casa con l’editto di tolleranza, per poi addirittura con Teodosio in
meno di un secolo proclamarlo padrone di casa. A me la storiografia apologetica
del primo Cristianesimo non quadra. Nessun leone s’è mangiato Tertulliano,
estremista apologeta cristiano. La nuova religione si poteva estirpare colpendo
le radici, non i frutti. I Romani lo sapevano benissimo, tuttavia non lo
fecero. Tertulliano mente nell’accusarli di odio religioso. Il mito nero di
Nerone è stato giustamente corretto dalla storiografia contemporanea. Mi pare
il caso di riesaminare altresì il mito bianco delle persecuzioni cristiane
precostantiniane. Rivediamo dunque il quadro storico inerente al confronto fra
Romani da un lato, ed Ebraismo e Cristianesimo dall’altro, dall’origine di
questo secondo all’Editto di Costantino, rammentando che i primi non riuscirono
a cogliere subito ab ovo la distinzione fra vecchi Giudei e nuovi cristiani.
Roma fra il 66 e il 135 combatté ben tre Guerre giudaiche al fine di mantenere
il controllo politico della Palestina ebraica. Nel 66-70 (due anni dopo il
grande incendio dell’Urbe) i Romani sedarono la prima insurrezione giudaica, la
quale ebbe come conseguenze la distruzione del Secondo Tempio ebraico risalente
al VI sec a.C. (a cui non ne seguì un terzo) e una rinnovata forzata
dispersione di quasi centomila Ebrei palestinesi schiavizzati. Durante il
principato (69-96) del filotradizionalista Domiziano i giudeocristiani furono
ritenuti un problema serio, e costui con lo scopo di liberarne la capitale
dell’Impero li sottopose a una tassa ad hoc. Nel 93 Domiziano, temendo la
diffusione di un’atmosfera culturale troppo permeata da ascendenze ellenistiche,
aveva bandito i filosofi da Roma. Nel 115-117 i Romani furono in guerra contro
i Parti, e gli Ebrei sostennero i secondi nel corso della Seconda Guerra
giudaica. Il posteriore regolamento dei conti coi Giudei, mostratisi di nuovo
gravemente ostili a Roma, segnò la fine di Gerusalemme ebraica, la quale lasciò
il suo spazio a un centro urbano coloniale romano denominato Aelia Capitolina
(la città già privata del suo tempio al Dio giudeo vide l’erezione di uno
dedicato a Giove). L’insurrezione (132-135) che scaturì nella veste di risposta
a questo proposito punitivo, la Terza Guerra giudaica, fallì, e la Iudaea,
pienamente romana dal 6, finì nella nuova provincia imperiale denominata Syria
Palaestina. Queste le tappe storiche salienti ab Christi religionis origine ad
Tertullianum: in questo primo secolo e mezzo di vita del Cristianesimo è andata
molto male per gli indipendentisti ebrei, e i cristiani appaiono molto
marginali a dispetto delle loro devianze. L’“Apologeticum” tertullianeo fu
persino offerto a Settimio Severo, princeps, come parecchi altri, tollerante
verso la nuova religio. Tuttavia, nonostante una tendenziale indulgenza,
Settimio Severo nel 202 sentì l’esigenza di proibire formalmente, senza
contorni persecutori, nuove adesioni e propaganda ebraica e cristiana. Anche
post Tertullianum ad Constantinum le cose non andarono poi così male per i
cristiani, rimasti liberi per vasti tratti nel successivo periodo di un secolo,
dove le persecuzioni furono molto circoscritte nel tempo. Sotto il filosenatorio
e reazionario imperatore Decio (249-251) i cristiani furono oggetto di una
repressione volta all’acquisizione dei cospicui beni dei loro ceti arricchiti
(altro che povertà evangelica, è già iniziata una weberiana accumulazione!). Fu
introdotto un libellum di adeguatezza sociale grazie a cui si potevano evitare
possibili sequestri di beni, carcerazioni e torture. A ciascun titolare di
famiglia bastava dimostrare di essere pagano per poter continuare a vivere
tranquillamente: in fin dei conti solo chi aveva una fede-nevrosi irremovibile
andava incontro al peggio. La brevissima azione repressiva di Decio, animata da
bassi spregevoli interessi di ricchezza, produsse vittime eccellenti e martiri
fra i cristiani. In un Impero sempre più avviato alla decadenza spirituale, nel
257-258 due provvedimenti dell’imperatore Licinio Valeriano obbligavano i
cristiani, pena la morte nel caso di sacerdoti, a osservare il culto pagano
prestabilito, e interdicevano alle loro aggregazioni la possibilità di
proprietà (le quali furono pertanto sequestrate). Anche qui morivano solo
quelli che pur avendo a disposizione l’opzione di salvezza (una prospettiva
pacificamente accettabile quella di tornare al Paganesimo) sceglievano
deliberatamente di farsi ammazzare per una favola nevrotizzante. Alla vigilia
dello sdoganamento cristiano costantiniano giunse l’unica, estrema, vera
persecuzione a scapito del Cristianesimo (accompagnato dal Manicheismo in
questa molto tragica temporalmente circoscritta esperienza). Diocleziano nel 297
e nel 303 dichiarò fuorilegge i manichei e i cristiani: furono colpiti beni e
persone, la libertà e le opere letterarie, in deprecabile stile nazista. Costui
abdicò nel 305 e si lasciò dietro le sue spalle quell’orrendo periodo. L’editto
di tolleranza del 313 chiuse il primo tempo a definitivo vantaggio dei
cristiani. La resistenza pagana contro il Cristianesimo risultò piegata
nonostante l’inaccettabile uso dioclezianeo della violenza estrema, in tutti i
sensi. Il venturo teodosiano editto sulla religione, nel secondo tempo, che
sovvertì l’ordine civile avito pluralista dell’Impero, proclamando la religione
cristiana unica di Stato, rappresentò il coronamento di un sogno e di un
disegno politici integralisti cristiani. È difficile negare, a mio modesto avviso,
che l’Editto di Teodosio del 380 costituisca da un canto un colpo di mano
estraneo all’antica mentalità grecoromana, e che dall’altro esso rappresenti il
profondo realizzato desiderio dell’“Apologeticum” di Tertulliano. Il
Cristianesimo tertullianeo mira de facto a sovvertire l’ordine pubblico
costituito della società romana e delle libertà religiose. Ambisce a imporre a
tutti il culto di un Dio unico (in parole povere il sogno di Akenaton): la
nuova religione non possiede uno spirito aperto alla libera e varia
coabitazione religiosa. Tertulliano è un fautore della renitenza alla leva
romana. È un sincero pensatore idealista, a modo suo, non violento, oppure il
suo recondito piano è quello di indebolire le forze dell’ordine? Chi era
renitente era passibile di pena di morte. Inoltre l’autore dell’“Apologeticum”
propugnava l’astensione dai pubblici uffici che erano inseriti in un quadro di
forme pagane: culti obbligatori e possibilità della somministrazione della pena
capitale non gli piacevano affatto. Un impiegato statale dunque non poteva
diventare cristiano rimanendo tale. Il Cristianesimo prese i suoi proseliti
allora in larga parte tra le categorie sociali più precarie, pescò
abbondantemente nel proletariato ignorante. Ecco spiegata la ragione del suo
successo popolare. Chi non aveva niente da perdere scelse questa distopica
religione che prometteva un risanamento. La base popolare incolta del
Cristianesimo fu la forza di un impazzimento religioso che segnerà l’Europa
sino al Barocco. Tertulliano rifiuta una possibile conciliazione con la
filosofia greca antica. Purtroppo per lui il Cristianesimo è sorto proprio da
radici ebraico-alessandrine e stoiche2, di cui egli non coglie
razionalmente né la cornice né il contenuto. E dunque si abbandona in una preoccupante
chiusura irrazionalistica, la quale fu d’esempio alla postulazione di qualsiasi
illogico e ascientifico dogma cristiano. Il pensiero nevrotico di questo
scrittore romano-latino rappresenta un’espressione della crisi spirituale
occidentale post-ellenistica, nella quale ebbe il suo triste successo
l’impazzimento religioso diffuso che chiuse all’Occidente le porte della
razionalità, seppellì le antichità egizia, greca e romana, e aprì il baratro
medievale. Ai nostri tempi si studia ancora il diritto romano per diventare
magistrati, non teologia dogmatica. Tertulliano elogia l’ignoranza, disprezza
gli studi filosofici, idealizza l’essere umano guidato dal cuore. C’è qui
dell’irrazionalismo pascaliano3. Accogliere i dogmi e i principi del
Cristianesimo sulla base di un “credo quia absurdum” non soltanto costituisce
l’elevatissimo tasso di irrazionalità del pensato tertullianeo, ma tocca anche
l’orwelliano. Tertulliano, al pari di O’Brien, è uno che ci spiega che 2+2 può
fare 3,4, o 5 a seconda delle circostanze. L’anima di cui tratta lui, la quale
dovrebbe cogliere le verità di fede per semplice intuizione diretta (ragioni
del cuore disomogenee rispetto a quelle avanzate dai filosofi) sarebbe
naturaliter christiana, vale a dire, ante litteram, naturaliter orwelliana4.
Il pacifismo tertullianeo, ritenuto evangelico, mentre Gesù stesso aveva
proclamato in sue clamorose parole di essere venuto a portare non pace (ειρήνη)
ma spada e divisione (μάχαιρα, διχάζω), appare surreale giacché svuota lo Stato
dei suoi servitori e funzionari. Il Cristianesimo originario aveva fatto della
nonviolenza una bandiera ideologica contraddittoria. È stato un calcolo forzato
davanti a un avversario militarmente superiore? A guardare la storia
post-costantiniana la domanda non sembra così insensata. Dal vittimismo
esagerato e dalle intorbidite, nel mio punto di vista, “persecuzioni religiose
anticristiane” si è passati subito, senza tanti tentennamenti, alle
persecuzioni di tutti i nemici del Cristianesimo. Ma questa così decantata
nonviolenza era perciò uno specchietto per le allodole romane pagane5?
Perché con i cristiani dentro le stanze del potere politico, di loro
nonviolenza se n’è vista pochina per parecchi secoli. La schiavitù e le
discriminazioni di donne e omosessuali, a quanto si è visto, non
rappresentavano per i cristiani pre- e post-costantiniani forme di violenza. E
così durò a lungo. Strano questo concetto tertullianeo di nonviolenza, che
nuoceva all’ordine costituito pagano… Tertulliano elogiò la vocazione al martirio,
una sorta di impazzimento avanzato del suicidio stoico. Questo patologico
invogliare a uscire patologicamente fuori di testa costituisce qualcosa che ho
rilevato nella cultura cristiana pure nell’erasmiano “Elogio della follia”5.
Per quanto concerne la teologia, Tertulliano fu un sostenitore dei dogmi della
Trinità divina e della doppia natura, umana e divina, del Cristo, nonché della
resurrezione dei corpi umani. Rappresentò un avversario del pensiero gnostico.
Come si vede è stato un teologo molto importante nell’imbeccare verso posizioni
poi divenute salde. Il fatto di essere stato un fuoruscito montanista gli fece
sfuggire la qualifica di Padre della Chiesa per via di alcune sue credenze
lontane dall’ortodossia cattolica. Comunque, ciò non gli ha alienato simpatie
per il suo spirito apologetico e apprezzamenti per il suo “Apologeticum”,
un’opera la quale a me sembra invece una favolona propagandistica condita di
distorsioni storiche e di esagerata aria fritta teologica, un prodotto non a
caso di un tecnico della retorica e del diritto mirante nella sostanza a
sdoganare posizioni estremistiche. In tutta sincerità non trovo inappropriato
accostare l’“Apologeticum” tertullianeo alla forma del “Mein kampf” di Adolf
Hitler: potremmo invertire i titoli e non cambierebbero i sensi dei rispettivi
testi. Il prosieguo della mia analisi vuol mettere ulteriormente in luce altri
aspetti oscuri e oscurantisti della proposta cristiana tertullianea, di cui il
suo testo apologetico costituisce premessa propagandistica. Cioè voglio far
notare che cosa il suo esaltato Cristianesimo auspicava di portare e attuare. E
lo farò attraverso opere di Tertulliano scritte come l’“Apologeticum” nel suo
periodo cattolico premontanista, per prevenire osservazioni che tirassero in
ballo influenze ereticali. Al periodo montanista appartiene il “De corona”, con
il suo orwelliano pacifismo. Gli altri scritti che appresso esaminerò sono
“cattolici” e non “montanisti”.
Continua qui
NOTE
1 Gesù stoico e
dionisiaco nel mio saggio Partita a
scacchi (2022).
2 Per approfondimento indico dei miei lavori: Dall’inno stoico a Zeus di Cleante alla
fondazione del Cristianesimo dentro la mia pubblicazione Prospettive rinnovate (2023); quello
segnalato della nota precedente; La
“lettre a un religieux” all’interno della mia monografia Ermeneutica religiosa weiliana (2013).
[seconda parte di questo testo su
internet]
3 A volte la Storia offre strani ricorsi vichiani. Uno di questi
riguarda Tertulliano con la sua inclinazione verso il montanismo riproposto in
veste adattata a tempi diversi nel Pascal condizionato dal giansenismo. A chi
volesse approfondire il paragone suggerisco di leggere questo mio studio: Pascal
e le ragioni del cuore nella mia opera Letture critiche (2019).
4 A questo concetto ho dedicato attenzione nella mia
monografia Il Medioevo futuro di George
Orwell (2015).
5 Da non trascurare il caso evangelico di Pietro armato e del
giovinetto γυμνóς (nudo, o disarmato?)
al Getsemani con Gesù, questione che
ho affrontato nella mia pubblicazione Radici
occidentali (2021) nel segmento intitolato Un inquietante brano
neotestamentario: evangelismo armato e ambiguo nudismo.
6 A quest’opera ho destinato una mia analisi: Il machiavellico disegno della “follia”
erasmiana contenuto nel saggio di nota 3.