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sabato 1 luglio 2023

RIFLESSIONI SOPRA IL “DE RERUM NATURA” LUCREZIANO

di DANILO CARUSO
 
Circa mezzo secolo prima della nascita del Messia cristiano, Tito Lucrezio Caro scrisse il trattato filosofico in versi intitolato “De rerum natura”. La sua attenta lettura non ci offre soltanto il panorama delle idee epicuree, ma ci dà anche la misura del corso degli eventi umani. In passato ho parlato della scissione della filosofia in epoca ellenistica in due tronconi i quali hanno spezzato l’unità ideale delle facoltà razionali junghiane. Da un lato il filone maschilista logico dello Stoicismo, che ha spianato la via all’avvento del Cristianesimo. Dall’altro il filone del sentimentale Epicureismo, non misogino, non spiritualista, fondato su un’idea di edonismo equilibrato (sono stati i detrattori a inventare esagerazioni in materia a scopo di discredito). Tale grande scontro ideologico all’interno dell’Impero romano dall’inizio dell’era volgare sino all’Editto di Costantino a pro dei cristiani ha segnato la storia dell’Occidente. La vittoria stoica del Cristianesimo1 ha catapultato il cammino occidentale nell’oscurantismo religioso medievale. Nella mia analisi evidenzierò come le idee della modernità scientifica post-illuministica siano già presenti nella filosofia di Epicuro, e come diversi aspetti del di costui pensiero siano stati recuperati in una dimensione più libera al confronto. In parole povere quanto voglio dire è che il Cristianesimo ha messo un pesante freno al progresso occidentale per quindici secoli, durante i quali si è contraddistinto attraverso persecuzioni e scissioni interne. I cristiani sono stati per lunghissimo tempo, nel periodo del loro predominio politico plurisecolare, violenti sadici persecutori di streghe, omosessuali, Giudei, scienziati non acquiescenti all’ignoranza strumentale e dissidenti vari. L’avanzamento scientifico nel corso di tale tristissimo periodo (dal Medioevo al Barocco) è stato zavorrato sulla base di nevrotici pregiudizi: contestare Ippocrate, Celso, Tolomeo, Aristotele, poteva costare carissimo (torture e pene capitali). Da Ipazia di Alessandria a Giordano Bruno e Galileo Galilei abbiamo di fronte uno scenario animato da totalitarismo illiberale (nel modo ben sottolineato da Simone Weil). Il Cristianesimo di oggigiorno si è bene o male nella società occidentale forzosamente adeguato. Dopo Joseph de Maistre ha intrapreso, per contrasto, un iter di cambiamento di facciata la cui gestazione travagliata nell’Ottocento e nel Novecento lo ha portato da concreta distopia persecutoria (responsabile di crimini contro l’umanità) a essere una utopia del divertissement e del consumismo. E le attuali masse di scadenti conoscitori della Storia, indottrinate sin dalla più piccola età, poi credono orwellianamente che sia sempre stato così, che il Cristianesimo sia l’apologia dell’amore universale, mentre in realtà non lo è stato in pratica spesso. Capisco le difficoltà di comprensione di chi si è formato, al pari di me del resto in origine, con il “nuovo” Cristianesimo, ma la verità è che se vogliamo essere liberi da spettri nella nostra mente (figli di ignoranza e/o nevrosi) bisogna studiare e approfondire obiettivamente e con lucidità. Questa è stata l’essenza del pensiero di Epicuro riassunto da Lucrezio, e di altri studiosi i quali hanno contribuito alla crescita umana. Una cosa mi ha significativamente colpito, tra l’altro, leggendo e analizzando il “De rerum natura”. Nel Vangelo Gesù afferma di non essere venuto a portare la «pace» bensì la «spada [corta; pugnale; coltello per carne]» e la “divisione-in-due”. Al cospetto di simile per me non entusiasmante proclama, che i vecchi Cristiani hanno metabolizzato perfettamente mettendolo in atto in maniera evidente, si pongono le parole lucreziane dove l’autore romano riferisce che Epicuro espresse le sue idee «non armis». Ciò ci restituisce il segno di un confronto: la vittoria “stoica” del Cristianesimo e dell’asse di pensiero semitico (Stoicismo- Ebraismo) è stato un tragico evento nella Civiltà occidentale giacché improntato al radicalismo religioso integralistico. Appunto, quanto testé detto non ha nulla a che vedere con un giudizio antisemita: ho sempre condannato fermamente l’antisemitismo in tutte le sue forme, il mio rappresenta un giudizio dei concetti teologici alla luce dei miei metri scientifici di matrice filosofica e psicanalitica; non dimentichiamo che è stato proprio il Cristianesimo a inventare il deprecabile “antigiudaismo” grazie ai Padri della Chiesa. Il Dio biblico, senza con ciò voler entrare in argomentazioni metafisiche, rappresenta un personaggio mitologico di ascendenza atonista2. L’originaria divinità solare atonista è stata motivo nella sua elaborazione cristiana causa di tante patologiche devianze: sadica misoginia, sadica omofobia, antiliberalismo radicale, deleterio conservatorismo scientifico, attivismo nevrotico weberiano, violento e sadico antisemitismo. La scomparsa delle civiltà precolombiane è stata provocata dai Cristiani Europei. Se oggi l’intero continente si presenta cattolico o protestante, la cosa non deriva da amorevoli approcci. Laddove la cristianizzazione si è storicamente affermata l’uso della violenza non è rimasto tanto estraneo. Poi se qualcuno vuol buttare nel dimenticatoio la vera storia passata perché è trascorsa, e pochi la conoscono, non reputo renda un grande servigio alla società. A volte si cerca di minimizzare l’incidenza del numero delle vittime causate dal Cristianesimo qua e là, ma costoro che fanno ciò omettono che i livelli demografici dei secoli scorsi erano molto più bassi di adesso, e che migliaia (o anche centinaia) di perseguitati e di vittime in termini di percentuale (sulla popolazione) diventano rilevanti. Lo sterminio dei catari, ad esempio, un crimine contro l’umanità, si rivela in termini di percentuale analogo (su base europea) alla Shoah. Non sto sostenendo che all’inizio dell’era volgare l’Epicureismo avrebbe dovuto necessariamente abbattere il dominio ideologico stoico nello Stato romano, ma che il Cristianesimo non sarebbe dovuto diventare religione ufficiale statale grazie all’Editto di Teodosio. Occorreva mantenere la libertà, nel cui spazio tutti possono, e devono, vivere pacificamente. Il teismo cristiano non aveva il diritto di diventare modello unico di vita, di bandire lo spirito ateo epicureo e il vecchio paganesimo politeista. Quando Lucrezio ci dice che questo sgangherato mondo in cui viviamo non è un prodotto divino non sta bestemmiando: solo gente molto ignorante, può ricondurre catastrofi naturali e malattie a punizioni divine (e poi dove sarebbe questo così caritatevole Dio?). Il “De rerum natura”, nonostante i limiti scientifici del tempo di redazione, ripropone lo sforzo epicureo di interpretare i fenomeni al di fuori di ottiche religiose e mitologiche. Ciò costituisce un grandissimo merito: è la scienza seria impegnata che ci consente di progredire, non il calcare aristotelico imperante dal Medioevo al Barocco. La religione cristiana ha avversato l’Epicureismo sotto tutti i profili. Dante Alighieri pone gli epicurei all’interno della “Divina Commedia”3 nel sesto cerchio degli eretici, al rogo in una sorta di quemador, in quanto negatori dell’immortalità dell’anima (io credo nella metempsicosi, e da eterosessuale esclusivo reputo l’omosessualità una prova della preesistenza dell’anima4). Gli eretici nella realtà erano condannati al rogo, a testimonianza del DNA integralistico e violento con cui il Cristianesimo è sorto. Nelle credenze di tale religione noi eravamo gli unici abitanti dell’Universo sulla Terra al centro di tutto, nel contesto di una creazione divina5. Lucrezio invece riporta un’idea a me cara, riproposta da Giordano Bruno6, per cui diversamente esistono altri sistemi planetari abitati da esseri intelligenti. In aggiunta a questa particolare tangenza col mio pensiero ne ho rintracciata un’altra in alcuni brani dove si parla della brama di accumulazione di ricchezze. In suddetti brani a mio avviso Lucrezio sta esprimendo un ragionamento analogo al mio allorché spiego che il capitalista accumula beni nel desiderio di allungare il suo tempo di vita. Costui ha davanti il limite della morte il quale cerca di rendere meno vicino acquisendo possibilità esistenziali sottratte ad altri vittime di tempo non libero. Nel paragone il benestante, a parità di tempo convenzionale, vivrebbe più a lungo astrattamente rispetto a un servo poiché gli spazi temporali non sarebbero egualmente liberi7. Pure in fatto di sessualità Lucrezio sembra evidenziare quello che io chiamo il grado freudiano della libido, possibile anticipatore di quello junghiano. Nella mia visione psicanalitica io pongo tali due gradini nella crescita psichica individuale: uno più in basso e uno più maturo (non raggiungibile però automaticamente)8. L’autore latino, sulla scia di Epicuro, ha ridotto il congresso carnale a un fatto freudiano, pulsionale animale. Agli epicurei, nella veste di materialisti, è sfuggito il peso della portata spiritualistica platonica9, tuttavia non essendo stati sessuofobici come i Padri della Chiesa, si sono fermati su, per allora, accettabili posizioni freudiane. Non hanno proposto un edonismo alla Brave New World, fantasiosa accusa inventata dai loro illiberali avversari. Non esiste misoginia o omofobia nel pensiero di Epicuro, il Giardino era aperto a tutti e insegnava la moderazione (la cura dei bisogni naturali e necessari). La nevrotica accumulazione capitalistica deriverà da patologiche acrobazie mentali dell’evoluzione del fatalismo stoico-cristiano. Trovo sorprendente il rispetto nei riguardi delle donne mostrato nel “De rerum natura”: qui si afferma che il congresso carnale dev’essere qualcosa di gradevole per ciascun partner convenuto. Se poi Lucrezio critica gli uomini perché si attaccano all’aspetto estetico femminile, non sta demonizzando le donne, sta indicando il difetto maschile del grado libidico freudiano. Non ha sostenuto che il gentil sesso è composto da porte dell’inferno, ha tacitamente e indirettamente suggerito, per via della carenza di supporti concettuali spiritualistici di matrice platonica e junghiana, di cercare nella compagnia femminile qualcos’altro in aggiunta al congresso carnale. Riprova ne è che il Giardino era aperto alle donne come agli schiavi. Il Cristianesimo in merito a schiavismo e misoginia è stato a lungo l’opposto di quella carità comunemente oggi predicata. Perciò mi rammarico per la vittoria cristiana in era romana, altresì per le funestissime conseguenze dell’antisemitismo e dell’omofobia radicali, con altro difetti ricordati crimini contro l’umanità perpetrati nei secoli dalla società occidentale cristianizzata. L’Epicureismo rappresentava una fiaccola della razionalità equilibrata la quale è stata messa in ombra dall’oscurantismo cristiano. Nel periodo umanistico10 un recupero delle genuine posizioni epicuree in direzione antirigoristica stoico-cristiana e alla volta di un moderato edonismo sdoganato dalla fine del Medioevo fu perseguito da Lorenzo Valla. Egli fu ovviamente obbligato a esprimersi in salsa cristiana allo scopo di evitare una brutta fine. Nonostante le capriole, per via dei suoi scritti non molto graditi, incappò comunque nell’Inquisizione, da cui lo salvò la simpatia nei suoi confronti di Alfonso V d’Aragona (re non per niente passato alla storia quale “il magnanimo”). Il Valla poi sfuggì pure a un tentativo di attentato: la “carità cristiana” contro chi la pensava in passato in maniera differente pare essere stata molto diversa da quella oggi descritta. Lorenzo Valla riuscì con efficacia a confutare “la donazione di Costantino”, un illecito, un falso documento, prodotto dal Cristianesimo per puri obiettivi di potere politico. La fisica moderna ha proseguito il pensiero atomistico di Democrito ed Epicuro. Mi chiedo che mondo avremmo oggi senza i quindici secoli di funesta zavorra cristiana (la quale stava per ammazzare Galileo Galilei): forse avremmo il teletrasporto di Star Trek e televisioni tridimensionali odoranti. Però il Cristianesimo ci aveva spiegato che al di là di Ippocrate, Celso, Tolomeo e Aristotele non c’era più niente da scoprire e che perseguire e coltivare vie alternative non era consentito da Dio. Mi è apparso singolare leggendo il “De rerum natura” notare che la nascita epicurea, espressa in chiave atomistica, del nostro sistema planetario è eguale al modello cosmogonico religioso orientale (sumero, egizio, ebraico) ma laicizzato, e appunto ripresentato in una foggia scientifica moderna: nonostante tutto la Terra è restata piatta e coperta da una calotta celeste, però l’ordinamento ha seguito una spontaneità normativa naturale e non è stato opera di un Dio (platonico, giudaico, cristiano, che intender si voglia)11.Se il “Simposio” di Platone e la “Genesi” biblica ci parlano dell’androgino primordiale, altresì Lucrezio ne fa rapidissima menzione in generale, senza chiarire il suo ruolo nell’antropogonia12. Il celebre autore latino, essendo freudiano ante litteram, è hobbesiano e nominalista: dal bellum omnium contra omnes si passa a una società più allargata, più organizzata, più stabile (principio di realtà). Lucrezio ci chiarisce che l’idea della divinità è sorta nella mente umana in seguito a ignoranza, suggestionabilità, paura. L’incapacità di comprendere le dinamiche naturali più appariscenti ha spinto i più, sprovvisti di strumenti intellettuali e conoscitivi adeguati, a postulare l’esistenza degli Dei, ponendoli al di sopra dell’umanità e dotandoli di smisurati poteri. Una commistione di timore e deferenza ha condotto gli uomini a creare le religioni, le quali possono essere foriere di nefandezze. Lo scrittore romano rammenta la tragica fine di Ifigenia, io rammento la triste vicenda della figlia di Iefte. Lucrezio ammonisce il suo lettore sul potere venefico delle religioni, le quali possono essere foriere di grandissime sventure. E nessun ammonimento fu più azzeccato alla vigilia del Cristianesimo. Esso è sorto quale forma radicale di paganesimo integralista e monoteistico (per così dire). L’interminabile corteo dei santi appresso a Dio non ha niente da invidiare al politeismo pagano. Il Protestantesimo non ha i santi e, specialmente negli Stati Uniti, li ha rimpiazzati con gli eroi dei fumetti. Se poi pensiamo pure a quanti dei santi reali, nel senso che sono state persone reali e non figure immaginarie, ebbero serissimi problemi (le anoressiche, i masochisti, i nevrotici, etc.) ci capacitiamo ancor meglio di come il Cristianesimo rappresenti il peggio paventato nelle parole lucreziane. Il paganesimo grecoromano ossequiava statue di divinità in modo perlopiù incruento, il neopaganesimo irrazionalistico cristiano introdusse e legittimò l’odio e la violenza. Lucrezio ha perfettamente chiaro il nocciolo della questione, e infatti ci dice che noi dobbiamo agire «pacata […] mente», con ragionevolezza, non in preda a furori scriteriati. Egli è profondamente e sinceramente pacifista, non ci riporta che l’Epicureismo verrà con la spada a fianco13, una cosa che farà il venturo Cristianesimo, semmai ci avverte che una simile attitudine costituisce «discordia tristis».La parte conclusiva del “De rerum natura” descrive la peste ad Atene all’epoca della Guerra del Peloponneso. Nella mia filosofia della storia ho adottato questo conflitto greco nella veste di una figura hegeliana e ne ho fatto l’immagine di un altro grande scontro intestino occidentale: quello capitalistico intercorso fra 1914 e 1945, comunemente suddiviso dalla storiografia in tre distinte fasi (le quali per me rappresentano, sulla falsariga peloponnesiaca, un trentennio organico e articolato). Ritengo la Guerra del Peloponneso figura valida per la nuova guerra mondiale, e simile ricordo lucreziano finale della peste ateniese, dopo la pandemia di coronavirus, mi inquieta. La descrizione dello scrittore latino possiede forti connotazioni apocalittiche, mostra uno scenario post-atomico o epidemico. È come se Lucrezio, dopo averci avvertito sui pericoli del posteriore e sconosciuto a lui Cristianesimo, volesse di nuovo avvertirci di un pericolo in cui può incorrere l’intera civiltà mondiale. Il Messaggio epicureo è che l’umanità potrà salvarsi «pacata […] mente» rinunziando alle brame di affermazione, potere, arricchimento.
 
 
NOTE
 
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Analisi letterarie e filosofiche”
 
1 Dei rapporti concettuali fra Stoicismo e Cristianesimo ho trattato in un mio lavoro dal titolo Gesù stoico e dionisiaco pubblicato dentro il mio saggio Partita a scacchi (2022).
 
2 Nella mia pubblicazione Ermeneutica religiosa weiliana (2013) si trova una mia analisi in merito: Il Dio del Tanak non è solo.
 
3 A questo noto autore ho dedicato una mia monografia: Parricidio dantesco (2021).
 
4 Ne ho trattato in una mia analisi intitolata Diotima non deve morire / Eros e la libido junghiana nel “Simposio” contenuta nella mia opera “Note di critica” (2017).
 
5 Ho analizzato il mito cosmogonico biblico in due miei scritti: Radici egizie nella cosmogonia ebraica e Radici sumere di ebraismo e capitalismo rispettivamente pubblicati in due miei saggi, Ermeneutica religiosa weiliana (2013) e Note di critica (2017).
 
6 Di ciò in particolare mi sono soffermato in una mia analisi dal titolo Lotta tra gli dei presente nella mia pubblicazione Studi critici (2019).
 
7 Ho sviluppato simile tema nella mia monografia Critica dell’irrazionalismo occidentale (2016) nella sezione Il gioco capitalista degli Elohiym falsi e bugiardi.
 
8 Chi volesse approfondire l’argomento può farlo grazie alla lettura del mio scritto intitolato L’irrazionalismo nevrotico di Kierkegaard pubblicato nella mia opera Filosofie sadiche (2021).
 
9 A tal proposito rinvio il lettore alla mia analisi indicata nella nota 3.
 
10 Giudico qua utile consigliare di leggere un mio lavoro: La genesi dell’umanesimo italiano dentro la mia monografia Radici occidentali (2021).
 
11 Si veda nota 4.
 
12 A chi desidera un approfondimento sul tema consiglio di leggere una mia analisi, Antropogonia e androginia nel Simposio e nella Genesi, contenuta nella mia pubblicazione Considerazioni letterarie (2014).
 
13 A questo proposito mi sembra interessante suggerire la lettura di un mio scritto: Un inquietante brano neotestamentario: evangelismo armato e ambiguo nudismo nella mia opera Radici occidentali (2021)