di DANILO CARUSO
Circa mezzo secolo prima della nascita del Messia cristiano,
Tito Lucrezio Caro scrisse il trattato filosofico in versi intitolato “De rerum
natura”. La sua attenta lettura non ci offre soltanto il panorama delle idee
epicuree, ma ci dà anche la misura del corso degli eventi umani. In passato ho
parlato della scissione della filosofia in epoca ellenistica in due tronconi i
quali hanno spezzato l’unità ideale delle facoltà razionali junghiane. Da un
lato il filone maschilista logico dello Stoicismo, che ha spianato la via
all’avvento del Cristianesimo. Dall’altro il filone del sentimentale Epicureismo,
non misogino, non spiritualista, fondato su un’idea di edonismo equilibrato
(sono stati i detrattori a inventare esagerazioni in materia a scopo di
discredito). Tale grande scontro ideologico all’interno dell’Impero romano
dall’inizio dell’era volgare sino all’Editto di Costantino a pro dei cristiani
ha segnato la storia dell’Occidente. La vittoria stoica del Cristianesimo1
ha catapultato il cammino occidentale nell’oscurantismo religioso medievale.
Nella mia analisi evidenzierò come le idee della modernità scientifica
post-illuministica siano già presenti nella filosofia di Epicuro, e come
diversi aspetti del di costui pensiero siano stati recuperati in una dimensione
più libera al confronto. In parole povere quanto voglio dire è che il
Cristianesimo ha messo un pesante freno al progresso occidentale per quindici
secoli, durante i quali si è contraddistinto attraverso persecuzioni e
scissioni interne. I cristiani sono stati per lunghissimo tempo, nel periodo
del loro predominio politico plurisecolare, violenti sadici persecutori di
streghe, omosessuali, Giudei, scienziati non acquiescenti all’ignoranza
strumentale e dissidenti vari. L’avanzamento scientifico nel corso di tale
tristissimo periodo (dal Medioevo al Barocco) è stato zavorrato sulla base di
nevrotici pregiudizi: contestare Ippocrate, Celso, Tolomeo, Aristotele, poteva
costare carissimo (torture e pene capitali). Da Ipazia di Alessandria a
Giordano Bruno e Galileo Galilei abbiamo di fronte uno scenario animato da
totalitarismo illiberale (nel modo ben sottolineato da Simone Weil). Il
Cristianesimo di oggigiorno si è bene o male nella società occidentale
forzosamente adeguato. Dopo Joseph de Maistre ha intrapreso, per contrasto, un
iter di cambiamento di facciata la cui gestazione travagliata nell’Ottocento e
nel Novecento lo ha portato da concreta distopia persecutoria (responsabile di
crimini contro l’umanità) a essere una utopia del divertissement e del
consumismo. E le attuali masse di scadenti conoscitori della Storia,
indottrinate sin dalla più piccola età, poi credono orwellianamente che sia
sempre stato così, che il Cristianesimo sia l’apologia dell’amore universale,
mentre in realtà non lo è stato in pratica spesso. Capisco le difficoltà di
comprensione di chi si è formato, al pari di me del resto in origine, con il
“nuovo” Cristianesimo, ma la verità è che se vogliamo essere liberi da spettri
nella nostra mente (figli di ignoranza e/o nevrosi) bisogna studiare e
approfondire obiettivamente e con lucidità. Questa è stata l’essenza del
pensiero di Epicuro riassunto da Lucrezio, e di altri studiosi i quali hanno
contribuito alla crescita umana. Una cosa mi ha significativamente colpito, tra
l’altro, leggendo e analizzando il “De rerum natura”. Nel Vangelo Gesù afferma
di non essere venuto a portare la «pace» bensì la «spada [corta; pugnale;
coltello per carne]» e la “divisione-in-due”. Al cospetto di simile per me non
entusiasmante proclama, che i vecchi Cristiani hanno metabolizzato
perfettamente mettendolo in atto in maniera evidente, si pongono le parole
lucreziane dove l’autore romano riferisce che Epicuro espresse le sue idee «non
armis». Ciò ci restituisce il segno di un confronto: la vittoria “stoica” del
Cristianesimo e dell’asse di pensiero semitico (Stoicismo- Ebraismo) è stato un
tragico evento nella Civiltà occidentale giacché improntato al radicalismo
religioso integralistico. Appunto, quanto testé detto non ha nulla a che vedere
con un giudizio antisemita: ho sempre condannato fermamente l’antisemitismo in
tutte le sue forme, il mio rappresenta un giudizio dei concetti teologici alla
luce dei miei metri scientifici di matrice filosofica e psicanalitica; non
dimentichiamo che è stato proprio il Cristianesimo a inventare il deprecabile
“antigiudaismo” grazie ai Padri della Chiesa. Il Dio biblico, senza con ciò
voler entrare in argomentazioni metafisiche, rappresenta un personaggio
mitologico di ascendenza atonista2. L’originaria divinità solare
atonista è stata motivo nella sua elaborazione cristiana causa di tante
patologiche devianze: sadica misoginia, sadica omofobia, antiliberalismo
radicale, deleterio conservatorismo scientifico, attivismo nevrotico weberiano,
violento e sadico antisemitismo. La scomparsa delle civiltà precolombiane è
stata provocata dai Cristiani Europei. Se oggi l’intero continente si presenta
cattolico o protestante, la cosa non deriva da amorevoli approcci. Laddove la
cristianizzazione si è storicamente affermata l’uso della violenza non è
rimasto tanto estraneo. Poi se qualcuno vuol buttare nel dimenticatoio la vera
storia passata perché è trascorsa, e pochi la conoscono, non reputo renda un
grande servigio alla società. A volte si cerca di minimizzare l’incidenza del
numero delle vittime causate dal Cristianesimo qua e là, ma costoro che fanno
ciò omettono che i livelli demografici dei secoli scorsi erano molto più bassi
di adesso, e che migliaia (o anche centinaia) di perseguitati e di vittime in
termini di percentuale (sulla popolazione) diventano rilevanti. Lo sterminio
dei catari, ad esempio, un crimine contro l’umanità, si rivela in termini di
percentuale analogo (su base europea) alla Shoah. Non sto sostenendo che all’inizio
dell’era volgare l’Epicureismo avrebbe dovuto necessariamente abbattere il
dominio ideologico stoico nello Stato romano, ma che il Cristianesimo non
sarebbe dovuto diventare religione ufficiale statale grazie all’Editto di
Teodosio. Occorreva mantenere la libertà, nel cui spazio tutti possono, e
devono, vivere pacificamente. Il teismo cristiano non aveva il diritto di
diventare modello unico di vita, di bandire lo spirito ateo epicureo e il
vecchio paganesimo politeista. Quando Lucrezio ci dice che questo sgangherato
mondo in cui viviamo non è un prodotto divino non sta bestemmiando: solo gente
molto ignorante, può ricondurre catastrofi naturali e malattie a punizioni
divine (e poi dove sarebbe questo così caritatevole Dio?). Il “De rerum
natura”, nonostante i limiti scientifici del tempo di redazione, ripropone lo
sforzo epicureo di interpretare i fenomeni al di fuori di ottiche religiose e
mitologiche. Ciò costituisce un grandissimo merito: è la scienza seria
impegnata che ci consente di progredire, non il calcare aristotelico imperante
dal Medioevo al Barocco. La religione cristiana ha avversato l’Epicureismo
sotto tutti i profili. Dante Alighieri pone gli epicurei all’interno della
“Divina Commedia”3 nel sesto cerchio degli eretici, al rogo in una
sorta di quemador, in quanto negatori dell’immortalità dell’anima (io credo
nella metempsicosi, e da eterosessuale esclusivo reputo l’omosessualità una
prova della preesistenza dell’anima4). Gli eretici nella realtà
erano condannati al rogo, a testimonianza del DNA integralistico e violento con
cui il Cristianesimo è sorto. Nelle credenze di tale religione noi eravamo gli
unici abitanti dell’Universo sulla Terra al centro di tutto, nel contesto di
una creazione divina5. Lucrezio invece riporta un’idea a me cara,
riproposta da Giordano Bruno6, per cui diversamente esistono altri
sistemi planetari abitati da esseri intelligenti. In aggiunta a questa
particolare tangenza col mio pensiero ne ho rintracciata un’altra in alcuni
brani dove si parla della brama di accumulazione di ricchezze. In suddetti
brani a mio avviso Lucrezio sta esprimendo un ragionamento analogo al mio
allorché spiego che il capitalista accumula beni nel desiderio di allungare il
suo tempo di vita. Costui ha davanti il limite della morte il quale cerca di
rendere meno vicino acquisendo possibilità esistenziali sottratte ad altri vittime
di tempo non libero. Nel paragone il benestante, a parità di tempo
convenzionale, vivrebbe più a lungo astrattamente rispetto a un servo poiché
gli spazi temporali non sarebbero egualmente liberi7. Pure in fatto
di sessualità Lucrezio sembra evidenziare quello che io chiamo il grado
freudiano della libido, possibile anticipatore di quello junghiano. Nella mia
visione psicanalitica io pongo tali due gradini nella crescita psichica
individuale: uno più in basso e uno più maturo (non raggiungibile però
automaticamente)8. L’autore latino, sulla scia di Epicuro, ha
ridotto il congresso carnale a un fatto freudiano, pulsionale animale. Agli
epicurei, nella veste di materialisti, è sfuggito il peso della portata
spiritualistica platonica9, tuttavia non essendo stati sessuofobici
come i Padri della Chiesa, si sono fermati su, per allora, accettabili
posizioni freudiane. Non hanno proposto un edonismo alla Brave New World,
fantasiosa accusa inventata dai loro illiberali avversari. Non esiste misoginia
o omofobia nel pensiero di Epicuro, il Giardino era aperto a tutti e insegnava
la moderazione (la cura dei bisogni naturali e necessari). La nevrotica
accumulazione capitalistica deriverà da patologiche acrobazie mentali
dell’evoluzione del fatalismo stoico-cristiano. Trovo sorprendente il rispetto
nei riguardi delle donne mostrato nel “De rerum natura”: qui si afferma che il
congresso carnale dev’essere qualcosa di gradevole per ciascun partner
convenuto. Se poi Lucrezio critica gli uomini perché si attaccano all’aspetto
estetico femminile, non sta demonizzando le donne, sta indicando il difetto
maschile del grado libidico freudiano. Non ha sostenuto che il gentil sesso è
composto da porte dell’inferno, ha tacitamente e indirettamente suggerito, per
via della carenza di supporti concettuali spiritualistici di matrice platonica
e junghiana, di cercare nella compagnia femminile qualcos’altro in aggiunta al
congresso carnale. Riprova ne è che il Giardino era aperto alle donne come agli
schiavi. Il Cristianesimo in merito a schiavismo e misoginia è stato a lungo
l’opposto di quella carità comunemente oggi predicata. Perciò mi rammarico per
la vittoria cristiana in era romana, altresì per le funestissime conseguenze
dell’antisemitismo e dell’omofobia radicali, con altro difetti ricordati
crimini contro l’umanità perpetrati nei secoli dalla società occidentale
cristianizzata. L’Epicureismo rappresentava una fiaccola della razionalità
equilibrata la quale è stata messa in ombra dall’oscurantismo cristiano. Nel
periodo umanistico10 un recupero delle genuine posizioni epicuree in
direzione antirigoristica stoico-cristiana e alla volta di un moderato edonismo
sdoganato dalla fine del Medioevo fu perseguito da Lorenzo Valla. Egli fu
ovviamente obbligato a esprimersi in salsa cristiana allo scopo di evitare una
brutta fine. Nonostante le capriole, per via dei suoi scritti non molto
graditi, incappò comunque nell’Inquisizione, da cui lo salvò la simpatia nei
suoi confronti di Alfonso V d’Aragona (re non per niente passato alla storia quale
“il magnanimo”). Il Valla poi sfuggì pure a un tentativo di attentato: la
“carità cristiana” contro chi la pensava in passato in maniera differente pare
essere stata molto diversa da quella oggi descritta. Lorenzo Valla riuscì con
efficacia a confutare “la donazione di Costantino”, un illecito, un falso
documento, prodotto dal Cristianesimo per puri obiettivi di potere politico. La
fisica moderna ha proseguito il pensiero atomistico di Democrito ed Epicuro. Mi
chiedo che mondo avremmo oggi senza i quindici secoli di funesta zavorra
cristiana (la quale stava per ammazzare Galileo Galilei): forse avremmo il
teletrasporto di Star Trek e televisioni tridimensionali odoranti. Però il
Cristianesimo ci aveva spiegato che al di là di Ippocrate, Celso, Tolomeo e
Aristotele non c’era più niente da scoprire e che perseguire e coltivare vie
alternative non era consentito da Dio. Mi è apparso singolare leggendo il “De
rerum natura” notare che la nascita epicurea, espressa in chiave atomistica,
del nostro sistema planetario è eguale al modello cosmogonico religioso
orientale (sumero, egizio, ebraico) ma laicizzato, e appunto ripresentato in
una foggia scientifica moderna: nonostante tutto la Terra è restata piatta e
coperta da una calotta celeste, però l’ordinamento ha seguito una spontaneità
normativa naturale e non è stato opera di un Dio (platonico, giudaico,
cristiano, che intender si voglia)11.Se il “Simposio” di Platone e
la “Genesi” biblica ci parlano dell’androgino primordiale, altresì Lucrezio ne
fa rapidissima menzione in generale, senza chiarire il suo ruolo
nell’antropogonia12. Il celebre autore latino, essendo freudiano
ante litteram, è hobbesiano e nominalista: dal bellum omnium contra omnes si
passa a una società più allargata, più organizzata, più stabile (principio di
realtà). Lucrezio ci chiarisce che l’idea della divinità è sorta nella mente
umana in seguito a ignoranza, suggestionabilità, paura. L’incapacità di
comprendere le dinamiche naturali più appariscenti ha spinto i più, sprovvisti
di strumenti intellettuali e conoscitivi adeguati, a postulare l’esistenza
degli Dei, ponendoli al di sopra dell’umanità e dotandoli di smisurati poteri.
Una commistione di timore e deferenza ha condotto gli uomini a creare le
religioni, le quali possono essere foriere di nefandezze. Lo scrittore romano
rammenta la tragica fine di Ifigenia, io rammento la triste vicenda della
figlia di Iefte. Lucrezio ammonisce il suo lettore sul potere venefico delle
religioni, le quali possono essere foriere di grandissime sventure. E nessun
ammonimento fu più azzeccato alla vigilia del Cristianesimo. Esso è sorto quale
forma radicale di paganesimo integralista e monoteistico (per così dire).
L’interminabile corteo dei santi appresso a Dio non ha niente da invidiare al
politeismo pagano. Il Protestantesimo non ha i santi e, specialmente negli
Stati Uniti, li ha rimpiazzati con gli eroi dei fumetti. Se poi pensiamo pure a
quanti dei santi reali, nel senso che sono state persone reali e non figure
immaginarie, ebbero serissimi problemi (le anoressiche, i masochisti, i
nevrotici, etc.) ci capacitiamo ancor meglio di come il Cristianesimo
rappresenti il peggio paventato nelle parole lucreziane. Il paganesimo
grecoromano ossequiava statue di divinità in modo perlopiù incruento, il
neopaganesimo irrazionalistico cristiano introdusse e legittimò l’odio e la
violenza. Lucrezio ha perfettamente chiaro il nocciolo della questione, e
infatti ci dice che noi dobbiamo agire «pacata […] mente», con ragionevolezza,
non in preda a furori scriteriati. Egli è profondamente e sinceramente
pacifista, non ci riporta che l’Epicureismo verrà con la spada a fianco13,
una cosa che farà il venturo Cristianesimo, semmai ci avverte che una simile
attitudine costituisce «discordia tristis».La parte conclusiva del “De rerum
natura” descrive la peste ad Atene all’epoca della Guerra del Peloponneso.
Nella mia filosofia della storia ho adottato questo conflitto greco nella veste
di una figura hegeliana e ne ho fatto l’immagine di un altro grande scontro
intestino occidentale: quello capitalistico intercorso fra 1914 e 1945,
comunemente suddiviso dalla storiografia in tre distinte fasi (le quali per me
rappresentano, sulla falsariga peloponnesiaca, un trentennio organico e
articolato). Ritengo la Guerra del Peloponneso figura valida per la nuova
guerra mondiale, e simile ricordo lucreziano finale della peste ateniese, dopo
la pandemia di coronavirus, mi inquieta. La descrizione dello scrittore latino
possiede forti connotazioni apocalittiche, mostra uno scenario post-atomico o
epidemico. È come se Lucrezio, dopo averci avvertito sui pericoli del
posteriore e sconosciuto a lui Cristianesimo, volesse di nuovo avvertirci di un
pericolo in cui può incorrere l’intera civiltà mondiale. Il Messaggio epicureo
è che l’umanità potrà salvarsi «pacata […] mente» rinunziando alle brame di
affermazione, potere, arricchimento.
NOTE
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Analisi
letterarie e filosofiche”
1 Dei rapporti concettuali fra Stoicismo e Cristianesimo ho
trattato in un mio lavoro dal titolo Gesù stoico e dionisiaco pubblicato dentro il mio saggio Partita a scacchi (2022).
2 Nella mia pubblicazione Ermeneutica
religiosa weiliana (2013) si trova una mia analisi in merito: Il Dio del Tanak non è solo.
3 A questo noto autore ho dedicato una mia monografia: Parricidio dantesco (2021).
4 Ne ho trattato in una mia analisi intitolata Diotima non deve morire / Eros e la libido
junghiana nel “Simposio” contenuta nella mia opera “Note di critica” (2017).
5 Ho analizzato il mito cosmogonico biblico in due miei
scritti: Radici egizie nella cosmogonia
ebraica e Radici sumere di ebraismo e
capitalismo rispettivamente pubblicati in due miei saggi, Ermeneutica religiosa weiliana (2013) e Note di critica (2017).
6 Di ciò in particolare mi sono soffermato in una mia analisi
dal titolo Lotta tra gli dei presente
nella mia pubblicazione Studi critici
(2019).
7 Ho sviluppato simile tema nella mia monografia Critica dell’irrazionalismo occidentale
(2016) nella sezione Il gioco capitalista
degli Elohiym falsi e bugiardi.
8 Chi volesse approfondire l’argomento può farlo grazie alla
lettura del mio scritto intitolato L’irrazionalismo
nevrotico di Kierkegaard pubblicato nella mia opera Filosofie sadiche (2021).
9 A tal proposito rinvio il lettore alla mia analisi indicata
nella nota 3.
10 Giudico qua utile consigliare di
leggere un mio lavoro: La genesi
dell’umanesimo italiano dentro la mia monografia Radici occidentali (2021).
11 Si veda nota 4.
12 A chi desidera un approfondimento
sul tema consiglio di leggere una mia analisi, Antropogonia e androginia nel Simposio e nella Genesi, contenuta
nella mia pubblicazione Considerazioni
letterarie (2014).
13 A questo proposito mi sembra
interessante suggerire la lettura di un mio scritto: Un inquietante brano neotestamentario: evangelismo armato e ambiguo
nudismo nella mia opera Radici
occidentali (2021)