di DANILO CARUSO
Quando nel 2019 è scoppiata l’epidemia di coronavirus (poi
assorta subito dopo a pandemia) cercai di inquadrare questa fase storica, così
significativa, in termini di figurazioni-figure e di dialettica hegeliane.
Cosicché quanto mi prefiggevo di conseguire era una terna tesi-antitesi-sintesi
dove la pandemia occupasse un posto. La diffusione della covid a livello
mondiale aveva indubbiamente un connotato “negativo” in senso molto più
generale, il suo “opporsi” al mondo a essa precedente ha “limitato”
praticamente tutto: quindi non risulterà difficile il perché abbia concepito la
pandemia in termini di negativo razionale hegeliano rispetto al momento tetico
della globalizzazione. Sembra che la pandemia fosse il segnale che la
globalizzazione “illimitata” fosse entrata in una crisi la quale richiedeva un
intervento ad hoc. Tale ragionare alla maniera di Hegel postulava un movimento
sintetico il quale approdasse a un positivo razionale di più ampio margine della
globalizzazione. Ma se già abbiamo esaurito la scala planetaria, cosa ci
resterà per andare più in là? Dirigerci oltre il cielo stellato, nel letterale
iperuranio, a incontrare un’altra civiltà planetaria aliena. Ho pensato la
problematica in siffatto modo, e alla fine della pandemia mi è capitato di
leggere un romanzo di fantascienza di Robert James Sawyer intitolato “Factoring
humanity” e risalente al 1998. Quest’opera mi ha particolarmente colpito per il
fatto non solo di intrecciare miei motivi di interesse intellettuale (fra cui
uno inerente proprio all’argomento di apertura di questa riflessione), ma anche
perché la protagonista, Heather Davis, è una psicanalista junghiana. È notorio
che la mia critica letteraria si appoggi alla mia adesione alla psicologia
analitica di Jung. In tale romanzo tuttavia essendo già palesi i contenuti
junghiani non avevo niente da far emergere dal profondo simbolico: era tutto
scritto alla superficie. Si parlava chiaramente di Inconscio collettivo e di
altro. Il testo perciò mi è piaciuto molto altresì nel suo intersecare segmenti
vari di miei interessi. Io sono junghiano, credo ragionevolmente nell’esistenza
di altre civiltà in altri sistemi solari, e in particolar modo reputo la razza
umana sulla terra un portato emigratorio interplanetario1.
“Factoring humanity” non si è espresso sulla linea della mia specifica ultima
idea testé esposta, però è rimbalzato su molteplici pareti a me congeniali. Per
farla breve sul racconto dico che attraverso dei messaggi decodificati da
Heather gli alieni hanno trasmesso ai Terrestri le indicazioni di costruzione
di una macchina per entrare nell’Inconscio assoluto. Ciò avviene nel 2017, e
poi nel 2019 gli extraterrestri giungono a ridosso del nostro pianeta
incontrando l’umanità. A tal proposito ho notato che l’anno era quello del
covid, e la vicenda quella del “positivo razionale” della mia terna hegeliana
(ideata da me nel 2020). Riguardo al viaggiare dentro all’Inconscio impersonale
ho parlato in precedenza allorché ho analizzato fantascientifici spostamenti
temporali riconducendoli a non figurati viaggi nell’Inconscio collettivo2.
Per me navigare nel tempo equivale letteralmente a un attraversamento
dell’Inconscio assoluto (in particolar modo nei confronti del passato). E
questo è quanto opera Heather: mediante una macchina di tecnologia non
terrestre si immerge a ispezionare le microaree di memoria personali. Pertanto
ha sincronicamente davanti tutti gli accadimenti di vita individuale a
beneficio del suo sguardo. Simile suo inoltrarsi nella sincronicità metafisica
junghiana grazie a una macchina aliena mi ha immediatamente fatto pensare al
time traveller wellsiano3: nell’ottica dei miei ragionamenti e della
mia impostazione, Heather appare analoga e parallela al time traveller di H. G.
Wells, ma si mostra “psycho-traveller”. Circa le macchine psicanalitiche, come
quella adoperata da Heather nella sua storia la quale possiede un finale non
tragico, sono stato indotto a pensare, nella qualità di critico letterario,
alla macchina di Wilhelm Reich volta a catturare l’energia orgonica positiva
proveniente da tale sorta di libido freudiana universalizzata e ontologizzata
in guisa un po’ junghiana (l’orgone reichiano si trova metà strada fra Freud e
Jung). Quest’altro studioso della psiche in aggiunta ad aver progettato e
costruito simile cosa mirante a catturare energia orgonica positiva, affermò
pure che esistono degli alieni i quali condizionano l’umanità in peggio
proiettando sugli esseri umani una energia orgonica negativa. Non escludo che
le idee e le vicende di Wilhelm Reich possano aver influenzato la creazione
letteraria di “Factoring humanity” da parte di Sawyer: da una prospettiva
reichiana pessimistica passiamo a un’ottica più idealistica dove gli alieni
sono junghiani e ben disposti verso gli uomini. Un tema nel romanzo di Sawyer il
quale ritengo ancora utile sottolineare è l’idea che l’Inconscio impersonale
sia a livello universale regionalizzato: la regione occupata dagli uomini ad
esempio non ha di conseguenza interagito con quella degli alieni sino al
momento in cui non sono venuti in contatto stretto e diretto soggetti dei due
gruppi. Dunque si trarrebbe la conclusione che senza una significativa tangenza
l’area umana dell’Inconscio collettivo non elaborerebbe i contenuti di un’altra
regione appartenente a un mondo nello spazio distante. Una prospettiva di
tragico incontro con gli extraterrestri proviene da “The war of the worlds”,
celeberrimo romanzo di H. G. Wells uscito nel 1897. Qui gli alieni vengono da
Marte sulla terra con obiettivi tutt’altro che pacifici. La loro ambizione è
conquistare il pianeta, a loro pro, attraverso l’uso della forza militare. I
loro mezzi di conquista muniti di potenti armi appaiono nella narrazione
wellsiana immediatamente inquietanti anche al di fuori della finzione
letteraria. La sadica distruzione portata da questi strumenti militari, alti e
giganti, a tre piedi mobili, con il proprio incendiario raggio devastante,
risulta molto impressionate giacché realistica. Anticipa il terrore atomico,
lascia sgomenti. Simili macchine di morte rappresentano un simbolo del potere
della tecnica, del dominio tecnico incombente sull’umanità. Il riferimento è
ovviamente rivolto allo sviluppo capitalistico e alle sue possibilità non
preventivamente ponderate a dovere. Lo scenario di annichilimento generato
dall’agire dei Marziani costituisce un segnale d’allarme a proposito degli
effetti eventuali della tecnica e del progresso se lasciati liberi senza un
controllo veramente e profondamente razionale. Al di là degli strumenti di
devastazione degli extraterrestri, creanti un’atmosfera molto cupa,
apocalittica, angosciante, l’aspetto e la mentalità di costoro suscitano
ulteriori sensazioni kafkiane. Non possiedono sembianze antropomorfe, a forma
di palla con grandi occhi, sono esseri di esclusiva razionalità pragmatica e
utilitaristica. Non vivono una dimensione sentimentale, emozionale, guidati dai
loro enormi cervelli contenuti in quei corpi sferici privi di un comune
apparato digerente. I Marziani infatti si nutrono direttamente di sangue
trasfuso nel proprio organismo mediante un canale apposito, sangue prelevato
dalle vittime. Simile dettaglio rammenta il vampirismo (figurato) dei
capitalisti nella critica marxiana. A questa prima interpretazione simbolica ne
devo aggiungere una seconda che la prosegue sulla scia del mio pensiero esposto
nelle mie opere. L’arroccamento nella razionalità da parte dei Marziani mi ha
ricordato la mia idea sull’origine nevrotica del Cristianesimo e dei suoi
pericolosi difetti4. Quando ho parlato da junghiano di un indebito
ripiego ed esclusivo sopra la facoltà della ragione stricto sensu lungo l’asse
delle capacità razionali (in senso lato: l’altra è il sentimento), ho detto che
è stato prodotto un assetto nevrotico ripudiante il femminile sentimentale a
pericoloso vantaggio del maschile-razionale nell’ambito di simile segmento
psichico. Gli alieni wellsiani oltre a essere, come visto, soggetti portatori
di una razionalità (?) malata, sadica, poiché nevrotica, non si riproducono più
attraverso un comune congresso carnale fra persone di sessi opposti: ciascun
marziano può generarne uno nuovo sulla base di una differente autonoma
biologia. Tali dettagli meglio approfonditi mi hanno ricondotto a un sostrato
di più radicale nevrosi, e quindi a Max Weber e alla sua analisi dove
Cristianesimo (protestante) ed economia si legano. La critica di H. G. Wells al
capitalismo e alla di esso sfruttata tecnica, in “The war of the worlds”, non è
estranea al disvelamento di strati nevrotici inerenti alla religione. La morte
e la violenza causate dai Marziani non simboleggiano solo una dimensione
recente di sviluppo della tecnica, ma altresì l’incubo angoscioso, kafkiano
dell’aggressione cristiana alla civiltà umana per mezzo di persecuzioni,
torture, uccisioni di streghe, omosessuali, Ebrei, non cristiani, atei e
intellettuali non allineati. Il rogo, il fuoco, divengono il raggio mortale
degli alieni distruttori, angeli di morte calati dal cielo, paragonabili
altresì agli inquisitori accompagnati dalle loro sadiche macchine di tortura.
Questo raggio il quale si irradia dai meccanici mostri dotati di una trinità di
gambe mi rievoca l’emissione dello Spirito Santo sugli uomini, rappresentato in
foggia ignea, qua, kafkianamente e apocalitticamente, volto da “consolatore” a
“giustiziere”. Ritornando al livello di lettura prossimo, dobbiamo rilevare che
gli alieni fanno uso di armi chimiche a detrimento degli abitanti della Terra:
in tal caso non possiamo non vedere terribili prefigurazioni e preoccupazioni
inerenti ai due futuri conflitti mondiali novecenteschi, i quali io giudico una
singola peloponnesiaca contesa interna capitalistica globale. Gli esseri umani
avranno comunque la meglio sui Marziani in virtù di un’imprevista e
sottovalutata arma epidemiologica nei riguardi di cui erano abbondantemente
immunizzati: la presenza di microrganismi sulla Terra ormai innocui al cospetto
degli uomini, però non nei confronti degli alieni, i quali nutrendosi del
sangue terrestre hanno mangiato e bevuto la loro rovina contagiandosi. Gli
eventi avversi della loro nutrizione li hanno alla fine sterminati tutti.
Rappresenta questo finale l’occasione per il famosissimo scrittore inglese di
formulare l’auspicio che di fronte a un nemico pericoloso (tra le righe: il
capitalismo selvaggio) gli esseri umani (la classe degli sfruttati, dei
diseredati, degli emarginati) possano prendere una coscienza di gruppo
(marxiana coscienza di classe), e unirsi omogeneamente a tutela comune contro
paventati rischi alla sicurezza e al benessere. Questa è la lezione wellsiana
di “The war of the worlds”, dove gli extraterrestri rappresentano simboli di
realtà storiche precise rintracciabili dietro il velo della finzione narrativa
fantascientifica.
NOTE
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Analisi
letterarie e filosofiche”
1 A proposito di questo mio filone di argomentazioni indico
una mia recente analisi con i suoi ulteriori rinvii a ritroso nelle note: Scoperte stellari, nel mio saggio Partita a scacchi (2022).
2 Si veda nelle mie precedenti pubblicazioni: Storia e pensiero e Distopie occidentali del 2023.
3 Una mia analisi di “The time machine” è presente nella mia
monografia Critica letteraria (2017):
La
terribile distopia di H. G. Wells.
4 Ho destinato parecchi lavori d’analisi a simili argomenti,
ne indico uno a titolo di exemplum utile all’approfondimento del mio
scientifico punto di vista, un saggio: L’apologia
dell’irragionevole di Robert Hugh Benson (2017).