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sabato 1 luglio 2023

INCONTRI LETTERARI CON GLI ALIENI

di DANILO CARUSO
 
Quando nel 2019 è scoppiata l’epidemia di coronavirus (poi assorta subito dopo a pandemia) cercai di inquadrare questa fase storica, così significativa, in termini di figurazioni-figure e di dialettica hegeliane. Cosicché quanto mi prefiggevo di conseguire era una terna tesi-antitesi-sintesi dove la pandemia occupasse un posto. La diffusione della covid a livello mondiale aveva indubbiamente un connotato “negativo” in senso molto più generale, il suo “opporsi” al mondo a essa precedente ha “limitato” praticamente tutto: quindi non risulterà difficile il perché abbia concepito la pandemia in termini di negativo razionale hegeliano rispetto al momento tetico della globalizzazione. Sembra che la pandemia fosse il segnale che la globalizzazione “illimitata” fosse entrata in una crisi la quale richiedeva un intervento ad hoc. Tale ragionare alla maniera di Hegel postulava un movimento sintetico il quale approdasse a un positivo razionale di più ampio margine della globalizzazione. Ma se già abbiamo esaurito la scala planetaria, cosa ci resterà per andare più in là? Dirigerci oltre il cielo stellato, nel letterale iperuranio, a incontrare un’altra civiltà planetaria aliena. Ho pensato la problematica in siffatto modo, e alla fine della pandemia mi è capitato di leggere un romanzo di fantascienza di Robert James Sawyer intitolato “Factoring humanity” e risalente al 1998. Quest’opera mi ha particolarmente colpito per il fatto non solo di intrecciare miei motivi di interesse intellettuale (fra cui uno inerente proprio all’argomento di apertura di questa riflessione), ma anche perché la protagonista, Heather Davis, è una psicanalista junghiana. È notorio che la mia critica letteraria si appoggi alla mia adesione alla psicologia analitica di Jung. In tale romanzo tuttavia essendo già palesi i contenuti junghiani non avevo niente da far emergere dal profondo simbolico: era tutto scritto alla superficie. Si parlava chiaramente di Inconscio collettivo e di altro. Il testo perciò mi è piaciuto molto altresì nel suo intersecare segmenti vari di miei interessi. Io sono junghiano, credo ragionevolmente nell’esistenza di altre civiltà in altri sistemi solari, e in particolar modo reputo la razza umana sulla terra un portato emigratorio interplanetario1. “Factoring humanity” non si è espresso sulla linea della mia specifica ultima idea testé esposta, però è rimbalzato su molteplici pareti a me congeniali. Per farla breve sul racconto dico che attraverso dei messaggi decodificati da Heather gli alieni hanno trasmesso ai Terrestri le indicazioni di costruzione di una macchina per entrare nell’Inconscio assoluto. Ciò avviene nel 2017, e poi nel 2019 gli extraterrestri giungono a ridosso del nostro pianeta incontrando l’umanità. A tal proposito ho notato che l’anno era quello del covid, e la vicenda quella del “positivo razionale” della mia terna hegeliana (ideata da me nel 2020). Riguardo al viaggiare dentro all’Inconscio impersonale ho parlato in precedenza allorché ho analizzato fantascientifici spostamenti temporali riconducendoli a non figurati viaggi nell’Inconscio collettivo2. Per me navigare nel tempo equivale letteralmente a un attraversamento dell’Inconscio assoluto (in particolar modo nei confronti del passato). E questo è quanto opera Heather: mediante una macchina di tecnologia non terrestre si immerge a ispezionare le microaree di memoria personali. Pertanto ha sincronicamente davanti tutti gli accadimenti di vita individuale a beneficio del suo sguardo. Simile suo inoltrarsi nella sincronicità metafisica junghiana grazie a una macchina aliena mi ha immediatamente fatto pensare al time traveller wellsiano3: nell’ottica dei miei ragionamenti e della mia impostazione, Heather appare analoga e parallela al time traveller di H. G. Wells, ma si mostra “psycho-traveller”. Circa le macchine psicanalitiche, come quella adoperata da Heather nella sua storia la quale possiede un finale non tragico, sono stato indotto a pensare, nella qualità di critico letterario, alla macchina di Wilhelm Reich volta a catturare l’energia orgonica positiva proveniente da tale sorta di libido freudiana universalizzata e ontologizzata in guisa un po’ junghiana (l’orgone reichiano si trova metà strada fra Freud e Jung). Quest’altro studioso della psiche in aggiunta ad aver progettato e costruito simile cosa mirante a catturare energia orgonica positiva, affermò pure che esistono degli alieni i quali condizionano l’umanità in peggio proiettando sugli esseri umani una energia orgonica negativa. Non escludo che le idee e le vicende di Wilhelm Reich possano aver influenzato la creazione letteraria di “Factoring humanity” da parte di Sawyer: da una prospettiva reichiana pessimistica passiamo a un’ottica più idealistica dove gli alieni sono junghiani e ben disposti verso gli uomini. Un tema nel romanzo di Sawyer il quale ritengo ancora utile sottolineare è l’idea che l’Inconscio impersonale sia a livello universale regionalizzato: la regione occupata dagli uomini ad esempio non ha di conseguenza interagito con quella degli alieni sino al momento in cui non sono venuti in contatto stretto e diretto soggetti dei due gruppi. Dunque si trarrebbe la conclusione che senza una significativa tangenza l’area umana dell’Inconscio collettivo non elaborerebbe i contenuti di un’altra regione appartenente a un mondo nello spazio distante. Una prospettiva di tragico incontro con gli extraterrestri proviene da “The war of the worlds”, celeberrimo romanzo di H. G. Wells uscito nel 1897. Qui gli alieni vengono da Marte sulla terra con obiettivi tutt’altro che pacifici. La loro ambizione è conquistare il pianeta, a loro pro, attraverso l’uso della forza militare. I loro mezzi di conquista muniti di potenti armi appaiono nella narrazione wellsiana immediatamente inquietanti anche al di fuori della finzione letteraria. La sadica distruzione portata da questi strumenti militari, alti e giganti, a tre piedi mobili, con il proprio incendiario raggio devastante, risulta molto impressionate giacché realistica. Anticipa il terrore atomico, lascia sgomenti. Simili macchine di morte rappresentano un simbolo del potere della tecnica, del dominio tecnico incombente sull’umanità. Il riferimento è ovviamente rivolto allo sviluppo capitalistico e alle sue possibilità non preventivamente ponderate a dovere. Lo scenario di annichilimento generato dall’agire dei Marziani costituisce un segnale d’allarme a proposito degli effetti eventuali della tecnica e del progresso se lasciati liberi senza un controllo veramente e profondamente razionale. Al di là degli strumenti di devastazione degli extraterrestri, creanti un’atmosfera molto cupa, apocalittica, angosciante, l’aspetto e la mentalità di costoro suscitano ulteriori sensazioni kafkiane. Non possiedono sembianze antropomorfe, a forma di palla con grandi occhi, sono esseri di esclusiva razionalità pragmatica e utilitaristica. Non vivono una dimensione sentimentale, emozionale, guidati dai loro enormi cervelli contenuti in quei corpi sferici privi di un comune apparato digerente. I Marziani infatti si nutrono direttamente di sangue trasfuso nel proprio organismo mediante un canale apposito, sangue prelevato dalle vittime. Simile dettaglio rammenta il vampirismo (figurato) dei capitalisti nella critica marxiana. A questa prima interpretazione simbolica ne devo aggiungere una seconda che la prosegue sulla scia del mio pensiero esposto nelle mie opere. L’arroccamento nella razionalità da parte dei Marziani mi ha ricordato la mia idea sull’origine nevrotica del Cristianesimo e dei suoi pericolosi difetti4. Quando ho parlato da junghiano di un indebito ripiego ed esclusivo sopra la facoltà della ragione stricto sensu lungo l’asse delle capacità razionali (in senso lato: l’altra è il sentimento), ho detto che è stato prodotto un assetto nevrotico ripudiante il femminile sentimentale a pericoloso vantaggio del maschile-razionale nell’ambito di simile segmento psichico. Gli alieni wellsiani oltre a essere, come visto, soggetti portatori di una razionalità (?) malata, sadica, poiché nevrotica, non si riproducono più attraverso un comune congresso carnale fra persone di sessi opposti: ciascun marziano può generarne uno nuovo sulla base di una differente autonoma biologia. Tali dettagli meglio approfonditi mi hanno ricondotto a un sostrato di più radicale nevrosi, e quindi a Max Weber e alla sua analisi dove Cristianesimo (protestante) ed economia si legano. La critica di H. G. Wells al capitalismo e alla di esso sfruttata tecnica, in “The war of the worlds”, non è estranea al disvelamento di strati nevrotici inerenti alla religione. La morte e la violenza causate dai Marziani non simboleggiano solo una dimensione recente di sviluppo della tecnica, ma altresì l’incubo angoscioso, kafkiano dell’aggressione cristiana alla civiltà umana per mezzo di persecuzioni, torture, uccisioni di streghe, omosessuali, Ebrei, non cristiani, atei e intellettuali non allineati. Il rogo, il fuoco, divengono il raggio mortale degli alieni distruttori, angeli di morte calati dal cielo, paragonabili altresì agli inquisitori accompagnati dalle loro sadiche macchine di tortura. Questo raggio il quale si irradia dai meccanici mostri dotati di una trinità di gambe mi rievoca l’emissione dello Spirito Santo sugli uomini, rappresentato in foggia ignea, qua, kafkianamente e apocalitticamente, volto da “consolatore” a “giustiziere”. Ritornando al livello di lettura prossimo, dobbiamo rilevare che gli alieni fanno uso di armi chimiche a detrimento degli abitanti della Terra: in tal caso non possiamo non vedere terribili prefigurazioni e preoccupazioni inerenti ai due futuri conflitti mondiali novecenteschi, i quali io giudico una singola peloponnesiaca contesa interna capitalistica globale. Gli esseri umani avranno comunque la meglio sui Marziani in virtù di un’imprevista e sottovalutata arma epidemiologica nei riguardi di cui erano abbondantemente immunizzati: la presenza di microrganismi sulla Terra ormai innocui al cospetto degli uomini, però non nei confronti degli alieni, i quali nutrendosi del sangue terrestre hanno mangiato e bevuto la loro rovina contagiandosi. Gli eventi avversi della loro nutrizione li hanno alla fine sterminati tutti. Rappresenta questo finale l’occasione per il famosissimo scrittore inglese di formulare l’auspicio che di fronte a un nemico pericoloso (tra le righe: il capitalismo selvaggio) gli esseri umani (la classe degli sfruttati, dei diseredati, degli emarginati) possano prendere una coscienza di gruppo (marxiana coscienza di classe), e unirsi omogeneamente a tutela comune contro paventati rischi alla sicurezza e al benessere. Questa è la lezione wellsiana di “The war of the worlds”, dove gli extraterrestri rappresentano simboli di realtà storiche precise rintracciabili dietro il velo della finzione narrativa fantascientifica.
 
 
NOTE
 
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Analisi letterarie e filosofiche”
 
1 A proposito di questo mio filone di argomentazioni indico una mia recente analisi con i suoi ulteriori rinvii a ritroso nelle note: Scoperte stellari, nel mio saggio Partita a scacchi (2022).
 
2 Si veda nelle mie precedenti pubblicazioni: Storia e pensiero e Distopie occidentali del 2023.
 
3 Una mia analisi di “The time machine” è presente nella mia monografia Critica letteraria (2017): La terribile distopia di H. G. Wells.
 
4 Ho destinato parecchi lavori d’analisi a simili argomenti, ne indico uno a titolo di exemplum utile all’approfondimento del mio scientifico punto di vista, un saggio: L’apologia dell’irragionevole di Robert Hugh Benson (2017).