di DANILO CARUSO
Il testo che segue è un estratto
del mio saggio “Oscurantismo e irrazionalismo del Cristianesimo in Tertulliano”
pubblicato nel settembre del 2023 in formato cartaceo e in pdf (ebook),
disponibile per intero online qua (possibile il download):
Nel blog è stato ripresentato in
quattro sezioni tematiche.
Prosegue da qui
Dalla contestuale abolizione nel 1966 dell’Index librorum proibitorum
(creato nel 1559) torniamo, in tema di censure, a Tertulliano. Costui nel “De
spectaculis” prende di mira «inter cetera saecularium errorum etiam
spectaculorum voluptates». Ci comunica che «ista non competant verae religioni
et vero obsequio erga verum Deum». Per il cristiano rappresenta un «divino
praescripto definitum» di fronte a gaudia
et fructus saeculi la obstinatio
abdicatione voluptatum; il cristiano
compie una eieratio (rinuncia) in virtù della sua testimonianza battesimale
(testimonium in lavacro). Nel suo
argomentare qui Tertulliano si avvale del sostegno di una interpretazione
allegorica del Vecchio Testamento, operazione che risulta indebita poiché la
sua maniera di individuare simboli ad hoc appare fantasiosa e forzata.
Attraverso un simile gioco nevrotico interpretativo ha ricavato una formale
(assurda) spectaculorum interdictio:
«Omne spectaculum concilium impiorum». Gli spectacula
provengono ex idolatria, essi sono asserviti «Diabolo et pompae et
angelis eius»; i pagani sono empi, peccatori
e nemici di Cristo. In tale sua opera l’autore latino ci delinea tipologie
di spectacula e loro difetti. Quando
Tertulliano usa nel “De spectaculis” l’espressione urbs «in qua daemoniorum conventus consedit», potrebbe riferirsi
all’Urbs, a Roma. I ludi costituiscono una manifestazione
del reatus generalis idololatriae.
Per Tertulliano tutti gli spazi sono infestati da epifanie idolatriche:
«Ceterum et plateae et forum et balneae et stabula et ipsae domus nostrae sine
idolis omnino non sunt: totum saeculum satanas et angeli eius repleverunt».
Parlando del teatro, Tertulliano mette in mostra l’odiatore nevrotico che è in
lui: « Oderis, christiane, quorum auctores non potes non odisse». Lui istiga a
una forma di odio verso l’attività teatrale perché essa sarebbe, come tutti gli
altri spectacula, una manifestazione
demoniaca. Il fatto che Tertulliano esterni esplicitamente un sentimento di
odio e un richiamo così significativo a esso da piantare nelle teste di chi gli
andava appresso, mi pare molto rilevante alla volta della comprensione del
fondo dello spirito cristiano. Non rilevo contraddizione nella dottrina del
Cristianesimo fra il Gesù evangelico dichiaratosi portatore di conflitto e di
divisione, e il pacifismo cristiano delle origini ancora fuori del potere
politico. Ho già chiarito in questa monografia riguardo a tale apparente
contraddizione. Però voglio altresì ricordare una conclusione che formulai nel
mio saggio “Il Medioevo futuro di George Orwell” (2015) dove illustrai, alla
luce dell’affermazione weiliana che la Chiesa è la madre dei diversi
totalitarismi a venire, come nel sistema dottrinario cattolico si manifesti,
fra le altre sfaccettature orwelliane, l’idea che L’AMORE È ODIO28.
Tertulliano, nella maniera in cui ora di seguito spiegherò meglio, nel momento
in cui sollecita a odisse, al pari di
un lapsus, ci ha involontariamente mostrato il fondo del pozzo dottrinale
cristiano. Allorché egli parla dei ludi gladiatorii e delle esecuzioni
capitali, non possiamo tuttavia fare a meno di essere d’accordo con lui,
nonostante su quasi tutto la sua ragione abbia fatto naufragio nell’oscurità di
un folle sistema. La violenza è, sempre e comunque, da rifiutare, da non
mettere in pratica al di fuori di una ragionevole motivazione fondata sulla legittima
difesa. Lo spettacolo di violenti combattimenti e pari sadiche condanne a morte
non devoe trovare spazio nella Civiltà umana. La mia modesta impressione è
però, come già ho avuto modo di dire, che tale discorso tertullianeo sugli
spargimenti di sangue abbia un fine dissimulato: quello di proteggere i
cristiani colpiti dalla giustizia romana, i quali cristiani condannati, sebbene
la procedura di condanna fosse davvero disumana, non erano effettivamente
esenti da colpe in quanto propugnatori nei fini dell’eversione sociale e
politica a scapito dell’ordine costituito dell’Impero romano. Io noto che
Tertulliano nei casi delle sentenze, a danno specialmente dei seguaci del
Cristianesimo, insiste solo sul difetto di prassi inumane, e obiettivamente
inaccettabili, legate alla macchina giudiziaria romana, ma non tiene per niente
in conto il deleterio potenziale sovversivo della sua religio. La Verità a
volte è poliedrica, usare le facce che convengono non rappresenta una
ricostruzione vera, bensì un’operazione di propaganda, anche se a far ciò sono
le vittime e di una giustizia non progredita: la punizione sadica e barbarica
non cancella le responsabilità penali. Queste rimangono, si rende necessario
adeguare la pena a un regime di umanità maturo, rispettoso in ogni caso della
dignità della persona umana. E simile cosa, purtroppo, non fecero i cristiani
quando presero il potere in Occidente. I primi a fare le spese dell’ipocrisia
cristiana tertullianea gli omosessuali, condannabili al rogo. Poi vennero gli
eretici e le streghe e tutti gli altri. Tertulliano accusa il pubblico pagano
di tenere questi spectacula violenti
e mortali a beneficio di una sadica crudelitas.
Ma tutti quelli che hanno poi assistito ai roghi e alle varie esecuzioni a
morte della Cristianità non costituivano più un pubblico di sadici pagani,
rappresentavano un pubblico di sadici cristiani. Dov’è finito l’afflato
tertullianeo al rispetto della persona? Nel cestino delle ipocrisie di
circostanza? So che sto facendo un ragionamento a posteriori nel mettere in
dubbio la sincerità in questo caso di Tertulliano, per me motivato più da
esigenze immediate dettate dalla volontà di difendere con tutti di i mezzi
argomentativi degli eversori, ma se il frutto è stato quello la pianta non
doveva essere di un genere molto dissimile (a meno di cesure e innesti qui non
rilevabili). Tertulliano si rivela un abile esperto della comunicazione, sa che
cosa deve dire per portare l’acqua al suo mulino, tuttavia, in generale e nel
caso più specifico sopra riportato, abbiamo visto il suo viscerale odio a
carico della pluralista per le religioni società pagana. Odiare gli altri fa
parte del DNA cristiano originario, quantunque il Cristianesimo parli di amore.
È un meccanismo orwelliano, sopra rammentato, dove l’amore per Dio e per il
prossimo comporta l’odio e la distruzione di tutto quanto non è conforme alla
dottrina cristiana. Prima i cristiani sono riusciti a sovvertire lo Stato
romano pagano “amorevolmente” con la conversione, poi sempre “amorevolmente”
hanno dato la caccia a quei seguaci del Diavolo già segnalati da Tertulliano. E
per amore di Dio e del prossimo hanno eliminato dalla Cristianità i pericoli
rappresentati da streghe, eretici, omosessuali, et ceteri. Però sempre e
comunque perché amavano Dio e proteggevano il prossimo dai rappresentanti del
Demonio. Con Tertulliano il Cristianesimo ci ha detto che la violenza su di sé
era illecita, in un secondo momento ha chiarito in pratica che il problema
dell’uso della violenza non risiedeva in essa, bensì in chi la adoperava. Sulla
divina religione cristiana costituiva un affronto a Dio, al servizio della
religione cristiana rappresentava la longa manus di Dio. Ed ecco che l’horrendus locus indicato da Tertulliano
dei ludi gladiatorii e delle esecuzioni è pacificamente, per così dire,
transitato nel Cristianesimo dominante non più horrendus: le pubbliche sadiche condanne a morte dei nemici di Dio
erano cosa buona e giusta giacché bonificavano il mondo. Non reputo estraneo
simile spirito orwelliano nella mente e nella propaganda tertullianee. In
relazione all’autore latino possiamo dire che il principio cristiano dei secoli
scorsi L’AMORE È ODIO sia valido nella forma storicamente esternabile da lui,
ma più vivo e più intenso visceralmente come si vedrà in maniera ulteriore nel
testo del “De spectaculis”. Tertulliano ci spiega che l’idololatria è connaturata a tutte le forme di spectacula, nella loro antica genesi e nel loro sviluppo storico.
Degli spectacula non si salva niente,
nemmeno i luoghi che li ospitano e le cose usate per allestirli. In particolare
colpisce, per via dell’esagerazione così grottesca, l’affermazione tertullianea
secondo cui i pagani non si rendano conto di fare consacrationes non a presunti Dei (pagani) bensì a Daemonii (angeli ribelli contemplati dal
Cristianesimo). Tertulliano degrada così la religiosità pagana laddove connessa
con gli spectacula. E visto che c’è
dimostra nuovamente la sua mancanza di apertura, equilibrio, tolleranza nei
confronti degli altri non cristiani: «Nec minus templa quam monumenta
despuimus». Lui disprezza i pagani
(sic!): bell’esempio di amore verso il prossimo! La radice di despuere è la stessa di spuere, sputare: Tertulliano aveva
diversi verbi a disposizione, tuttavia ha scelto il peggiore facendo notare in
guisa significativa il suo estremismo religioso gravemente sovversivo. E
addirittura, a testimonianza che lui intenzionalmente si avvalga della figura
dello sputare-su, più avanti usa il verbo respuere:
i luoghi dove si tengono spettacoli si imbevono di lordura la quale «in
alteros respuunt». In questo gioco degli sputi reciproci messo in piedi da
Tertulliano egli cerca di giustificarsi del suo precedente sputare
sull’antichità pagana mostrando la causa compensativa del suo precedente disprezzo (sputo). “Spettacolare” questo stratagemma retorico della propaganda
tertullianea. E poi ci si stupisce che i Romani mettessero in azione la loro
macchina giudiziaria nelle situazioni di forte e aperta eversione sociale
provocate dall’ideologia estremistica religiosa cristiana? Il radicalismo del
Cristianesimo rendeva questo inconciliabile con l’ordine costituito
romano-pagano. Nel “De spectaculis” il suo autore afferma: «Non possumus cenam
dei edere et cenam daemoniorum». È evidente lo spirito sovvertitore, non
conciliante, della nuova distopica religio. E quando Tertulliano ci dice che
«Deus […] cum causa prohibet odisse, […] maledicere», non possiamo fare a meno
di rilevare ipocrisia e contraddizione. Egli spera di far proseliti cristiani
sfruttando tutte le risorse retoriche, non bada tanto a un’intima coerenza
razionale nel suo discorso, ha del sofista che critica gli affectus (passioni, emozioni) e poi sotto sotto mira alla parte
emozionale dei suoi interlocutori. Pensiamo a Pascal il quale ho già ricordato29,
alle sue “ragioni del cuore”, ma altresì alla sua pesante critica al divertissement; Pascal possiede forti
analogie nevrotiche, e nella forma dei frutti, con Tertulliano. Il “credo quia
absurdum” di costui rappresenta una plateale “ragione del cuore”. Purtroppo in
entrambi al posto del “cuore” c’era una nevrosi di impronta religiosa molto
grave. Nel “De spectaculis” l’autore latino svolge, fra l’altro, professione di
antiedonismo antiepicureo. Egli prende anche decisamente di mira il civile,
equilibrato, moderno sistema filosofico del Giardino30, un exemplum
di sanità mentale e di progresso in assoluto, non solo rispetto ai
deragliamenti cristiani. Tertulliano comprende benissimo che il nemico
scientifico-filosofico del Cristianesimo è l’epicureismo. Ne teme la
concorrenza. La filosofia del Giardino ambiva a liberare dal «mortis timor»
attraverso una dottrina atomistica la quale negava l’immortalità dell’anima, la
resurrezione dei corpi e l’attenzione divina verso il mondo. Tertulliano ci
esterna la sua preoccupazione in relazione a queste idee concorrenziali. Non è
un caso che gli epicurei avranno una parte di primo piano nell’“Inferno”
dantesco. Nonostante l’autore latino tema Epicuro, torna di nuovo a usare la
sua maestria propagandistica prendendo delle idee epicuree per farle proprie in
salsa distopica cristiana. Come se fossimo idioti, e non capissimo quanto sta
mettendo in atto qua, ci illustra la distinzione tra piaceri dinamici e piaceri
catastematici epicurea formalmente volta all’interno della dottrina cristiana dove
assume una veste distopica in quanto l’ambito del piacere lecito si restringe
enormemente (dirà più avanti: «Quae maior voluptas quam fastidium ipsius
voluptatis»). Nemico del Cristianesimo è l’affectus,
il movimento dell’animo suscitante
passioni ed emozioni. Il pensiero cristiano condanna la concupiscentia, in cui rientra la voluptas in genere. Tertulliano
puntualizza: «Nemo ad voluptatem venit sine affectu». Al fatto che ci sia una
evitanda «voluptatis concupiscentia» unisce l’idea che sono «species […]
voluptatis etiam spectacula». Dalla forma di simile ragionamento è derivata
altresì la sessuofobia cristiana, dove il congresso carnale ideale appare
quello che si celebra con la stessa partecipazione che si presta ad esempio
nell’accendere e spegnere un interruttore della luce. Infatti l’autore del “De
spectaculis”, a proposito di questi, ma principio valido appunto in generale,
precisa: «Furor interdicitur nobis». Laddove Tertulliano riguardo al teatro
parla di «privatum consistorium impudicitiae» v’è un ragionevole motivo di
intendere che egli stia dicendo “privato raduno di omosessuali” giacché non
gradisce abiti di scena femminili sopra uomini: mimus per muliebres [vestes] repraesentans sensum sexus et pudoris
exterminat. Sembra un’affermazione omofobica, le allusioni ci sono.
Comunque, se quell’impudicitia
possiede senso lato, ci rientra un teatrale festival delle prostitute: «Etiam
prostibula, publicae libidinis hostiae, in scaena proferuntur». Tertulliano
aborrisce gli spectacula comuni e
quelli per adulti, la scurrilitas
(rappresentazione spiritosa, comica) et
omne vanum verbum. L’autore latino chiude la faccenda inerente a teatri e spettacoli così: «Habes igitur et theatri interdictionem de interdictione
impudicitiae». Lui altresì disprezza
(stavolta è stato più morbido, ha usato aspernari)
la «doctrinam saecularis litteraturae ut stultitiae apud Deum deputatam».
Chiarisce meglio che tale letteratura pagana va disprezzata perché dà alimento alla creazione di tragedie e
commedie, le quali sono «scelerum et libidinum auctrices». Simili eccessi non meritano di essere messi
in scena. La conclusione tertullianea turba non poco e sotto vari profili.
Cominciamo a vedere il primo, il più semplice. Se uno come Tertulliano fosse
vissuto ai nostri giorni si sarebbe espresso più o meno in tal guisa: «Vi
annunzio un Dio che, oltre a volere le donne chiuse in casa e vestite in abiti
castigati e non truccate, che giudica gli Ebrei inguaribili traditori della
vera fede, vuole, per la salvezza eterna della vostra preziosa anima, che in
casa vostra in televisione non si guardino più film o serie TV comiche o
drammatiche, né programmi di divertissement, né eventi sportivi, che non
facciate un parallelo uso di internet con il divertissement che offre, che
rinunziate a leggere romanzi e racconti da cui magari la cinematografia trae
spunto…». Io, modestamente, credo che uno così sarebbe preso per pazzo,
specialmente quando aggiungesse che dentro gli smartphone ci sono dei diavoli
incorporati. Mettetevi ora nei panni del Romani che vedevano le bestiali
affermazioni distopiche di Tertulliano, un ideologo estremista tra i più
importanti teorici della nuova religio. E rammento che le sue opere da me qui
esaminate sono del suo periodo di ortodossia cattolica, non ho preso a
riferimento testi posteriori del periodo eretico montanista. Se questo
scrittore latino è l’autore dell’“Apologeticum”, è pure il creatore di “De
cultu feminarum”, “Adversus Iudaeos” e di questo “De spectaculis”. Il primo
rappresenta l’apologia degli altri tre. E tutto ciò si inserisce nella fase
cattolica tertullianea. L’intero quadro del pensiero tertullianeo di questo
segmento temporale ci restituisce una ricostruzione obiettiva e completa. Non
si possono minimizzare né accantonare le proposte, quasi sempre, assurde cui
l’“Apologeticum” fa da sponda. Detto ciò voglio prendere in esame un secondo
profilo di turbamento. Tertulliano ha chiesto di non sceneggiare scelera et libidines. Simile proposito
si rivela antitetico alla produzione teatrale greca, di cui Aristotele ha
sostenuto essere la catarsi dello spettatore il principio animante. Aristotele
con la sua metafisica, la sua misoginia, la sua approvazione della schiavitù, è
diventato il campione filosofico della Chiesa (il celeberrimo dantesco «maestro
di color che sanno»). Perché il Cristianesimo ha preso e conservato, fra
l’altro, le cose peggiori di Aristotele e buttato nel cestino la catarsi
teatrale? A me sembra, a fronte di sistemi di pensiero più sani, che i teorici
cristiani avessero una spiccata vocazione ad approvare e seguire le cose
peggiori, a partire dalla misoginia31. L’oscurantismo tertullianeo
ha colpito pure lo sport: l’attività sportiva è contro l’ordine divino dato
alla realtà poiché costituisce un impegno agonistico inutile, faticoso, e volto
soprattutto a superare una forma non agonistica dello statuto umano concepito
da Dio (plastica Dei). Dopo la
“catarsi greca” Tertulliano si mette sotto i piedi anche il romano “mens sana
in corpore sano”. Tradotto oggigiorno il desiderio tertullianeo toglierebbe a
tutti, perché contrario alla volontà di Dio, sin dalla prima infanzia la
possibilità di una prestazione atletica, agonistica. In parole povere, per
rendere l’idea, una partitella di calcio al campetto sarebbe peccato. Il Cristianesimo
delle origini ha generato i paolini cosiddetti folli per Cristo. È stato il padre spirituale del Cristianesimo,
Paolo di Tarso, a definire la nuova religio, allo sguardo altrui e non
partecipante, μωρία, e a scagliarsi contro la σοφία pagana, colpevole di
incomprensione che meriterà la punizione divina. A detta del Paolo
neotestamentario il tempo dei σοφόι è finito e i piani si sono ribaltati: Dio ha attribuito la qualifica di stoltezza
alla conoscenza pagana, si è rivelato
alla impotente σοφία dei pagani mediante la pazzia di ciò che è proclamato a voce
alta (μωρία τοῦ κηρύγματος). Agli
occhi giudei il Messia cristiano appare σκάνδαλον
(una trappola), a quelli
di tutti gli altri μωρία. Paolo aggiunge che «quanto con stupidità fatto da Dio è più dotto
dell’operato umano [τὸ μωρὸν τοῦ θεοῦ σοφώτερον τῶν ἀνθρώπων ἐστίν]». In questo gioco di inversione dei ruoli, prosegue
l’apostolo invitando il presunto σοφός non cristiano a diventare μωρὸς allo scopo di essere veramente σοφός: la σοφία pagana rappresenta μωρία per Dio. Gli sciocchi per via di Cristo (μωροὶ διὰ Χριστόν)
sarebbero in realtà nell’ottica paolina assennati in Cristo (φρόνιμοι ἐν Χριστῷ)32. I cristiani non destavano affatto una buona impressione a nessuno, e ne erano consapevoli sin dal tempo di Paolo di Tarso. La loro apologetica continuava a
sconcertare non meno dei loro martiri. In linea di squilibrio mentale il
martirio cristiano è parente prossimo del suicidio stoico: lo stoicismo andava
fagocitato; l’epicureismo, il vero nemico, sostenitore di un
edonismo moderato, andava annientato. Quello che restava dello spirito
epicureo tornerà a galla con la civiltà umanistico-rinascimentale nelle forme
particolari di una nuova
società a vocazione capitalistica in contrasto con la reazionaria Chiesa
cattolica di allora. Il risultato? Lo
scisma protestante. Ma torniamo a Tertulliano e al suo “De spectaculis” dove si riecheggia il ragionamento
paolino sopra riportato: «Ethnici, quos penes nulla est veritatis plenitudo,
quia nec doctor veritatis Deus, malum et bonum pro arbitrio et libidine
interpretantur». A nuova dimostrazione che esisteva ormai all’epoca
tertullianea una salda e consolidata volontà cristiana, presente già ab ovo, di
scalzare nella sua interezza l’ordine sociale politico pagano. Alla fine di
questo distopico programma dipinto nel “De spectaculis” si toccano altre cime
dell’assurdità. Se si assiste agli spectacula, a dire di Tertulliano, esiste il
serio pericolo che qualche diavolo si impossessi di qualche spettatore, e allora
ci vorrebbe l’esorcista. Gli spectacula insomma sono pericolosissimi. I
cristiani, continua l’autore latino, non hanno bisogno dell’arte pagana la
quale rappresenta «fabulae», hanno le loro produzioni le quali riportano
«veritates». Altri studiosi prima di me hanno colto la natura del Cristianesimo
originario quale favola nera, cioè rovinosa per molti secoli e responsabile di
crimini contro l’umanità a causa delle sue dottrine: la misoginia,
l’antisemitismo, l’omofobia, l’intolleranza, l’illiberalismo della nuova
religio hanno tragicamente fatto sì, e non quale Cristianesimo mal compreso e
mal praticato, che molte persone fossero perseguitate e sadicamente torturate e
uccise. Simili luttuosi fenomeni furono il prodotto di una intenzione precisa,
nevrotica e irrazionale. La storia ce ne ha liberati col progresso civile, e il
Cristianesimo di oggi non è più come quello del periodo nero preilluministico.
Perdendo il potere politico ha solo potuto legarsi in scala ridotta con gli
amici di turno, pur mantenendo un suo peso non indifferente (abbiamo visto ad
esempio la Chiesa cattolica durante i totalitarismi antisemiti del ’900 giocare
in negativo in un contesto molto tragico). Mi ha particolarmente colpito il
finale del “De spectaculis” a causa del disvelamento di una malcelata
ipocrisia. Nella celebrazione tertullianea del vivere Deo, l’autore latino non riesce a nascondere l’acredine e
l’astio nei riguardi dei non cristiani. Si parla infatti di questo favoloso
«ultimus et perpetuus iudicii dies» al fine di prospettarci uno scenario di
rinnovata distopia e di apocalittico orrore. Unus ignis divorerà il cosmo con suoi peccatori abitanti, e
Tertulliano mostra sadico compiacimento al pensiero dei lamenti e delle scene
che avranno per protagonisti questi avvolti dalle fiamme nel corso del giudizio
divino. Molto inquietante, molto sconcertante, molto sinistro, simile desiderio
il quale nella sua vis proveniente dall’Ombra junghiana ci offre una
prefigurazione dei trattamenti violenti che i cristiani riserveranno ai loro
inquadrati nemici33. Torture, roghi, esecuzioni varie, volte a
rimuovere presenze giudicate diaboliche hanno rappresentato crimini contro
l’umanità sia per estensione (in termini di percentuale sulla popolazione) che
per intensione. Il vecchio Cristianesimo di prima maniera è stato una distopia
in terra, prima teorica, poi materializzatasi storicamente nella guisa
ecclesiastica sottolineata da Simone Weil34.
NOTE
28 A pag. 20. Consiglio la lettura di tale mio lavoro.
29 Vedasi nota 3.
30 Si veda nota 16.
31 Vedasi nota 8.
32 Erasmo da Rotterdam attuerà una ripresa del tema
della μωρία, una ripresa molto sottile, le cui facce ho
esaminato nella mia analisi indicata nella nota 6.
33 In merito a cattivi presagi, in argomento un mio
studio: Dalle parole di Gesù Cristo a
quelle di Pauline Harmange contenuto nella mia pubblicazione Prospettive rinnovate (2023). Dacché ho
ritenuto il sistema di de Sade una forma di tanatolatria e il sadismo presente
all’interno di una parte del Cristianesimo (fatti salvi tutti quelli che
d’altro canto qualcosa di veramente buono hanno compiuto), è possibile
concludere che in generale e sotto il profilo ideologico il Cristianesimo
intero sia sorto quale religio tanatolatrica. Dal sacrificio di Gesù Cristo
alla sua imitazione dei martiri successivi si nota una strutturale vocazione al
suicidio in sintonia, ma più estremistica, con l’autodistruzione stoica. I
cristiani originari potrebbero essere definiti, e non a torto, “stoici
impazziti”. Allo scopo di approfondire l’argomento sul sadismo segnalo due miei
lavori: quello indicato nella nota 10 e nel medesimo mio saggio che lo contiene
l’altro intitolato La tanatolatria di de
Sade.
34 Giudico interessante segnalare nell’ambito
letterario la nostalgia di simile passato distopico all’inizio del ’900 in un
autore di elevate capacità di scrittura, che accosto a Tertulliano e a Dante,
quale fu Monsignor Robert Hugh Benson. E ciò nella dimostrazione di come sia
stato alquanto lento il processo di ammodernamento della Chiesa cattolica,
divenuto più rapido solo dalla seconda metà del XX secolo. Ho il piacere di
invitare a leggere il romanzo bensoniano “Lord of the World”. E per i motivi di
cui ho trattato nella mia monografia che gli ho dedicato, e della quale
consiglio parimenti la lettura: L’apologia
dell’irragionevole di Robert Hugh Benson (2017). Riguardo a un summum
exemplum, la personalità e l’opera del cattolico Tommaso Moro, il quale μωρὸς διὰ Χριστόν
si fece uccidere dai protestanti e fu teorico del Cattolicesimo totalitario
nella sua “Utopia”, suggerisco la lettura di un altro mio lavoro: Cristianesimo razionale e
nazional-socialismo in Thomas More nella mia opera menzionata nella nota 9.