di DANILO CARUSO
Il testo che segue è un estratto
del mio saggio “Oscurantismo e irrazionalismo del Cristianesimo in Tertulliano”
pubblicato nel settembre del 2023 in formato cartaceo e in pdf (ebook),
disponibile per intero online qua (possibile il download):
Nel blog è stato ripresentato in
quattro sezioni tematiche, il link della parte successiva viene indicato in
calce.
Prosegue da qui
Un altro scritto di Tertulliano del suo periodo cattolico
ortodosso, prodotto in funzione della polemica antigiudaica, è l’“Adversus
Iudaeos”. Esso, quantunque pieno per gran parte di contenuti teologici e
biblici cristiani che possono apparire noiosi, e anche insignificanti, giacché
messi assieme alla volta dell’utilità propagandistica in un lontano diverso
tempo, gioca invece il suo significativo ruolo nel porre le basi di quello che oggigiorno
definiamo “antisemitismo”. Questo è sorto nella cultura occidentale nell’ambito
religioso cristiano, nelle società cristianizzate è rimasto e si è sviluppato,
ma da categoria di spregevole pensiero di religione a lungo andare si è così
infiltrato nella mentalità diffusa al punto di poter godere di un’autonomia
razzista: dall’Ebreo deicida si è passati a parallelamente assurda
generalizzazione formale di etnia. L’animo del Giudeo sarebbe per Natura
negativo nelle aberranti concezioni antisemitiche di stampo laico e
pseudobiologico. Una simile inaccettabile assurdità ha generato la barbarie
nazista, la quale ha tratto la sua linfa dal plurisecolare odio verso il popolo
ebreo alimentato per troppo tempo e senza tregua dai cristiani. Costoro in
pochissimi secoli sradicarono e cancellarono l’Antichità con le sue religioni
pagane, la quale li aveva preceduti e aveva tenuta in piedi una Civiltà
occidentale migliore di quella medievale che portarono loro. È facile perciò
intuire che mira del Cristianesimo di una volta era quella di far scomparire
l’Ebraismo, il quale rappresentava un compagno di via molto sgradito.
Tertulliano nell’“Adversus Iudaeos” ci spiega che la religione giudaica è
“scaduta”, dal momento della venuta del Messia. Dunque non possiede più una sua
ragion d’essere al pari dei satanici culti pagani. Lui non lo dice apertamente
in questo testo polemico, però la conclusione appare chiara: come nel mondo non
c’è più spazio per il Paganesimo, non c’è più spazio per un ormai deviante
Ebraismo. Quest’embrionale, abbozzato nell’ombra, concetto di una religione
giudaica da “rimuovere” lo ritroveremo in Hegel, dagli scritti teologici
giovanili in poi: l’Ebraismo il quale deve essere rimosso e rimpiazzato alla
fine dal “positivo razionale” del Cristianesimo. La “scadenza” che Tertulliano
ha appiccicato alla religione giudaica (negativo razionale) è stata l’incipit
dell’emarginazione del popolo ebreo, preludio di forme persecutorie accanite
quando i rapporti di forza saranno, da Teodosio in avanti, impari. La
resistenza del martoriato popolo giudeo sarà per secoli eroica, al punto di
suscitare l’ammirazione di Nietzsche20. L’autore di questo “Adversus
Iudaeos” sostiene la Legge ebraica essere stato un passaggio storico pro
tempore. Prima di essa v’era già una Legge naturale divina, di cui l’altra è
stato un calco non destinato a durata indefinita bensì con “scadenza”. Questa è
sopraggiunta con l’arrivo del Cristianesimo abolitore della precedente Legge, e
migliore attuatore della Legge divina rivolta adesso col Vangelo a tutti senza
distinzione etnica. Tertulliano in siffatti ragionamenti si rivela stoicizzante
poiché recupera l’idea di un Logos (provvidenziale) accomunante ciascun essere
umano21, al quale la nuova religione cristiana si propone di
(ri)portare ognuno in funzione della (ri)scoperta salvifica secondo l’ottica
teologica della Chiesa. L’autore dell’“Apologeticum” è fautore, come del resto
l’intero sistema cattolico neonato, del superamento e della soppressione del
vecchio quadro normativo giudaico. Egli s’impegna a dimostrare l’Ebraismo
uscito fuori della historia salutis e le profezie sulla venuta del Messia già
concretizzatesi nella figura dell’evangelico Gesù Cristo. Secondo me, quello di
cui leggiamo nel Nuovo Testamento è ormai un personaggio piegato e adattato
alla letteratura mitologica cristiana. Quest’operazione creativa evangelica ha
fuso diverse componenti culturali religiose a essa coeve in uno spirito di
larga sintesi. Tertulliano riprende le profezie veterotestamentarie sul Messia
e il suo gioco di suggestioni non ha partita difficile nel trovare canali di
collegamento in ambito neotestamentario. Egli o non capisce o non spiega che
simili sintonie sono il risultato di proiezioni veterotestamentarie profetiche
sopra gli scritti nuovi testi: chi li scriveva creava quegli agganci poi usati
ribaltando weilianamente la frittata. Non c’è di che stupirsi che opere
letterarie mitologiche posteriori narrino vicende di convalida di profezie
anteriori. Io giudico i Vangeli elaborati pieni di spunti e sfaccettature
mitologiche assortite22, elaborati in possesso di povero scheletro
storico. Sono paragonabili a favole rivolte a un pubblico perlopiù ignorante.
Tertulliano si spende non poco a spiegarci le profezie messianiche
veterotestamentarie alla stessa guisa in cui si analizzano le profezie già
ritenute avverate di Nostradamus: l’autore latino infatti introduce la “lettura
simbolica”. E allora ha vinto la sua partita propagandistica: da un lato perché
mediante le decriptazioni religiose simboliche e allegoriche si può affermare
dogmaticamente tutto e il contrario di tutto, dall’altro perché mi pare che i
testi neotestamentari fossero già stati predisposti alla volta di simili
agganci. In generale il corretto modo di esaminare un simbolo è quello passante
attraverso un’indagine psicanalitica inerente alla sua nascita, non quello che
vi sovrappone una nuova superficiale vernice culturale. Le distorsioni dei
cristiani nella lettura del “Tanak” ebraico e nella sua voltura in altre lingue
sono state significative. Nei miei studi sui testi ebraici mi sono accorto di
varie cose. Di come, ad esempio, nelle traduzioni siano scomparsi il demiurgico
Dio venuto fuori dall’archè acqueo assieme alla materia, l’androgino originario
poi diviso in due (da cui Adamo ed Eva separati), la mortalità del divino23.
E Tertulliano, che già viveva quell’atmosfera mistificatoria, comunica la
“scadenza” del Giudaismo! Io non so se in lui la fortissima inclinazione
nevrotica impedisse una valutazione migliore su cosa fosse veramente il
Cristianesimo delle origini (un deficit agevolato dalla mancanza di fonti
informative ponderate), oppure se in lui ci sia uno strato di ipocrisia volto a
celare e negare quanto fosse sconveniente al nuovo progetto religioso. Non è da
escludere che per la testa gli passassero il desiderio e la volontà di
consolidare il novello Cristianesimo a tutti i costi intellettuali giungendo ad
avallare distorsioni e falsificazioni possibili. Nell’“Adversus Iudaeos” egli
ci offre uno spunto di contestazione tra i più nevralgici. Lui cita Is 7,14 al
fine di sostenere un punto di vista cristiano completamente fuori del valore
semantico ebraico del caso. La partenogenesi mariana dogmatica avanzata dal
Cristianesimo non trova una corrispondenza profetica in Is 7,14. In ebraico
quel soggetto, indicato con «ha-almah», che metterà al mondo un bambino non
reca con sé nel termine veterotestamentario adoperato (almah) il concetto di
partenogenesi. “Almah” vuol dire:
fanciulla-in-età-matrimoniale-e-pronta-alla-prima-gestazione. Is 7,14 ci
comunica che il neonato di cui si sta parlando sarà figlio di: una ragazza che
ha raggiunto la maturità sessuale ed è al primo suo figlio. Non c’entrano
assolutamente niente il sovrapposto discorso della prodigiosa maternità e il
successivo parto per compenetrazione di Maria (ci sono qua ben due ascientifici
dogmi nella gestazione della Madonna estranei a Is 7,14, dove si puntualizza
invece, alla luce dell’analisi semantica, che la madre di questo annunziato
bambino non sarà né avanti negli anni né a un figlio aggiuntivo). Però
Tertulliano e il Cristianesimo hanno usato una incipiente violenza cristiana
contro il popolo giudaico a cominciare dal “Tanak”. L’autore latino era al
corrente della giusta traduzione, tuttavia o per ignoranza o per nevrotica
faccia tosta si rivolge così ai Giudei: «Mentiri audetis, quasi non virginem
sed iuvenculam concepturam et parituram scriptura contineat». Lui sta spiegando
agli Ebrei che costoro erano deficienti, che non si tratta in Is 7,14 di una iuvencula, bensì della «Virgo Mater».
Una cosa del genere merita unicamente un aggettivo qualificativo: orwelliano.
Che un simile accanimento sia passato dalla violenza intellettuale cristiana
alla violenza materiale cristiana a danno dei giudei non mi stupisce. Il
Cristianesimo preteodosiano non aveva un braccio armato di arma, ma quello
armato di stilo era veramente una simbolica funesta prefigurazione. Tertulliano
nella sua distorsione in questa circostanza poteva appoggiarsi sulla
“Septuaginta” traducente «ha-almah» con «ἡ παρθένος». Questo sostantivo greco sfuma e rimuove il concetto
ebraico insito in “almah” di “maturità sessuale”, il quale assieme alla sua
radice ritorna nel corrispettivo maschile ebraico “elem” (giovinetto non più
bambino). “Παρθένος” mette l’accento
sulla purezza, castità della fanciulla, non sul suo essere in grado di
procreare. “Almah” indica una ragazza giudaica sessualmente maturata. “Παρθένος” indica invece in greco antico una
ragazza considerata esclusivamente nel suo stato di incontaminatezza sessuale.
tale termine contribuisce, indebitamente, a proiettare su “almah” di Is 7,14 un
significato teologico che l’ebraico non possiede. La partenogenesi di Maria
madre di Gesù e il di lei parto per compenetrazione costituiscono invenzioni
teologiche sessuofobiche cristiane. Il termine greco antico che i Settanta
avrebbero dovuto correttamente adoperare nel volgere “almah” è “νεᾶνις”.
“Νεανίας” rappresenta l’equivalente di “elem”. Tutto ciò dimostra l’exemplum di
un rimodellamento del Giudaismo in vista dell’incontro filosofico con lo
stoicismo, un rimodellamento già incominciato nella prima metà dell’Ellenismo.
Non per niente questa traduzione alessandrina del “Tanak” non piacque
all’Ebraismo ortodosso. Tertulliano nell’“Adversus Iudaeos” intende a modo suo
e cristiano convalidare l’illogica tesi storica e teologica della “scadenza”
del Giudaismo. Accusa apertamente gli Ebrei di essere rimasti ormai nell’errore.
Gli imputa duritia cor per il fatto
di inridere e respuere le interpretazioni veterotestamentarie dei cristiani, i
quali hanno parlato adversus Iudaeos,
ci dice Tertulliano, affinché questi non «in dubium deducant vel negent quae
scripta proferimus». La (vuota) presunzione di superiorità tertullianea si
mostra totalitaria: le cose che dicono i cristiani sarebbero «paria scripturis
divinis». Tertulliano rimprovera a Israele di essersi allontanato dalla via
della fides. E qua gioca un’altra
carta propagandistica antisemitica a cui il “Tanak” prestò il fianco: le
critiche dei profeti al popolo giudaico a proposito della sua infedeltà nei
riguardi del proprio Dio. Si tratta di un espediente, nella parte conclusiva
dell’“Adversus Iudaeos”, molto sinistro. Giacché Tertulliano afferma che la
rovina d’Israele è stata profetizzata, e che si è avverata quando gli Ebrei
hanno respinto e rinnegato il Messia cristiano, il quale tolsero di mezzo («interfecerunt») come fosse stato (ai suoi occhi)
un delitto di lesa maestà: «ob impietatem». Il Tertulliano avvocato conosceva
benissimo l’accezione giuridica della parola “impietas”, e v’è ragionevole
motivo di ritenere che il suo utilizzo sia specifico nel quadro di una
personale visione sociopolitica teocratica non ancora infiltratasi nelle stanze
del potere statale romano. La Dei Gratia
ha abbandonato, in questo schema tertullianeo e cristiano, la Domus Israelis, la quale è stata
sostituita dal Templum spiritale id est
Ecclesia dominica. La linea di pensiero antigiudaica tertullianea si è
rivelata durevole, seguita e osservata ampiamente nella storia della Chiesa
sino a metà Novecento. La liturgia per la celebrazione del Venerdì Santo
cattolico contemplò sino all’era riformatrice di Papa Roncalli un brano molto
discutibile, la cui origine risaliva al VI secolo. Il messale tridentino che lo
girò alla modernità lo mantenne invariato sino alle modifiche del 1962. Esso
recita: «Oremus et pro perfidis Judaeis ut Deus et Dominus noster auferat
velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Jesum Christum, Dominum
nostrum. Omnipotens sempiterne Deus, qui etiam judaicam perfidiam a tua
misericordia non repellis: exaudi preces nostras, quas pro illius populi
obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a
suis tenebris eruantur». Il celebrente chiede ai fedeli di pregare per i perfidi Judaei il cui cuore è rimasto velato;
la preghiera chiede che la misericordia divina, così grande da non tenere in
conto la judaica perfidia, possa far
sì che l’accecato popolo ebraico, di cui i cristiani si stanno preoccupando,
escano dalle tenebre in seguito al
riconoscimento della luminosa divina missione di Gesù Cristo. Pietre di
scandalo agli sguardi più sensibili appariranno, oltre al riferimento alla
volontaria cecità di Israele davanti alla luce del Messia a causa della ebraica
mancata apertura di fede verso le profezie veterotestamentarie, le espressioni
“perfidi Judaei” e “perfidia judaica”. Queste possiedono la loro diretta radice
di significato nel pensiero religioso antisemitico di Tertulliano, il quale
tuttavia non si esprime letteralmente ancora così. Che cosa vogliono dire
l’aggettivo “perfidus” e il sostantivo “perfidia” in quel testo basso
medievale? Denotano dei concetti che l’autore dell’“Adversus Iudaeos” ha
esposto in questo suo non apprezzabile scritto: gli Ebrei sono traditori-della-fede (perfidi), sono
colpevoli di tradimento (perfidia).
“Perfidus” e “perfidia” sono parole latine derivate dall’unione di per e fides. Per (prefisso)
indica qui l’idea di deviazione (come
nel caso di periurus). Fides (dalla cui radice la parte del
tema) è fede (fiducia), e nel nostro
contesto cristiano l’accezione è religiosa. Tertulliano ce l’ha detto chiaro e
tondo: «A […] fide Israel excidit [è uscito perdendosi]». Egli non adopera i
termini che sto esaminando, ma ne formula i concetti, i significati, su cui la
Patristica a lui posteriore del IV secolo imporrà quelle parole, “perfidi” e
“perfidia”, a denotare quella qualità e quella sostanza di marca teologica
testé spiegate. Nei Padri della Chiesa eresia, apostasia, devianza dottrinale
appunto, erano denotati col termine “perfidia”, il quale assunse ulteriormente
in quest’ambito teologico il valore semantico di ostinazione (nell’errore, nella devianza
riguardo alla fede). Sino all’epoca
di Pio XII si intendeva pregare per i traditori
Giudei, responsabili del giudaico
tradimento. Lo schietto significato, teologico, di quelle espressioni è
questo. Al di là di questa valenza delle parole “perfidus” (in senso lato, chi-devia-dall’affidamento) e “perfidia”
(parimenti in generale, l’azione-di-deviazione-dall’affidamento)
nel loro contesto d’uso cristiano denotante gli Ebrei, il loro uso popolare (a
forza di sentirseli ripetere negli insegnamenti e nella liturgia) spinse
“perfidus” e “perfidia”, accanto al loro binario semantico teologico, a
spostarsi in direzione di una laicizzazione, di una naturalizzazione. La massa
occidentale bombardata tra l’altro da propaganda religiosa antigiudaica finì
col pensare che questi Ebrei (ingiustamente bersagliati), “perfidi”, fossero malvagi per Natura, ossia creature fisiologicamente inaffidabili e nocive.
Dalla degradazione teologica è sorto l’antisemitismo nella forma del razzismo
biologico tragicamente culminato nel nazismo. L’antisemitismo possiede ormai
due facce, però la moneta è una sola, e l’ha coniata il Cristianesimo all’epoca
della sua nascita. La parallela folle idea di un antisemitismo biologico fu
formulata nella cattolicissima Spagna del Cinquecento allorché il tradizionale
ceto sociale dominante cristiano ebbe motivo di temere l’ascesa del nuovo ceto
provenuto dalle recenti non libere conversioni di Ebrei e islamici rimasti sul
suolo iberico. Venne concessa la possibilità a enti richiedenti di poter
attuare delle discriminazioni sulla semplice base dell’origine etnica. Fu
sostenuto che i Giudei fossero geneticamente malvagi, allora si parlava di sangue e di trasmissione di caratteri spirituali. La natura dell’Ebreo
rimaneva, secondo questi altri psicopatici teorici, costantemente tendente al
male. E poiché era chiaro che ciò sostenendo, si minava il potere salvifico del
sacramento battesimale per chiunque, ne venne fuori un confronto teologico
aspro fra protonazisti e tradizionalisti antigiudaici aperti alle conversioni.
Infatti los estatutos de limpieza de
sangre non divennero uno strumento universale dello Stato spagnolo, ma
vennero adoperati con non indifferente diffusione laddove si teneva a escludere
il paventato pericolo di un contagio soprattutto giudaico delle istituzioni a rischio
di cadere in balia di impuri per Natura nuovi cristiani convertiti. Questa
patente di sanità socioreligiosa, che certificava la presenza di sangue
incontaminato proveniente da lunghe genealogie di cattolici, tranquillizzava
alcuni e gli dava la sicurezza che il virus ebraico non gli avrebbe tolto di
mano il timone nella società. Los estatutos de limpieza de sangre furono
abrogati in Spagna verso la fine dell’Ottocento, e divennero prima nel periodo
dell’auge coloniale un criterio razziale generale ossessivo nell’America
latina, dove l’ideologia suprematista bianca incalzava nevroticamente i
discendenti dei coloni. In Europa i Giudei colpiti dagli effetti de los
estatutos de limpieza erano costretti a indossare il sambenito, lontano
antenato dei mortificanti contrassegni sull’abbigliamento pretesi dai nazisti
sopra le categorie umane da questi ritenute nocive alla società. L’Inquisizione
spagnola trovò congeniale tale nuovo razzismo biologico e si accanì sui “falsi
convertiti” (per convenienza). I gesuiti invece rimasero fedeli allo schema
antiebraico tertullianeo scevro di aperti razziali richiami pseudobiologici.
Per i fautori di simile lasciapassare sociale, che apriva le porte di
importanti stanze, il popolo ebreo era stato traditore della fede giacché il tradimento
era nel suo sangue, i caratteri
morali si ereditavano a prescindere dal battesimo, e i Giudei in quanto tali
sarebbero dovuti essere estromessi dai centri dirigenziali ed emarginati; nel
frattempo Ebrei convertiti furono condannati a morte (marranos). Se rammentiamo
pure i quemadores dell’Inquisizione spagnola, possiamo completare il quadro
delle analogie naziste. El estatuto de limpieza de sangre appare il precursore
della certificazione di appartenenza alla razza ariana previsto dai tragici
regimi razzisti novecenteschi. Si tratta sempre di antisemitismo, la faccia
della medaglia costituisce un dettaglio, il bersaglio additato è sempre quello
inventato dal Cristianesimo originario: gli Ebrei traditori e malvagi.
L’antisemitismo in tutte le sue forme si rivela un prodotto o un derivato della
religione cristiana. L’antigiudaismo tertullianeo ha attraversato i secoli.
“Adversus Iudaeos” è il titolo di un’opera di Agostino d’Ippona24.
Nell’inferno dantesco la sezione più profonda viene riservata ai peggiori traditori: si chiama Giudecca, con esplicito richiamo ai
pregiudizi cattolici antisemiti, là stanno i Giudei traditori25. Dall’antisemita Lutero in poi
l’antigiudaismo cristiano fu liberato da una cappa istituzionale rigida e poté,
malauguratamente, in maggiore libertà evolversi alla volta della sua forma
pseudoscientifica non religiosa. L’Ottocento in Germania contribuì a creare, in
negativo, il mito (nero) della purezza tedesca e l’ideologia pangermanica.
Fichte sostiene un inquietante primato storico e spirituale del popolo tedesco
nei confronti del resto dell’umanità. Egli, suggestionato da un lato dalla
dottrina veterotestamentaria di un popolo (in senso etnico) divinamente eletto
e dall’altro dalle filosofie del linguaggio di Herder e del “Cratilo”
platonico, afferma che i Germanici mitteleuropei siano rimasti un gruppo
storicamente non contaminato per parecchi secoli da fattori esterni. Il
fondatore dell’idealismo moderno identifica nella lingua nazionale l’elemento
discriminante, scartando in ciò il peso del sangue
e del territorio. L’uso della lingua
dei Tedeschi, secondo Fichte, non è stato troncato e innestato dal latino (come
ad esempio nel caso dei Galli). Tale privilegio di continuità concederebbe al
popolo germanico migliore e maggiore vicinanza all’origine linguistica umana, e
in un’ottica platonica la prossimità a quanto ci sia di più autentico nella
realtà. Fichte proclama i Tedeschi portavoce dell’Assoluto, attraverso di loro
passerebbe la palingenesi dell’umanità, rimasta zavorrata in materiali
interessi individuali. È il popolo, in quanto entità spirituale, il vero motore
mondano della vita. L’individuo vive in esso e non per sé. E al popolo
germanico spetterebbe il compito di correggere tutte le altre genti sparse nel
mondo. Ebrei compresi, cui Fichte rivolge la sua particolare antipatia in
“Contributi per rettificare i giudizi del pubblico sulla Rivoluzione francese”.
Qui egli afferma che, ovunque siano nel continente europeo, costoro
costituiscono un corpus misantropico dentro ogni società statale. Li etichetta
quali mercanti pericolosi per il prossimo nella loro brama di acquisizione,
astiosi con gli altri popoli in cui vedono i figli di coloro che li dispersero
nel mondo, fanatici adoratori di un Dio in comune con la Cristianità che loro
pretendono di tenere in esclusiva. Il filosofo tedesco esterna la sua
preoccupazione che la piovra giudaica,
uno Stato dentro lo Stato dice lui, possa mandare in rovina l’ordine delle
società cristiane europee. Perciò, a suo sconcertante avviso, non va dato
assolutamente spazio ai rappresentanti del popolo ebraico sparsi nei vari
consorzi sociali, perché i Giudei userebbero il loro potere per sopraffare gli
altri. Fichte è sgradevolmente chiaro: a questa gente non va concessa la
cittadinanza dello Stato in cui vivono (sic!). Si tratta in tale suo parlare di
pregiudizi accolti con irresponsabile tranquillità e promossi da un filosofo in
luogo di una analisi da parte di costui obiettiva che ne rintracci le cause
storiche e ideologiche. Il filosofo tedesco appare inoltre contraddittorio e
ipocrita nel suo dire qua. Non vuol passare per intollerante e condanna tutte
le forme di persecuzione religiosa, e al contempo lamenta che ci sia
un’eccessiva inaccettabile tolleranza verso i Giudei, a cui vorrebbe mozzare il
capo per sostituirlo con una testa non giudaica, se non anche trasferirli in
massa in Palestina (come ebbe a suggerire Lutero a suo tempo). Fichte riporta
un topos antisemita luterano ricordando che gli Ebrei sarebbero soggetti
ingannevoli, cioè malvagi e perfidi, e si vanta, pur disprezzandoli
manifestamente, di averne protetto qualcuno a suo rischio (sic!). Il fondatore
dell’idealismo moderno sottolinea l’importanza che rivestono per lui la
religione e la figura di Gesù Cristo, delle quali indubbiamente risente il
condizionamento. A conclusione di questa sua specifica non condivisibile parte
di opera in cui ha affrontato simili temi (in guisa così sgraziata e priva di
riflessione autentica) il filosofo tedesco sfida il suo lettore, dopo essersi
dichiarato non avvelenato nell’animo, a confutarlo coi fatti. Ebbene, caro
Fichte, la Storia ha dimostrato infausto tutto il tuo ragionamento, alla luce,
non soltanto, dei tragici fatti relativi all’Olocausto. Senza così sinistre
sponde l’antigiudaismo sarebbe rimbalzato di meno in avanti nella Storia.
Fichte nel suo porre l’accento della primazia tedesca sulla lingua compie una
valorizzazione di Lutero e della Riforma protestante poiché il popolo germanico
è stato liberato dalla “Bibbia” in latino e ne ha avuta in mano una in tedesco.
Nella visione fichtiana tale passaggio rappresenta un motivo di vanto. Più
avanti quando Nietzsche opererà una voltura concettuale del Cristianesimo
luterano in una filosofia laica e pseudobiologica26 recupererà
altresì due categorie che si rivelano significative: l’antisemitismo luterano
(e cristiano-tertullianeo in genere) e la componente dionisiaca presente nella
figura evangelica del Messia27. Fichte ha reso i tedeschi il nuovo
popolo eletto, e ciò si è venuto a contrapporre alle parallele vecchie pretese
di Ebraismo e Cristianesimo. Il razzismo nietzschiano, di marca
pseudobiologica, celebrante gli ariani, nel suo rigetto delle religioni, ha
individuato nell’Ebraismo il suo contrapposto principale in senso etnico. Quest’aspetto
del pensiero di Nietzsche, a mio avviso, nei generali recupero e rielaborazione
di mattoni luterani, dimostra che pure l’antisemitismo nel quadro nietzschiano
non sia nient’altro che un congeniale ritorno (in quella non condivisibile
ottica ovviamente), dell’antigiudaismo canonico cristiano però liberato della
faccia religiosa della medaglia di cui ho detto. Il razzismo di Gobineau, dal
mio punto di vista, rappresentò un supporto esterno, accidentale, non
necessario alla sfera tedesca ottocentesca e novecentesca, la quale possedeva
già da sé una qualificata, purtroppo, cremeria filosofica di discriminatori
(Kant, Fichte, Schelling, Hegel, Schopenhauer, Marx, Nietzsche, Weininger,
Heidegger). Da Nietzsche in poi il feroce antisemitismo di Lutero (il quale fu
a danno dei perfidi Giudei un
istigatore all’emarginazione sociale, agli espropri, ai lavori forzati, alla
violenza) rivive soltanto nelle forme degenerate del rovescio della medaglia
antisemita cristiana, il lato de los estatutos de limpieza de sangre, i quali
ritroveremo separati da una cornice teologica e inseriti in uno schema
razzistico pseudobiologico nella deprecabile esperienza nazista. Fu Fichte
stesso a creare le condizioni del passaggio dell’antisemitismo luterano,
durante l’incrocio di questo con idee romantiche tedesche accostabili alle di
costui di sopra, alla volta di una di esso incisiva ripresa in ambito
sociopolitico. “Lingua+Lutero+antigiudaismo”, un trinomio di spunti ideologici
torbidi; al punto tale che il primato linguistico ha lasciato il passo in era
positivistica a un fattore principe, quello del sangue, de la limpieza de
sangre. Un altro dettaglio da non trascurare a proposito di Nietzsche e
Tertulliano è che l’esaltazione del “dionisiaco” del primo a scapito
dell’“apollineo” non fa altro che riproporre il modello tertullianeo
irrazionalista il quale rifiuta la filosofia e il pensiero razionalizzanti per
privilegiare pulsioni di “dionisiaco (cristiano)” vitalismo cieco e
scriteriato. Non si rivela peregrino che nei “Discorsi alla nazione tedesca”
Fichte dica che chi appartiene al popolo eletto tedesco, diretto luminoso
raggio della vita universale la quale marcia sempre in atto, debba mostrare
disponibilità all’estremo sacrificio per il bene del popolo. Sembra un discorso
alquanto pazzesco che sa di martirio cristiano, allora permeato di irrazionale
slancio suicida dionisiaco, che ritroveremo nell’ideologia filofichtiana e
nietzschiana nazista (dulce et decorum est pro patria mori). Dentro il nazismo
sono finite molte ombre del passato, e tutte risalenti alle origini del
cristianesimo. È possibile ricostruire, come si vede, i percorsi e trovare
cause prossime e cause remote in un ponderato obiettivo esame. La linea di
pensiero dell’antisemitismo tedesco è questa: Tertulliano-Agostino
d’Ippona-Lutero-Fichte-Nietzsche-Hitler. L’antisemitismo luterano laicizzandosi
fu filtrato e assorbito dalla suddetta apologia delle genti tedesche, la quale
trovò il suo perfetto interprete (potremmo definirlo in negativo senso lato un
“profeta”) in Nietzsche. L’idea che è venuta fuori da questo processo è quella
di una Germania salvatrice dell’Umanità dalla piovra ebraica: idea molto malsana che infiniti addusse lutti.
Nietzsche non è un precursore del nazismo, furono i nazisti a essere prosecutori
nietzschiani. Di questa sciagurata ideologia di esaltazione germanica
antisemitica Nietzsche rappresentò una specie di profeta veterotestamentario,
mentre, proseguendo il paragone, il messia neotestamentario fu Adolf Hitler e
il “Mein kampf” risultò essere una sorta di vangelo. Pio XI, pur potendo far
cancellare i due discussi termini “perfidi” e “perfidia” dalla liturgia
cattolica, preferì accontentare l’ala antigiudaica della Chiesa e lasciare il
di essa razzismo spiritualista a danno degli Ebrei intatto. Cercò soltanto,
senza successo perché morì, di attaccare il razzismo biologico nazista. Papa
Ratti vide il bicchiere mezzo vuoto a differenza del suo successore. La
Germania nazista sedicente grande salvatrice dell’Umanità dalla piovra giudaica grazie alla sua dottrina
razzistica biologica costituiva una seria avversaria della Chiesa, sedicente
grande salvatrice dell’Umanità dalla piovra
giudaica grazie alla sua dottrina razzistica spiritualistica. Se la Chiesa
non apprezzava il razzismo biologico antisemita nazista in quanto non
spiritualista, ebbe un giudizio più morbido su quello italiano emerso
disgraziatamente alla ribalta alla fine degli anni ’30, a proposito del quale
anzi a tratti in alcuni suoi quotati rappresentanti espresse particolare simpatia.
Pio XI aveva disposto un’enciclica dove si attaccava il nazismo e la sua
ideologia razzistica antigiudaica. La sua morte nel ’39 fermò l’imminente
pubblicazione, e Papa Pacelli subentratogli la sospese del tutto ritenendola
inopportuna. Dal punto di vista tertullianeo di quest’ultimo il bicchiere era
mezzo pieno: alla Chiesa, tutto sommato, gli effetti di privazione delle
libertà a scapito dei Giudei negli anni Trenta e Quaranta risultavano graditi
in ossequio al proprio tradizionale antiebraismo cristiano, poiché i traditori della fede avevano guadagnato
le loro punizione divina e rovina storica (a prescindere dalla
strumentalità contingente). Pio XII è stato sconcertante nella sua assente
esternazione pubblica di una protesta contro le legislazioni razziali e le
persecuzioni antisemitiche della prima metà del ’900. Lo storico statunitense
di origine ebraica Daniel Goldhagen ci rammenta due significativi episodi circa
l’acquiescenza ecclesiastica alle leggi antisemite laddove emanate. Nell’estate
del ’41 l’ambasciatore della Repubblica di Vichy presso il Vaticano chiese alla
sede pontificia un parere di conformità sulla legislazione antigiudaica varata
dal suo Stato fantoccio nazista francese. La risposta fu così positiva ed
entusiasmante (i Giudei, a detta del suo interlocutore ecclesiastico,
meritavano l’emarginazione affinché non nuocessero agli altri) che la
collaborazionista Repubblica di Vichy rese ufficialmente nota l’approvazione:
da Roma non pervenne nessuna smentita. Dalla sede pontificia, addirittura,
motivata da visibile quasi integrale approvazione nei confronti di quelle
aberranti norme, pervenne nel ’43 al governo presieduto dal generale Badoglio
la sollecitazione a mantenere attive tutte le limitazioni a carico degli Ebrei,
apprezzate dalla Chiesa, previste dalle giustamente abrogande leggi razziali
fasciste dopo l’armistizio, con l’esclusione dei Giudei aderenti al
Cattolicesimo. A fungere da portavoce il gesuita Padre Pietro Tacchi Venturi
(un amico di Mussolini) presso l’allora ministro per gli affari interni. La
deprecabile legislazione discriminatoria e razzista emanata dal fascismo nel
periodo 1937-38 fu abrogata dallo Stato italiano a partire dal ’44 attraverso
numerosi provvedimenti, però durante la guerra era proseguita infaustamente nei
territori della RSI. Con il Concilio Vaticano II (1962-65) la Chiesa ha
cambiato di 180° la sua pregressa posizione tertullianea riguardo al Giudaismo.
Continua qui
NOTE
20 Sul pensiero nietzschiano esiste un
mio lavoro analitico dentro al mio saggio di nota 10, intitolato Leopardi e Nietzsche: i profeti del male?.
21 In vista di un approfondimento si
veda nella mia opera Prospettive
rinnovate (2023) il mio studio Dall’inno
stoico a Zeus di Cleante alla fondazione del Cristianesimo.
22 Vedansi: la mia analisi indicata
nella nota 1, e l’altra recante il titolo Iside
e Osiride, Cristo e la Madonna all’interno della mia pubblicazione Note di studio (2016).
[2.3 di questo testo]
23 Approfondimenti possibili mediante
miei lavori in miei saggi: Radici egizie
in Ermeneutica religiosa weiliana
(2013); L’acqua e il dio biblico in Teologia analitica (2020); lo studio
menzionato nella nota 7.
24 Riguardo a un approfondimento su
questo testo agostiniano si veda l’indicazione di nota 9.
25 Vedasi nota 12.
26 Si veda la nota 20.
27 Al fine di approfondire si veda il
mio studio segnalato nella nota 1.