di DANILO CARUSO
Pochi anni prima della dissoluzione dell’URSS
(avvenuta alla fine del 1991), il 6 febbraio – giorno in cui è
commemorata – 1988 (24 gennaio per gli ortodossi) Xenia Grigorievna
Petrova è stata canonizzata dal Patriarcato di Mosca. Nel corso
dell’epoca comunista, nonostante i divieti di natura religiosa, e
nonostante l’impossibilità di accedere alla sua cappella (addirittura
circondata da una recinzione alta sui 3 metri), il notevole culto
popolare della sua persona, ereditato dal passato, non subì flessioni
(fiori e messaggi erano lasciati prima all’esterno della cappella
chiusa, successivamente presso il recinto). La più dettagliata opera
agiografica su di lei è quella di Dimitri Bulgakovskij, risalente al
1895. Nacque a San Pietroburgo all’interno di una famiglia proveniente
dalla nobiltà russa verso il 1731. A 22 anni si unì in matrimonio a un
colonnello, Andrea Fëdorovič Petrov, che era corista di corte. Quattro
anni dopo perse il marito deceduto a causa di un abuso d’alcolici in
modo istantaneo in occasione di una festa. La cosa turbò molto Xenia,
rimasta vedova senza figli, poiché credeva che lo sposo, essendo morto
in assenza di conforti spirituali, non avesse avuto diritto a una
salvezza immediata dell’anima in paradiso. Così ella decise di
intraprendere un cammino ascetico, in cui sostituendolo, riscattasse i
peccati del coniuge (del quale per l’appunto assunse il nome e prese a
indossarne la divisa: adduceva che a morire non era stato lui ma lei).
Seguendo l’insegnamento evangelico si liberò di tutte le sue proprietà a
favore dei più bisognosi (donò l’abitazione in cui risiedeva perché
divenisse ricovero per poveri – era posta all'angolo tra viale Bolshoy e
via Lakthinskaya – a un’amica che persuase poi a adottare in modo
prodigioso un neonato senza genitori). Questa condotta fece ritenere ai
familiari che fosse impazzita. Cercando dunque di farla dichiarare
interdetta da un tribunale fu sottoposta ad accertamento sanitario: la
sua presunta “follia” non era di carattere mentale (fu infatti giudicata
in grado di ragionare perfettamente con libertà), ma spirituale. Esiste
nella religiosità russa una categoria di asceti che se da un lato subì
pure persecuzioni di polizia dall’altro riscosse la venerazione
popolare: sono definiti pazzi per Cristo (espressione che trae origine
dalla prima lettera neotestamentaria ai Corinzi, in cui la fede in
Cristo è presentata come follia al giudizio di pagani e non cristiani).
La radicalità della loro vita di rigore e povertà, che rappresentava una
forma di condivisione delle sofferenze della Croce, li faceva
considerare dei fenomeni di aberrazione naturale e sociale, cosa che se
era mal vista dai ceti più agiati costituiva la loro forza di
testimonianza del Vangelo di fronte ai diseredati, desiderosi di un
riscatto. Il caso di Xenia, che attirò più tardi anche l’attenzione
delle forze dell’ordine pietroburghesi, fu uno di questi. In principio,
respinto pure il sostegno di congiunti e conoscenti, fu agli occhi dei
più oggetto di dileggio. Faceva dono ulteriore agli indigenti delle
offerte che aveva l’abitudine di prendere esclusivamente da chi le
avesse porte amorevolmente. Allontanatasi da San Pietroburgo, per farvi
ritorno all’età di circa 34 anni, girò alla ricerca di “consiglieri
spirituali”: le agiografie riferiscono che il movente della sua
conversione narratole dallo starets san Teodoro di Sanaxar (un ex
ufficiale; 1719-1791), in cui si era imbattuta, la convincesse a far
riferimento, dati i tratti di coincidenza, all’episodio di morte del
marito. Persona di straordinaria pazienza, ebbe una particolare
predilezione verso la campagna pietroburghese, che le offriva riparo di
notte, e la cui natura a suo avviso l’avvicinava al divino. Viveva nella
zona più misera di San Pietroburgo raminga e non curata (camminava
scalza sulla neve), similmente ai più radicali antichi filosofi cinici
(consumatasi l’uniforme del consorte la sostituì con brandelli di
stoffa, di analoghi colori verde e rosso che la richiamassero). Coloro a
cui mostrava benevolenza sembra venissero risollevati nella loro sorte,
tant’è che cominciò a essere ricercata per questo suo carisma, al quale
aggiungeva quello di preconizzare il futuro, che rendeva noto con
formulazioni il cui senso letterale – da interpretare – rinviava a un
significato profetico più profondo. Previde le morti della zarina
Elisabetta (1709-1762), il giorno prima, e del prigioniero deposto zar
Ivan VI (1740-1764), con tre settimane d’anticipo. A un’altra donna di
nome Krapivina, sempre in maniera oscura, anticipò la sua prossima
prematura scomparsa con l’affermazione che le ortiche – in russo ortica è
krapiva – sarebbero appassite rapidamente. Nello stesso tono
apparentemente incomprensibile dava indicazioni a compiere azioni che
poi disvelavano avere un seguito positivo, come nel caso della ragazza
che sposò il vedovo a cui la santa l’aveva indirizzata dicendole che il
(futuro) marito di lei stava seppellendo la consorte (precedente). I
concittadini credevano che calato il sole andasse a riposare nel vicino
cimitero di Smolensk, dove si scoprì che durante l’edificazione della
chiesa, nel 1794, ella agevolava nella nottata i lavori degli operai
facendo trovare pronti i mattoni. Alla sua scomparsa, avvenuta intorno
al 1803, fu sepolta in questo camposanto, luogo in cui una cappella fu
completata nel 1902 sopra il suo sepolcro (molto frequentato da fedeli
che solevano portarsi via un po’ di terra o di pietra dalla costruzione
come reliquia). Diverse furono le testimonianze di sue apparizioni post
mortem foriere di miracoli. La zarina Maria Fëdorovna (1847-1928) le
impetrò la guarigione del marito zar Alessandro III (1845-1894): una
loro figlia, della cui venuta al mondo era stata avvisata in sogno dalla
santa, assieme al risanamento del consorte, fu perciò chiamata Xenia
Aleksandrovna (1875-1960); dei Romanov questa fu una delle pochissime
persone a scampare dallo sterminio bolscevico della famiglia. Oltre a
essere inclusa nel novero dei patroni di San Pietroburgo – con l’altro
ortodosso sant’Alexandr Nevskij e il cattolico san Giuda Taddeo – i
patronati di questa “folle per amore di Cristo” coprono gli incendi, gli
studenti, i disoccupati, i bimbi a disagio, gli errabondi e i coniugi
(il racconto della sua vita vuole che ella abbia visto in vita un
preannuncio della futura condizione paradisiaca propria e del defunto
sposo). La cappella di santa Xenia, ritornata accessibile a tutti, è
stata restaurata nel biennio 2001-2.