di DANILO CARUSO
Nelle mie ricerche e nei miei studi
sulla storia e sulla teologia cristiane, poiché prima di essere qualcuno che
spiega qualcosa (senza pretesa di novità) sono uno che indaga e approfondisce,
mi sono concentrato soprattutto sulla linea di pensiero dell’oggetto esaminato.
Non abbandonando simile modalità voglio analizzare gli effetti
dell’affermazione del Cristianesimo sul mondo dell’arte figurativa. Esporrò
dunque il mio punto di vista critico, il quale non mira a ripercorrere ogni
angolo dell’arte medievale (periodo manualistico qua preso in considerazione),
bensì tende a esprimere una valutazione generale, presentando degli exempla.
Nel mio dire mi soffermerò solo su qualche opera in particolare al fine di
rendere tangibile il segno della mia riflessione la quale offro come un metro
generale da applicare. Ho già chiarito che parlerò di Medioevo. Questo nella
mia ottica possiede un blocco storico massiccio il quale va dall’Editto di
Costantino alla coniazione del fiorino. È l’arco temporale di pura altissima
potenza dell’ideologia religiosa cristiana, la quale condusse, in virtù dei
suoi contenuti sessuofobici e misantropici, alla caduta dell’Impero romano
nell’Europa occidentale. Dopo la coniazione del fiorino, evento simbolico di
una rinascita umana e sociale, la Storia europea, per me, visse una dicotomia
diacronica, essendo attraversata da realtà viventi come la Chiesa in un regime
culturale di impronta medievale (molto a lungo), e da realtà come i ceti
imprenditoriali animati da una vis attivistica e liberale esistente, a latere,
in aree definite umanistico-rinascimentali. Nel bene e nel male, dalla
coniazione del fiorino alla Rivoluzione francese, sono stati i gruppi umani impegnati
nella produzione dei mezzi di sussistenza, e non solo, a conquistare sempre più
larghe libertà. Ed è un merito ascrivibile sia ai capitani d’impresa, sia
all’esercito dei lavoratori: le due facce della medaglia di una dimensione
attivistica1, la quale nel Medioevo post-millenaristico determinò
una rinascita alla vita davanti al deprimente patologico schema cristiano,
disprezzante tutto quanto fosse connesso alla corporeità umana anche in termini
di dinamismo. La constatazione del fallimento delle aspettative millenaristiche
diede la prova alle menti più aperte del valore fantastico della costruzione
cristiana. E dal momento che non a tutti piacque annegare nel masochismo il
vitalismo batté un colpo di coda e sorsero interessi d’impresa, ma a mio avviso,
quali puri moventi esistenziali positivi. Non mi pare giudicabile sano il fatto
che l’Arte abbia fatto da megafono alle devianze misogine, misantropiche,
antisemitiche, nevrotiche della Patristica2. Nel Basso Medioevo
qualcosa è cambiato dentro la Cristianità cattolica (gli ortodossi orientali si
sono staccati da Roma nel 1054). Fra XI e XIII sec. vi è una rinascita grazie
all’attivismo artigianale, indice della comparsa di un embrione imprenditoriale
moderno, testimoniante una rivendicazione della dignità del lavoro umano al
cospetto di un malato totalizzante spiritualismo cristiano. Rappresenta esigenza
dei ceti motivati da quell’attivismo che la bruttezza del contenuto lasci uno
spazio al bello formale recuperato dalla lezione antica romana. È qui che io
rilevo il conflitto psicosomatico dell’arte basso-medievale, evocato nel
titolo. Da un lato l’estetica cristiana alto-medievale richiedeva brutalità
semiotica e un rifiuto dell’ideale di bellezza greco del corpo (il teatro del
peccato), dall’altro i risorti post-millenaristi, rinati a nuova vita mondana,
insensibili al fascino della “pazzia del Cristianesimo” messo nell’arte e
altrove, pretendono il ritorno di un “bello” canonico, seppur formale, spesso
ancora imprigionato nel totalitarismo religioso. Possiamo rilevare un
significativo arco dello scontro, secondo me molto simbolico, il quale va dalla
fiorentina “Maddalena” di fine del ’200 del cosiddetto Maestro della Maddalena
a la “Nascita di Venere” (1485) del Botticelli (il quale, Fiorentino, avrà
probabilmente visto la prima opera nel suo iter artistico). Dal primo dipinto
(misogino) al secondo l’Arte ha recuperato, dove possibile, con efficacia una
sua autonomia dal contagio cristiano. La Civiltà umanistico-rinascimentale
proseguirà la vocazione emancipatrice dalla religione cristiana, mentre la
Chiesa vivrà al suo interno un prolungato Medioevo. Nell’epoca basso-medievale
possiamo notare le tracce evidenti di una dialettica ad alta tensione. Tornando
meglio sulla “Maddalena” di cui sopra, in materia di misoginia e di contrasto
tra bello formale e oscurantismo dottrinale dentro l’arte sacra alto-medievale,
possiamo rilevare alcune cose. Sebbene l’ignoto autore abbia cercato di
presentare una sorta di yeti, la figura femminile non appare brutta (semmai
abbruttita, tuttavia in guisa non tanto efficace, dall’abito di lunghissimi
capelli). V’è una censura del corpo femminile, ma vengono fuori graziosamente
piedi, avambracci, mani e volto. Questo ha occhi verdi e guancette rosse
(simbolo di vergogna, le quali però danno una vitalità imprevista),
sopracciglia curate scendenti lungo un naso modello per la chirurgia estetica.
Se le guance sembrano beneficiare di un tocco cosmetico, anche le labbra le
imitano. I lunghi capelli possiedono una tonalità di castano alla moda di
moderne tinture, e le orecchie fanno capolino in giocoso modo. Solo quell’aria
imbronciata e il contorno fumettistico salvano l’intento monitorio deprimente
assieme a quel proclama scritto tenuto in mano, ammonente i peccatori a non
allontanarsi da Dio. Maria Maddalena è stata comunemente in origine ritenuta
essere una prostituta. Tale tradizione anima il tono del dipinto e gli dà il
senso teologico: censurare il corpo femminile e la libido a vantaggio di
misoginia e sessuofobia cristiane. Non reputo che l’effetto sia stato
conseguito al 100%. Il conflitto psicosomatico dell’arte basso-medievale
produce una dialettica di sprone nel fruitore, nonostante possa essere qualcosa
vissuto in modo traumatico a causa della cappa religiosa avvolgente le menti. E
che siffatta tensione abbia poi portato alla Venere del Botticelli significa
che un quid dialettico esisteva dopo l’oscurantismo totale e postapocalittico
(nel senso cinematografico e letterario moderno, perché il Cristianesimo
secondo me ha simboleggiato una catastrofe atomica nell’Occidente durante
l’Alto Medioevo). Se accostiamo la figura botticelliana di Venere a quella di
questa Maddalena troviamo delle analogie di postura: la divinità pagana appare
più leggiadra e più sciolta, la santa cristiana si mostra più irrigidita; non
facciamoci ingannare da difformità dinamiche.
C’è la stessa donna in due situazioni
diverse: la prigionia (nevrotica, misogina, sessuofobica), la liberazione (la
nascita di Afrodite, al di là delle righe la “rinascita” della Maddalena).
Lunghissimi capelli in entrambe attorno al corpo, ma la Venere ha rimosso la
precedente censura. Questa ha ripreso a vivere. L’inclinazione di gambe e piedi
(estremità somiglianti nelle due donne) supera la catatonia di contrizione
spirituale precedente. Avambraccio destro sempre con mano verso l’alto, però
ora poggiante sui seni. La Maddalena tiene il proclama religioso all’altezza di
muliebria genitalia (una sorta di segnale di divieto), la figura mitologica del
Botticelli vi tiene i capelli scendenti della lunga chioma. Il divieto
sessuofobico è sparito, la luce spenta dei capelli castani della Maddalena si
tramuta in un biondo più vivo. I capelli di Afrodite svolazzano, al contrario
di quelli della Maddalena, i quali la impacchettano dalla testa fin quasi ai
piedi, e più che un pacco rigido sembrano una bara di legno (dove morire
spiritualmente, risorgere in seguito con Cristo, e così via). I due volti
sembrano appartenere alla stessa donna: inclinato, leggermente ruotato, vivo,
quello botticelliano; in stile di fototessera, burocratica immagine, si
presenta il viso della Maddalena (tuttavia con pregi sopra delineati). Bocca,
naso, occhi, sopracciglia identici e differenziati dal dinamismo. In Botticelli
ritroviamo una “Rinascita della Maddalena”, che in un primo livello
iconografico rimane pur sempre una “Nascita di Venere”. Quanto appena
illustrato costituisce un concreto esempio di quello che io chiamo “conflitto
psicosomatico nell’arte medievale”, peraltro con una “soluzione catartica
dichiaratamente umanistico-rinascimentale. Un altro exemplum molto vistoso del
contrasto psicosomatico dell’arte medievale, che ho teorizzato, emerge dal
prospetto del Duomo di Orvieto dove si trova un bassorilievo della “Creazione
di Eva”, opera di Lorenzo Maitani (1275-1330). È impressionante il gusto
naturalistico antico, il disegno classico dei corpi. Al di là di Adamo ed Eva
nudi, la leggerezza della veste di Dio ne fa intravedere le forme di tutto il
lato della schiena, dalla testa ai piedi: sembra una divinità pagana greca resa
cristiana dal simbolismo. Eva, ritagliata con estrema finezza, assomiglia alla
Venere del Botticelli con cui ha in comune canoni estetici femminili mondani
non religiosi di quelle epoche. Pare proprio una adult doll. Tuttavia interviene
la deep theology a normalizzare ogni cosa, a vanificare la prima impressione. A
dispetto di tutto le forme classiche restano, ed entrano in conflitto col
disegno ideologico-semiotico del Cristianesimo. Rappresenta questo bassorilievo
una testimonianza molto viva di ciò che sostengo: una patologica dialettica
vissuta dal Medioevo nell’interno di sue espressioni. Da un punto di vista
teologico può avere un senso, e concedere una legittimità, il dire che quello è
il corpo di Eva precedente il peccato originale (da cui il lasciapassare all’intera
immagine), però il classicismo “spinto” della circostanza lascia l’indice di
altro: quella non è Eva, quella è una Venere inconscia; e Adamo potrebbe, a
ragion veduta, essere interpretato quale un Marte. Andiamo ad accostare detto
bassorilievo con “Venere e Marte” (1482 ca) di Botticelli.
Io penso che pure qui si possa parlare
di “soluzione catartica” dopo il precedente, già visto, della “Maddalena”. L’Arte
si rivela sovrastrutturale fenomenologia, nell’accezione junghiana,
segnalatrice della condizione della Civiltà nel Medioevo. Il Gotico ha fatto
della raffinatezza rappresentativa una sua cifra grazie alla ricercatezza
manierata e iperbolica. Il lusso e l’apparire contrassegnano i segni di nuovi
tempi volti a un clima protocapitalistico moderno. Il Gotico non dipinge più
tante madonne antiedoniste, dipinge fashion models sub specie Mater Dei,
madonne per caso3.
NOTE
Questo testo è un estratto del mio
saggio intitolato “Sindrome dell'arte medievale”
1 Sopra questa materia un mio
scritto: La genesi dell’Umanesimo italiano nel mio saggio Radici occidentali (2021).
2 Riguardo a tali temi diverse le
mie analisi. Per un approfondimento consiglio di iniziare dalla mia
pubblicazione intitolata Studi
illuministi (2024), e di seguire le ulteriori indicazioni delle note a
ritroso nel tempo.
Colgo l’occasione inoltre di segnalare
un altro interessante testo al fine, anche generale, di approfondire: Vicari di Cristo [Vicars of Christ (1988 eng.)] (1990 ita.) di Peter de Rosa. Non
mancano in Italia meritevoli lavori sulla storia della Chiesa. Ne voglio
ricordare un paio volendo offrire un trittico il cui arco, non solo, storico
coperto sia esauriente al meglio: I
segreti del Vaticano (2010) di Corrado Augias, L’oro del Vaticano (2010) di Claudio Rendina. Come afferma Platone,
chi è in grado di cogliere l’“intero” può raggiungere la capacità di conoscere,
ed essere cioè filosofo, se non conoscitore quanto meno abilitato alla conoscenza.
3 Clamoroso, giudico, il caso, in
periodo umanistico, della quattrocentesca Madonna
del latte in trono col Bambino di Jean Fouquet, oggetto di una mia analisi:
La Madonna “pneumatica” e Lenina Crowne,
nella mia opera recante il titolo Note di
studio (2016).