di DANILO CARUSO
It was a pleasure to burn.
It was a special pleasure to see things eaten,
to see things blackened and changed.
Ray Bradbury, “Fahrenheit 451”
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Durante
un’uscita di intervento assieme alla sua squadra di vigili del fuoco, Montag,
che era abituato a trovare solo libri da bruciare, si ritrova per la prima
volta dentro un’abitazione alla presenza di un’anziana che vi risiedeva:
l’episodio lo turba molto sin dal principio. Nel corso dell’ispezione il
protagonista, dopo la scoperta di libri nascosti, riesce a trafugarne uno per
sé all’insaputa dei compagni d’azione, e a portarselo a casa. La vecchia
padrona della casa perquisita, destinata alla detenzione, al posto di
abbandonare l’edificio dà lei stessa fuoco a tutto, il quale era stato cosparso
di cherosene dai vigili incendiari, così sorprendendo i pompieri stessi e
suicidandosi tra le fiamme. L’episodio del suicidio dell’anziana donna turba in
maniera significativa Montag, il quale non trova conforto presso la moglie,
refrattaria a qualsiasi emozione libera e alla riflessione lucida sulla
condizione delle cose. In casa del protagonista e della moglie Mildred si reca
il capitano della squadra di lui, dal momento che egli si è abbandonato a sé,
non recandosi al lavoro. Il capitano Beatty spiega al suo subalterno la
pericolosità dei libri, i quali sono stati veicolo di disgregazione sociale per
mezzo dell’alimentare diversità di idee e di vedute. Con l’avvento della
società di massa essi sono finiti in secondo ordine a beneficio di una comunicazione
più dinamica, rivelandosi strumenti di una élite intellettuale che bisognava
sopprimere a vantaggio di un benessere massificato. L’intera comunicazione
critica ha dunque lasciato spazio a una semplificazione spontanea a causa del
privilegio assegnato alla rapidità informativa. Il linguaggio verbale è stato
soppiantato da quello iconografico in un generale livellamento delle capacità
riflessive, compresse dalle esigenze del sistema politico dominante. E a difesa
di esso esistono i pompieri (incendiari), la cui origine, in realtà è stata
distorta assieme a tutto il resto delle informazioni riguardanti il passato. Dopo
che Beatty ha lasciato i coniugi Montag, terminata la sua ammonizione sulla
modalità in cui le cose devono essere e svolgersi, Guy rivela a Mildred, la
quale ne rimane sconvolta, il possesso di diversi libri nascosti in casa. La moglie
vorrebbe bruciarli subito, però lui chiede un po’ di tempo allo scopo di
esaminarli, al fine di verificare la bontà di quanto sostenuto dal capitano.
Costui preoccupa entrambi, seppur aventi differente spirito, per via della
paura di essere smascherati. Mildred, con la testa tra i fumi del conformismo
elogiato da Beatty, vorrebbe un immediato rientro della situazione nella
consueta vita, Guy invece è intenzionato a spingersi oltre, a scoprire cosa si
cela de facto dietro alla facciata delle proibizioni. Montag si mette in
contatto e incontra un ex professore universitario di lettere (conosciuto per
caso tempo addietro) con l’obiettivo di trovare una guida nel suo difficile
momento di riflessione. Il professor Faber è il simbolo della razionalità, così
come lo era Virgilio in relazione al Dante della “Commedia”, ma altresì
rappresenta l’archetipo junghiano del Vecchio saggio. Infatti Faber critica la
società della vita senza saggezza e dell’uomo a una dimensione. Un mondo che ha
preferito mantenere una generalizzata situazione di ignoranza tra i suoi
componenti, nutrendoli di una condizionante comunicazione soprattutto per
immagini (il che è accaduto in Europa attraverso l’arte sacra, espressione di
una teologia dogmatica e non di un liberale umanesimo quale quello greco
antico). Tutti i vari orwelliani newspeak mirano a depotenziare le capacità
intellettuali dei singoli. In “Fahrenheit 451” ne è esempio di riprova l’episodio
in cui Guy legge una poesia con intento provocatorio rivoluzionario a casa
propria a delle amiche di Mildred. Risultato presso il suo uditorio: enormi
turbamenti di vario segno da parte di chi è ormai estraneo a una sincera e
autentica dimensione umana. Montag e Faber si sono alleati nel frattempo in un
singolare e strano sodalizio sovversivo. Fra le parole che Bradbury mette in
bocca al professor Faber: un significativo, brevissimo, accenno all’Ombra
junghiana (la forza oscura che si nasconde nella psiche di ognuno); e una non
meno rilevante rievocazione di un preciso concetto critico approfondito da
Alexis de Tocqueville e John Stuart Mill: la tirannia della maggioranza. Mildred
finisce per denunciare il marito e andarsene di casa. La loro abitazione viene
distrutta da un’azione dei vigili del fuoco alla quale inizialmente partecipa,
senza sapere la destinazione dell’intervento, lo stesso Montag. Dichiarato
infine in arresto, costretto a bruciare la propria dimora con i libri che
conteneva, uccide col lanciafiamme il capitano Beatty e si dà alla fuga.
Transitando da Faber riesce a scappare fuori della città, liberandosi
dall’inseguimento di polizia. L’iter finale del protagonista dall’ambiente
urbano a quello naturale costituisce il passaggio dalla forma di repressione
sociale (irrigiditasi nella massificazione strumentalizzata) a una dimensione
di libertà consapevole (dove la sovrastruttura di controllo non è più attiva e presente).
Simile dicotomia si ritrova in “Noi”, romanzo di Evgenij Zamjatin2.
In “Fahrenheit 451” Guy seguendo le indicazioni dategli in precedenza da Faber
raggiunge una comunità di intellettuali appartatisi dalla società. Grazie a
costoro vede in televisione la cattura e l’uccisione da parte delle forze
dell’ordine di un uomo spacciato ai telespettatori per il pericoloso ricercato
e omicida Montag, in realtà ormai al sicuro lontano. Il sistema dominante ha
avuto bisogno di una spettacolarizzazione dell’evento da concludere comunque a
proprio favore di fronte a un pubblico di pseudoumani acritici a una
dimensione. Gli uomini incontrati dal protagonista del romanzo di Bradbury
hanno una particolare caratteristica: sono persone-libro.
Al
fine di preservare la conoscenza umanistica ognuno porta nella propria memoria
il testo di un’opera, così facendo si mantiene uno spazio di sicurezza al
cospetto dei distruttori di testi stampati. La loro è una pacifica iniziativa
di tutela delle humanae litterae, in previsione di un auspicato recupero di un
regime di normalità. La cosa rammenta in parte la polemica platonica contro la
scrittura a beneficio della comunicazione orale del sapere. Si tratta
ovviamente dall’accostamento di due problematiche differenti, le quali tuttavia
nel privilegiare la trasmissione attraverso l’oralità e la memoria indicano la
medesima soluzione dei rispettivi problemi, che in fin dei conti possiedono
un’identità formale: lo svuotamento delle capacità critiche intellettuali in
seguito a depotenziamento mentale. La conclusione del romanzo bradburiano
consente a Montag, e ai lettori del testo distopico, di poter riallacciare
alcuni nodi lasciati liberi in itinere prima. Da un lato egli è del tutto
libero dalla caverna platonica e ha trovato persone in grado di aiutarlo e con
cui condividere il disincanto anticonformistico, dall’altro trovano pure
approdo le tematiche junghiane evocate nella mia analisi in precedenza. Tale
secondo tratto assume uno svolgimento non perfettamente nitido. Al protagonista
dell’opera mediante le parole del suo nuovo, e ultimo, illuminato interlocutore,
Granger, viene di nuovo prospettato l’archetipo del Vecchio saggio, quale
culmine del processo di individuazione. Quest’ultimo altresì coinvolge la
problematica dell’“anima” junghiana, simboleggiata in apertura del racconto di
Bradbury da Clarisse. Di lei non si sa più nulla, si dice possa essere anche
morta. Ma il finale del romanzo recupera questa materia della psicologia
analitica di Jung in modo inusuale attraverso la morte di Mildred, moglie di
Guy, nel bombardamento della città da dove lui è scappato. Le morti di Clarisse
e Mildred vanno intraviste come tappe figurate di un cammino alchemico
psicologico, lasciata alle spalle la nigredo, alla volta della rubedo. Clarisse
da minorenne non poteva apertamente tornare per sostituire Mildred, perciò quest’ultima
perisce allo scopo di rimuovere lo stallo strutturale concettuale nella
narrazione. E di Clarisse non si viene a conoscere più niente al pari di Weena
del time traveller di Wells3. Alla fine della mia disamina di
“Fahrenheit 451” ritengo importante aggiungere delle altre considerazioni
sull’argomento generale affrontato. L’opzione di distruggere cose e uccidere
persone col fuoco non si rivela una fra le tante. Nella cultura occidentale
impastata nei secoli di Cristianesimo si mostra caratteristica, e la
peculiarità deriva dal fatto che la Bibbia è una raccolta di libri costruita
sopra un culto solare: il fuoco è il potere del Dio biblico in quanto Sole.
L’inferno di fuoco e la condanna al rogo non sono concetti casuali. Escono da
una neoatonista teologia solare (variamente poi elaborata attraverso l’uso di
basi filosofiche greche). Quindi quanto leggiamo in quest’opera bradburiana non
viene da me ricollegato a caso a una forma mentis religiosa. Pensiamo, ad
esempio all’Indice dei libri proibiti, che la Chiesa cattolica ha soppresso
solo nel 1966; o ai quemadores dell’Inquisizione spagnola, dei forni dove i
condannati venivano inseriti vivi morendo nell’arco di pochissimi giorni. E poi
ricolleghiamo ciò al romanzo distopico bradburiano: i libri sono pericolosissimi
e le case dei loro possessori finiscono parimenti in fiamme (ricordiamoci
dell’episodio della donna indotta al suicidio: possiede un quid di condanna
capitale a Giordano Bruno). Il teorema di Simone Weil sull’origine della forma
totalitaristica moderna in Occidente non fallisce4.
NOTE
Questo testo sarà inserito in un prossimo saggio
critico a stampa.
1 Per
approfondimenti segnalo due miei saggi:
2 Al fine di
approfondire indico una mia monografia:
3 Un
approfondimento è possibile leggendo questo mio studio:
4 A tal riguardo
suggerisco questa mia lettura: