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La
sezione della Bibbia cristiana denominata Vecchio Testamento contiene lo schema
politico dato dal Dio veterotestamentario al popolo ebraico. Egli ha scelto un
gruppo umano in particolare instaurando una teocrazia in Israele. Si dice
infatti che il re sostanziale è lui (Isaia 43,15). I primi libri delle Sacre
Scritture (il Pentateuco) delineano l’organizzazione giuridica e amministrativa
del regno di Dio. Essa ormai colpisce e stupisce molto sotto quell’ottica che
vuol definirsi evangelica. Ma anche facendo il paragone con il moderno
democratico diritto avanzato emergono forti perplessità sul motivo per cui una
divinità che poi si mostrerà più caritatevole e universale nel Nuovo Testamento
non abbia da subito inserito elementi di progresso nel diritto. Se pensiamo che
nell’antichità gli Ateniesi sono giunti a maturare l’ideologia democratica e
che le discipline giuridiche oggi sono figlie del diritto romano viene
spontaneo chiedersi perché Dio abbia patrocinato qualcosa di illiberale,
totalitario e discriminatorio: lo Stato confessionale. Cardini dell’Ebraismo
antico sono: enoteismo, culto esclusivo e obbedienza totale al Dio
veterotestamentario. Nel territorio dello Stato ebraico tutti, Giudei e stranieri
eventualmente presenti, sono soggetti al diritto biblico veterotestamentario. Il
re dev’essere di esclusiva nazionalità ebraica e scelto da Dio (cosa
paragonabile all’individuazione del romano pontefice). A chi non si adeguerà
alle prescrizioni Dio promette ogni sorta di male (si veda ad esempio Numeri
25,1-16, altresì episodio di intolleranza religiosa). I comandamenti di
Deuteronomio 5,1-22 sono validi solo all’interno di Israele: non uccidere, non
depredare, etc. sono principi che decadono nelle interrelazioni esterne
(Deuteronomio 20,10). L’intolleranza religiosa prevede la lapidazione a scapito
di chi adora altre divinità. Un prezzario e un prospetto sono presentati al
fine di regolare il pagamento e le offerte in materia di voti (qualcosa di paragonabile
alla vendita delle indulgenze). Si parla di una forma di offerta assoluta, irriscattabile
da parte del proprietario: si tratti di beni viventi o inanimati. Si dice
chiaramente che un sacrificio umano è lecito e a norma (si pensi al caso della
figlia di Iefte). Nel libro dell’Esodo (13,1.12-13.15) Dio chiede i
primogeniti: il capitolo 28 sembra alludere al sacrificio di bambini. Più
avanti in 34,19-20 si parla di una sostituzione obbligatoria in deroga a una
norma valida per tutti gli esseri animati (uomini e animali.) Una
discriminazione viene contemplata a svantaggio dei disabili allorché il
sacerdozio è interdetto a soggetti portatori di deficit e disabilità. Sono
esclusi altresì dalle partecipazioni religiose in perpetuo chi ha deficienza al
membro virile, i figli illegittimi e loro discendenti, Ammoniti e Moabiti.
Discendenti di Idumei ed Egiziani potevano essere ammessi dalla terza
generazione. Dio prospetta un piano di pulizia etnica dentro il perimetro della
terra promessa (Palestina) e proclama una discriminazione razziale con ordine
di sterminio. Comanda di annientare luoghi e segni di culto altrui in Palestina,
proibisce qualsiasi coabitazione con le genti ivi residenti in precedenza,
vietando in primis i matrimoni. Consente di sposare donne fatte prigioniere in
guerra e ammette possibile un’eventuale separazione futura. Proclama la
dottrina dell’unico popolo eletto (razza superiore scelta da Dio) che deve
eliminare fisicamente gli abitanti precedenti della terra promessa. In cambio
della devozione verso di lui, Dio promette di favorire l’integrità e l’espansione
territoriale dello Stato ebraico, la crescita produttiva, di mantenere l’ordine
e di sostenere gli Ebrei nell’uccidere i nemici, di favorirne l’incremento
demografico. È contemplato il dovere di assistenza dei connazionali
(solidarietà nazionale con i più bisognosi), e il garantire ospitalità a
schiavi fuggiaschi da un paese straniero. Esiste il criterio di un prelievo
coattivo annuale a beneficio dello Stato teocratico: il 10% di ogni produzione.
La decima ogni tre anni andava destinata all’assistenza dei nullatenenti. Fra
gli Ebrei antichi era ammessa la schiavitù: se uomo di nazionalità ebraica al
settimo anno dall’acquisizione andava lasciato libero, a meno di una diversa
volontà di costui; le donne potevano essere vendute come schiave dai padri. La
riduzione in schiavitù è riservata a stranieri o a figli di stranieri
residenti: chi infrange la norma viene sottoposto a pena capitale. L’Ebreo
finito in schiavitù di uno straniero residente possiede diritto di riscatto,
giacché il popolo giudaico è servo esclusivo del Dio veterotestamentario. Ogni
sette anni (anno sabbatico) i debiti fra Giudei decadevano (la norma non
riguardava i non Ebrei). Dio, una divinità solare (cosa altresì testimoniata
dal comando dato a Mosé di presentarsi di mattina cioè all’alba dopo spuntato
il Sole) scende sino a Mosé per chiarire che lui punisce le responsabilità
individuali oltre, su soggetti che non c’entrano: i discendenti sino alla
quarta generazione. La responsabilità giuridica di partenza dell’azione
incriminata è personale. L’esame e il sistema di giudizio dovevano secondo
formale linea di principio essere improntati a obiettività. L’AT proclama un
principio giuridico agli antipodi dell’ideologia evangelica del porgere l’altra
guancia e dell’amore per il prossimo, infatti dichiara la compensazione del
danno fisico ricevuto alla pari: occhio per occhio, dente per dente. Si
prospetta tuttavia il risarcimento per l’aggressione con danno fisico a un uomo,
e d’altro canto il diritto di fuga dalla giustizia per omicidio colposo al fine
di evitare la faida mirante alla vendetta. Nel caso del reato di falsa
testimonianza al responsabile si comminava come sanzione il danno auspicato
dalla sua azione. Pena capitale per simili azioni proibite: fare prestiti con
applicazione di interessi (azione lecita solo con stranieri) fra Ebrei e con
poveri, vilipendio istituzionale e bestemmia (questa comportava la
lapidazione), uccisione volontaria di un uomo, aggressione dei genitori e
proferimento di una maledizione a loro carico, maltrattamento di costoro e
condotta familiare sregolata, rapimento di un uomo allo scopo di venderlo,
violenza letale sugli schiavi che muoiano in giornata (viceversa non si dà
nessuna sanzione all’uccisore; un danno fisico permanente comportava
l’emancipazione), mangiare carne sacrificale dopo il secondo giorno, la pratica
di sacrifici umani ad altre divinità (si sanziona il proposito ostile nella
contrapposizione religiosa auspicante l’intervento di un’altra divinità, non l’uccisione
in sé), rivolgersi a maghi, l’esercizio di atti di culto da parte del sacerdote
posto in una condizione personale giudicata di impurità, lavorare di sabato,
promuovere l’apostasia, l’esercizio del ruolo di profeta ebreo non in linea con
l’istituzione religiosa e lo svolgimento in generale di questa attività da
parte di soggetti appartenenti ad altre religioni, essere considerati streghe o
indovini (in questo secondo caso la pena era la lapidazione), fare offerte ad
altre divinità in aggiunta al Dio veterotestamentario, non essere ospitale con
gli stranieri, mancare di riguardo agli orfani e alle vedove, omosessualità
maschile, zoofilia, incesto, scopofilia, procurato aborto colposo con decesso
della gestante (se sopravvive viene previsto un risarcimento), relazioni
extraconiugali (la poligamia è lecita), rapporti sessuali prematrimoniali tra
fidanzati (se il fatto si è consumato nello spazio urbano; viceversa se in zona
extraurbana, si dà per probabile l’ipotesi di stupro e va a morte solo lui). Quando
una donna nubile non impegnata consuma un congresso carnale con un uomo, costui
sarà costretto a un matrimonio riparatore: ammesso che il padre acconsenta;
l’equivalente della dote gli sarà corrisposto dall’uomo coinvolto comunque. Se
la femmina è schiava (anche sposata) i due saranno sottoposti ad ammenda: non
si dà luogo a condanna a morte a causa della condizione di schiavitù di lei. Se
sposata libera: condanna capitale per entrambi. Se ragazza nubile: si dà luogo
a irrevocabile matrimonio riparatore con indennizzo al padre di lei. Chi avesse
sposato contemporaneamente una donna e la di lei figlia avrebbe causato la
morte di tutti per rogo. La donna non arrivata vergine al matrimonio, se
ripudiata, andava condannata alla lapidazione. Qualsiasi femmina durante il
periodo mestruale era considerata “immonda” (proibito l’approccio sessuale),
come nel periodo post partum: una settimana se ha partorito un bambino, due
settimane se una bambina. In questi due casi seguiva un ulteriore tratto di
purificazione (rispettivamente di 33 o 66 giorni) culminante con un sacrificio
religioso. I congressi carnali tenuti nella fase della mestruazione erano
puniti con la morte di entrambi i partecipanti. “Immondo”, per chiarire il
concetto, è nell’AT il lebbroso, il quale va isolato, o chi soffre di gonorrea.
Per le donne ebree era previsto il divieto di prostituzione. Proibita la
prostituzione sacra (femminile e maschile): Deuteronomio 23,19 equipara le
prostitute ai cani. È vietato alle donne indossare abiti maschili (e
viceversa). Al fine di garantire la discendenza le vedove senza figli andavano
obbligatoriamente in spose a un cognato, a meno di un rifiuto di costui che
però gli meritava disonore (norma del levirato). I maschi neosposati godono
dell’esenzione dal servizio nell’esercito per un anno. Le figlie a cui
transitasse un’eredità paterna erano obbligate a scegliere un marito
nell’esclusivo ambito della propria tribù ebraica di appartenenza. In fatto di
materia ereditaria per gli uomini era previsto il diritto di primogenitura. La
violazione della proprietà agricola di qualcuno o il danneggiamento di essa
erano sanzionati con la pena di un indennizzo. Al custode di beni materiali
altrui se derubato di essi, nel caso di mancato recupero di questi, bastava un
giuramento religioso sulla sua buona fede per non essere coinvolto nel reato.
Similmente, nell’eventualità di accidentale danneggiamento, per i fraudolenti
si prevedeva un giudizio diretto del Dio ebraico al fine di stabilire il
soggetto reo da condannare a un’ammenda. Dell’abigeato presso un custode
rispondeva al limite costui. Se gli animali domestici di altri temporaneamente
al proprio servizio rimanevano menomati o uccisi per incuranza il responsabile
era costretto a indennizzare il proprietario. L’autore di un furto domestico
scoperto in flagranza poteva essere impunemente ucciso se di notte, se dopo
l’alba veniva condannato a corrispondere un’ammenda (e in caso di insolvenza
rischiava di essere venduto come schiavo). L’abigeato era sanzionato per mezzo
di una nutrita contropartita in bestiame. Se l’animale di proprietà di qualcuno
avesse causato il decesso di un essere umano sarebbe stato ucciso a sua volta,
assieme al suo proprietario se la pericolosità della bestia mal sorvegliata era
stata rilevata in precedenza: in tal caso era però possibile una commutazione
della pena capitale mediante un indennizzo. L’ammenda si prevedeva nel caso di
danno di schiavi a beneficio del possessore. La morte di animali altrui
procurata sempre a bestie domestiche per culpa in vigilando (senza volontà di
dolo) comportava altresì un indennizzo. Si noti l’equiparazione di status
davanti al diritto ebraico biblico veterotestamentario tra schiavi e bestie. Se
due uomini litigassero e intervenisse la moglie di uno dei due per separarli e
afferrasse l’aggressore del marito nel mebrum virile, a costei sarà tagliata la
mano. Nell’Ebraismo l’importanza data al membro virile deriva dal mito di
Osiride. Il Dio biblico è una divinità solare neoatonista e la circoncisione
costituiva un segno di identificazione politico-religiosa. Al di là di quanto
sinora evidenziato appare utile fare un passo avanti nell’analisi e richiamare
altri aspetti storico-ideologici nella crescita del Cristianesimo. Dal momento
in cui questo fu codificato nel canone neotestamentario i suoi ideologi
cercarono sponde concettuali nella filosofia greca. Nella costruzione
dell’Europa cristiana medievale Aristotele fornì un triste contributo
imprescindibile. In lui si ritrovano tre elementi nevralgici presenti nell’AT:
1) la dottrina di un popolo eletto, 2) la legittimazione della schiavitù, 3) la
misoginia. Tali aspetti transitarono nel Cristianesimo secolare sotto il
profilo ideologico dallo schema veterotestamentario. La Chiesa sostituendosi
all’Ebraismo ortodosso, nel periodo medievale, attuò l’intera Bibbia quale
globale parola di Dio. Il diritto veterotestamentario mise all’angolo quello
romano. 1) Pensare la Chiesa come unica realtà sociopolitica al di fuori della
quale non ci fosse salvezza alcuna, 2) non promuovere l’abolizione della
schiavitù, 3) accanirsi contro le donne costituiscono elementi del DNA
concettuale della Chiesa cristiana. Si tratta di aspetti abbandonati dopo
lunghissimo tempo: quello che è ed è stato in particolare il Cattolicesimo lo
si deve misurare e cogliere nella parte più ampia della sua vicenda. In
ambienti di cultura protestante lo smarcamento da alcuni limiti è stato più
efficace: pensiamo in ispecial al modo al sacerdozio femminile (che i pagani
avevano avuto). Nel Medioevo Aristotele offrì un supporto concettuale alla
teologia cattolica: l’edificio tomista, fondamentale, poggia sul celebre
allievo di Platone. Il «maestro di color che sanno» aveva teorizzato: 1) la
superiorità dei Greci, le genti elette dalla Ragione, sui barbari (tutti gli
altri); 2) la legittimazione della schiavitù; 3) l’ontologica inferiorità della
donna nei confronti dell’uomo. Quando la storia cedette il passo ai Cristiani
nell’epoca medievale Aristotele divenne un campione dell’ortodossia conoscitiva
(teologica e scientifica). In Tommaso d’Aquino vengono assunti in maniera
deliberata, automatica e spontanea i difetti aristotelici: la presunzione
esclusiva di essere dalla parte della Ragione, la discriminazione sociale
classista, la misoginia. L’Europa cristiana del Medioevo, col feudalesimo
avallato dalla Chiesa, ha rappresentato il secondo storicamente concreto regno
del Dio biblico sulla Terra, un sistema sociopolitico che ha imitato il primo.
Il primato di monarchie assolute vassalle del Papa (il diritto divino) e la
caccia alle streghe, la persecuzione di omosessuali ed eretici, l’ostilità
verso i non cristiani costituiscono fenomeni organici rispetto a una precisa
base ideologica. Con la riforma luterana l’unità ideale di tale Regno ideologico,
già pregiudicata dallo scisma degli Ortodossi, si spezzò e iniziò un lento
declino che ebbe un culmine con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese. Del
secondo terreno Regno di Dio rimase solo lo Stato pontificio scomparso durante
il processo di unificazione politica dell’Italia nell’Ottocento. Il problema
storiografico del Cristianesimo istituzionalizzato risiede nell’ideologia
originaria e originale. È sconcertante leggere quale fosse il pensiero
cattolico ancora a inizio ’900 (si legga quale esempio Monsignor Benson1).
Se i responsabili personali delle persecuzioni, delle torture e delle uccisioni
precedenti sono scomparsi da tempo, sono sopravvissute le loro idee e i loro
pessimi esempi. Il “Malleus maleficarum” e la misoginia agostiniana e tomista,
altri esempi, sono sopravvissuti ai loro autori divenendo in passato lungamente
canonici. La stessa Inquisizione non è mai stata soppressa, ha solo cambiato
nome nei secoli. Ricordo, per fare un paragone, che il fascismo è stato
dichiarato fuorilegge a tempo indeterminato e che molti rammentano le leggi
razziali quali atti prescrittivi spregevoli. D’altro canto la liturgia della
Chiesa cattolica il venerdì santo, sino agli anni ’60, proclamava: «Oremus pro
perfidis Iudaeis». Nessuno, che io sappia, ha mai proceduto penalmente per
apologia di antisemitismo in quest’ultimo caso. Evidente la contraddizione di
valutazioni storiografiche e giuridiche: due pesi e due misure. Il fatto che
l’ideologia cattolica da Leone XIII abbia stentatamente iniziato a modificarsi,
persino poi ammantandosi di femminismo, non assolve i quindici secoli
precedenti dell’istituzione. È stata una raffinata e profonda pensatrice quale
Simone Weil a spiegare che la Chiesa medievale è stata madre “ideologica” dei
moderni totalitarismi2.
Il romanzo utopico negativo
più famoso riguardante la religione cristiana è “Il racconto dell’ancella” di
Margaret Atwood (da cui ha tratto ispirazione una serie televisiva giunta alla
terza stagione). Nel 2018 è uscita una distopia letteraria del genere, opera
della scrittrice Christina Dalcher, dal titolo “VOX”. Ho letto il romanzo, su cui
esprimo un giudizio positivo: prima o poi, credo, ne trarranno un film (o una
serie). Descriverò l’ambiente sociale instauratosi nello scenario del testo, collocato
negli USA contemporanei, dove un movimento integralista cristiano è riuscito a
raggiungere i vertici del potere politico. Vittime designate del nuovo assetto
le donne, a causa dell’applicazione del discriminatorio spirito paolino. La
subordinazione femminile prospettata da parte di Paolo di Tarso nel Nuovo
Testamento, in tal caso in linea col Vecchio, produce una serie di particolari
provvedimenti. Innanzitutto le donne vengono estromesse da tutte le attività
lavorative non casalinghe; a loro si prospetta una condizione di minorità
giuridica in virtù della quale debbono avere un “capo”, un responsabile; possono
scegliere tra due futuri: essere destinate a svolgere mansioni di meretricio in
appositi locali, oppure sposarsi e occuparsi della famiglia. Sessualità
rigorosamente agostiniana: tutto ciò che non è ordinato alla procreazione viene
rigorosamente condannato, da varie pratiche eterosessuali sino all’omosessualità.
I gay vengono internati in campi di concentramento e inseriti in celle a coppie
etero, a scopo rieducativo. Ma la misura più tecnologicamente avanzata, che
ispira il titolo del libro, è un braccialetto fisso al polso delle donne il
quale consente a loro di poter dire solo 100 parole al giorno: in caso di
infrazione si mette in moto un meccanismo eventualmente progressivo di scariche
elettriche (alla fine mortale). A chi sembra simile scenario un futuro
possibile negativo parto di una fantasia diabolica o malata, suggerisco di documentarsi
sulle tecniche di tortura e di morte adottate dalle varie inquisizioni
cristiane nei secoli scorsi. L’ignoranza o la distanza temporale non cancellano
quei crimini contro l’umanità a danno di donne e uomini: streghe, eretici,
omosessuali, non cristiani (il loro numero, imprecisato, va comunque valutato
in termini di percentuale rispetto ai bassi valori demografici delle loro
epoche, non in assoluto: allora non c’era molta gente in giro). Buttando la
storia nel dimenticatoio, si può dire per assurdo ad esempio che tra cinque
secoli non si parlerà più di Shoah: tanto sarà acqua passata, errori umani di
chissà quando. Mentre a me pare che ci sia il rischio che dalla fogna della
storia riemergano proprio quelle cose sommerse e dimenticate, in un vichiano
possibile ricorso di ciò che non è stato materia di catarsi lucida attraverso
la conoscenza. Nell’opera dalcheriana non mancano prassi di mortificazione e
maltrattamento: alle donne ree vengono rasati i capelli al fine di produrre
segmenti televisivi informativi in cui vengono mostrate, e quelle condannate
definitivamente finiscono ai lavori forzati con braccialetti al polso sinistro
che impediscono di parlare completamente (pena una pesante scarica elettrica).
Oggigiorno le distopie hanno preso il luogo della catartica tragedia greca
antica, nell’auspicio che nella mente del fruitore generico maturi un’idea
particolare di monito nell’agire, sia singolo che sociale. Qualcosa di simile
traspare anche dal genere fantasy, basti pensare al significato profondo di
opere come “Il Signore degli Anelli” di Tolkien. Nel 2019 si è conclusa la
serie televisiva de “Il trono di spade”, la quale ha tratto spunto da un ciclo
di romanzi di George Martin, un ciclo tuttora in itinere, di cui ignoriamo il
finale (che la serie in TV dal canto suo ha avuto dopo 73 puntate e otto
stagioni). Mi limiterò a parlare della sola versione sceneggiata sul ciclo
martiniano intitolato “Le Cronache del ghiaccio e del fuoco”. Vorrei indicare
alcuni concetti junghiani non di rado presenti nei fantasy, sia scritti che
messi in scena per la televisione o il cinema. Un primo aspetto generale che si
nota nel nostro caso è il contrasto fra le inclinazioni deteriori umane
(“ombra”) e gli archetipi guida sani (“il saggio”, “la madre”). Alcuni protagonisti
sono combattuti interiormente e oscillano fra i due poli. A Tyrion Lannister,
più volte primo cavaliere della corona (primo ministro, per dirla in termini
non fantasy), viene concesso di raggiungere una saggezza archetipica.
Diversamente dal fratello Jaime, il quale alla fine, nonostante progressi di
responsabilità comportamentale, morirà con la sorella Cersei (con la quale
teneva un’incestuosa relazione, da cui erano nati due re, presunti figli di un
altro sovrano precedente: ecco un particolare tema di attinenza psicanalitica).
Argomento molto junghiano è quello inerente alla “personalità mana”, cioè alla
figura di chi esercita un potere “sovrannaturale”, di fronte agli altri esseri
umani, in virtù di un legame privilegiato con l’inconscio collettivo. Qui
finiranno per urtarsi due protagonisti: Daenerys Targaryen e Brandon Stark (“lo
spezzato”, rimasto paralizzato alle gambe per opera di Jaime Lannister). Questi
due rappresentano i due archetipi all’inizio ricordati: Madre Natura e vecchio
saggio. Non per niente Daenerys è “madre” dei draghi, e ha facoltà da
“personalità mana”, similmente a Brandon (Bran), ma in modo diverso. Infatti
quest’ultimo, il “corvo con tre occhi”, possiede un mana di altra sostanza con
poteri di veggenza, mentre la prima è una condottiera carismatica. Nel finale
della serie televisiva Daenerys, dopo la presa di Approdo del re, viene uccisa
a causa dei suoi eccessi distruttivi, vale a dire di una sua propensione in
direzione dell’“ombra”, e Bran “lo spezzato” salirà al trono. L’ambito sedile
materiale costruito con spade fuse assieme è stato distrutto da un drago subito
dopo la morte di Daenerys: la meta dell’“ombra”, il potere politico, subisce
una catarsi nella forma della sua assunzione non solo in maniera allegorica
poiché il titolo di re finirà appunto a Bran, personificazione dell’archetipo
del saggio. Il deragliamento della madre dei draghi alla volta di un
comportamento non assennato, sarà il motivo del suo fallimento conclusivo;
benché il di lei mana si sia schierato contro l’esercito degli “estranei”
(zombi invasori), significativa rappresentazione generale e impersonale
dell’“ombra” junghiana.