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mercoledì 2 febbraio 2011

LA VILLA “SANT’ANNA” A LERCARA FRIDDI

di DANILO CARUSO

Nello spazio denominato Sant’Anna una prima fontana fu costruita nella seconda metà del ’700 e restaurata nel 1833. L’intera villa (che prima non c’era) sorse davanti a Palazzo Caruso nel 1936-37 (progetto dell’ingegner Martelli, segretario locale del PNF). La sua nuova fontana a forma di fascio simboleggiava potenza per l’effetto dello slancio plastico della materia verso l’alto e vitalità per l’acqua pura sgorgante dai suoi lati attraverso la bocca di  teste leonine; attorno al bacino si espandeva concentricamente un sistema di sei panchine che creavano equilibrio ed armonia; e come raggi da un sole si dipartivano dal centro sei ingressi ritmicamente intervallati dai sedili, alle cui spalle, frutto ed immagine della vita, le aiuole con la loro vegetazione. La struttura era allegoria di un’Italia alla ricerca di un’affermazione in campo internazionale come portatrice di civiltà: il bacino dell’acqua è un sole che illuminando (gli ingressi) dà ordine (le panchine) e vita (le aiuole). Il 26 gennaio 1937 il podestà Luigi Nicolosi determinò di denominare questa piazza, già Umberto I, Piazza dell’impero (a memoria della vittoria in Abissinia nella guerra del ’35-’36; piazza Umberto si trasferì in Piazza duomo dove c’era il monumento del re assassinato).


Piazza dell'impero...

... e la sua fontana.


Dagli anni ’50 la villa comparve diversamente dopo la ristrutturazione – secondo il progetto dell’ingegner Gaetano Lo Monte – voluta dall’on. Gioacchino Germanà (intanto la piazza era ritornata Umberto I). L’assetto fu completamente mutato, con un’entrata monumentale e solenne come quella di una cattedrale, espressione di una funzione celebrativa e commemorativa della storia e della tradizione lercaresi. Da una ideologia nazionalista si passò al particolare, alla celebrazione ed all’esaltazione di ciò che localmente fosse proprio, metafora di una Sicilia per cui rivendicare dignità all’autonomia regionale. Il corpus centrale della villa in cui si trovano i posti per i busti rappresenta un altare della memoria lercarese (e simbolicamente metalocale), che non voleva solo celebrare, ma anche stimolare l’osservatore. L’idea guida era quella di mostrare degli esempi di eccellenza nei vari settori delle attività umane e delle scienze, scelti in questo caso dal contesto locale, tali da legittimare le rivendicazioni siciliane. La villa è lercarese, ma l’idea di cui è espressione è regionalista. Risalta in questa parte un gusto classicheggiante, con una sapiente distribuzione del gioco dei vuoti e dei pieni sormontati da una striscia frontale con scritta in latino (TANTO NOMINI NULLUM PAR ELOGIUM, «di fronte a nomi così grandi nessun elogio è sufficiente»: è l’epitaffio di Niccolò Machiavelli in Santa Croce a Firenze, «nomini» è reso nella traduzione al plurale per adattamento); è la forma absidale che rievoca a renderla un altare. Si accese nel 1960 a Lercara un dibattito pubblico sopra un tentativo di cambiar posto al busto di Alfonso Giordano (1843-1915), ubicato dagli anni ’20 nella piazzetta Garibaldi. Poiché si stavano svolgendo dei lavori per rifare la pavimentazione di tale spiazzale antistante alla chiesa di sant’Antonio da Padova, con il parere favorevole della Soprintendenza ai monumenti della Sicilia occidentale il 24 febbraio di quell’anno la Giunta comunale deliberò all’unanimità (erano inizialmente di idee contrarie il sindaco Iandolino ed un assessore, i quali però si adeguarono all’indirizzo assunto dalla maggioranza) «per ragioni di estetica cittadina» di spostare l’opera di Antonio Ugo nella ristrutturata villa di piazza Umberto I (i cui lavori, costati 35 milioni di lire, erano terminati all’inizio del ’60). Questo proposito fu disapprovato dai minatori di Lercara, dalla famiglia Giordano, e dall’intera CISL locale, per il fatto che il luogo in cui si trovava il monumento sin dalla sua erezione meritava maggiore rispetto della volontà passata che lì lo aveva voluto, e peraltro questo non era causa di problemi di alcun tipo al transito urbano. Alla fine il confronto fra le due posizioni approdò il 5 aprile 1960 in Consiglio comunale, che deliberò col consenso di quasi tutti (ci fu un astenuto tra i 24 consiglieri presenti) di abbandonare il discusso progetto lasciando il busto nella piazzetta Garibaldi e di ammodernarne invece la struttura circostante di protezione. Il cosiddetto “famedio” di piazza Umberto I nell’estate del ’61 ospitava già due bronzi: quello di Giulio Sartorio (di E. Montana, 1952) e quello di Camillo Finocchiaro Aprile (di autore ignoto, era stato per un quarantennio depositato in un magazzino del Comune); un terzo busto si prevedeva di dedicarlo ad un figlio di Alfonso Giordano, il magistrato e giurista Stefano. Cosicché sul quinto piedistallo da sinistra fu scritto il suo nome: Sartorio e Finocchiaro Aprile stavano sul primo e sul terzo per una questione di armonia. In un secondo momento sul secondo e sul quarto piedistallo ci finirono due busti marmorei di inizio ’900 di altri due cittadini illustri (si trovavano esposti in origine nella sede di rappresentanza del Comune): Giuseppe Eugenio Furitano (opera di Mario Rutelli) e Giuseppe Scarlata (opera di Antonio Ugo). Perciò i cinque posti furono tutti riempiti. Ma lo spazio di Stefano Giordano dovette attendere per essere occupato sino al 1988, quando una scultura di Emanuele Pandolfini venne scoperta con una cerimonia il 19 novembre: intervenne allora il figlio giudice Alfonso Giordano. Nell’estate del 2004 il “famedio” è stato restaurato con l’aggiunta di modifiche architettoniche alla villa.


Dal 2004 non esiste più tutta l’inferriata perimetrale a vantaggio di quest’ampliata area di marciapiede su un solo lato.


 


I PERSONAGGI DELLA VILLA

Giulio Sartorio
(1844-1921)
Fu avvocato e proprietario di miniere, consigliere provinciale, sindaco di Lercara sei volte: cinque tra il 1878 ed il 1901 (complessivamente nove anni), ininterrottamente dal 1911 al 1920.
Giuseppe Eugenio Furitano
(1850-1902)
Fu magistrato, consigliere comunale a Palermo.
Camillo Finocchiaro Aprile
(1851-1916)
Sposò una sorella di Giulio Sartorio. Fu padre di Andrea leader del separatismo siciliano degli anni Quaranta, ministro della giustizia. Al suo interessamento si deve il Plesso Sartorio e lo scalo ferroviario di Lercara Alta.
Giuseppe Scarlata
(1846-1907)
Fu otto volte sindaco di Lercara tra il 1879 ed il 1905 (complessivamente un decennio).
Stefano Giordano
(1879-1952)
Fu magistrato e giurista, figlio del medico e filantropo Alfonso.