di DANILO CARUSO
L’idea di dotare Lercara di un nuovo palazzo di rappresentanza del Comune maturò in seno all’amministrazione locale guidata da Giulio Sartorio all’inizio del 1912. La precedente sede – l’edificio scolastico nuovo, detto oggi Plesso Sartorio – cominciava ad essere sempre più affollata di alunni, la qual cosa relegava i rappresentanti ed i dipendenti municipali in spazi ridotti. L’organico comunale di quei tempi era composto da una trentina di unità (nel 1911 Lercara aveva 11.262 abitanti) ed una presenza media di tre impiegati a stanza era ritenuta causa di disordine e di rallentamento nella macchina amministrativa, in quegli ambienti in cui tra l’altro risuonava con fastidio il vocio dei bambini. L’alternativa dell’affitto di stanze per essere adibite ad aule scolastiche non era conveniente: si trattava di un costo di L 1.900 all’anno. Fu scelto come locale da ristrutturare un magazzino, che dava su piazza Abbate Romano, appartenuto ai principi di Lercara, e dopo la scomparsa di Francesco Gravina (1800-1854), entrato nel demanio comunale. Volendo risolvere il problema di quella disomogenea commistione si decise di passare all’attuazione dell’intendimento e nel 1914 l’ingegner Pietro Mezzasalma ricevette l’incarico di progettare la nuova costruzione: l’ingegner Alessandro Lazzarini, in quel periodo assessore comunale, diede un suo personale contributo di suggerimenti. Per il pagamento di tutte le spese era stato acceso un mutuo, e dopo l’approvazione da parte del genio civile del progetto dell’ing. Mezzasalma il lavoro andò in appalto ed aggiudicato all’impresa Catalano Rosario di Salvatore con la quale il comune stipulò un contratto nel dicembre del 1915. La facciata del palazzo venne innalzata più in avanti rispetto al prospetto del magazzino di 5 m al fine di recuperare spazio per i locali interni, e la struttura generale fu composta di due piani. L’opera di edificazione fu terminata verso il 1918, cosicché si poté effettuare il collaudo nel 1919 ed a settembre il nuovo palazzo comunale venne dichiarato agibile dalla relazione dell’ingegner Domenico Gaccio. Tra uscite economiche varie del caso Palazzo Palagonia venne a costare L 106.773,62 (di cui 96.802,8 all’impresa costruttrice), contrariamente alle 97.900 di previsione (queste cifre non tengono conto del costo del progetto dell’ing. Mezzasalma). Nel contesto di creazione di questa opera si sviluppò parallelamente l’erezione del casotto daziario sul punto in cui si trova ora il monumento ai caduti: fu poi abbattuto nel 1922 per far posto appunto al simulacro della vittoria nella prima guerra mondiale (la scultura bronzea è di Cosmo Sorgi). La previsione di spesa per la costruzione del casotto era stata, per lavori ed espropriazioni, di L 30.800. Nel 1921 su una parete al secondo piano di Palazzo Palagonia fu posto un bassorilievo (realizzato da Francesco Sorgi) per ricordare l’ex sindaco Gioacchino Furitano morto l’anno precedente. Nella nuova sala del consiglio comunale nel 1928 fu apposta – secondo quanto stabilito da una delibera consiliare del 1918 – una lapide riportante il testo del bollettino della vittoria del generale Diaz. Questa, nel 1982, fu trasferita nel vano d’ingresso a pianterreno e sostituita da un’altra commemorativa di Michele Granato, poliziotto lercarese ucciso a Roma nel ’79 dalle BR.