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giovedì 13 marzo 2025

IL PIANETA DELLE SCIMMIE?

di DANILO CARUSO
 
Personalmente non do credito alla teoria evolutiva darwiniana: ma lasciamo per ora da parte i motivi e ammettiamo per ipotesi che sia “vera”. Nella Natura esisterebbe dunque un “meccanismo di adattamento” florofaunistico ai diversi possibili scenari. Una simile generalizzata potenziale dinamica non potrebbe porsi ogni singola volta come frutto del “caso”: l’evoluzione implicherebbe una “legge” formale valida erga omnia. La tendenza al cambiamento richiederebbe il perseguimento di un “fine” secondo presupposti “intelligenti”: modificare qualcosa “in vista di” uno status migliore rispetta un progetto logico-metafisico, viceversa ciò non accadrebbe a livello di specie. Dov’è quel minimo comun denominatore modificatore se non in qualcosa di paragonabile a un archetipo astratto? Del resto, ad esempio, nessuna legge fisica è incorporata essenzialmente del tutto nel particolare (sarebbe da considerarsi “sostanza seconda”). Anche il concetto di estinzione richiede una considerazione non accidentale: innanzitutto l’evoluzione non avrebbe sempre successo; non sempre tutto si adeguerebbe, e in quanto legge non sarebbe così costante, rapida ed efficace. D’altro canto se volessimo vedere tale cosa da una prospettiva opposta al difetto, potremmo ammettere che l’estinzione sia ancora un “processo intelligente” previsto dal corso delle cose: chi non si adatta perisce; ma questa sarebbe l’altra facciata di una legge quadro super omnia. Alla fine si potrebbe concludere che se ci fosse un principio evoluzionistico sarebbe stabilito da un’intelligenza metafisica in un’ottica teleologica: e per rendere il concetto richiamo l’idealismo assoluto hegeliano, il quale dal momento tetico astratto passa al negativo razionale, dall’Idea alla Natura; ma si potrebbero altresì ricordare le platoniche Idee col loro rapporto di mimesi e metessi nei confronti del mondo materiale. La teoria di Darwin impone alla Natura un fondo di metafisica razionalità introducendovi una “teleologia”: la sopravvivenza del migliore. Se sul serio alcuni si estinguessero, allora altri apparirebbero “predestinati”, e tutto ciò non per caso: dal “caso” non si potrebbe astrarre una legge formale stabilente i criteri dell’evoluzionismo darwiniano giacché la confusione non è traducibile in base a una norma chiave. Perciò Darwin avrebbe costruito una teoria contraddittoria, che farebbe a pugni con se stessa, cercando di spiegare la Natura e la materia prescindendo in maniera corretta da un progetto logico a priori: in parole povere ha messo in secondo piano il tetico-logico deducendolo dal concreto (presunto a suo modo), ritornando concettualmente alle difficoltà del materialismo antico. L’“intelligenza” e l’“ordine naturale” non sono in maniera facile spiegabili attraverso l’anarchia degli atomi. Infine voglio sottolineare un dettaglio: se gli esseri umani derivano dalle scimmie, perché queste non si sono estinte? Dovrebbero costituire l’umano di partenza, mentre sarebbero scomparsi solo ominidi intermedi: a stretto rigore evolutivo darwiniano non dovrebbero esserci più scimmie. Invece ce ne sono specie “in teoria” sopravvissute: quindi o l’evoluzione alla volta della forma umana non sarebbe stata necessaria (gli uomini potevano tranquillamente rimanere a quello stadio animale), o la teoria evoluzionistica non riguarderebbe l’umanità, oppure sarebbe una teoria in toto sbagliata (non esisterebbero vistosi e diffusi cambiamenti in generale nell’ambito del la Natura).
 
 
NOTE
 
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Novità e ripresentazione”