di
DANILO CARUSO
Nel
2002 è uscito il film “Equilibrium”, avente regia e soggetto di Kurt Wimmer.
L’interessante trama e l’ambientazione distopica mi hanno indotto a superare lo
spirito dello svolgimento scenografico alla volta di un junghiano spirito del
profondo che il regista aveva rivestito con varie maschere e simboli. Sulla
consapevolezza di Wimmer nel mettere in scena contenuti i quali la mia analisi
farà venire a galla, non posso dire niente: posso essere certo di quello che
sta dietro/dentro a questa pregevole opera cinematografica, ma non sono in
grado di esprimermi sul primordiale viaggio wimmeriano di tale nocciolo. In
suddetto film ho intravisto un’allegoria di un fenomeno nevrotico di cui ho già
parlato più volte: la nevrosi religiosa la quale colpisce i convinti credenti
del Cristianesimo1. La mia trattazione della materia è stata svolta
con l’ausilio degli strumenti della psicologia analitica, cui faccio
riferimento. Quindi, in breve, ricorderò che la figura di “Gesù Cristo” è il
risultato di un’imposizione semiotica a un complesso psichico il quale
costituisce causa dello spezzamento dell’asse delle funzioni razionali
individuali (ragione e sentimento) a beneficio di un arroccamento. La ragione,
il logos, rigetta il suo opposto nel corso di un indebito movimento psichico
frantumando la sana struttura. Il sentimento, in realtà, non rappresenta una prerogativa
irrazionale: l’asse dell’irrazionalità, su cui si trovano intuizione e
percezione, incrocia quello della razionalità, e ne rimane distinto. L’anomalia
su descritta spinge a considerare erroneamente tutto ciò che si differenzia
dalla singola capacità razionale. Nella sostanza qui il caso, molto grave, si
circoscrive al rifiuto radicale della facoltà sentimentale. E giacché, a
livello simbolico, il maschile denota la razionalità e il femminile la
sentimentalità, ogni cosa in possesso di una connotazione riconducibile alla
femminilità diviene espressione di male. Ciò spiega, a mio avviso, parecchio dei
difetti della discriminatoria, e mortale, tradizione culturale giudaicocristiana.
La misoginia, l’omofobia e l’antisemitismo consolidatisi nel Cristianesimo hanno
quest’origine psichica. Al complesso responsabile di queste dinamiche si dà il
nome di “Gesù Cristo”: il Logos per eccellenza, non sposato, incontaminato da
donna. Il film di Wimmer, in parole povere, ripropone il sistema totalitario
della Chiesa, scaturito dalla nevrosi sopra da me illustrata. Nel mio saggio “Il
Medioevo futuro di George Orwell”2 ho spiegato come “1984” non
esprima altro che il totalitarismo ecclesiastico medievale. Perciò quando in
“Equilibrium” si notano tracce distopiche orwelliane o bradburiane, si constata
qualcosa celante un circuito di collegamenti concettuali più ampio (nel modo in
cui vedremo ancora oltre). Le vicende del film si svolgono nel 2072, un’epoca
durante la quale il nuovo governo umano ha bandito l’emotività (espressione del
sentimento), ritenuta deleteria manifestazione nei confronti dell’umanità (e
ciò senza fare distinzioni tra emozioni, passioni, eccessi distruttivi).
L’intero insieme emotivo, ossia il “femminile” non può più aver luogo: chi
trasgredisce il nuovo “ordine razionale” è passibile di condanna capitale. I
metodi miranti a impedire la sopravvivenza di stati o inclinazioni emotivi sono
due: la radicale distruzione dei veicoli provocatori (tutti i beni letterari e
artistici; si pensi in relazione alla Chiesa, ad esempio, all’“Indice dei libri
proibiti”), e l’uso di un farmaco. Il Prozium, obbligatorio (come i
sacramenti), ricorda nel nome il noto antidepressivo Prozac; e dunque essendo
il Prozium un oppio per il popolo, ben
si rivela la sua valenza religiosa in chiave interpretativa (non è fuor di
luogo ricordare l’identico nel fine formale, però differente nei connotati,
“soma” huxleyano). Le analogie con la mia premessa teorica proseguono. Il nome
del nuovo Stato, “Libria”, rinvia all’idea di bilancia, a quell’“equilibrium”
che dà titolo al film, l’equilibrio (malato) della rinnovata nevrosi
maschilista e pseudorazionalista. Il gruppo operativo formato a difesa
dell’ordine costituito, composto di una sorta di uomini a metà strada fra
gesuiti e templari, viene chiamato “Tetragrammaton”, ma “tetragramma” è altresì
l’insieme delle lettere ebraiche riproducenti il nome del Dio
veterotestamentario (il Padre che nel Nuovo Testamento ha inviato il
Figlio-Verbo). Non è un caso che il capo supremo dello Stato sia denominato
Padre (un nomoteta “Father”), l’espressione di una volontà indiscutibile, alle
cui dipendenze sono i membri del “Tetragrammaton”, i “cleric” (gli
ecclesiastici, altro termine che non viene usato a caso). La storia del film
wimmeriano ruota attorno al cleric John Preston (interpretato da Christian Bale), cui verrà intimato di vivere la sua condizione di servizio alla stregua
di una fede, e che riuscirà a liberarsi dall’azione oppressiva
pseudorazionalistica. Tuttavia prima che ciò avvenga egli ha già perso la
moglie condannata e bruciata (il che ricorda i metodi della Chiesa nei riguardi
di streghe ed eretici) per aver dato spazio alle emozioni. La stessa sorte,
riservata a Libria nei confronti dei condannati a morte, toccherà a un’altra
donna entrata in contatto con Preston, Mary O’Brien (qui ci sono due
reminiscenze; una orwelliana nel cognome e una cristiana tramite il nome della
Maddalena: si crea un ossimoro concettuale che chiarirò fra poco). Alla fine
John Preston abbatterà il regime nevrotico di Libria assieme all’organizzazione
dei ribelli (di mente meglio equilibrata).
In tutta l’allegoria wimmeriana non possiamo fare a meno di notare una gamma di
tangenze concettuali con quanto Jung dice nel “Liber novus” a proposito di Elia
e Salomè, vale a dire di quei simboli presentatisi alla sua coscienza, nel
corso delle sue esperienze psichiche trascendentali, a indicare le funzioni
dell’asse della razionalità: logos ed eros. Le parole junghiane specialmente
nella pertinente sezione di commento sopra l’incontro con simile coppia, sono
profonde e chiare. Elia, il biblico profeta (una delle peggiori figure
dell’Antico Testamento), recita la parte di “padre” di Salomè. Egli appare maschera
di quella ragione arroccantesi da me descritta, infatti sua figlia è cieca.
Salomè riacquisterà la vista quando Jung prenderà coscienza dell’eros represso
(e di conseguenza Elia si indebolirà nel suo tratto ieratico). La stessa cosa
accade al cleric Preston in “Equilibrium”: prenderà consapevolezza del
“femminile” emarginato e del fatto che il Father è in realtà un’inconsistente
maschera del potere sugli uomini. Jung spiega che il rigetto antierotico viene
compensato con una vocazione al dominio temporale di stampo religioso: ecco il Cristianesimo,
non solo, medievale. Il parallelismo qui illustrato è notevole: la Chiesa e
Libria, l’Io junghiano e John Preston, Elia e il Padre, Salomè e Mary O’Brien.
L’ossimoro di cui ho fatto cenno riguardo a quest’ultima costituisce un
equivalente della cecità di Salomè.
Un altro dettaglio della storpiatura
nevrotica pseudorazionalistica si rintraccia nella bandiera di Libria: c’è una
croce greca in campo rosso (nel film compare inoltre la huxleyana croce
commissa, di non minore rilevanza religiosa cristiana3). Detta croce
greca, formata dalla giunzione alla base di quattro T antoniane, raffigura in
“Equilibrium” il simbolo del potere religioso mondano (potere di cui Jung chiarisce
l’origine); il rosso nel testo junghiano è definito il colore dell’eros: cosicché
vediamo rappresentata l’idea della ragione deviata su di sé, la quale ingabbia
il sentimento autentico e lo rimpiazza con surrogati nevrotici e un amore
desessualizzato (la sempre vergine Maria che dà alla luce Gesù, concepito per
opera dello Spirito Santo, costituisce il non plus ultra teologico in merito).
Se volessimo riassumere la rivincita descritta dell’eros junghiano in
un’immagine istantanea, potremmo indicare l’allegoria di un quadro del 1926 di
Max Ernst: “La Vergine castiga Gesù Bambino davanti a tre testimoni: André Breton, Paul Éluard e il pittore”.
NOTE
Questo scritto è un estratto del mio
saggio “Note di critica (2017)”
1 Per
approfondimenti suggerisco la lettura di due miei saggi:
1)
“Mitopoiesi junghiana in Clive Staples Lewis (2017)”
2)
“L’apologia dell’irragionevole di Robert Hugh Benson (2017)”
3 Si veda in
basso a pag. 5 del mio saggio “Il capitalismo impazzito di Aldous Huxley
(2015)”