di DANILO CARUSO
Nel 2003 dopo l’imprevisto ritrovamento del testo inedito, risalente alla fine degli anni ’30, il romanzo intitolato “For us, the living”, opera di Robert Anson Heinlein (1907-1988), fu dato alle stampe. In origine non raccolse l’approvazione dell’editoria negli USA alla vigilia della seconda guerra mondiale. Le ragioni saranno evidenti non appena esporrò la mia analisi critica del romanzo: quelle idee rappresentate dallo scrittore americano non avrebbero avuto una facile via di pubblicazione allora. Perciò il testo finì accantonato e sepolto dal suo creatore, sino al suo inaspettato recupero post mortem. Ritengo “For us, the living” un romanzo molto rilevante perché ci mostra un qualificato punto di vista dell’assetto sociopolitico statunitense cronologicamente ruotante attorno al 1939. L’autore guarda al suo recente passato, cogliendone gli aspetti contraddittori, ma soprattutto guarda al futuro manifestando delle aspettative per l’immediato e degli auspici idealistici nei riguardi del futuro remoto (il quale nel romanzo si spinge al 2086). Questo prolungato sguardo di un secolo e mezzo circa incrocia il nostro al principio del XXI secolo. La cosa risulta proficua nel confronto storico (sin dove ci è possibile) poiché simile operazione ci restituisce spunti storiografici. Ciò che Heinlein, si attendeva, posto accanto a quello ch’è realmente avvenuto, ci dà una misura del periodo anteguerra negli Stati Uniti. Possiamo intuire un senso di delusione dell’autore nel dopoguerra, il che contribuì al sotterramento a tempo indeterminato di “For us, the living”. Il suo creatore fu prima della redazione del romanzo politicamente impegnato nelle file del Partito democratico in California, dove fu candidato, senza conseguire l’elezione, al Parlamento statale nel ’38. Quantunque egli avesse coscienza della torbidità della politica, pare di intravedere, a posteriori, dalla lettura della sua pregevole opera, qualche strato di ingenuità (poi sicuramente rimosso). Sulla base di tutte queste premesse ci possiamo addentrare nel romanzo, il quale ha come protagonista un uomo morto nel 1939 negli USA risvegliatosi dall’oltretomba grazie a un procedimento scientifico negli Stati Uniti del 2086. Il testo heinleiniano sviluppa un paragone tra quei due mondi collegati da un arco storico venturo immaginato. Viene ricordata la non tanto florida situazione economica della nazione alla fine degli anni ’30 a causa dei deficit di bilancio, della considerevole presenza di disoccupati e dell’alto debito pubblico. Heinlein evidenzia l’ipocrisia borghese della società statunitense della sua era (impantanata nelle sperequazioni, nella povertà e nel disagio dei proletari), un sepolcro di corruzione imbiancato, un castello di falsità e di ricchezze disoneste, pervasi a ogni livello da una volontà di sopraffazione e di raggiro a svantaggio dei semplici, dalla politica marcia alla religione e ai capitalisti che si intromettevano nello spazio della prima servendosene per i propri obiettivi. In simile clima, che rammenta gli effetti collaterali dell’attivistica etica protestante, lo scrittore americano sottolinea altresì la maniera in cui venga apprezzato il successo personale nella società a prescindere da un’adeguata valutazione morale. Quel che conta è il segno dell’elezione divina alla salvezza ultraterrena, non il suo modo di raggiungere questi segni visibili di benessere terreno. Perciò l’onestà non rappresenta più un altissimo valore, dal momento che il privilegio divino non si ottiene mediante essa e che questo costituisce un a priori a prescindere (predestinazione). In ossequio a una tale visione le forme assistenziali statali vengono considerate bestemmie: chi sta male, chi è privo di cibo, e non possiede i mezzi per rimediare non rappresenterebbe un problema “pubblico”. Le vicissitudini di costoro sarebbero questioni “private”, di cui non occuparsi attraverso lo Stato. Heinlein non manca inoltre di condannare il maschilismo dell’uomo americano di allora. Da lì in poi l’autore immagina la storia a venire rispetto a lui cominciando col dare la Casa bianca nel 1940 ai repubblicani. Costoro abbandoneranno i provvedimenti di assistenza ai disoccupati, il che inasprirà le tensioni sociali, e indurrà il Congresso a praticare di nuovo le politiche assistenziali. Il creatore del romanzo inserisce la morte dell’ex presidente Roosvelt nel ’44, un dettaglio immaginario evidentemente poco gradito, tra l’altro, quando lo scrittore propose la sua opera per la pubblicazione. In quegli anni ’40 immaginati è scoppiata la guerra in Europa (e non era così difficile prevederlo, o vederlo direttamente alla fine del reale 1939): Heinlein ci dice che a vincere saranno Francia e Regno Unito a scapito di Germania nazista e Italia fascista, Hitler si suiciderà e Mussolini rimetterà il suo mandato nelle mani del re. Gli USA non parteciperanno alla guerra a fianco di Francesi e Inglesi. L’autore di “For us, the living” ci mostra simile cosa quale un motivo di vanto del presidente F. D. Roosvelt, desideroso di tenere gli Stati Uniti fuori di un possibile secondo conflitto mondiale (la storiografia della realtà storica ha elaborato pareri divergenti). La seconda successiva presidenza americana immaginaria repubblicana aveva scaricato sugli Europei l’origine dei problemi socioeconomici interni, i quali non era stata in grado di risolvere. Aveva chiesto che gli sconfitti nella Grande guerra saldassero i loro debiti. E altresì aveva intrapreso una politica interna autoritaria, reazionaria e nazionalista. Questo piano comportò l’emarginazione di donne e stranieri parallelamente alla messa in atto di un radicalismo moralistico rivolto ai giovani e alle famiglie. Tale presidente Malone, del partito dell’elefantino, arrivò a instaurare una dittatura reprimendo le manifestazioni di dissenso della popolazione con la forza, dopo aver proclamato uno stato di emergenza nazionale. Lo iron heel terminerà nel 1950 in occasione dell’uccisione del presidente despota, consentendo il ritorno alla normalità, in seguito alla quale Fiorello La Guardia (il sindaco di New York) terra la White house per otto anni. Costui proseguirà la politica di disimpegno internazionale roosveltiana evidenziata nel romanzo (Heinlein considera una mossa sbagliata l’intervento statunitense nella Prima guerra mondiale). All’operato di La Guardia si deve la creazione di una banca pubblica allo scopo di superare i limiti imposti dagli interessi di parte e dallo spirito affaristico delle banche private (difetti a sua volta proiettati sulla privata Federal Reserve, la quale concede il suo denaro solo ad altre banche). Heinlein a proposito espone ragionamenti economici che condivido. Egli sottolinea il fatto che la moneta sia diventata una merce e che non venga ritenuta uno strumento di crescita della comunità: qui ricorda la pertinente critica di Marx. La banca pubblica di la Guardia prestava il proprio denaro calcolando il tasso d’interesse sulla base dei costi di gestione bancaria, sommando un aspetto di assicurazione equivalente in pratica a coprire eventuali perdite di erogazione. Alle banche private fu altresì impedito di prestare denaro al di fuori di una propria copertura prevista e concretamente esistente, allo scopo di evitare l’indiscriminato aumento della massa monetaria attraverso passaggi fittizi celanti in realtà scopertura di reale liquidità. Simili connotati costituiscono i pregi della società americana del 2086, la quale il creatore di “For us, the living” vuol elogiare nella sua utopistica prospettiva finale evolutasi da stadi distopici. Nonostante i progressi apportati dalle riforme laguardiane, poco più di un secolo prima, al principio della terza guerra intestina europea, negli Stati Uniti rimaneva un problema di sovrapproduzione, la cui via di soluzione fu trovata nell’America Latina. Simile riversamento di merci e tale invasione commerciale però produssero enormi effetti collaterali, poiché detta iniziativa indebitò gli Stati sudamericani al punto di renderli incapaci di pagare. Questa situazione, la quale urtò in primis l’Argentina (grande esportatrice agricola) sfociò in un conflitto fra gli Stati Uniti e i debitori insolventi iniziato nel 2002, allorché la marina americana attaccò infruttuosamente Buenos Aires. Dopo questo significativo successo (ottenuto grazie all’appoggio di Brasiliani e Cileni), gli Argentini conseguirono un secondo successo bellico di rilievo grazie al devastante attacco provenuto dal mare su New York nel 2003. Tale evento indirizzò le sorti della guerra perché durante esso perirono importanti dirigenti della finanza americana, ai quali Heinlein addebita l’intervento militare statunitense contro gli insolventi debitori stranieri sudamericani. Quel vuoto lasciò aperto il cammino alla volta della pace panamericana nel 2004. La spiacevole e tragica esperienza bellica indusse gli USA all’adozione del XXVII emendamento, il quale stabiliva che gli Stati Uniti per entrare in guerra dovessero passare, a meno di essere invasi, attraverso un referendum popolare approvativo in cui aventi diritto di voto sono gli abili al servizio militare. il creatore di “For us, the living”, comunque, continua a esprimere pensieri contro le partecipazioni belliche da parte esterna americana. Conseguenza di questo nuovo clima di idee la nazionalizzazione dell’industria militare statunitense: ciò rappresenta in generale un’ipotesi che apprezzo allo scopo di mantenere la pace internazionale più salda (meno produttori di armi privati, come ci dice Heinlein, meno finestre rotte di Bastiat e meno casus belli). Con la cessazione delle ostilità belliche riemerse negli Stati Uniti incalzante la questione della sovrapproduzione. Tuttavia fu reinterpretata in un nuovo modo: non come merce da smaltire all’estero, bensì da indirizzare al mercato interno. In quale maniera? Fornendo, con oculatezza, mediante la banca di Stato creata da La Guardia moneta gratis, stampata e distribuita ad hoc nella quantità occorrente. I prezzi al dettaglio furono calmierati al fine di evitare l’aumento inflazionistico, e scontati di un 10% riscattabile presso la suddetta banca nazionale degli USA. Detto piano non fu forzoso, ma ebbe la spontanea adesione degli esercenti. L’economia statunitense ne risentì positivamente. L’industria rifiorì riassorbendo la crisi e la disoccupazione. L’inflazione non crebbe anche perché parecchio di quel denaro aggiunto rimase figurato dentro le banche, depositato in conti correnti di esercenti cui veniva versato. Il nuovo modello socio-assistenziale americano esperito nel 2086 del romanzo contempla una universale sanità gratuita per i cittadini e provvede a erogare un “reddito di cittadinanza”, vale a dire una quota di denaro non soltanto utile alla sopravvivenza delle categorie di persone non occupate o non stipendiate, ma altresì funzionale all’acquisto di prodotti commerciali in maniera tale da allontanare la vexata quaestio della sovrapproduzione, problema derivante da mancanza di capacità d’acquisto della base sociale. Il merito di questo nuovo regime sociale risiede nel fatto che alla moneta non è stata fatta corrispondere più una convertibilità con l’oro bensì con prodotti di concreta utilità o con attività parimenti utili. Heinlein qui è molto filosofico, a prescindere dai ragionamenti di schietta impronta economica (risalenti a Clifford Hugh Douglas), e rievoca la distinzione epicurea dei bisogni umani: alcuni sono naturali, altri no; e fra tutti quelli naturali non tutte le possibilità sono necessarie. Tenendo d’occhio tale criterio si può costruire una società giusta ed equilibrata, sulla scia anche del pensiero aristotelico che respinge l’esistenza della povertà e di una soglia di arricchimento esagerato e controproducente. L’autore del romanzo indica la causa di tutti i mali di una società capitalistica, quale quella statunitense, nel denaro che rimane bloccato dalle accumulanti speculazioni all’interno delle banche private. Dunque lui ha esaltato il ruolo rivestito dalla banca pubblica di La Guardia e l’emissione statale di denaro coperta da beni concreti. La meccanizzazione della produzione, le nuove tecnologie emancipano dal lavoro nella catena produttiva sempre più persone, e non c’è motivo a fronte di una ricchezza reale (PIL) di lasciare nella povertà gente a causa della semplice ragione di non emettere moneta nella lecita misura (de facto avvalorata) e di offrirla gratis a chi ne avesse bisogno. Il sistema statale non crollerebbe, mentre entrerebbe in crisi progressiva davanti a sovrapproduzione non assorbita e disoccupazione dilagante nel momento in cui ulteriormente prendesse prestiti di denaro o vendesse titoli pubblici a vantaggio di banche private, nei confronti delle quali si ritroverebbe in una condizione finale di insolvibilità e costretto al default per via, appunto, della mancanza di liquidità a propria disposizione. Garantire quindi a tutti, sin dall’infanzia, la disponibilità e il diritto a una quota personale di denaro, con un PIL all’altezza, nel romanzo – come ben rimarcato dall’autore – ha reso i cittadini degli USA i padroni dell’apparato riguardante la loro economia, e non i prigionieri di una oligarchia capitalistica. Se il denaro diventa un mezzo di crescita, e non un fine alla volta dell’accumulazione e dell’arricchimento irragionevole, un modello liberal-capitalistico moderato può sopravvivere a vantaggio delle imprese. Le quali subiscono nel capitalismo selvaggio le manovre di speculazione bancarie: se le banche private non danno crediti le attività imprenditoriali possono rischiare di fallire e nello stesso tempo i tassi di disoccupazione crescere per un motivo o per un altro. In seguito a tutte queste considerazione a me sembra positiva la soppressione di tutte le banche private e la sopravvivenza di soli istituti di credito pubblici. Heinlein critica il peso di una possibile eccessiva pressione fiscale a carico delle imprese, giudicandolo un intralcio al circuito economico. Tuttavia al fine di evitare l’accumulazione capitalistica, che egli ugualmente disapprova, non ha manifestato favore all’idea di una partecipazione ai dividendi d’impresa da parte dei dipendenti in aggiunta allo stipendio fisso: potrebbe essere, secondo me, un ottimo canale per aumentare la facoltà d’acquisto a una determinata categoria di gente senza far ricorso al di là della sommatoria di reddito di cittadinanza standard e di stipendio a ulteriore conferimento di denaro gratis da parte statale. Va evitato ovviamente un rilassamento nell’inattività in seguito al minore coinvolgimento di persone nel settore produttivo favorito dalla tecnica, e il creatore di “For us, the living” suggerisce a chi non si dedicherà assiduamente ai lavori stipendiati extra reddito di cittadinanza di concentrarsi su attività intellettuali o di volontariato (non meno importanti nello sviluppo sociale del lavoro perlopiù manuale retribuito). Sono perfettamente d’accordo con lui che il tempo individuale vada liberato non per sprecarlo inutilmente ma per capire il mondo e contribuire in un modo o nell’altro al suo miglioramento. Circa le possibili attività intraprese in forma professionale con ritorno di lucro Heinlein fa menzione del caso dei medici: più medici, nel settore pubblico o privato, potrebbero contribuire a una migliore tutela della salute dei cittadini. Anche gli intellettuali sono apprezzati dallo scrittore americano, specialmente nel caso in cui non impiantano la loro attività legandola all’idea di guadagno. Tutti sono liberi di contribuire come meglio credono al benessere comune. E se poi ci fossero soggetti scarsamente attivi nella popolazione, il creatore di “For us, the living” rammenta che in ogni caso i lavoratori ufficiali, come visto, guadagnerebbero di più rispetto ai percettori di semplice reddito di cittadinanza, anche in virtù del fatto che una minore quantità di prestatori d’opera sul mercato comporterebbe, stando alla legge domanda/offerta, un costo di assunzione non certamente basso. L’autore del romanzo non ha simpatie marxiste e rifiuta il criterio marxiano del valore di scambio di una merce collegato ai parametri di tempo e lavoro necessari a produrla. Per Heinlein il valore di scambio del prodotto deriva dalla “desiderabilità” di esso e dalla moneta a disposizione dei potenziali acquirenti: La somma di tali due fattori poi giocando nel meccanismo domanda/offerta determina il prezzo di vendita reale, la quale avviene allorquando il produttore riscontri praticamente una differenza positiva tra costo di produzione e prezzo di vendita della singola merce. Lo scrittore americano attribuisce molta importanza all’intraprendenza imprenditoriale e alle innovazioni tecnologiche nella produzione, per lui la qualità del prodotto costituisce il requisito fondamentale in direzione della messa in commercio: i prodotti scadenti, in virtù della concorrenza, causano fallimenti. Non sono in disaccordo nei riguardi di simile modo di apprezzare la libera intraprendenza commerciale, però non posso far a meno di rilevare l’eventualità di derive. Si potrebbero indurre gli acquirenti, come rammentato da Marcuse, a desiderare le merci che comprano per ragioni in sostanza stupidissime (ad esempio lo status symbol). Non credo che il desiderio di una merce determini il suo effettivo valore, giacché si possono desiderare cose inutili o rese costosissime unicamente dal marchio. Campagne promozionali e disinformazione potrebbero addirittura impreziosire prodotti inutili, o addirittura nocivi, inducendo al loro consumo, a danno non solo della tasca ma altresì della salute. Una produzione onesta, come converrebbe Heinlein, sarebbe alla base dei prezzi di vendita. Quindi finiremmo sempre su posizioni ricardiano-marxiane: il tempo e l’energia coinvolte determinano i valori, e se ci volesse poco e niente a produrre, oltre a regalare i soldi, si potrebbero regalare pure i prodotti uscenti da catene meccanizzate a bassissimo costo. Però sfamare un’intera popolazione, ad esempio, per quattro soldi, in termini economici, riveste un valore di gran lunga infinitamente superiore a tutta la quantità di denaro che si possa emettere o accumulare. Alla fine non avremmo neanche più bisogno di usare molta moneta. Se il secondo decennio del XXI secolo negli Stati Uniti fu caratterizzato dalla problematica della sovrapproduzione, il terzo fu caratterizzato dal radicalismo religioso cristiano. Un nuovo movimento puritano e il suo leader avevano infatti catturato la scena. Costui ritenendo vicino il neotestamentario tempo apocalittico mise in piedi un’organizzazione integralistica grazie al concorso di adepti. Heinlein coglie l’occasione di rammentarci che gli Usa, sin dall’epoca coloniale, erano stati ricettacolo anche di due differenti tipologie di persone per quanto concernesse la categoria dell’opposizione dentro la società: i moralisti fanatici e i pacifisti anarchici. E, a proposito dei primi, ricorda altresì che, sebbene l’originaria carta costituzionale statunitense sia a favore della libertà di culto, gli estremisti religiosi hanno invaso sempre e condizionato la vita sociale e politica americana, e non sempre con metodi incruenti. Dalla morale sessuale a tutto il resto, molte idee religiose hanno conformato il sistema normativo americano nel tempo, restringendo i margini di libertà con il pretesto a volte integralistico e non proprio adeguato di sanare e correggere. L’errore sta nel considerare alcuni storicizzati principi provenienti dalla religione non come incrostazioni tradizionalistiche sedimentate dall’ossequio acritico dei più, bensì quali formulazioni di una illuminata ragionevolezza. Cosicché una buona parte degli Americani ha scambiato una nevrosi per buonsenso. Il progresso medico-scientifico del XXI secolo grazie all’introduzione di migliori metodi anticoncezionali e di cura delle malattie veneree radicalizzò lo scontro tra questo movimento religioso reazionario e integralista puritano e gli autentici liberal-democratici. Dalla sessualità allo svago tutto ricadde in questa battaglia pseudomoralistica molto estremizzata. Non si salvava pressoché niente in detta crociata mirante al sovvertimento dell’ordine costituito. La seconda metà degli anni ’20 divennero un regno del terrore inquisitorio, perché il movimento aveva ottenuto in seguito a manifestazioni progettate ad hoc l’acquiescenza e la disponibilità della classe politica. Tale patristico regno di Dio negli USA fu sconfitto infine sul piano politico elettorale da uno schieramento genuinamente e sinceramente liberale, non senza che si passasse da un confronto violento. Il ritorno della pace sociale e della tranquillità istituzionale fu sancito dalla nuova Costituzione statunitense del 2028, pietra angolare del futuro benessere, tangibile in quel 2086 della narrazione di “For us, the living”. Più in particolare nel testo del romanzo viene riportato il rinnovato principio costituzionale libertario: nessuno può essere privato della personale libertà se non è stato accertato un comportamento a detrimento di un’altra persona fisica, giacché le persone giuridiche sono state declassate e considerate rilevanti soltanto nella circostanza in cui siano immagine di un danno subito da persone fisiche. Quest’ultima cosa ha soppresso le possibilità di abusi, a scapito della collettività, compiuti da grandi organizzazioni (persone giuridiche) finanziarie e capitalistiche. Una qualificata formazione politica dei cittadini permette inoltre di esprimere scelte elettorali non superficiali. Il sistema giudiziario nel 2086 si mostra molto evoluto. La vecchia forma mentis sociale weberiana è stata dismessa, e tutti ragionano secondo schemi mentali non viziati da quelle tare nevrotiche attivistiche. Heinlein ha impostato il problema della devianza da una sana e normale condotta sotto il profilo psicanalitico. La nuova giustizia interviene sulla psiche dell’imputato, indagando le cause di deragliamento comportamentale. La prima cosa da fare adesso è rendere consapevole l’accusato del fatto che ha compiuto un eccesso (tipico, e magari approvato, soltanto nel passato). Esiste dunque un iter di correzione psichica cui un criminale può essere sottoposto, oppure costui può optare per il confinamento dentro gli USA, o anche per l’esilio, se non accetta il primo. Le parole dello scrittore americano sull’argomento inerente alla correzione sono profonde poiché colgono l’aspetto di incidenza delle nevrosi a carico del singolo in una guisa lucida; l’obiettivo dell’emendamento psicocomportamentale è proprio quello di curare alla radice il difetto. Bisogna evitare eventuali crimini nella società rimuovendo la possibilità di ripetere una dannosa induzione nevrotica. Il discorso del romanzo si fa molto interessante allorché capiamo che in esso entra l’intellettualismo etico socratico, perché il male è il frutto dell’ignoranza della propria nevrosi. Allorché v’è coscienza nitida e matura di essa, questa svanisce quale movente efficace di deviazione. Altresì si rivela pertinente a questa parte del testo esaminato il collegamento con la Legge morale kantiana: il soggetto, illuminato e edotto del suo sbaglio, viene portato ad agire in maniera universalmente esemplare volendo evitare un potenziale ritorno negativo legittimato dalla sua possibile prassi. Alla fine il nuovo sistema giudiziario americano mira attraverso una platonica indicazione dell’errore (ossia del malevolo sopravvento del cavallo nero della biga alata) a dimostrare razionalmente all’imputato che cosa sia “bene” e “come” perseguirlo. Il tutto passa dalla demolizione di nevrosi e passioni allo scopo di guidare al meglio la libido e di superare eventuali ricadute in un vecchio relativismo socioculturale di gruppo (dove ad esempio si possono alimentare e coltivare forme di maschilismo patologiche). Nel mondo statunitense del 2086 il concetto di privacy ha informato marcatamente e sostanzialmente l’ordinamento sociale e la vita dei cittadini: è infatti illegale violare la riservatezza individuale al di là dell’ambito lavorativo per tutte le possibilità extragiudiziarie. Nel caso del matrimonio si nota una sua totale privatizzazione. La procedura di sottoscrizione di un contratto pubblico è sparita. Il legame coniugale ora viene creato sulla parola, sulla base di un semplice reciproco assenso alla convivenza more uxorio. Tutto il resto, tradizionale, non è più necessario. Il poliamore è moralmente lecito, e quindi poliandria e poligamia sono diventati legali (e fatti esclusivamente privati). Il creatore di “For us, the living” non crede alla favola dell’amore romantico (il quale sarebbe un’illusione, nevrotica, passeggera). Gli eventuali figli sono liberi di scegliere il loro destino, giacché vengono assistiti dallo Stato. Nel caso di “divorzio” la crescita di costoro potrebbe essere demandata a questo grazie ad apposita istituzione educativa, nelle circostanze in cui fosse presente una lacuna genitoriale. L’opzione statale è comunque universalmente aperta alla richiesta del fanciullo. Circa l’argomento coniugale non condivido l’idea di abbandonare il contratto matrimoniale pubblico, tuttavia sono del parere che si debba concedere la facoltà di stipularlo a tempo determinato (ad esempio quadriennale) con opzione di rinnovo. Il completamento della mia analisi mi richiede due cose nella mia ottica critica: riportare l’immaginaria storia europea di cui non ho più fatto cenno dagli anni ’40 del romanzo alla terza guerra europea, e mettere in evidenza le ombre di “For us, the living”. Cominciamo colla prima cosa. In Europa alla fine del periodo bellico era sorto uno Stato federale (una sorta di UE all’ultimo stadio), strutturato nella forma di monarchia costituzionale con a capo dal ’44 l’ex re inglese Edoardo VIII (quello che abdicò per via della sua relazione con Wallis Simpson). La rinnovata Europa unita si distinse in virtù dell’adozione di una moneta unica, della creazione di una libera rete commerciale interna, e dell’adozione di un sistema di difesa unitario. La floridezza comune europea crollò nel 1970 quando morto l’imperatore Edoardo gli successe nel governo l’Americana imperatrice Wallis. Il Regno Unito, che non l’aveva mai gradita, uscì dall’Europa unita, innescando un quarantennale scontro bellico nel quale gli USA non prenderanno parte. Accanto alla distruzione di un efficiente apparato sociale a sostegno dei cittadini europei coinvolti, Heinlein riporta nella sua opera quale causa del calo demografico, in aggiunta a varie patologie (ad esempio la sterilità dei maschi provocata da radiazioni), aborti spontanei. Chiuso questo quadro, passo all’altro su citato. Un lato oscuro del romanzo è rappresentato dall’attuazione nella società americana del 2086 di procedure eugenetiche correttive e soppressive (in senso intensivo, ma teoricamente pure estensivo per ragioni demografiche): si tratta di una prospettiva inquietante, soprattutto se vista con l’immediato sguardo post-bellico dei reali anni ’40. Lacune discutibili provengono d’altro lato in “For us, the living” dal non aver tematizzato alcune pesanti materie. La pratica della pena di morte e il suprematismo bianco dei discendenti dei coloni europei. Heinlein ha trovato lo spazio per parlare di razzi (e di approdo americano sulla Luna), però non l’ha trovato per affrontare l’argomento del razzismo nella maniera dovuta. La sua immaginaria evoluzione degli USA da distopia a utopia ha ignorato la sinofobia, la discriminazione dei neri, l’emarginazione degli Indiani. Sono dettagli di enorme peso ai quali non riserva né discussione né tantomeno soluzione utopica. Mentre è stato capace nel testo di riformare il comune senso del pudore dal momento che gli Statunitensi utopici vanno in giro, a casa e fuori, più o meno nudi (ha operato una sorta di reviviscenza antico-egiziana estremizzata sfruttando la laicizzazione illuministica della società, liberata da invadenti e condizionanti tare religiose). A conclusione di questo mio lavoro critico e analitico sopra “For us, the living” non posso omettere di segnalare la vicinanza delle teorie economiche henleiniane a quelle poundiane1. Appare plausibile come pure le traversie vissute da Ezra Pound, a causa delle sue posizioni politiche, abbiano indotto in vita Robert Anson Heinlein a tenere costantemente sepolto questo suo romanzo. Ritornato alla luce al principio del XXI secolo (un po’ sulla falsariga del protagonista letterario), è stato giudicato pubblicabile nell’era successiva all’attentato alle Twin Towers.
Nel 2003 dopo l’imprevisto ritrovamento del testo inedito, risalente alla fine degli anni ’30, il romanzo intitolato “For us, the living”, opera di Robert Anson Heinlein (1907-1988), fu dato alle stampe. In origine non raccolse l’approvazione dell’editoria negli USA alla vigilia della seconda guerra mondiale. Le ragioni saranno evidenti non appena esporrò la mia analisi critica del romanzo: quelle idee rappresentate dallo scrittore americano non avrebbero avuto una facile via di pubblicazione allora. Perciò il testo finì accantonato e sepolto dal suo creatore, sino al suo inaspettato recupero post mortem. Ritengo “For us, the living” un romanzo molto rilevante perché ci mostra un qualificato punto di vista dell’assetto sociopolitico statunitense cronologicamente ruotante attorno al 1939. L’autore guarda al suo recente passato, cogliendone gli aspetti contraddittori, ma soprattutto guarda al futuro manifestando delle aspettative per l’immediato e degli auspici idealistici nei riguardi del futuro remoto (il quale nel romanzo si spinge al 2086). Questo prolungato sguardo di un secolo e mezzo circa incrocia il nostro al principio del XXI secolo. La cosa risulta proficua nel confronto storico (sin dove ci è possibile) poiché simile operazione ci restituisce spunti storiografici. Ciò che Heinlein, si attendeva, posto accanto a quello ch’è realmente avvenuto, ci dà una misura del periodo anteguerra negli Stati Uniti. Possiamo intuire un senso di delusione dell’autore nel dopoguerra, il che contribuì al sotterramento a tempo indeterminato di “For us, the living”. Il suo creatore fu prima della redazione del romanzo politicamente impegnato nelle file del Partito democratico in California, dove fu candidato, senza conseguire l’elezione, al Parlamento statale nel ’38. Quantunque egli avesse coscienza della torbidità della politica, pare di intravedere, a posteriori, dalla lettura della sua pregevole opera, qualche strato di ingenuità (poi sicuramente rimosso). Sulla base di tutte queste premesse ci possiamo addentrare nel romanzo, il quale ha come protagonista un uomo morto nel 1939 negli USA risvegliatosi dall’oltretomba grazie a un procedimento scientifico negli Stati Uniti del 2086. Il testo heinleiniano sviluppa un paragone tra quei due mondi collegati da un arco storico venturo immaginato. Viene ricordata la non tanto florida situazione economica della nazione alla fine degli anni ’30 a causa dei deficit di bilancio, della considerevole presenza di disoccupati e dell’alto debito pubblico. Heinlein evidenzia l’ipocrisia borghese della società statunitense della sua era (impantanata nelle sperequazioni, nella povertà e nel disagio dei proletari), un sepolcro di corruzione imbiancato, un castello di falsità e di ricchezze disoneste, pervasi a ogni livello da una volontà di sopraffazione e di raggiro a svantaggio dei semplici, dalla politica marcia alla religione e ai capitalisti che si intromettevano nello spazio della prima servendosene per i propri obiettivi. In simile clima, che rammenta gli effetti collaterali dell’attivistica etica protestante, lo scrittore americano sottolinea altresì la maniera in cui venga apprezzato il successo personale nella società a prescindere da un’adeguata valutazione morale. Quel che conta è il segno dell’elezione divina alla salvezza ultraterrena, non il suo modo di raggiungere questi segni visibili di benessere terreno. Perciò l’onestà non rappresenta più un altissimo valore, dal momento che il privilegio divino non si ottiene mediante essa e che questo costituisce un a priori a prescindere (predestinazione). In ossequio a una tale visione le forme assistenziali statali vengono considerate bestemmie: chi sta male, chi è privo di cibo, e non possiede i mezzi per rimediare non rappresenterebbe un problema “pubblico”. Le vicissitudini di costoro sarebbero questioni “private”, di cui non occuparsi attraverso lo Stato. Heinlein non manca inoltre di condannare il maschilismo dell’uomo americano di allora. Da lì in poi l’autore immagina la storia a venire rispetto a lui cominciando col dare la Casa bianca nel 1940 ai repubblicani. Costoro abbandoneranno i provvedimenti di assistenza ai disoccupati, il che inasprirà le tensioni sociali, e indurrà il Congresso a praticare di nuovo le politiche assistenziali. Il creatore del romanzo inserisce la morte dell’ex presidente Roosvelt nel ’44, un dettaglio immaginario evidentemente poco gradito, tra l’altro, quando lo scrittore propose la sua opera per la pubblicazione. In quegli anni ’40 immaginati è scoppiata la guerra in Europa (e non era così difficile prevederlo, o vederlo direttamente alla fine del reale 1939): Heinlein ci dice che a vincere saranno Francia e Regno Unito a scapito di Germania nazista e Italia fascista, Hitler si suiciderà e Mussolini rimetterà il suo mandato nelle mani del re. Gli USA non parteciperanno alla guerra a fianco di Francesi e Inglesi. L’autore di “For us, the living” ci mostra simile cosa quale un motivo di vanto del presidente F. D. Roosvelt, desideroso di tenere gli Stati Uniti fuori di un possibile secondo conflitto mondiale (la storiografia della realtà storica ha elaborato pareri divergenti). La seconda successiva presidenza americana immaginaria repubblicana aveva scaricato sugli Europei l’origine dei problemi socioeconomici interni, i quali non era stata in grado di risolvere. Aveva chiesto che gli sconfitti nella Grande guerra saldassero i loro debiti. E altresì aveva intrapreso una politica interna autoritaria, reazionaria e nazionalista. Questo piano comportò l’emarginazione di donne e stranieri parallelamente alla messa in atto di un radicalismo moralistico rivolto ai giovani e alle famiglie. Tale presidente Malone, del partito dell’elefantino, arrivò a instaurare una dittatura reprimendo le manifestazioni di dissenso della popolazione con la forza, dopo aver proclamato uno stato di emergenza nazionale. Lo iron heel terminerà nel 1950 in occasione dell’uccisione del presidente despota, consentendo il ritorno alla normalità, in seguito alla quale Fiorello La Guardia (il sindaco di New York) terra la White house per otto anni. Costui proseguirà la politica di disimpegno internazionale roosveltiana evidenziata nel romanzo (Heinlein considera una mossa sbagliata l’intervento statunitense nella Prima guerra mondiale). All’operato di La Guardia si deve la creazione di una banca pubblica allo scopo di superare i limiti imposti dagli interessi di parte e dallo spirito affaristico delle banche private (difetti a sua volta proiettati sulla privata Federal Reserve, la quale concede il suo denaro solo ad altre banche). Heinlein a proposito espone ragionamenti economici che condivido. Egli sottolinea il fatto che la moneta sia diventata una merce e che non venga ritenuta uno strumento di crescita della comunità: qui ricorda la pertinente critica di Marx. La banca pubblica di la Guardia prestava il proprio denaro calcolando il tasso d’interesse sulla base dei costi di gestione bancaria, sommando un aspetto di assicurazione equivalente in pratica a coprire eventuali perdite di erogazione. Alle banche private fu altresì impedito di prestare denaro al di fuori di una propria copertura prevista e concretamente esistente, allo scopo di evitare l’indiscriminato aumento della massa monetaria attraverso passaggi fittizi celanti in realtà scopertura di reale liquidità. Simili connotati costituiscono i pregi della società americana del 2086, la quale il creatore di “For us, the living” vuol elogiare nella sua utopistica prospettiva finale evolutasi da stadi distopici. Nonostante i progressi apportati dalle riforme laguardiane, poco più di un secolo prima, al principio della terza guerra intestina europea, negli Stati Uniti rimaneva un problema di sovrapproduzione, la cui via di soluzione fu trovata nell’America Latina. Simile riversamento di merci e tale invasione commerciale però produssero enormi effetti collaterali, poiché detta iniziativa indebitò gli Stati sudamericani al punto di renderli incapaci di pagare. Questa situazione, la quale urtò in primis l’Argentina (grande esportatrice agricola) sfociò in un conflitto fra gli Stati Uniti e i debitori insolventi iniziato nel 2002, allorché la marina americana attaccò infruttuosamente Buenos Aires. Dopo questo significativo successo (ottenuto grazie all’appoggio di Brasiliani e Cileni), gli Argentini conseguirono un secondo successo bellico di rilievo grazie al devastante attacco provenuto dal mare su New York nel 2003. Tale evento indirizzò le sorti della guerra perché durante esso perirono importanti dirigenti della finanza americana, ai quali Heinlein addebita l’intervento militare statunitense contro gli insolventi debitori stranieri sudamericani. Quel vuoto lasciò aperto il cammino alla volta della pace panamericana nel 2004. La spiacevole e tragica esperienza bellica indusse gli USA all’adozione del XXVII emendamento, il quale stabiliva che gli Stati Uniti per entrare in guerra dovessero passare, a meno di essere invasi, attraverso un referendum popolare approvativo in cui aventi diritto di voto sono gli abili al servizio militare. il creatore di “For us, the living”, comunque, continua a esprimere pensieri contro le partecipazioni belliche da parte esterna americana. Conseguenza di questo nuovo clima di idee la nazionalizzazione dell’industria militare statunitense: ciò rappresenta in generale un’ipotesi che apprezzo allo scopo di mantenere la pace internazionale più salda (meno produttori di armi privati, come ci dice Heinlein, meno finestre rotte di Bastiat e meno casus belli). Con la cessazione delle ostilità belliche riemerse negli Stati Uniti incalzante la questione della sovrapproduzione. Tuttavia fu reinterpretata in un nuovo modo: non come merce da smaltire all’estero, bensì da indirizzare al mercato interno. In quale maniera? Fornendo, con oculatezza, mediante la banca di Stato creata da La Guardia moneta gratis, stampata e distribuita ad hoc nella quantità occorrente. I prezzi al dettaglio furono calmierati al fine di evitare l’aumento inflazionistico, e scontati di un 10% riscattabile presso la suddetta banca nazionale degli USA. Detto piano non fu forzoso, ma ebbe la spontanea adesione degli esercenti. L’economia statunitense ne risentì positivamente. L’industria rifiorì riassorbendo la crisi e la disoccupazione. L’inflazione non crebbe anche perché parecchio di quel denaro aggiunto rimase figurato dentro le banche, depositato in conti correnti di esercenti cui veniva versato. Il nuovo modello socio-assistenziale americano esperito nel 2086 del romanzo contempla una universale sanità gratuita per i cittadini e provvede a erogare un “reddito di cittadinanza”, vale a dire una quota di denaro non soltanto utile alla sopravvivenza delle categorie di persone non occupate o non stipendiate, ma altresì funzionale all’acquisto di prodotti commerciali in maniera tale da allontanare la vexata quaestio della sovrapproduzione, problema derivante da mancanza di capacità d’acquisto della base sociale. Il merito di questo nuovo regime sociale risiede nel fatto che alla moneta non è stata fatta corrispondere più una convertibilità con l’oro bensì con prodotti di concreta utilità o con attività parimenti utili. Heinlein qui è molto filosofico, a prescindere dai ragionamenti di schietta impronta economica (risalenti a Clifford Hugh Douglas), e rievoca la distinzione epicurea dei bisogni umani: alcuni sono naturali, altri no; e fra tutti quelli naturali non tutte le possibilità sono necessarie. Tenendo d’occhio tale criterio si può costruire una società giusta ed equilibrata, sulla scia anche del pensiero aristotelico che respinge l’esistenza della povertà e di una soglia di arricchimento esagerato e controproducente. L’autore del romanzo indica la causa di tutti i mali di una società capitalistica, quale quella statunitense, nel denaro che rimane bloccato dalle accumulanti speculazioni all’interno delle banche private. Dunque lui ha esaltato il ruolo rivestito dalla banca pubblica di La Guardia e l’emissione statale di denaro coperta da beni concreti. La meccanizzazione della produzione, le nuove tecnologie emancipano dal lavoro nella catena produttiva sempre più persone, e non c’è motivo a fronte di una ricchezza reale (PIL) di lasciare nella povertà gente a causa della semplice ragione di non emettere moneta nella lecita misura (de facto avvalorata) e di offrirla gratis a chi ne avesse bisogno. Il sistema statale non crollerebbe, mentre entrerebbe in crisi progressiva davanti a sovrapproduzione non assorbita e disoccupazione dilagante nel momento in cui ulteriormente prendesse prestiti di denaro o vendesse titoli pubblici a vantaggio di banche private, nei confronti delle quali si ritroverebbe in una condizione finale di insolvibilità e costretto al default per via, appunto, della mancanza di liquidità a propria disposizione. Garantire quindi a tutti, sin dall’infanzia, la disponibilità e il diritto a una quota personale di denaro, con un PIL all’altezza, nel romanzo – come ben rimarcato dall’autore – ha reso i cittadini degli USA i padroni dell’apparato riguardante la loro economia, e non i prigionieri di una oligarchia capitalistica. Se il denaro diventa un mezzo di crescita, e non un fine alla volta dell’accumulazione e dell’arricchimento irragionevole, un modello liberal-capitalistico moderato può sopravvivere a vantaggio delle imprese. Le quali subiscono nel capitalismo selvaggio le manovre di speculazione bancarie: se le banche private non danno crediti le attività imprenditoriali possono rischiare di fallire e nello stesso tempo i tassi di disoccupazione crescere per un motivo o per un altro. In seguito a tutte queste considerazione a me sembra positiva la soppressione di tutte le banche private e la sopravvivenza di soli istituti di credito pubblici. Heinlein critica il peso di una possibile eccessiva pressione fiscale a carico delle imprese, giudicandolo un intralcio al circuito economico. Tuttavia al fine di evitare l’accumulazione capitalistica, che egli ugualmente disapprova, non ha manifestato favore all’idea di una partecipazione ai dividendi d’impresa da parte dei dipendenti in aggiunta allo stipendio fisso: potrebbe essere, secondo me, un ottimo canale per aumentare la facoltà d’acquisto a una determinata categoria di gente senza far ricorso al di là della sommatoria di reddito di cittadinanza standard e di stipendio a ulteriore conferimento di denaro gratis da parte statale. Va evitato ovviamente un rilassamento nell’inattività in seguito al minore coinvolgimento di persone nel settore produttivo favorito dalla tecnica, e il creatore di “For us, the living” suggerisce a chi non si dedicherà assiduamente ai lavori stipendiati extra reddito di cittadinanza di concentrarsi su attività intellettuali o di volontariato (non meno importanti nello sviluppo sociale del lavoro perlopiù manuale retribuito). Sono perfettamente d’accordo con lui che il tempo individuale vada liberato non per sprecarlo inutilmente ma per capire il mondo e contribuire in un modo o nell’altro al suo miglioramento. Circa le possibili attività intraprese in forma professionale con ritorno di lucro Heinlein fa menzione del caso dei medici: più medici, nel settore pubblico o privato, potrebbero contribuire a una migliore tutela della salute dei cittadini. Anche gli intellettuali sono apprezzati dallo scrittore americano, specialmente nel caso in cui non impiantano la loro attività legandola all’idea di guadagno. Tutti sono liberi di contribuire come meglio credono al benessere comune. E se poi ci fossero soggetti scarsamente attivi nella popolazione, il creatore di “For us, the living” rammenta che in ogni caso i lavoratori ufficiali, come visto, guadagnerebbero di più rispetto ai percettori di semplice reddito di cittadinanza, anche in virtù del fatto che una minore quantità di prestatori d’opera sul mercato comporterebbe, stando alla legge domanda/offerta, un costo di assunzione non certamente basso. L’autore del romanzo non ha simpatie marxiste e rifiuta il criterio marxiano del valore di scambio di una merce collegato ai parametri di tempo e lavoro necessari a produrla. Per Heinlein il valore di scambio del prodotto deriva dalla “desiderabilità” di esso e dalla moneta a disposizione dei potenziali acquirenti: La somma di tali due fattori poi giocando nel meccanismo domanda/offerta determina il prezzo di vendita reale, la quale avviene allorquando il produttore riscontri praticamente una differenza positiva tra costo di produzione e prezzo di vendita della singola merce. Lo scrittore americano attribuisce molta importanza all’intraprendenza imprenditoriale e alle innovazioni tecnologiche nella produzione, per lui la qualità del prodotto costituisce il requisito fondamentale in direzione della messa in commercio: i prodotti scadenti, in virtù della concorrenza, causano fallimenti. Non sono in disaccordo nei riguardi di simile modo di apprezzare la libera intraprendenza commerciale, però non posso far a meno di rilevare l’eventualità di derive. Si potrebbero indurre gli acquirenti, come rammentato da Marcuse, a desiderare le merci che comprano per ragioni in sostanza stupidissime (ad esempio lo status symbol). Non credo che il desiderio di una merce determini il suo effettivo valore, giacché si possono desiderare cose inutili o rese costosissime unicamente dal marchio. Campagne promozionali e disinformazione potrebbero addirittura impreziosire prodotti inutili, o addirittura nocivi, inducendo al loro consumo, a danno non solo della tasca ma altresì della salute. Una produzione onesta, come converrebbe Heinlein, sarebbe alla base dei prezzi di vendita. Quindi finiremmo sempre su posizioni ricardiano-marxiane: il tempo e l’energia coinvolte determinano i valori, e se ci volesse poco e niente a produrre, oltre a regalare i soldi, si potrebbero regalare pure i prodotti uscenti da catene meccanizzate a bassissimo costo. Però sfamare un’intera popolazione, ad esempio, per quattro soldi, in termini economici, riveste un valore di gran lunga infinitamente superiore a tutta la quantità di denaro che si possa emettere o accumulare. Alla fine non avremmo neanche più bisogno di usare molta moneta. Se il secondo decennio del XXI secolo negli Stati Uniti fu caratterizzato dalla problematica della sovrapproduzione, il terzo fu caratterizzato dal radicalismo religioso cristiano. Un nuovo movimento puritano e il suo leader avevano infatti catturato la scena. Costui ritenendo vicino il neotestamentario tempo apocalittico mise in piedi un’organizzazione integralistica grazie al concorso di adepti. Heinlein coglie l’occasione di rammentarci che gli Usa, sin dall’epoca coloniale, erano stati ricettacolo anche di due differenti tipologie di persone per quanto concernesse la categoria dell’opposizione dentro la società: i moralisti fanatici e i pacifisti anarchici. E, a proposito dei primi, ricorda altresì che, sebbene l’originaria carta costituzionale statunitense sia a favore della libertà di culto, gli estremisti religiosi hanno invaso sempre e condizionato la vita sociale e politica americana, e non sempre con metodi incruenti. Dalla morale sessuale a tutto il resto, molte idee religiose hanno conformato il sistema normativo americano nel tempo, restringendo i margini di libertà con il pretesto a volte integralistico e non proprio adeguato di sanare e correggere. L’errore sta nel considerare alcuni storicizzati principi provenienti dalla religione non come incrostazioni tradizionalistiche sedimentate dall’ossequio acritico dei più, bensì quali formulazioni di una illuminata ragionevolezza. Cosicché una buona parte degli Americani ha scambiato una nevrosi per buonsenso. Il progresso medico-scientifico del XXI secolo grazie all’introduzione di migliori metodi anticoncezionali e di cura delle malattie veneree radicalizzò lo scontro tra questo movimento religioso reazionario e integralista puritano e gli autentici liberal-democratici. Dalla sessualità allo svago tutto ricadde in questa battaglia pseudomoralistica molto estremizzata. Non si salvava pressoché niente in detta crociata mirante al sovvertimento dell’ordine costituito. La seconda metà degli anni ’20 divennero un regno del terrore inquisitorio, perché il movimento aveva ottenuto in seguito a manifestazioni progettate ad hoc l’acquiescenza e la disponibilità della classe politica. Tale patristico regno di Dio negli USA fu sconfitto infine sul piano politico elettorale da uno schieramento genuinamente e sinceramente liberale, non senza che si passasse da un confronto violento. Il ritorno della pace sociale e della tranquillità istituzionale fu sancito dalla nuova Costituzione statunitense del 2028, pietra angolare del futuro benessere, tangibile in quel 2086 della narrazione di “For us, the living”. Più in particolare nel testo del romanzo viene riportato il rinnovato principio costituzionale libertario: nessuno può essere privato della personale libertà se non è stato accertato un comportamento a detrimento di un’altra persona fisica, giacché le persone giuridiche sono state declassate e considerate rilevanti soltanto nella circostanza in cui siano immagine di un danno subito da persone fisiche. Quest’ultima cosa ha soppresso le possibilità di abusi, a scapito della collettività, compiuti da grandi organizzazioni (persone giuridiche) finanziarie e capitalistiche. Una qualificata formazione politica dei cittadini permette inoltre di esprimere scelte elettorali non superficiali. Il sistema giudiziario nel 2086 si mostra molto evoluto. La vecchia forma mentis sociale weberiana è stata dismessa, e tutti ragionano secondo schemi mentali non viziati da quelle tare nevrotiche attivistiche. Heinlein ha impostato il problema della devianza da una sana e normale condotta sotto il profilo psicanalitico. La nuova giustizia interviene sulla psiche dell’imputato, indagando le cause di deragliamento comportamentale. La prima cosa da fare adesso è rendere consapevole l’accusato del fatto che ha compiuto un eccesso (tipico, e magari approvato, soltanto nel passato). Esiste dunque un iter di correzione psichica cui un criminale può essere sottoposto, oppure costui può optare per il confinamento dentro gli USA, o anche per l’esilio, se non accetta il primo. Le parole dello scrittore americano sull’argomento inerente alla correzione sono profonde poiché colgono l’aspetto di incidenza delle nevrosi a carico del singolo in una guisa lucida; l’obiettivo dell’emendamento psicocomportamentale è proprio quello di curare alla radice il difetto. Bisogna evitare eventuali crimini nella società rimuovendo la possibilità di ripetere una dannosa induzione nevrotica. Il discorso del romanzo si fa molto interessante allorché capiamo che in esso entra l’intellettualismo etico socratico, perché il male è il frutto dell’ignoranza della propria nevrosi. Allorché v’è coscienza nitida e matura di essa, questa svanisce quale movente efficace di deviazione. Altresì si rivela pertinente a questa parte del testo esaminato il collegamento con la Legge morale kantiana: il soggetto, illuminato e edotto del suo sbaglio, viene portato ad agire in maniera universalmente esemplare volendo evitare un potenziale ritorno negativo legittimato dalla sua possibile prassi. Alla fine il nuovo sistema giudiziario americano mira attraverso una platonica indicazione dell’errore (ossia del malevolo sopravvento del cavallo nero della biga alata) a dimostrare razionalmente all’imputato che cosa sia “bene” e “come” perseguirlo. Il tutto passa dalla demolizione di nevrosi e passioni allo scopo di guidare al meglio la libido e di superare eventuali ricadute in un vecchio relativismo socioculturale di gruppo (dove ad esempio si possono alimentare e coltivare forme di maschilismo patologiche). Nel mondo statunitense del 2086 il concetto di privacy ha informato marcatamente e sostanzialmente l’ordinamento sociale e la vita dei cittadini: è infatti illegale violare la riservatezza individuale al di là dell’ambito lavorativo per tutte le possibilità extragiudiziarie. Nel caso del matrimonio si nota una sua totale privatizzazione. La procedura di sottoscrizione di un contratto pubblico è sparita. Il legame coniugale ora viene creato sulla parola, sulla base di un semplice reciproco assenso alla convivenza more uxorio. Tutto il resto, tradizionale, non è più necessario. Il poliamore è moralmente lecito, e quindi poliandria e poligamia sono diventati legali (e fatti esclusivamente privati). Il creatore di “For us, the living” non crede alla favola dell’amore romantico (il quale sarebbe un’illusione, nevrotica, passeggera). Gli eventuali figli sono liberi di scegliere il loro destino, giacché vengono assistiti dallo Stato. Nel caso di “divorzio” la crescita di costoro potrebbe essere demandata a questo grazie ad apposita istituzione educativa, nelle circostanze in cui fosse presente una lacuna genitoriale. L’opzione statale è comunque universalmente aperta alla richiesta del fanciullo. Circa l’argomento coniugale non condivido l’idea di abbandonare il contratto matrimoniale pubblico, tuttavia sono del parere che si debba concedere la facoltà di stipularlo a tempo determinato (ad esempio quadriennale) con opzione di rinnovo. Il completamento della mia analisi mi richiede due cose nella mia ottica critica: riportare l’immaginaria storia europea di cui non ho più fatto cenno dagli anni ’40 del romanzo alla terza guerra europea, e mettere in evidenza le ombre di “For us, the living”. Cominciamo colla prima cosa. In Europa alla fine del periodo bellico era sorto uno Stato federale (una sorta di UE all’ultimo stadio), strutturato nella forma di monarchia costituzionale con a capo dal ’44 l’ex re inglese Edoardo VIII (quello che abdicò per via della sua relazione con Wallis Simpson). La rinnovata Europa unita si distinse in virtù dell’adozione di una moneta unica, della creazione di una libera rete commerciale interna, e dell’adozione di un sistema di difesa unitario. La floridezza comune europea crollò nel 1970 quando morto l’imperatore Edoardo gli successe nel governo l’Americana imperatrice Wallis. Il Regno Unito, che non l’aveva mai gradita, uscì dall’Europa unita, innescando un quarantennale scontro bellico nel quale gli USA non prenderanno parte. Accanto alla distruzione di un efficiente apparato sociale a sostegno dei cittadini europei coinvolti, Heinlein riporta nella sua opera quale causa del calo demografico, in aggiunta a varie patologie (ad esempio la sterilità dei maschi provocata da radiazioni), aborti spontanei. Chiuso questo quadro, passo all’altro su citato. Un lato oscuro del romanzo è rappresentato dall’attuazione nella società americana del 2086 di procedure eugenetiche correttive e soppressive (in senso intensivo, ma teoricamente pure estensivo per ragioni demografiche): si tratta di una prospettiva inquietante, soprattutto se vista con l’immediato sguardo post-bellico dei reali anni ’40. Lacune discutibili provengono d’altro lato in “For us, the living” dal non aver tematizzato alcune pesanti materie. La pratica della pena di morte e il suprematismo bianco dei discendenti dei coloni europei. Heinlein ha trovato lo spazio per parlare di razzi (e di approdo americano sulla Luna), però non l’ha trovato per affrontare l’argomento del razzismo nella maniera dovuta. La sua immaginaria evoluzione degli USA da distopia a utopia ha ignorato la sinofobia, la discriminazione dei neri, l’emarginazione degli Indiani. Sono dettagli di enorme peso ai quali non riserva né discussione né tantomeno soluzione utopica. Mentre è stato capace nel testo di riformare il comune senso del pudore dal momento che gli Statunitensi utopici vanno in giro, a casa e fuori, più o meno nudi (ha operato una sorta di reviviscenza antico-egiziana estremizzata sfruttando la laicizzazione illuministica della società, liberata da invadenti e condizionanti tare religiose). A conclusione di questo mio lavoro critico e analitico sopra “For us, the living” non posso omettere di segnalare la vicinanza delle teorie economiche henleiniane a quelle poundiane1. Appare plausibile come pure le traversie vissute da Ezra Pound, a causa delle sue posizioni politiche, abbiano indotto in vita Robert Anson Heinlein a tenere costantemente sepolto questo suo romanzo. Ritornato alla luce al principio del XXI secolo (un po’ sulla falsariga del protagonista letterario), è stato giudicato pubblicabile nell’era successiva all’attentato alle Twin Towers.
NOTE
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Distopie
occidentali”
1 Per approfondire consiglio la lettura di un mio precedente
scritto, Attualità di Ezra Pound, che
ho inserito in una mia pubblicazione del passato del 2014 intitolata Considerazioni letterarie.