di DANILO CARUSO
La lettura che ho svolto di “Whisper front the stars”, un
romanzo fantascientifico uscito nel 1970, e creato da Jeff Sutton (1913-1979),
mi ha rivelato la presenza di idee che avevo sostenuto in passato. È stato un
po’ sorprendente aver rintracciato un simile coagulo di ricchezza concettuale
in comune. La prima tangenza riguarda l’origine dell’umanità sul nostro
pianeta, la quale io ritengo pure il risultato di un’emigrazione
interplanetaria dall’esterno del sistema solare di cui fa parte la Terra1.
Io ho parlato in particolar modo della possibilità di insediamenti altresì su
Marte e Venere. Si tratta di ipotesi che nel tempo ho visto già pensate
concretamente prima di me, e, come sto spiegando, ogni tanto rinvenute appunto
qua e là in più autori a me precedenti. “Whisper front the stars” attribuisce
l’ipotesi emigratoria a un immaginario Krado Fromm, e inoltre menziona
probatori rinvenimenti archeologici su Marte: il che è tutto precisamente in
linea col mio modo formale di vedere la cosa nella realtà scientifica. Anch’io
credo che possano trovarsi reperti sopra Marte (o altrove) a testimonianza
dell’emigrazione e della colonizzazione umana in seguito a partenza da altro
sistema solare. Il romanzo suttoniano è ambientato all’inizio del XXIII secolo,
sulla Terra esistono ancora gli USA (da dove partono le vicende raccontate) e
l’umanità ha raggiunto e sfruttato altri luoghi del sistema solare. Non ci sono
state più guerre dal XXI secolo, in Europa e in Asia governano delle unità
amministrative continentali centralizzate. Il governo americano descritto,
sotto il profilo sociale, è alquanto sui generis: è infatti parecchio
assistenziale. D’altro canto tale misericordia è stata bilanciata da
un’atmosfera orwelliana dopo che lo Stato ha assunto uno spirito tirannico
antiliberale e antidemocratico, giacché ogni cittadino viene inserito in un
rigorosissimo meccanismo di controllo e di capillare monitoraggio. Tutti
finiscono schedati in vista dell’ottenimento di tutti i benefici possibili, e a
chi avesse atteggiamento contestatorio nei confronti del governo viene negato
il diritto di accedere a quasi tutte le opportunità di sopravvivenza e di
assistenza. In parole povere ciò equivale al rilascio di una abilitante tessera
di partito in una società totalitaria, dove chi rimane senza resta in grosse
difficoltà. Esiste un dipartimento governativo denominato Ufficio di salute
pubblica, parente orwelliano del Ministero dell’amore, il quale toglie dai
piedi i soggetti manifestanti opposizione e dissenso all’indirizzo del regime
oppressivo. La seconda delle tangenze concettuali fra me e il testo di Sutton,
tangenze di cui accennato in apertura, riguarda il mondo psicanalitico.
L’autore di “Whisper front the stars” non è stato estraneo a questo campo, e io
ho colto lo spunto mostrato da alcune impostazioni narrative del romanzo e le
ho interpretate alla luce della mia critica di carattere junghiano. Voglio
anticipare alcune cose poiché prima di leggere tale opera suttoniana avevo pubblicato
un mio scritto nel quale parlavo di viaggi nel tempo2. E a proposito
del passato ho inquadrato la cosa come un viaggio nell’Inconscio collettivo
junghiano. Questa sarà la mia chiave di lettura del testo di Sutton. Testo nel
quale ho trovato altresì qualche cammeo filosofico e letterario (Kant e pascal,
cielo stellato e canna pensante; Sylvia Plath, la campana di vetro). Circa le
presenze junghiane posso cominciare a dire che nelle parole di Ann Willett (lei
simbolo dell’“anima junghiana” nei confronti di Joel Blake) c’è un elogio della
“solitudine” e dei benefici che concede. Più in là lo scienziato Mark Randall
(simbolo dell’archetipo del “vecchio saggio”) si immergerà in una serie di
considerazioni fisiche e metafisiche nelle quali mi sono trovato a perfetto
agio perché sono formulazioni di idee che ho espresso in passato esponendo più
volte il mio modo di concepire l’Universo. Randall critica il comune e
semplicistico realismo ingenuo dei più, e attraverso un passaggio
schopenhaueriano (dove demolisce le concezioni di esistenza di spazio e tempo
autonomi) approda a un orizzonte cronologico e metafisico eleatico in cui i
diversi tempi non scorrono come lungo una retta distinti progressivamente in
senso unidirezionale, bensì si collocano distinti, ma contemporaneamente – per
così dire –, sullo stesso piano. Questa rivisitata dimensione temporale
mantiene la diversità logico-concettuale di un “prima” e di un “dopo”, nonché
di un “presente”, però relativizza tutto e lo pone metafisicamente sotto un regime
di sincronicità. Il “presente” viene dunque declassato a frutto
dell’autocoscienza attuale, una dimensione di consapevolezza pertanto interiore
la quale non penetra la cosa-in-sé al di là di noi, al di fuori dello spazio e
del tempo categoriali. Nel mio scritto citato poco sopra ho parlato proprio di
tale sincronicità junghiana. Jeff Sutton, dal canto suo, fa introdurre al
protagonista narrante Joel Blake (simbolo del complesso psichico dell’Io) di
conseguenza l’idea di un fato stoico, di una sorta di preordinazione del corso
della vita e delle rappresentazioni fenomeniche. Ci sono “cause di forza
maggiore” (gli input archetipici e i meccanismi fenomenici di causa-effetto in
secondo piano), ma Randall chiarisce che esse non sono inderogabili (da cui l’estrema
difficoltà affrontata dall’astrologia junghiana3). Prosegue lo
scienziato, sempre con tono junghiano, discutendo di una possibilità di
correzione del passato e di viaggio temporale per mezzo della mente. In
particolare di quest’ultimo argomento avevo esplicitamente posto il tema, come
detto. Non è una letterale time machine a consentirci di viaggiare nel tempo, e
poi noi non viaggeremmo nel tempo fenomenico bensì nell’Inconscio impersonale
dentro a cui siamo immersi. Randall, il quale parla da seguace di Schopenhauer
in pectore, allude con lucidità alla voluntas-libido. Ontologia e psicologia
analitica qui si fondono, e l’unità emersa pone il quesito: che cosa s’intende
per “correzione del passato”? Puntualizzato che non esiste tempo e suo scorrere
a prescindere da una categoria schopenhaueriana, possiamo ulteriormente
approfondire il discorso in senso junghiano, e mettere in campo il “processo di
individuazione” teorizzato da Jung. È Ann a farlo nel romanzo davanti a Joel allorché
costei propone un fine esistenziale di compimento del proprio destino, idest
raggiungere il Sé junghiano nel processo appena menzionato e diventare sé
stessi nell’ottica positiva della propria natura personale. Quindi sul finire
del romanzo tocca poi a Randall ammaestrare Blake al riguardo parlando di
processo mentale e di correzione degli errori del passato. Nelle pagine
conclusive di “Whisper front the stars” comprendiamo la maniera in cui quel
governo americano orwellianamente tratteggiato assurga a simbolo dell’Ombra
junghiana, nemica del benessere individuale, ostacolo della felicità personale
attraverso la sua tentacolare nevrotizzante azione. Il processo di
individuazione junghiano deve in primis far prendere coscienza dell’Ombra, la
quale sebbene induca suggestioni negative rientra nell’ambito delle possibilità
di libertà. Ora, non va mutilata la possibilità, il che è impossibile senza
menomare la facoltà di libertà in sé, va destrutturata e perciò depotenziata
l’Ombra in sé. Cioè bisogna condurre un cammino antitetico a quello di Joe
Goldberg in “You” di Caroline Kepnes, dove il protagonista realizza
nevroticamente l’Ombra, mostrandosi alla fin fine meno libero di quanto si
possa credere, poiché libertà è libertà di rifiutare da sé l’Ombra dopo averla
vista e riconosciuta. Sopprimere a priori illiberalmente la figura potenziale
dell’Ombra risulta pericolosissimo, in quanto comporta l’incapacità di gestire
una presenza scomoda e sconosciuta. Per concludere la mia analisi debbo
spiegare cosa sia la “correzione del passato” di cui tratta il romanzo
suttoniano. A mio modo di valutare essa possiede un significato psicanalitico,
e, a prosecuzione della mia linea critica junghiana, la ricollego alla
dicotomia “fase naturale / fase culturale”. Nella riconsiderazione del proprio
passato che ciascuno ha facoltà di azionare a pro dell’individuazione
junghiana, quel “nuovo sguardo culturale junghiano” proiettandosi sul passato
illumina e “corregge” i difetti e le inclinazioni perniciose e nevrotiche,
possibilmente ereditate, a beneficio di un presente ottimizzato.
NOTE
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Distopie
occidentali”
1 Per approfondimenti indico un mio primo lavoro (con i suoi
ulteriori rimandi) intitolato Scoperte
stellari e contenuto nel mio saggio Partita
a scacchi (2022).
3 Allo scopo di approfondire suggerisco un mio piccolo studio: Astrologia e tarocchi nella visione di Jung
nel mio saggio Percorsi di analisi
umanistiche (2018).