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mercoledì 10 maggio 2023

DISTOPIA E PSICHE IN JEFF SUTTON

di DANILO CARUSO
 
La lettura che ho svolto di “Whisper front the stars”, un romanzo fantascientifico uscito nel 1970, e creato da Jeff Sutton (1913-1979), mi ha rivelato la presenza di idee che avevo sostenuto in passato. È stato un po’ sorprendente aver rintracciato un simile coagulo di ricchezza concettuale in comune. La prima tangenza riguarda l’origine dell’umanità sul nostro pianeta, la quale io ritengo pure il risultato di un’emigrazione interplanetaria dall’esterno del sistema solare di cui fa parte la Terra1. Io ho parlato in particolar modo della possibilità di insediamenti altresì su Marte e Venere. Si tratta di ipotesi che nel tempo ho visto già pensate concretamente prima di me, e, come sto spiegando, ogni tanto rinvenute appunto qua e là in più autori a me precedenti. “Whisper front the stars” attribuisce l’ipotesi emigratoria a un immaginario Krado Fromm, e inoltre menziona probatori rinvenimenti archeologici su Marte: il che è tutto precisamente in linea col mio modo formale di vedere la cosa nella realtà scientifica. Anch’io credo che possano trovarsi reperti sopra Marte (o altrove) a testimonianza dell’emigrazione e della colonizzazione umana in seguito a partenza da altro sistema solare. Il romanzo suttoniano è ambientato all’inizio del XXIII secolo, sulla Terra esistono ancora gli USA (da dove partono le vicende raccontate) e l’umanità ha raggiunto e sfruttato altri luoghi del sistema solare. Non ci sono state più guerre dal XXI secolo, in Europa e in Asia governano delle unità amministrative continentali centralizzate. Il governo americano descritto, sotto il profilo sociale, è alquanto sui generis: è infatti parecchio assistenziale. D’altro canto tale misericordia è stata bilanciata da un’atmosfera orwelliana dopo che lo Stato ha assunto uno spirito tirannico antiliberale e antidemocratico, giacché ogni cittadino viene inserito in un rigorosissimo meccanismo di controllo e di capillare monitoraggio. Tutti finiscono schedati in vista dell’ottenimento di tutti i benefici possibili, e a chi avesse atteggiamento contestatorio nei confronti del governo viene negato il diritto di accedere a quasi tutte le opportunità di sopravvivenza e di assistenza. In parole povere ciò equivale al rilascio di una abilitante tessera di partito in una società totalitaria, dove chi rimane senza resta in grosse difficoltà. Esiste un dipartimento governativo denominato Ufficio di salute pubblica, parente orwelliano del Ministero dell’amore, il quale toglie dai piedi i soggetti manifestanti opposizione e dissenso all’indirizzo del regime oppressivo. La seconda delle tangenze concettuali fra me e il testo di Sutton, tangenze di cui accennato in apertura, riguarda il mondo psicanalitico. L’autore di “Whisper front the stars” non è stato estraneo a questo campo, e io ho colto lo spunto mostrato da alcune impostazioni narrative del romanzo e le ho interpretate alla luce della mia critica di carattere junghiano. Voglio anticipare alcune cose poiché prima di leggere tale opera suttoniana avevo pubblicato un mio scritto nel quale parlavo di viaggi nel tempo2. E a proposito del passato ho inquadrato la cosa come un viaggio nell’Inconscio collettivo junghiano. Questa sarà la mia chiave di lettura del testo di Sutton. Testo nel quale ho trovato altresì qualche cammeo filosofico e letterario (Kant e pascal, cielo stellato e canna pensante; Sylvia Plath, la campana di vetro). Circa le presenze junghiane posso cominciare a dire che nelle parole di Ann Willett (lei simbolo dell’“anima junghiana” nei confronti di Joel Blake) c’è un elogio della “solitudine” e dei benefici che concede. Più in là lo scienziato Mark Randall (simbolo dell’archetipo del “vecchio saggio”) si immergerà in una serie di considerazioni fisiche e metafisiche nelle quali mi sono trovato a perfetto agio perché sono formulazioni di idee che ho espresso in passato esponendo più volte il mio modo di concepire l’Universo. Randall critica il comune e semplicistico realismo ingenuo dei più, e attraverso un passaggio schopenhaueriano (dove demolisce le concezioni di esistenza di spazio e tempo autonomi) approda a un orizzonte cronologico e metafisico eleatico in cui i diversi tempi non scorrono come lungo una retta distinti progressivamente in senso unidirezionale, bensì si collocano distinti, ma contemporaneamente – per così dire –, sullo stesso piano. Questa rivisitata dimensione temporale mantiene la diversità logico-concettuale di un “prima” e di un “dopo”, nonché di un “presente”, però relativizza tutto e lo pone metafisicamente sotto un regime di sincronicità. Il “presente” viene dunque declassato a frutto dell’autocoscienza attuale, una dimensione di consapevolezza pertanto interiore la quale non penetra la cosa-in-sé al di là di noi, al di fuori dello spazio e del tempo categoriali. Nel mio scritto citato poco sopra ho parlato proprio di tale sincronicità junghiana. Jeff Sutton, dal canto suo, fa introdurre al protagonista narrante Joel Blake (simbolo del complesso psichico dell’Io) di conseguenza l’idea di un fato stoico, di una sorta di preordinazione del corso della vita e delle rappresentazioni fenomeniche. Ci sono “cause di forza maggiore” (gli input archetipici e i meccanismi fenomenici di causa-effetto in secondo piano), ma Randall chiarisce che esse non sono inderogabili (da cui l’estrema difficoltà affrontata dall’astrologia junghiana3). Prosegue lo scienziato, sempre con tono junghiano, discutendo di una possibilità di correzione del passato e di viaggio temporale per mezzo della mente. In particolare di quest’ultimo argomento avevo esplicitamente posto il tema, come detto. Non è una letterale time machine a consentirci di viaggiare nel tempo, e poi noi non viaggeremmo nel tempo fenomenico bensì nell’Inconscio impersonale dentro a cui siamo immersi. Randall, il quale parla da seguace di Schopenhauer in pectore, allude con lucidità alla voluntas-libido. Ontologia e psicologia analitica qui si fondono, e l’unità emersa pone il quesito: che cosa s’intende per “correzione del passato”? Puntualizzato che non esiste tempo e suo scorrere a prescindere da una categoria schopenhaueriana, possiamo ulteriormente approfondire il discorso in senso junghiano, e mettere in campo il “processo di individuazione” teorizzato da Jung. È Ann a farlo nel romanzo davanti a Joel allorché costei propone un fine esistenziale di compimento del proprio destino, idest raggiungere il Sé junghiano nel processo appena menzionato e diventare sé stessi nell’ottica positiva della propria natura personale. Quindi sul finire del romanzo tocca poi a Randall ammaestrare Blake al riguardo parlando di processo mentale e di correzione degli errori del passato. Nelle pagine conclusive di “Whisper front the stars” comprendiamo la maniera in cui quel governo americano orwellianamente tratteggiato assurga a simbolo dell’Ombra junghiana, nemica del benessere individuale, ostacolo della felicità personale attraverso la sua tentacolare nevrotizzante azione. Il processo di individuazione junghiano deve in primis far prendere coscienza dell’Ombra, la quale sebbene induca suggestioni negative rientra nell’ambito delle possibilità di libertà. Ora, non va mutilata la possibilità, il che è impossibile senza menomare la facoltà di libertà in sé, va destrutturata e perciò depotenziata l’Ombra in sé. Cioè bisogna condurre un cammino antitetico a quello di Joe Goldberg in “You” di Caroline Kepnes, dove il protagonista realizza nevroticamente l’Ombra, mostrandosi alla fin fine meno libero di quanto si possa credere, poiché libertà è libertà di rifiutare da sé l’Ombra dopo averla vista e riconosciuta. Sopprimere a priori illiberalmente la figura potenziale dell’Ombra risulta pericolosissimo, in quanto comporta l’incapacità di gestire una presenza scomoda e sconosciuta. Per concludere la mia analisi debbo spiegare cosa sia la “correzione del passato” di cui tratta il romanzo suttoniano. A mio modo di valutare essa possiede un significato psicanalitico, e, a prosecuzione della mia linea critica junghiana, la ricollego alla dicotomia “fase naturale / fase culturale”. Nella riconsiderazione del proprio passato che ciascuno ha facoltà di azionare a pro dell’individuazione junghiana, quel “nuovo sguardo culturale junghiano” proiettandosi sul passato illumina e “corregge” i difetti e le inclinazioni perniciose e nevrotiche, possibilmente ereditate, a beneficio di un presente ottimizzato.
 
 
NOTE
 
Questo scritto fa parte del mio saggio intitolato “Distopie occidentali”
 
1 Per approfondimenti indico un mio primo lavoro (con i suoi ulteriori rimandi) intitolato Scoperte stellari e contenuto nel mio saggio Partita a scacchi (2022).
 
 
3 Allo scopo di approfondire suggerisco un mio piccolo studio: Astrologia e tarocchi nella visione di Jung nel mio saggio Percorsi di analisi umanistiche (2018).