LE CHIESE SCOMPARSE DI LERCARA FRIDDI (3)
di DANILO CARUSO
La Chiesa del rosario era sita in via Pucci, vicino al palazzo baronale oggi denominato Miceli; era ad una navata, con cripta. Fu chiusa all’inizio del 1931 perché il tetto era pericolante e buttata giù nella prima metà degli anni ’50. Doveva nascere dalla riedificazione di un nuovo immobile la Casa del lavoratore ideata dall’arcivescovo di Palermo cardinale Ernesto Ruffini, ma ne venne fuori nel 1977 il Centro sociale Madonna del rosario.
All’interno c’erano cinque altari.
1) In origine con questo schema: in quello maggiore LA MADONNA CON L’OSTENSORIO, in altri due LA SANTISSIMA TRINITÀ ed IL SACRIFICIO DI CRISTO (si tratta di tre dipinti), in un altro a sinistra dopo l’entrata un Crocifisso di cartapesta. Tutte queste tele sono state da me attribuite a Giuseppe Salerno (1573-1632; noto come lo Zoppo di Gangi): adesso le prime due sono al Duomo, l’ultima a san Matteo. La corretta contestualizzazione che ne ho attuato è servita anche ad individuare con precisione la fase storica di comparsa della struttura religiosa in esame: si sapeva già per certo che il barone di Lercara Friddi Baldassare Gomez de Amezcua aveva fatto erigere una chiesa (non ben individuata: v. G. Fallico Burgarella / I Lercaro e la fondazione di Lercara Friddi / Messina 1988, pag. 45) e che aveva comprato dei dipinti dallo Zoppo di Gangi (senza conoscerne però né i titoli, né se fossero ancora esistenti, né tanto meno quali eventualmente fossero tra quelli superstiti del passato).
2) Successivamente si sa di uno schema parziale di tre altari: LA MADONNA CON L’OSTENSORIO stava sempre sull’altare principale; ai fianchi della navata in altri due c’erano delle statue: san Calogero e san Michele Arcangelo (le statue si trovano ora a sant’Alfonso).
Nell’edificio furono seppellite nel 1659 la baronessa Eleonora Scammacca Gravina (moglie di Matteo Scammacca, morta a 27 anni), nel 1739 Raffaella Buglio Scammacca principessa di Lercara, nel 1763 la baronessa Sebastiana Napoli Miceli (morta a 34 anni). L’edificazione è riconducibile all’iniziativa del barone spagnolo de Amezcua (1562 ca – 4/8/1604). L’atto, che può essere circoscritto al periodo 1595-1604, è indice di un nuovo progetto di sviluppo territoriale del villaggio – evidentemente successivo a quello di Leonello Lercaro (m. 12-10-1600) – in seguito alla concessione al primo della licentia populandi nel 1595, che lo rese protagonista. Si racconta che di questa chiesa cittadina, unica spagnoleggiante, esistesse un fonte battesimale recante la data del 1604. La preghiera della recita del rosario fu istituita nel XIII sec. da san Domenico de Guzman. Donna Mariana de Mieses, madre di Baldassare Gomez de Amezcua, che abitava con il figlio coniugato, non dovette essere estranea a detto esercizio tipicamente femminile, ed anzi è possibile ipotizzare che abbia condizionato il figlio nella dedica alla Madonna del rosario (il cui festeggiamento si andò affermando a partire dal XVI sec.), in aggiunta ad una suggestione campanilistica proveniente dal fatto che la pratica fu istituzione di un santo spagnolo. Vi è notizia di un documento del 9 dicembre 1722 di fondazione della chiesa ad opera di un Domenico Miceli (v. N. Sangiorgio / Quattro secoli di devozione mariana a Lercara Friddi / Palermo 1995, pag. 148). Il 15 aprile 1731 questo Miceli assegnò alla Madonna del rosario come contributo per il suo andamento, avendola anche provveduta dell’occorrente per le celebrazioni, nove case ed un appezzamento di terreno edificabile. Quell’atto stabiliva inoltre che il tutore ed il possessore di essa fossero membri della famiglia Miceli (il 18 settembre 1731 ne divenne Pietro Maria Miceli, nipote di Domenico). La Curia arcivescovile di Palermo in tal senso emise una disposizione il 22 marzo 1738. I Miceli della Chiesa del rosario vennero a Lercara da Burgio. Gli altari di san Calogero e san Michele Arcangelo mi fanno propendere per ciò (G. Canale), è possibile che non tutti i Miceli di Lercara Friddi fossero indigenti agricoltori provenienti da Castronovo di Sicilia (G. Mavaro): nell’edificio sacro non c’era nessuna eco di un possibile portato di tradizioni castronovesi. A Castronovo «la fondazione della chiesa della Madonna del rosario ebbe luogo nel 1666 (L. Tirrito)». Domenico Miceli, di professione notaio, si trapiantò a Lercara dove gli furono concesse delle terre sul piano del rosario: sembra che col tempo la competenza sulla Madonna del rosario sia passata a detti Miceli, anche per il fatto che gli Scammacca, nuovi signori del paese, promossero l’edificazione della definitiva matrice, iniziata nel 1702 e dedicata a Maria Santissima della Neve, che stava accanto alla loro nuova sede baronale (oggi palazzo Scarlata), mostrando così disinteresse verso la vecchia residenza signorile (acquisita pure questa dai Miceli) e verso la chiesa in questione. Lo schema urbanistico degli insediamenti nati da concessioni di licentiae populandi, che presenta il nucleo formato dall’accoppiata palazzo signorile – chiesa rivolta sulla piazza, mi fa anche credere, nell’ambito dell’analisi, che palazzo Miceli sia stato eretto per opera del de Amezcua (e sia quindi passato come la vicina struttura di culto a quella famiglia, visto che gli Scammacca volevano casa e chiesa tutte loro). Nel 1664 fu istituita a Lercara la parrocchia, e la Madonna del rosario ebbe il ruolo di matrice sin quando, passando l’arcipretura per san Matteo, non fu completata l’edificazione della nuova nel 1721. I Miceli dunque si presero cura della Chiesa del rosario (trascurata dai nuovi signori, che probabilmente la sentivano estranea alle proprie tradizioni familiari), tanto da farne un atto di rifondazione (1722) e restaurarla. I resti, dopo l’abbattimento del complesso negli anni ’50, di quella che è stata identificata con una cappella, non dovrebbero essere altro che le tracce della costruzione del de Amezcua, che poteva benissimo essere cappella di famiglia, andata poi in rovina e recuperata dai Miceli sia perché ubicata su loro proprietà, sia per devozione (il primo Miceli lercarese si chiamava Domenico, un suo figlio Rosario).
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LA SANTISSIMA TRINITÀ |
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