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lunedì 20 giugno 2016

LA MACCHINA DEL CONSENSO NEL “MONDO NUOVO”

di DANILO CARUSO

Il saggio da me scritto e intitolato “Il capitalismo impazzito di Aldous Huxley” adotta un’impostazione analitica applicante una chiave di lettura weberiana nello studio del rapporto intercorrente fra la realtà del capitalismo e il “Brave New World” (sua immaginaria, ma non troppo, possibile alterazione).
Viene messo in risalto come l’irrazionalismo religioso in tale campo, sottostante nella valutazione di Weber agli effetti della dimensione sociale del capitalismo, potrebbe essere movente ulteriore di un inquietante strano “Mondo Nuovo”. Nel 1933, a un anno dalla pubblicazione, il romanzo distopico huxleyano uscì in Italia, allora governata dal fascismo.
Dalla mia opera di critica sociologico-letteraria ripropongo quelle parti che riguardano la meccanica di creazione del distopico welfare; altri temi possono essere approfonditi leggendo il saggio.
Il cap. I di “Brave New World” espone il funzionamento della genetica macchina della predestinazione umana. Gli embrioni, prodotti in numero eccezionale in laboratorio, dopo un’artificiale gestazione seguita con attenta minuzia, diverranno individui con le predisposizioni alle funzioni per le quali hanno subito specifici trattamenti differenziati in categorie. I gruppi generali sono cinque, che Huxley denomina con le prime lettere dell’alfabeto greco. Una concezione di questo tipo, volente la realtà preordinata da una forza superiore, proviene dalla visione protestante dell’esistenza: ogni uomo, già nato, ha un suo futuro, il quale lui ignora, ma che bello o brutto dovrà in qualunque caso accettare. Da tale idea, la quale pone il segno della salvazione eterna nel successo pubblico individuale, Weber trattando dell’etica calvinistica ha chiarito la genesi della dinamica attivistica nelle società animate dal capitalismo (per il quale l’arricchirsi diviene una conseguenza dell’elezione al paradiso). Alla chiusura di questo cap. I il direttore delle Unità generative e Centro per il condizionamento («DHC») sostiene un pensiero che è il dogma da cui è partito l’attivismo protestante e capitalista: «Il segreto della felicità e della virtù sta nel trovare piacevole quanto tu devi fare. Tutto il condizionare punta a quello: far piacere alla gente il suo inevitabile destino sociale».
E Perciò non stupisce che la scienza nel Mondo Nuovo di Huxley pretenderebbe di offrire persone pronte alle loro mansioni entro pochi anni dalla loro esistenza: è l’efficienza produttiva che lo chiede. E in un regime di tal genere, il cui motto è COMUNITÀ IDENTITÀ STABILITÀ, la genetica sta attenta a dare vita a non molti individui intelligenti e riflessivi: solo diffuse ottusità e incapacità di comprensione obiettiva possono tenere in piedi un simile sistema gerarchico. Allora la conoscenza, nel senso più nobile del termine, diventa pericolosa.
Il cap. II del romanzo di Huxley, che si apre con un esempio di «condizionamento neopavloviano» sui neonati, allo scopo di far comprendere pure al lettore l’efficacia e l’importanza, agli occhi di un simile apparato altamente condizionatore, dell’infusione di steccati mentali a scapito dell’autonomia personale, fornisce diversi indizi di critica al modello capitalistico.
Si è ormai compreso, e lo ribadisce la riflessione di uno studente, portato con altri compagni in visita all’Unità di generazione e centro di condizionamento di Londra, il modo in cui lo studio e la lettura possano destabilizzare tale regime di potere, se non crearne le basi per la caduta, però quando Huxley puntualizza che «ragioni di alta politica economica» hanno la preminenza, capiamo ancor meglio che lo scrittore sta puntando il dito contro un certo meccanismo di produzione finalizzato al consumo.
Allorché fa dire al DHC che si inculcano nelle teste tendenze mirate a consumi che non siano offerti gratis, quest’ultimo (che all’inizio del cap. III definirà «follia» le mancate agevolazioni all’attività di consumazione di beni e servizi) esplicita il primo punto del programma operativo capitalistico: produrre al fine di vendere di continuo in un circuito commerciale avente scopi di lucro.
Ed è altresì chiaro come detta ideologia provocando sperequazioni e discriminazioni abbia l’obiettivo, per mantenersi al potere, di indebolire il potere intellettuale, del singolo e delle masse nel complesso.
Chiunque dovrebbe accettare il suo posto nella società giacché predestinatovi (o dalla religiosità protestante, o dalla genetica del Brave New World, trasposizione e attuazione scientifica, capitalistica e distopica, della prima). Viceversa chi propugnasse un sistema più giusto rischierebbe di mettere in discussione una qualsiasi pseudodemocrazia plutocratica.
Dunque tutti devono rimanere intontiti, attraverso le migliori tecniche, fin dalla nascita e abituarsi a comportamenti condizionati, funzionali alla sopravvivenza di questo apparato. Nel Mondo Nuovo si pratica da subito, sui bambini di pochi mesi, l’infusione di una «istruzione morale, la quale mai dovrebbe, in alcuna circostanza essere razionale», grazie all’«ipnopedia» («insegnamento durante il sonno») volta a creare non solo una precisa «coscienza di classe (class consciousness)». Tale consapevolezza, da accettarsi in qualità di ineluttabile destino, si fa portavoce di quel dogma capitalistico e protestante di cui in precedenza parlato. Quanti sono i presuntuosi, che godono almeno di un piccolo benessere nella società liberal-capitalistica, di scadente e approssimativa acculturazione, cui navigano nella mente i sollevanti ipnopedici pensieri inculcati ai bimbi del New World: gli «α… lavorano molto più duramente rispetto a quello che facciamo noi, perché sono intelligenti in modo così spaventoso. Io sono davvero molto contento di essere un β, giacché non lavoro così duramente. E inoltre noi siamo molto migliori dei γ e dei δ. I γ sono stupidi»; «gli ε sono ancora peggiori. Loro sono troppo stupidi per avere la capacità di leggere o scrivere».
Ogni soggetto di ciascuna classe è stato condizionato in maniera tale da sentirsi soddisfatto della sua collocazione e da rifiutare l’ipotesi di un cambiamento: a ognuno è impossibile avere il punto di vista o desiderare il destino di un’altra casta. La tecnica dell’ipnopedia è una strategia di messaggi subliminali, la quale, nel modo portato ad esempio verso la fine del cap. III, promuove l’acquisizione di beni nuovi piuttosto che riparare quelli usati, o invoglia a fare precisi consumi: in generale quando il soggetto ritroverà una dottrinaria materia concettuale, la prenderà «non soltanto per vera, ma per assiomatica, ovvia, completamente indiscutibile». L’ipnopedia perfeziona il lavoro iniziato da altri metodi di condizionamento i quali si avvalgono di semplici esperienze associative, «ma il condizionare senza parole è rozzo e di non alto pregio, non può far comprendere le distinzioni più raffinate, non può inculcare i più complessi corsi di comportamento. Perciò devono esserci le parole, tuttavia parole senza ragionare. In breve l’ipnopedia», a detta del DHC. Tale tecnica che prefigura una determinata risposta – automatica e fuori della riflessione – a una certa sollecitazione, fa pensare a quei vecchi manuali di catechismo religioso costruiti di domande e risposte da imparare nella suggestione piuttosto che nella lucidità di comprensione.
Il che ha l’analoga dinamica della pubblicità commerciale, la quale tende al di qua della coscienza a ottenere un auspicato comportamento sulla falsa riga dei neonati descritti da Huxley; dice il DHC: «fino a che la somma delle suggestioni sia la mente del bambino. E non solo la forma mentis infantile. Sia pure quella dell’adulto, lungo l’intera sua esistenza. La mente che giudica, desidera e decide, composta di queste suggestioni. Ma tutte queste suggestioni sono le nostre suggestioni!».
Nel cap. III del romanzo Huxley continua la ricognizione dentro i meccanismi di questa nuova struttura, la quale comincia a datare la sua epoca dalla figura di Henry Ford (1863-1947). In particolare dall’anno di produzione del modello automobilistico Ford T (1908).
Dopo che l’umanità era entrata in una crisi irreversibile a causa di una guerra (141-150 d.F.) il pianeta Terra cadde sotto il controllo di un macrostato suddiviso i dieci sovrintendenze: una di esse è l’Europa occidentale (a Londra si svolgono nel 632 d.F. gran parte delle vicende del racconto).
Il sovrintendente di quel settore terrestre, che rivolge una sua lezione agli studenti in visita al Centro per il condizionamento, spiega ai suoi uditori il vangelo del Mondo Nuovo partendo da «quel bel e ispirato detto del Nostro Ford: “La storia è una raccolta di parole vuote”». L’istruzione è un male perché ruba tempo ai consumi, le persone istruite sono pericolose nei confronti del sistema, e fu un errore reprimere la loro azione usando la forza: meglio applicare gli incruenti moderni metodi scientifici («Governare è un affare di riunioni, non di scontri. Voi governate coi cervelli stando seduti, mai coi pugni»).
Cosicché dall’utilizzo di tecniche di condizionamento intellettuale alla modalità di riproduzione umana non vivipara (ectogenesi), emerge la maniera in cui il capitalismo abbia portato a compimento le sue inclinazioni fondate su germi di irrazionalità.
La storia e i beni culturali antecedenti il 150 d.F. sono stati annientati allo scopo di non fornire motivi di turbamento: «tali sono i vantaggi di un’educazione realmente scientifica».
Fra il vecchio universo capitalistico e il Brave New World esiste un rapporto contemplante nel secondo l’elevamento della “gabbia” di cui parlava Weber al grado massimo di secolarizzazione.
Per Weber il “mantello” di cura che avvolge un protestante nella ricerca dell’arricchimento in funzione di segno esperibile dell’avvenuta (ma a priori disposta) salvazione si converte in una “gabbia”, la quale si sgancia e abbandona i suoi significati e le prospettive di fede durante il cammino.
Il messaggio evangelico costituisce un inno dell’amore agapico, e nel New World è comandamento ipnopedico che «ciascuno appartiene al prossimo (every one belongs to every one else)», cioè debba donarsi in modo spontaneo a beneficio del prossimo. Tale principio, maturato privo di guida razionale, ha comportato la distruzione delle rimanenti sfumature concettuali dell’amore: storgé, eros, filía.
È questo uno dei motivi di scomparsa della famiglia e della generazione vivipara. La famiglia è un luogo di apprendimento che his fordship scredita specialmente riguardo alle casistiche di povertà mettendo l’accento su «terribili pericoli della vita in famiglia. Il mondo era… pieno di madri, quindi di ogni genere di perversione dal sadismo alla castità». Ritorna uno degli aspetti più negativi della tradizione giudaico-cristiana: la misoginia.
Gesù era stato concepito grazie all’opera dello Spirito Santo, e la sessualità in detta tradizione non ha mai avuto una collocazione serena. Il terrore della porta del diavolo fa apprezzare al sovrintendente che «alle Trobriand il concepimento era un’occupazione di spiriti ancestrali; nessuno aveva mai udito di un padre».
Conclusione nevrotica: tutti devono nascere mediante l’intervento dello Spirito Santo (interpretato dalla scienza genetica). «Famiglia, madre… monogamia, romanticismo» devono scomparire perché gabbie pulsionali costituenti sproni a rifiutare «le proibizioni che loro non erano condizionati a rispettare… E sentendo in maniera intensa, il che era un di più, in solitudine, in un isolamento irrimediabilmente individuale, come potevano essere stabili?».
 Ciò che è materia di sollecitazione individuale ha subito il destino di rientrare in un rigoroso controllo. Il soggetto non può (e non deve) spingersi oltre una conveniente soglia: «non esiste civiltà senza stabilità sociale. Non esiste stabilità sociale senza stabilità personale». L’apparato pretende e genera «uomini obbedienti, stabili nell’appagamento». Giacché contenere il soddisfacimento crea una sacca emotiva controproducente che potrebbe sprigionare le sue energie a danno del regime dominante: «il sentimento si nasconde in quell’intervallo di tempo tra il desiderio e la sua consumazione».
Venuta a mancare la dimensione della storgé a vantaggio dell’agápe (qui in forte modo distorta), resta il prendere atto dell’identica cosa a carico dell’eros, però realizzatasi in modalità paradossale nel contorno logico, ma in interiore ben calibrata in direzione del fine che si voleva conseguire.
Allo scopo di depotenziare l’eros, lo si è generalizzato: non solo in una disdicevole programmatica pratica di promiscuità fra adulti (la quale dovrebbe apparire una soddisfazione paradisiaca), ma altresì nella riprovevole promozione del «gioco erotico tra bambini (erotic play between children)», che il DHC giudica tutt’altro che «abnormal» e «immoral». Comunque Huxley nella sua narrazione distopica non ammette la liceità della pedofilia neanche nella peggiore distorsione letteraria della realtà.
Trasformare la sessualità in una cosa scontata, sprovvista di speciale valore, sin da piccoli e tra soggetti adulti, essendo impossibile sradicarla, raggiunge la meta di disinnescare un pericoloso ordigno nei confronti della “stabilità”. Nelle parole del sovrintendente, Ford («our Ford») assurge a «nostro Freud (our Freud)»: il SUPER EGO dello «Stato mondiale (World State)» ha letteralmente ipnotizzato e drogato l’ES.
È un nuovo paradossale, irrazionale ragionamento, però capitalistico e protestante, nei riguardi di un Cristianesimo non attivista («l’etica e la filosofia del sotto-consumo»): all’oppio della religione cristiana si sostituì dal 184 d.F. la somministrazione di una vera droga (legale), sostitutiva dell’azione catechetica e sacramentaria, chiamata «soma». In “Brave New World Revisited” Huxley puntualizza: «Il soma era la religione popolare. Allo stesso modo della religione, la droga aveva il potere di consolare e compensare, suscitava visioni di un altro, migliore mondo, offriva speranza, fortificava la fede e promuoveva l’agápe (charity)».
Ormai a tutti basta il soma («la droga perfetta… euforica, narcotica, piacevolmente allucinante») e un corpo mantenuto giovane dalla scienza (il corpo al massimo di uno a 30 anni sino all’età di 60).
In vista di tale obiettivo si fa pure ricorso alla «trasfusione del sangue giovane»: detta prassi origina la sua suggestione dall’Antico Testamento, dove si sostiene che la sede della forza vitale sia nel sangue (il cosmismo sovietico prese la cosa sul serio, e Aleksandr Bogdanov, un fautore delle trasfusioni miranti a ottenere l’immortalità, ne trattò nel suo romanzo “La stella rossa”). Il sovrintendente concluse quella sua predica agli studenti così: «Adesso… gli uomini vecchi lavorano, fanno sesso, non hanno tempo a disposizione lontano dal piacere, non un attimo per sedersi o pensare, o semmai per qualche sfortunato caso una tale crepa di tempo si aprisse nella solida sostanza delle loro distrazioni, c’è sempre il soma»; vale a dire che il paradiso (dell’ottundimento) è sceso in terra rendendo ognuno (pseudo)beato.