di DANILO CARUSO
Nei romanzi sadiani possiamo rilevare
una tendenza di massima la quale vede il sadismo esercitato perlopiù da
soggetti maschili a scapito di quelli femminili. Il potere della vis legittima
ciò in una gamma che va dalla violenza fisica a quella psicologica. Tuttavia
nel corpus letterario sadiano non sono solo gli uomini gli attori sadici, ci
sono pure delle donne. Queste si collocano in una zona intermedia nel cosmo
sadista fra canonici abusatori e vittime. L’esercizio di tale sadismo femminile
viene contraddistinto rispetto a quello dominante maschile (più completo nella
sua epifania) da una prassi psicologica di ripiego a causa di un mancato pieno
possesso della vis maschile. Simile dinamica potrebbe evocare un femminismo sui
generis in virtù di questa sua vocazione intellettuale in direzione di un lato
interiore, psichico, più dialettico. Simile serie B sadista potrebbe
rappresentare una sorta di rivalsa dell’intero genere. Richiamando la
dialettica hegeliana “signore (abusatore maschio) – servo (donna abusata)”
notiamo che il servo hegeliano, sconfitto nella vittima femminile statica, ha
compiuto un salto dialettico grazie a cui alcune figure femminili sadiane si
sono poste a metà tra l’abusatore classico, l’uomo, il quale può disporre in
toto della vis, e le donne fragili, incapaci di reagire sul piano della forza:
alle donne sadiane è rimasta appunto la carta psicologica. Loro si rivelano una
conseguenza diretta della dialettica di base “servo (vittima sadiana) – padrone
(attore sadico)”: prendono coscienza di fronte all’abusatore maschio e si
appropriano del “diritto alla violenza”. L’usufruire agito di questo, nelle sue
peculiarità femminili, le libera, giacché “libertà” e “violenza” nel sadismo si
rivelano due facce della stessa medaglia ideologica. Qui la condizione dell’“essere-libero”
non ammette limiti di contenimento di una deriva attivistica cruenta e
traumatica, dispiegantesi a danno dei più deboli. In ogni caso sadico resta
alla pratica della violenza in qualsiasi guisa un primato di “fine in sé”. De
Sade ha proprio ribaltato la concezione kantiana contemplante l’umanità un
“fine in sé”. Il riguardo nei confronti di questa cede il passo, in una
rotazione a 180°, a un suo degrado strumentale dove si mostra l’“atto violento”
ad assurgere quale faro, meta ideale. Risulta questo nel sadismo l’“obiettivo
naturale”: “razionale”, se è lecita l’iperbole in orizzonte sadista, su cui
moltissime aberrazioni vengono legittimate in maniera per me (seguace di
tutt’altra logica) molto irrazionale. De Sade abbatte il freudiano “principio
di realtà”, aprendo l’essere umano a possibilità di azione (violenta e
immorale) la quale non condivido e respingo nettamente. Nel suddetto
disturbante meccanismo hegeliano ricordato il signore-abusatore estremizza la
sua condizione come descritta da Hegel: non mira più a un riconoscimento di sé
come dominante senza sopprimere l’esistenza del servo, in de Sade il
padrone-abusatore annichilisce mediante la violenza lo statuto umano del
servo-vittima. Il primo non mantiene più davanti un suo simile sottomesso,
bensì uno “strumento-per-la-violenza”. Dalla consapevolezza di questa radicale
reificazione distruttiva alcune donne sadiane hanno tratto lo spunto in
direzione del salto dialettico, assurgendo a dominatrici (manipolatrici,
protagoniste ora di un sé attivo nella libertà della violenza, al cospetto di
attori sadici maschi manipolati, e vittime incapaci di uscire dallo status
servile, strumentale di vittima sadiana). Nei suoi romanzi de Sade cita alcuni
filosofi a sostegno del suo sistema di aberrante pensiero. Ne distorce a
proprio uso e consumo alcune idee con tecnica sofistica. Ce n’è uno però la cui
presenza mi ha colpito in particolar modo: si tratta di Spinoza. Una tra
protagonisti sadiani lo rammenta. In passato ho analizzato la filosofia di questo
filosofo-teologo giudeo mettendone in luce le ombre1. Il recupero di
Spinoza da parte di de Sade all’interno del suo perimetro mentale lo porta sì
su una posizione estremistica, tuttavia non valuto questa possibilità
disomogenea alle basi spinoziane. Altri filosofi menzionati dallo scrittore
francese vengono di per sé inquadrati in sistemi di pensiero chiari rispetto a
cui si coglie subito la forzatura concettuale sadista. Con ciò non voglio dire
che il teologo ebreo inserito sia un teorico del sadismo. Costui in virtù delle
sue fondamenta lascia la porta aperta a de Sade, contrariamente agli altri.
Quest’ultimo approfitta, entra, e sviluppa il pensiero spinoziano in una
direzione omogenea. Spinoza rimane pensatore molto condizionato dalla sua
matrice religiosa ebraica, ambisce a una grande riunificazione stoicizzante fra
Giudaismo e Cristianesimo all’insegna del suo monismo panteistico. Il sadismo
viene fuori nel momento in cui andiamo a individuare aspetti ad hoc dalla
tradizione giudeocristiana (storia reale e “Bibbia”). Ne tratterò meglio, in
modo descrittivo, nell’ultima parte della mia analisi. Oltre a questi casi di
forte impatto significativo, data la loro precedenza, producenti tangenze,
esiste la questione più in dettaglio filosofica. Nella pubblicazione del
poliedrico intellettuale Pierre Klossowski intitolata “Sade, prossimo mio /
preceduto da ‘Il filosofo scellerato’” (Sugar, 1970) si trovano formulate
riflessioni critiche a sostegno della mia impostazione spinoziana
nell’approccio analitico nei riguardi di de Sade. Klossowski, al pari di me,
vede la radice proveniente da Spinoza nell’idea sadista di Natura, tenendo
chiaro pure che il sadismo resta incorniciato nel razionalismo materialistico
illuminista. Preciso io che il sadiano determinismo (meccanicistico) della
“materia”, pensata nel contesto filosofico e scientifico dell’Illuminismo, si
rivela, su un piano sovrannaturale (attiguo al sensibile immediato), speculare
al determinismo della Substantia spinoziana: è possibile notare nel sistema sadista,
a dispetto del conclamato materialismo, una linea parallela alla res extensa,
nella res cogitans, una linea su cui speculare. Klossowski fa notare la maniera
in cui il determinismo sadiano rispetto a quello convenzionale illuminista
assuma però forme d’espressione sadica nel suo manifestarsi. Egli sottolinea il
fatto che il rapporto fra il singolo umano – “modo” spinoziano – e la
rielaborazione sadiana del concetto di “divinità suprema” si intorbidisca.
Questo intellettuale contemporaneo ci ricorda come il Dio agostiniano “origine
del male” non sia lontano da de Sade, il quale postula il primato dell’azione
violenta. L’Ente supremo sadiano (che io considero un Deus sive Natura
spinoziano) menzionato da de Sade ne “La nouvelle Justine” si mostra un campione
ontologico per malvagità: questo rappresenta un riferimento molto interessante
ribadito da Klossowski, uno spunto il quale porterò sino alle sue estreme
conseguenze. Io, in passato, ho evidenziato in altre mie analisi l’ambiguità
morale di un Dio cristiano di foggia manzoniana. Sopra un altro versante di
ragionamenti, ne “La nouvelle Justine” de Sade parla con tono
spinoziano-hegeliano distopico riconoscendo che l’universo e i singoli
risultano un’impronta di un principio primordiale (tetico e progettuale) che si
stampa sui suoi prodotti: malvagia la causa di tutto, malvagi i suoi effetti (a
cominciare dagli individui umani; tra l’altro Spinoza – rammento io – afferma
che l’effetto esige una causa omogenea). De Sade degrada Dio a Natura
materialistica, sino a diluirlo in essa, ma il Deus sive Natura spinoziano
sopravvive nel materialismo illuministico sadiano. Da simile spiraglio prendo
le mosse. Klossowski definisce il sistema sadista “Stoicismo ateo”. La menzione
dello stoicismo a proprio vantaggio è di origine sadiana. E io so, per averlo
approfondito, come il pensiero della Stoà si intrecci con Ebraismo e
Cristianesimo2, proiettandosi in sede sadista alla volta di aspetti
che vedremo più avanti. Qui, a proposito della pubblicazione di Klossowski, posso
apprezzare che costui abbia colto l’“attivismo” nella “sostanza materiale”
costituente la realtà secondo le descrizioni sadiane. Sarò poi io a proporre
una connessione concettuale di più ampio raggio. Per il momento notiamo una
Substantia attiva, ciclica, all’infinito, connotata da predeterminazione
sovrannaturale. Klossowski è chiaro su questi attributi e sul fatto che nella
misura in cui Sade parli di una possibilità di un Dio questo debba essere
ricondotto a categorie sadiche. Stiamo comunque parlando sempre in termini di
Deus sive Natura giacché viene esclusa un’idea di creazione nell’accezione
cristiana. La Natura sadiana appare malvagia e distruttiva, e il sadico si
mostra un instrumentum Dei sive Naturae. C’è una molto bella nota in questa
pubblicazione che ho ripreso a mio supporto in cui si rammenta con dettaglio
puntuale che Spinoza sostenga nella Substantia l’assenza di una teleologia e
del diritto naturale tradotto nel diritto positivo. Mi pare che il quadro cui
darò seguito abbia una solida base al di là del mio pensiero analitico
personale. Klossowski non lo dice esplicitamente, ma nell’attività/attivismo
della “Sostanza naturale / Natura sadiana” osserva qualcosa di idealistico in
senso hegeliano. Simile taglio esegetico di de Sade, da parte di questo
intellettuale contemporaneo, comporta che il criterio dialettico adombrato si
noti meglio allorché egli presenta la figura dell’abusato, in parole sempre non
evidentissime, quale negativo-razionale da rimuovere: la reificazione della
vittima appare chiara. A ella è da applicare un passaggio di distruzione (il
quale io leggo appunto come negativo-razionale hegeliano) nell’ottica di una
violenza quale fine in sé. Klossowski finora ha fornito preziosissimi spunti in
parallelo a me, che da adesso riprendo il timone per segnare le distanze da
altre sue riflessioni in relazione alle quali non mi trovo in sintonia. Questo
intellettuale nella sua analisi ha inteso ridurre a nihil entrambi i componenti
della dicotomia sadista abusatore/vittima. Non la vedo così. Svilupperò questo
concetto di Logos stoicizzante sadista legato a suddetta dicotomia in pieni
termini di dialettica hegeliana. L’annichilimento dell’umanità dell’abusato,
per me, non comporta uno speculare svuotamento dell’altro polo il quale dovrebbe
giustificare il di questo disumanizzante abito mentale. L’attore di violenza,
nella mia impostazione di studio, rimane “soggetto pieno” (con i connotati che
verrò a dire). Klossowski, a mio modestissimo avviso, sbaglia altresì ad
affermare che l’abusatore sadico abbia una coscienza della sofferenza percepita
dalla vittima nella di questa coscienza. In tal modo l’attore sadico dovrebbe
restituire al paziente uno sprone canonico mettendo in moto una generale
dialettica emancipativa di ritorno (il seguito della dialettica hegeliana
“signore-violentatore / servo-vittima”). Ciò non accade di rito nel cosmo
sadista. Alcune donne fanno eccezione perché hanno trovato la non comune
abilità/vocazione a uscire dalla reificazione ontologica: volendo, potremmo
parlare di “predestinazione logica”. Klossowski cita Hegel per accostarlo a de
Sade, ma in una guisa che giudico parziale, riduttiva, e sebbene illuminata e
illuminante da un lato, dall’altro sostanzialmente deviante. Egli ha intuito
una giusta direzione analitica (merito) paragonando la Natura sadiana a quella
hegeliana (intesa quale “drammatizzato procedere dell’Assoluto”), però poi ha
intrapreso la via di un binario morto (demerito) incanalando la sua
potentissima intuizione nell’alveo di paragone con lo Gnosticismo. Non è con
l’eresia cristiana e la teologia di un “malvagio Dio demiurgico” (il quale
porta seco un inappropriato e fuorviante concetto di “caduta” presso de Sade)
che bisogna ragionare sopra la Substantia sadiana. Questa è originaria, ed è
quella che è; e si può accostare alla versione canonica del Dio biblico. Io ho
scremato, semplificato (rasoio di Ockham), e preferito un cammino il quale mi è
parso più rigoroso e più ricco. Non esiste nel cosmo di de Sade un concetto di
“purezza decaduta”: Klossowski non ha compreso che l’intenzione sadica del Deus
sive Natura sadista si rivela originaria e che non ha alle spalle un
contraltare di bontà e positività. Avere introdotto nell’analisi questo, non
aver sviluppato l’intuizione hegeliana in forma migliore (restata praticamente
sterile) sono stati errori di questo acutissimo intellettuale contemporaneo. Il
Dio-Sostanza spinoziano risulta “anarchico” in senso ontologico, agisce secondo
necessità, però in completa libertà metafisica. Il tipo sadico dei testi di de
Sade imita questa divinità, ambisce alla sua condizione libertaria (libertina)
di anarchia. Il settecentesco scrittore francese reclama a beneficio di ogni
singolo essere umano l’attribuzione dei poteri incondizionati dello Stato
hobbesiano (il Leviatano), questo nel pensiero di Hobbes sorto in seguito a
delega di ogni persona della propria arbitraria capacità sovrana d’azione nella
primordiale fase del “bellum omnium contra omnes”. De Sade sposta la sovranità
statale e le sue facoltà decisionali, normative e di arbitrato, nuovamente ad
personam: il potere assoluto, sia esso inteso come attributo di un sommo ente
pubblico o di una pervasiva idealistica sostanza spinoziana, va, in tale ottica
sadista, assegnato all’individuo. C’è, come già ricordato, un personaggio
sadiano che ricorda a suo vantaggio il razionalismo di Spinoza, e di
conseguenza implicita il fatto che l’individuo umano sia una determinazione
mondana (“modo finito”) del Deus sive Natura: costei, nella discutibile
vocazione sadista, non fa altro che rispettare le ambigue evidenziate basi del
filosofo ebreo. Ribadisco che Spinoza non fa apologia di sadismo, però il suo
Dio-Sostanza non si mostra così immacolato da non poter essere agevolmente
manipolato da de Sade. L’attivismo caratterizza la Sostanza spinoziana (Spinoza
preferì fare l’ottico e non il professore in virtù di questo). Ciò si sposta
nel sistema sadista, e si apre alla violenza (di cui ho parlato). De Sade
sembra un estremista spinoziano, e in quanto tale legittima meglio l’inerenza
della mia critica hegeliana su di lui. Non trascuriamo, tra l’altro, che il
“determinismo sostanzialistico spinoziano” conduce alla “razionalità-del-reale”
di Hegel (un problema filosofico che mette capo ad argomenti come la discussa
“Provvidenza manzoniana”). Tengo sempre a sottolineare che, accanto a questi
rilievi di natura metafisica in funzione critica, de Sade incornicia il suo
sistema in un contorno materialistico atomistico epicureo-illuminista, il quale
però come abbiamo osservato non fa di questo fuori-di-sé “naturale”, rispetto a
un tetico-logico “spinoziano”, un momento esclusivo e totalizzante. De Sade
sembra parecchio idealista (filohegeliano ante litteram) distopico3:
la Natura sadiana (intesa come Idea, il tetico-logico; diversamente come pulsione
attivistica primordiale, la libido4), costituente l’Uno-in-tutti,
persegue la sua realizzazione grazie alla massima libertà alla volta della
violenza sgretolante qualsiasi freno morale o legale. Rileviamo inoltre un
attivismo puntualizzato nei singoli personaggi sadici che rammenta la
nietzschiana “volontà di potenza” andata al di là del bene e del male a scapito
dei più deboli, di coloro i quali si erano rifugiati nelle aree di sicurezza
tradizionali (morale, religione e diritto positivo). Nella filosofia di de Sade
simile autonomo spazio d’azione personale, sottratto al controllo pubblico
statale, costituisce una “tirannia privata”. Qui l’Io, naturalmente nello
specifico quello capace di imporsi, si mostra un sovrano incondizionato,
legittimato all’uso di qualsiasi forma di violenza e abuso, un “machiavellico
principe” in salsa sadista. Le spiegazioni sadiane materialistiche possiedono
sì la loro pertinenza, non vorrei ridurle ad artificio sofistico. Avendo
impostato una analisi la quale fa una lettura “metafisica” del sistema sadista,
preferisco quantomeno ascrivere il materialismo sadiano alla categoria critica
interpretativa di “illustrazione fenomenica”, idest di chiarimento di come
funziona la Natura in quanto fuori-di-sé hegeliano, senza che tutti i richiami
da Lucrezio ai filosofi illuministi in merito perdano così valore concettuale,
e senza però d’altro lato perdere l’approccio metafisico spinoziano-hegeliano.
Vedo dialettica in de Sade: l’oltremorale della violenza rappresenta qualcosa
di tetico, un obiettivo da raggiungere; esiste una teleologia della
distruzione, della sofferenza, del dolore; osserviamo un
“non-darsi-della-permanenza-positiva-dell’essere” che assurge a divoratore
libidico della realtà. L’irrazionalismo si fa logica dominante: è un Assoluto
hegeliano distopico, impazzito. Nel sadismo non c’è limite a niente, ma anche
questa affermazione si manifesta pur sempre una partenza tetica,
logico-progettuale: il campo che va da Spinoza ai materialisti ci presenta il
distopico idealismo assoluto sadiano, con retrogusto presocratico-eracliteo (la
cui dimensione dà meglio, con incisività, la cifra della mia introspezione
sadista). Esso non permette all’essere umano emancipazione, anzi lo violenta,
lo reifica attraverso l’abusatore sadico il quale infierisce sugli abusati. Qui
la dialettica regredisce a una forma soggetto-oggetto, “attore sadico – vittima
reificata”. Colgo pertanto in tale sistema di pensiero (da cui prendo
ovviamente le distanze) la realizzazione dell’abuso quale conseguimento
dialettico, quale compimento della meta nell’ottica di una, non solo sadista,
razionalità-del-reale. Nell’originaria dialettica servo-padrone i due
contendenti, in un modo o nell’altro marciavano poi avanti in direzione di una
crescita positiva. Nella dialettica sadica l’abusato smette di essere un pari
umano in relazione all’attore della violenza, il quale pensa sé come unico polo
soggettivo legittimo davanti a un polo oggettivo (la vittima) strumento
dell’incondizionato sadista piacere della violenza. Nell’idealismo sadiano
l’atto sadico si svela “razionale”e non intollerabile irragionevole aberrante
arbitrio. L’abuso concretizzatosi viene concepito come un momento di sintesi
(il quale prescinde dalle vittime) dove il tetico-sadico proposito dell’abusatore
transita sopra il (e a danno del) fuori-di-sé (abusato in competizione o meno)
verso un positivo-sadico razionale. In un orizzonte completamente diverso da
quello idealistico di Hegel, naufragata una trasposizione sistemica positiva
della dialettica servo-padrone, si riesce a conservare la formula generale
triadica della dialettica hegeliana. Nel sistema filosofico sadiano non importa
il riconoscimento del servo-abusato ridotto a oggetto non più umano; la sintesi
dialettica ventura avviene tra l’intenzione tetica di violenza da parte del
sadico e il suo fine realizzato sopra l’oggetto-vittima che patisce sofferenza
e dolore in virtù del suo atto violento. Quello che era il servo hegeliano, in
de Sade l’abusato, diviene uno strumento per raggiungere il “positivo-sadico
razionale”. La sofferenza e il dolore inflitti a questo consentono di superare
l’alterità, l’opposizione di simile oggetto mostrantesi quale “negativo
razionale sadico”. Il sistema sadista prospetta una tetica esigenza di violenza
che l’abusatore deve compiere allo scopo di realizzare un progetto che ad
avviso di de Sade è universale: la violenza quale “fine in sé” rende autentica
e viva la “Sostanza spinoziana” (Deus sive Natura), la quale è connotata da
attivismo, transitante nei suoi accidenti umani. Nel pensiero sadiano il gesto
ideale è l’atto violento, questo connota la persona realizzante la propria
natura secondo le radici tetiche, specialmente nello spazio della “tirannia
privata”. Tutte le altre, imbelli, deboli, legate a modelli etici diversi, al
cospetto dell’Assoluto sadista subiscono il destino della reificazione. A ben
guardare il Dio biblico, non si può dire che egli disdegni l’uso della forza e
della violenza in modo diretto e mediante i suoi rappresentanti: il sincretico
Spinoza non mi dà l’impressione di essere spunto retorico in bocca a de Sade.
La presenza di violenza e violenti nella “Bibbia” si rivela significativa, non
mi stupirei se avesse influenzato la creazione sadiana. Caino ammazza il
fratello e Dio lo protegge; la moglie di Lot trasgredisce in maniera
irrilevante una divina proibizione e tale divinità protagonista la trasforma in
una statua di sale (reificazione del corpo della donna); la regina Gezabele
viene fatta a pezzi, quasi fosse passata dalle mani del medico sadico Rodin, e
Dio non dice niente al riguardo; Dio stermina l’intera umanità, con eccezione
di Noè e dei suoi, per mezzo di un diluvio universale (sadica cancellazione di
ogni rispetto umanitario a vantaggio di un non caritatevole atto di morte violenta
e globale: genocidio). Tanto per fare qualche esempio. Pare che la protagonista
divinità biblica, dagli exempla veterotestamentari al sacrificio di Cristo,
abbia una certa predilezione ad attuare i suoi programmi attraverso dinamiche
cruente. Il che non è estraneo a quanto ho sin qui messo in evidenza nel
sadismo. Sostenere che il Dio biblico sia sadico, e che la cosa abbia avuto una
naturale prosecuzione nelle persecuzioni religiose cristiane, le quali si sono
avvalse di sadici metodi di tortura e di condanna capitale, non rappresenta a
mio giudizio un’affermazione iperbolica5. Di tutto questo mondo
cristiano vediamo nei romanzi di Sade una aberrante, inquietante, disturbante
trasposizione. Mi chiedo: questo scrittore francese ha messo in scena gli
scheletri nell’armadio della civiltà cristiana? Nella mia valutazione di
studioso già espressa e argomentata in alcuni miei lavori intellettuali,
sadismo e Cristianesimo sono imparentati6. Abbiamo visto che la
normale dialettica servo-padrone intercorrente tra due soggetti umani nei
romanzi sadiani viene meno dacché la struttura qua diventa “soggetto umano –
oggetto umano” (reificazione di un polo dialettico). Ho rilevato la presenza di
simile meccanismo nella “Bibbia” e nell’azione storica successiva del
Cristianesimo. L’esempio principe proviene dalla caccia alle streghe: le donne
divengono particolare porta del Diavolo, e se sono considerate “ianua” in
generale diventano “oggetto”; l’oggetto dell’assalto sadico indicato nella
suddetta dialettica sadiana violentatore-vittima. Le donne abusate dai sadici
nei romanzi di de Sade e le streghe vittime torturate dai persecutori religiosi
cristiani stanno sullo stesso piano. La sofferenza e il dolore sono gli
strumenti liturgici di una tanatolatria sadiana7, la quale
concepisce l’abuso quale il momento del “negativo razionale hegeliano”,
l’abusatore nella qualità di liberatore di se stesso attraverso la violenza, e
la vittima come un momento del fuori-di-sé. L’annichilimento dell’umanità
(reificazione, morte spirituale), la morte fisica liberano in simile perversa e
patologica versione l’abusato. Nell’annientamento finale di questo in senso
lato i due poli dialettici abusatore/abusato conseguono la Totalità monistica
della Sostanza spinoziana, uno scioglimento nel Tutto dimostrante una sua
interna logica sadica (da rifiutare categoricamente, puntualizzo) piegata verso
l’Ombra junghiana. L’obiettivo dell’Assoluto sadiano (Deus sive Natura) è
l’autorealizzazione del sadico la quale assorbe il negativo razionale
dell’oggetto abusato: negare l’umanità di questo allo scopo di imporre (wille
zur macht8) la signoria sadica costituisce il cuore di una
dialettica dove la vittima perde la sua autonomia a vantaggio di una condizione
strumentale. Qui il “signore-abusatore” si configura quale “padrone assoluto”
(colui-che-libera-sé-mediante-l’abuso). Al fine di rafforzare alcuni aspetti di
analisi lasciati aperti, mi concentrerò da ora a proseguire la dimostrazione
della validità del mio impianto evidenziando le comunanze che collegano e
mettono sullo stesso piano la religiosità biblica (mitologia e storia reale) e
il sadismo mediante Spinoza. Al pensatore ebreo do il posto di chiave di volta
nell’arco concettuale sadista: il monismo immanentistico razionalista
protohegeliano formulato nel sistema spinoziano si presta quale ottima lente
d’ingrandimento sul sadismo. E appunto consente di rimarcare cose cui non si
presta molta attenzione se il taglio analitico non guida in direzione di strade
poco calcate, ma fertili dal canto speculativo. Il Dio biblico principale
rappresenta un patrono degli eserciti di Israele, e i loro componenti compaiono
quali attori di violenza. Compaiono nel testo della “Bibbia” atti violenti e di
uccisione in relazione ai quali tale divinità tutelare non formula sanzione o
addirittura ne costituisce la causa (prossima in qualità di esecutore, remota
in veste di mandante). Pensiamo al profeta Elia che con altri suoi compagni
sfida e massacra poi i sacerdoti di Baal. Dio ha sterminato l’intera umanità
con il diluvio universale senza guardare in faccia nessuno (bambini, donne,
anziani, ammalati, disabili): neanche de Sade è giunto a tanto nelle sue
aberrazioni. Oltre al genocidio mondiale nei libri biblici compaiono fatti che
non sono meno disturbanti di quelli, sì più abbondanti, leggibili nei romanzi
sadiani. Dio uccide la moglie di Lot tramutandola in un simulacro di sale, e
poi, più in là, Anania e la moglie Saffira perché questi non hanno consegnato a
Pietro e agli apostoli la cifra piena della vendita di un loro podere (la
divinità neotestamentaria non ha apprezzato l’ipocrita somma decurtata).
Proseguo con femminicidi in cui Dio non interviene. Un levita offre la sua
concubina a un gruppo di violentatori, i quali la stuprano sino ad ammazzarla;
lui la fa a pezzi (medesima sorte della regina Gezabele, mangiata dopo dai
cani) da inviare come oggetti campioni. L’usurpatrice del regno di Giuda Atalia
viene uccisa per volontà del sacerdote Ioiada. Ieu, unto re di Israele, ordina
la morte della regina Gezabele facendola buttare giù da una finestra (il
cadavere, oggetto di vilipendio, viene fatto a pezzi). Dio rammenta l’uccisione
della Madianita Cozbi, appartenente a etnia nemica di Israele, e sollecita il
ricorso alla violenza omicida contro i Madianiti. In aggiunta a tali exempla, i
quali farebbero la loro figura nel corpus letterario di de Sade, voglio
rammentare due casi biblici di violenza senza uccisione in cui Dio al pari di
sopra non interviene a sanzionare l’illiceità dell’atto: Ammon stupra la
sorellastra Tamar (figlia di Davide). Nuovo caso di incesto, il quale
rappresenta una parafilia sadista, era stato quello delle figlie di Lot. Pure
qui Dio resta estraneo, come per il cannibalismo (altra devianza sadista) in
Samaria a causa di carestia. Tutte queste cose che ho elencato dalla “Bibbia”
sono imparentate con il cosmo sadiano, e simile parentela nel suo costituire
una gamma di reati nella giurisprudenza intercetta in molteplice e varia
maniera il “Codice penale”. Però, di solito, gli esempi sadiani inquietano
parecchio; se, raramente, evidenziati quelli biblici, si cerca con acrobazie
sofistiche di dare una cittadinanza teologica a, per me inaccettabile,
esercizio di violenza e pratica di devianza. Spinoza recava seco un’impronta
valorizzante il fondo religioso ebreaico da cui lui emergeva. Lo faceva a modo
suo, ma non aveva rigettato né il Dio biblico né il suo testo sacro. C’è un
ponte, anche largo, fra spinozismo e sadismo: de Sade lo ha fatto diventare
d’acciaio, a ben guardare, amplificando in forma letteraria la disturbante
materia in guisa iperbolica. La “Bibbia” rappresenta una silloge distopica
misogina e omofobica, in essa la riduzione in schiavitù costituisce materia la
quale non viene condannata. Spinoza afferma che donne e schiavi devono stare
sottoposti al potere maschile signorile. Cosa impedisce l’estensione sadica di
una simile idea a fronte delle basi religiose spinoziane? De Sade ha
attraversato un porta aperta. I bersagli prediletti dei sadici dell’autore
francese sono le donne cui infliggere dolore e sofferenza. Il Dio biblico
punisce Eva, in seguito al cosiddetto “peccato originale”, con il dolore e la
sofferenza del parto. Non mi sembra che né lui né i suoi fedeli, alla luce
delle cose messe in vetrina, siano estranei alla dimensione sadica nell’attuare
i loro propositi. Con piacere si avvalgono della violenza, organica al loro
modus operandi; causano dolore, sofferenza, morte, prescindendo da una vera
etica. Il Dio biblico il quale infligge le piaghe agli Egiziani non lo fa di
mala voglia, bensì con gusto (sadico) nel mostrare la sua vis. Stessa cosa
dicasi per gli uomini combattenti massacratori al suo servizio (exemplum
patologico significativo, il masochista kamikaze Sansone). Se vogliamo infine
essere molto attenti e precisi (requisiti di uno studioso serio e obiettivo),
dobbiamo dire, riallacciandoci a miei ragionamenti d’apertura qui, che la
figura di Giuditta (la quale uccide e decapita Oloferne), a mio modestissimo
giudizio, rappresenta una sorta di veterotestamentaria ortodossa Juliette.
Quella non ortodossa è la neotestamentaria Salomè, causa di morte del
masochista fanatico Giovanni il battista. Uno che risulta motivo della sua
uccisione per via di un credo religioso estremistico, ai miei occhi rappresenta
un masochista. Il campionario di tangenze sadico-bibliche non mi pare trascurabile.
Io ritengo che il corpus biblico non contenga un’etica (nel senso aristotelico
o kantiano), ma esponga una “pragmatica” del potere e della manipolazione,
anche psicologica, individuale e di massa. Simile ultimo aspetto ha connotato,
dal mio punto di vista storiografico, per secoli il Cristianesimo, e la Chiesa
(nel pensiero di Simone Weil il sommo exemplum di totalitarismo, mater et
magistra nella Storia di tutti i suoi omologhi epigoni). Mio compito ora quello
di individuare, in brevissima sintesi, le comunanze tra testi sadiani e
Inquisizione cattolica. A tal riguardo la dicotomia “inquisitore/libertino” disvela
una rosa in comune circa macchine e tecniche di tortura focalizzata sui
seguenti aspetti: sospensione/stiramento del corpo, frattura/rottura delle
ossa, immobilizzazioni dolorose, torture con fuoco o strumenti arroventati o
meno, percussioni, strangolamenti, isolamenti, denutrizioni e privamenti
protratti, torture penetrative, torture con liquidi. Tale varietà trova il Dio
biblico significativamente presente in un paio di riferimenti: annega l’umanità
con l’acqua (diluvio universale), distrugge col fuoco uranico Sodoma e Gomorra
(omofobia). Il suo inferno, che tormenta con fiamme le anime dei dannati, si
segnala pure per spirito sadico. Nella mia monografia dantesca ho spiegato le
prime due cantiche della “Divina Commedia” quali scenari di un “teatro del
sadismo”9. Il corpus letterario di de Sade gode di basi non
sospettate e di altri epigoni italiani non sospettati: Leopardi e Manzoni10.
Rimane una mia intenzione, in questo mio lavoro d’esame e di riflessione,
richiamare l’attenzione sull’attivismo umano idealizzato nella “Bibbia”.
Questo, la “volontà di potenza” del popolo giudaico (Nietzsche)11,
si è evoluto nell’Occidente, soprattutto protestante, in attivismo
capitalistico weberiano. La Substantia spinoziana predilige l’attività
lavorativa manifatturiera (Marx mediante Hegel lo ha compreso chiaramente12).
De Sade dell’attivismo del Deus sive Natura spinoziano ha sviluppato il
perverso lato libidico13. Al giorno d’oggi, distopico obiettivo
della Substantia resta l’anarcocapitalismo.Riflettendo sul possibile sviluppo
della Storia futura ho inserito il sadismo come gradino nella mia psicostoria14.
A proposito di essa, mi sembra il caso di rilevare ed evidenziare alcuni
dettagli huxleyani presenti in quel pamphlet sadiano intitolato “Français,
encore un effort si vous voulez être républicains” inserito ne “La philosophie
dans le boudoir”. Il Brave New World costituisce il quarto gradino della mia
fenomenologia distopica ventura e precede il sadismo, al cui interno appunto
c’è qualcosa di questo mondo utopico-negativo di Huxley. De Sade postula la
liceità e l’istituzione di un regime sessuale di promiscuità dacché il singolo
legame esclusivo rappresenterebbe un impedimento alla pretesa altrui: una
simile forma di impossessamento a tempo indeterminato viene giudicata una
lesione del disegno della Natura la quale offrirebbe tutte le donne a tutti pro
tempore. Il quadro di principio si mostra analogo a quello del Brave New World,
dove la distopia celebra un edonismo discutibile, però soft e non traumatico,
hard, come nell’universo sadiano. De Sade propone l’istituzione di una
prostituzione obbligatoria, la quale in sostanza ritroveremo in “Noi” di
Zamjatin15, testo meno soft di quello huxleyano. Comunque nella
hegeliana utopia negativa dello scrittore russo, non sono ammessi eccessi
sadici i quali l’autore del corpus sadiano invece legittima nelle
argomentazioni del suo pamphlet. De Sade, qui, tra l’altro, postula un
autoritario primato maschile, e rivendica uno “spazio privato legalizzato” per
l’esercizio del sadismo (in modo tale da non farlo concretizzare in contrasto
con le pubbliche istituzioni). Nella mia cronologia distopica ho collegato i
due gradini del sadismo e del Brave New World per mezzo di due simboli: i
personaggi di Lenina Crowne e Juliette. La seconda costituisce una evoluzione
della prima sotto il profilo psicologico: circa il sadismo, peggiora; riguardo
alla qualità intellettuale, migliora. L’antieroina sadiana, in “Juliette”
(edizione del 1801), così si esprime in compagnia del re di Napoli e di Sicilia
Ferdinando di Borbone: «La frivolezza non è il mio vizio; non dico lo stesso
del libertinaggio... lo tengo estremamente caro; ma le plaisir de foutre non mi
rende cieca al punto di non poter discutere degli interessi dei diversi popoli
della terra; la fiaccola delle passioni accesa contemporaneamente nelle anime
forti, quella di Minerva e quella di Venere; alla luce di quest’ultima, je
fouts come tua cognata [la regina Maria Antonietta]; ai raggi della prima,
penso e parlo come Hobbes e Montesquieu». Completo le mie argomentazioni sulle
analogie correlando sadismo, Chiesa e anarcocapitalismo. Quest’ultimo, nella
mia visione critica, concerne una sorta di teoria di “tirannia privata
sadiana”: in passato già parlai dello sfruttamento della manodopera in seno al
capitalismo quale una forma di stuprum/prostituzione (abuso/vendita del corpo
del salariato). Il procedimento di evidenziazione accennato comporta la
rilevazione di una delicata problematica di cui a volte si sente e si legge
nella cronaca mediatica: l’inammissibile abuso di soggetti minori. La “Bibbia”,
dal canto suo, parla di sacrificio a Dio dei primogeniti anche umani; ma c’è
pure a latere quell’episodio in cui dei ragazzini presero in giro, per via
della sua calvizie, il profeta Eliseo, il quale li maledisse in nome della di
lui divinità, cosicché due orse sbranarono quarantadue di quegli irriguardosi
(immeritevoli di simile esagerata punizione). Se pensiamo che Sinesio di Cirene
(amico e allievo di Ipazia d’Alessandria, trucidata da sadici cristiani) aveva
risposto al problema della propria calvizie con ironia nel “Φαλάκρας εγκώμιον”,
ci rendiamo conto, altresì in virtù di altro, che un illuminato autentico senso
di “civiltà umana” latita nel testo biblico. Il 29 gennaio 1975 Michel Foucault
tenne una lezione al Collège de France, durante il suo corso annuale (1974-75),
nella quale affrontò il tema del “mostro morale” nella Storia e nella
Letteratura. Il testo di quelle lezioni è stato poi pubblicato dall’editore
Gallimard Le Suil (“Les anormaux”, 1999). Di questa menzionata da me riporto un
piccolissimo estratto (tradotto) riguardante de Sade, avvalendomi del diritto
di citazione previsto nella giurisprudenza francese allo “Article L122-5, 3° du
Code de la propriété intellectuelle”, un brano grazie al quale si coglie meglio
il rapporto esistente fra potere e forma di abuso testé richiamata.
L’autodistruzione
della natura, che è un tema fondamentale in Sade, questa autodistruzione in una
sorta di mostruosità scatenata, si realizza solo grazie alla presenza di un
certo numero di individui che detengono un superpotere. Il superpotere del
principe, del signore, del ministro, del denaro, o il superpotere del ribelle.
Non v'è nessun mostro in Sade che sia politicamente neutrale e mediocre: o
proviene dalla feccia del popolo e ha drizzato la schiena contro la società costituita,
oppure è un principe, un ministro, un signore che detiene sopra tutti i poteri
sociali un superpotere senza legge.
Non sia fuori luogo ricordare che
Foucault in detta sua lezione rammentò la “mostruosità libertina” della regina
Maria Antonietta, propagandata fra le masse dai contestatori della monarchia
assoluta francese: nel brano sadiano di sopra, Juliette fa eco a questa
campagna mediatica cui de Sade si prestò essendo dalla parte dei rivoluzionari.
La mancanza di sostanziale originalità di tale insano di mente intellettuale
francese appare anche più ampia. Il sadismo non si mostra un’invenzione di de
Sade: questo molto colto, psicopatico, capacissimo scrittore francese assume
soltanto il ruolo di profeta/filosofo del sadismo. Egli è una nottola di
Minerva la quale vola sul far di una sera che non vedrà mai un’alba,
imprigionata nella junghiana nigredo. Disinnescare la patologia sadica grazie
al possibile disvelamento dei suoi profondi meccanismi è stato il fine della
mia modesta analisi. Solo la Filosofia può salvare il mondo, però una Filosofia
sana, la quale non subisca il fascino dell’Ombra junghiana. Solo la Filosofia
può trovare l’elemento di regresso da Hyde a Jekyll. Ho selezionato un brano da
“La nouvelle Justine” (edizione del 1797) per gridare che gli esseri umani non
possono e non devono cedere alla fascinosa sirena sadiana (non puoi, quindi non
devi). De Sade sostiene principi ideali i quali si collocano fuori della
Civiltà umana: non è possibile giustificarli, tollerarli, accettarli, elogiarli.
Essi guidano alla volta di atti immorali, reati e apologia di reato. L’imperium
di una iusta lex rappresenta l’espressione del Logos, il quale accomuna e lega
i suoi partecipanti. Chi delinque con disonestà e senza dignità, rubando,
violentando, uccidendo, pone sé nella veste di soggetto ostile alla Società. L’ordine
costituito non sarà perfetto al millimetro (si può sempre migliorare e
perfezionare con il sincero impegno e la profonda riflessione giuridici),
tuttavia chi ha dichiarato guerra all’Insieme sociale (difeso dal “Pubblico
ministero” nei Tribunali dello Stato) rimane un nemico da neutralizzare in
forme civili e umane. Chi insegna e/o pratica quanto affermato nel seguente
brano costituisce un "cattivo maestro".
Il
movimento è l’essenza del mondo; eppure non può esserci movimento senza
distruzione; quindi la distruzione è necessaria alle leggi della natura; quindi
chi distrugge di più, essendo colui che impone il maggior movimento alla
materia, è allo stesso tempo colui che meglio serve le leggi della natura.
Questa madre di tutti gli uomini ha dato a tutti un eguale diritto a tutte le
cose. È permesso, nell’ordine naturale, a ognuno di fare ciò che gli aggrada
contro chiunque, e ciascuno può possedere, usare e godere indiscriminatamente di
ciò che ritiene buono [peut posséder, se servir et jouir indistinctement de
tout ce qu’il trouve bon]. L’utilità è la regola della legge [L’utilité est la
règle de droit]. Basta che un uomo desideri una cosa, per accertarne la
necessità per lui, e, dal momento che questa cosa gli è necessaria, o
semplicemente gradita, è giusta [du moment que cette chose lui est nécessaire,
ou simplement agréable, elle est just].
NOTE
Questo scritto è un estratto del mio
saggio intitolato “De Sade et quid ‘Squid
game’ docet”
https://www.academia.edu/143597543/De_Sade_et_quid_Squid_game_docet
1 Si veda nella mia monografia Distopie occidentali (2023) il segmento Il nevrotico e distopico idealismo di
Spinoza.
https://danilocaruso.blogspot.com/2023/05/il-nevrotico-e-distopico-idealismo-di.html
2 Segnalo il mio scritto
intitolato Dall’inno stoico a Zeus di
Cleante alla fondazione del Cristianesimo contenuto nella mia opera Prospettive rinnovate (2023).
https://danilocaruso.blogspot.com/2023/08/dallinno-stoico-zeus-di-cleante-alla.html
3 Affinché il quadro da me offerto
non appaia assurdo a uno sguardo superficiale, rammento che prima di me e
riguardo ad altro eminente materialiste, Karl Marx, il filosofo Costanzo Preve
ha sostenuto la presenza di una forma idealistica hegeliana pura nel sistema
marxiano. Evidentemente l’asse Spinoza-Hegel sembra coprire un campo ideologico
omogeneo più esteso del previsto.
4 In un altro mio precedente
lavoro di analisi rivolto al pensiero sadista ho impostato l’esame dal punto di
vista dell’osservazione psicanalitica relegando l’autore francese sul lettino: La tanatolatria di de Sade, nella mia
pubblicazione Filosofie sadiche
(2021). In tale studio ho parlato del ruolo della libido nel cosmo sadiano.
Rinvio alla sua lettura al fine di recuperare quella visione complementare che
non esclude la presente strutturata in diversa guisa. Qua de Sade è stato
pesato su una differente bilancia, di stampo filosofico. Quest’altro metro non
cancella il primo, armato di mezzi presi dalla psicanalisi di Freud e dalla
psicologia analitica di Jung. Il metro filosofico toglie de Sade dal lettino,
poiché lui è stato un filosofo. Gli restituisce in qualche modo una parità nel
confronto con me: non è più la “mia” lettura psicanalitica a bloccarlo, è la
“sua” costruzione filosofica sadista a farsi avanti da sé. Come in Spinoza
alzare un braccio e pensare di alzare quel braccio costituiscono la medesima
cosa nella Substantia, così leggere le mie due analisi su de Sade significa
leggere lo stesso soggetto da complementari utili angolazioni.
https://danilocaruso.blogspot.com/2021/01/la-tanatolatria-di-de-sade.html
5 Accanto ai miei pertinenti
lavori, suggerisco di andare a vedere Storia
criminale del Cristianesimo (Ariele, tomi I-X: 2000, 2001, 2002, 2003,
2004, 2005, 2006, 2007, 2010, 2013) di Karlheinz Deschner.
6 Ne ho parlato in alcuni miei
saggi: Teologia analitica (2020),
nella parte recante il titolo Cristianesimo
razionale e nazional-socialismo in Thomas More; Filosofie sadiche (2021), nella sezione intitolata L’irrazionalismo nevrotico di Kierkegaard;
Oscurantismo e irrazionalismo del
Cristianesimo in Tertulliano (2023); Studi
illuministi (2024).
https://danilocaruso.blogspot.com/2020/07/cristianesimo-razionale-e-nazional.html
https://danilocaruso.blogspot.com/2020/12/lirrazionalismo-nevrotico-di-kierkegaard.html
https://www.academia.edu/106504462/Oscurantismo_e_irrazionalismo_del_Cristianesimo_in_Tertulliano
https://www.academia.edu/122120564/Studi_illuministi
7 Vedi nota 4.
8 In direzione di un
approfondimento il mio studio anche nietzschiano indicato nella nota 10.
9 Parricidio dantesco (2021).
https://www.academia.edu/47754422/Parricidio_dantesco
10 A proposito di sadismo in questi
due autori, due miei studi: Leopardi e
Nietzsche: i profeti del male?, nel saggio indicato in nota 3; la
monografia Sadismo e oscurantismo
religioso in Alessandro Manzoni (2025).
https://danilocaruso.blogspot.com/2021/02/leopardi-e-nietzsche-i-profeti-del-male.html
https://www.academia.edu/130097555/Sadismo_e_oscurantismo_religioso_in_Alessandro_Manzoni
11 Si veda la nota 8.
12 Per approfondire consiglio di
leggere nella mia opera Critica
dell’irrazionalismo occidentale (2016) recante il titolo Il gioco capitalista degli Elohiym falsi e
bugiardi.
https://danilocaruso.blogspot.com/2016/10/il-gioco-capitalista-degli-elohiym.html
13 Vedi nota 4.
14 In calce il quadro sinottico e
appresso l’elenco dei miei specifici scritti inerenti alla mia filosofia della
distopica storia ventura (psicostoria). Ciascun testo in merito è presente
all’interno di miei saggi (la sequenza è cronologica in relazione alla
pubblicazione). Tali miei lavori sorgono come analisi autonome che
parallelamente si offrono a illustrare l’intreccio ipotizzato in una cornice
dotata di una interiore logica.
1) Il
capitalismo impazzito di Aldous Huxley (saggio del 2015);
https://www.academia.edu/14615660/Il_capitalismo_impazzito_di_Aldous_Huxley
2) La
terribile distopia di H. G. Wells, in Critica
letteraria (2017);
https://danilocaruso.blogspot.com/2016/11/la-terribile-distopia-di-h-g-wells.html
3) La
tanatolatria di de Sade, in Filosofie
sadiche (2021);
https://danilocaruso.blogspot.com/2021/01/la-tanatolatria-di-de-sade.html
4) Una
distopica ginoide contro la mantide religiosa, Sex doll prima del Brave New World, Tra Primavera Bobinski e la sadista Justine, Attacco all’inconscio collettivo, in Letteratura e psicostoria (2022);
https://www.academia.edu/75613515/Letteratura_e_psicostoria
5) Induismo
e Occidente, in Partita a scacchi
(2022);
https://danilocaruso.blogspot.com/2022/10/induismo-e-occidente.html
6) La
distopia della sciocchezza dei fratelli Strugatzky, in Distopie occidentali (2023);
https://danilocaruso.blogspot.com/2023/05/la-distopia-della-sciocchezza-dei.html
7) Intelligenza
artificiale e stupidità naturale, in Ritorno
critico (2024).
https://danilocaruso.blogspot.com/2024/05/intelligenza-artificiale-e-stupidita.html
8) Teologia
transumanistica e transgenderista, in Novità
e ripresentazione (2025).
https://danilocaruso.blogspot.com/2025/02/teologia-transumanistica-e.html